Ladottrina delle segnature (dallatinosignatura, cioè «firma») è un'antica forma diconoscenza che studia l'aspetto, o appunto il «segno», con cui ogni elementonaturale di origineanimale,vegetale ominerale si presenta, svelando peranalogia la sua funzioneterapeutica delle parti del corpo umano più simili ad esso.

Sviluppata damedici,botanici ealchimisti durante ilMedioevo e ilRinascimento, tale dottrina si basava sulla corrispondenzaermetico-filosofica tramacrocosmo e microcosmo, ravvisando un rapporto disimpatia ovvero di affinità tra il mondo e l'essere umano, per cui ad esempio unanoce ha una relazioneocculta colcervello per via della loro somiglianza, o la forma di unfagiolo con quella deireni.[1]
Lo studio, applicato soprattutto allepiante medicinali, si estendeva ai nessi trasagome,colori,odori,posizioni,tempi di manifestazione,caratteri,esiti patologici,temi astrali,temperamentiumorali, e diverse altre qualità, ritenute soggiacenti a un comunearchetipospirituale.[2]

Sin daitempi antichi, l'uso dellepiante medicinali faceva parte di quel complesso di conoscenzemagico-religiose, diffuse inEgitto,Medio Oriente,India,Cina,[4] che concepivano ilcosmo come unorganismo vivente, le cui parti,astrale,minerale,vegetale,animale, risultavano connesse da fenomeni di «simpatia» universale (dal grecosyn-patheia, «sentire insieme»).[5]
Ilmondo greco riprese queste dottrine, sia nellariflessione teorica diPlatone eAristotele, sia nellapratica medica diIppocrate eGaleno. Il terminegrecopharmakon («rimedio») è stato associato in proposito all'egizianophrt nt hk, così come lo stesso egizianokmt («nero») avrebbe dato luogo al grecokhemia («magia nera»), e attraverso questo all'araboal-kimiya («alchimia»).[6]
Un altro fra i più autorevoli medici e botanici greci fuDioscoride, autore di un trattato,De materia medica, che ricollega l'origine dei farmaci alla storia dellacreazione del cosmo, offrendo una teoria completa per la quale ad esempio iprofumi discendono dall'età dell'Oro, e i minerali daquella del Ferro. I primi, associati alcaldo, venivano prescritti per il trattamento dell'umidità in eccesso come nei disturbi ginecologici, i secondi, associati alfreddo, per contrastare gli eccessi di calore come le infiammazioni della pelle. Le varie sostanze, dagli effetti ora terapeutici ora velenosi a seconda del principiocontraria contrariis curantur, furono da lui in tal modo organizzate in base alla loro somiglianza con i sintomi delcorpo umano.
Inambito romano anchePlinio il Vecchio accennò alla dottrina delle segnature, pur senza enunciarla, nella suaNaturalis historia.[7]
Nellatarda antichità una nuova tradizionealchemica si sviluppò nel contesto filosofico delneoplatonismo e dell'ermetismo, attingendo alledottrine orientali dellereligioni rivelate, come lakabbalah, il misticismocristiano, l'alchimiaislamica, prendendo coscienza come «la divina Provvidenza avesse stabilito per l'uomo di venire sopraffatto dalle malattie, ma allo stesso tempo che si dedicasse a coltivare le piante appropriate per curare tutti i suoi mali».[8]

I botanicimedievali rielaborarono la dottrina delle segnature a partire dagli insegnamenti diDioscoride eGaleno, sostenendo che le erbe somiglianti a certe parti del corpo potessero trattare i disturbi di quelle stesse parti.
Lamedicina del tempo si mosse in particolare in due direzioni: una, su baseastrologica, cercava di individuare le piante più idonee alla cura con l'ausilio dellestelle, l'altra mirava a definire le loro proprietà terapeutiche a seconda dellaforma dellefoglie, del colore, delle appendici, dei succhi, e così via.[8]
Pur occupandosene in maniera preponderante, lo studio delle «segnature» non si limitava allepiante medicinali, catalogandole neglierbari, ma poteva estendersi a tutti i contesti naturali di interesseenciclopedico, anche abestiari elapidari in cui rispettivamente venivano descritte le virtù di animali e minerali.
Secondo ilpensiero medievale, infatti, tutto nelcreato reca un'impronta, una «firma» incisa daDio che ne è l'autore, acquisendo significato alla luce dellacosmogonia rappresentata nellaGenesi. Ogni dato assurge asimbolo, ogni essere dell'universo, fatto secondo ladottrina cristiana per servire l'uomo, ha un valore intrinseco portando scritta su di sé la propria funzionespiritualerisanante: la sua solaesistenza dimostra quello che è, e quale sia il suo scopo, da decifrare con la semplice osservazione scevra da pregiudizi.[8][11]
La dottrina delle segnature fu ripresa ed esplicitamente teorizzata nelRinascimento da autori comeCornelio Agrippa (1486–1535),Otto Brunfels (1488-1534),Leonhart Fuchs (1501-1566),Nicholas Culpeper (1616-1654), e in particolareOswald Croll (1560-1609) con il suoTractatus de signaturis.

La figura dominante di questo periodo rimane comunque quella diParacelso (1493-1541), profondamentecristiano, ma anche erudito intradizioni alchemiche,pensiero greco emitologia germanica. Opponendosi allalogica di Aristotele e allamedicina diGaleno, che intese rifondare su basichimiche sviluppando la cosiddetta «iatrochimica», egli sostenne espressamente la dottrina delle segnature, affermando come «tutto ciò che la natura dà alla luce, si forma secondo l'essenza della virtù inerente ad essa».[13]
L'aspetto esteriore è quindi l'espressione perfetta e inseparabile di una funzione interiore. Le piante dilattice ad esempio sono tali in quanto aumentano il latte nelle donne o il potere seminale negli uomini; le piante carnose o crassulanti, specie se cresciute in ambienti aridi o rocciosi, hanno la capacità di rimettere in carne gli emaciati; le piante con foglie a forma dicuore,polmone ofegato curano le malattie corrispondenti a questi organi, e così via.[13]
Secondo Paracelso, questo potere delle piante risiede in un'essenza vitale che egli chiama «Archeo» oarcano,[14]forza spirituale da intendere come ilrespiro di Dio o anche «quintessenza», letteralmente ciò che si ottiene dopo unadistillazione o unasublimazione ripetute cinque volte; le forme secche delle piante invece rappresentavano per lui soltanto la materia inerte.[15]
Poiché lamalattia per Paracelso è il risultato di una forza maligna che attacca dall'esterno gli Archei di unorgano, il trattamento mirerà a ripristinare l'essenza malata con la somministrazione di unarcano della stessa tipologia di quello colpito. A differenza del principiocontraria contrariis curantur («i contrari vengono curati con i contrari»)[16] la guarigione paracelsiana avviene per effetto di un'azione simile al morbo:similia similibus curantur («i simili si curano coi simili»).[17] Un male causato da unveleno deve essere trattato cioè da un veleno affine, convertito inmedicamento tramitepreparazioni alchemiche: la differenza tra rimedio e veleno risiede unicamente nella preparazione e nel dosaggio.[18] In tal modo egli fece da precursore della moderna omeopatia,[19] affermando:
(Paracelso[20])

Alla fine del Cinquecento la dottrina delle segnature raggiunse infine la sua massima formulazione con laFitognomica diGiovambattista Della Porta (1535–1615), autore di una sorta di «fisiognomica» delle piante, da lui messe in parallelo con le caratteristiche del corpo umano, e le cui fenomenologie sono chiavi indicative o «firme» delle loro proprietà medicamentose. In questa sua opera del 1588 (Phytognomonica) Della Porta indagò a lungo la vasta rete di corrispondenze segrete e simpatieocculte che intrecciano il mondo, e collegano non solo piante e uomini, ma anche minerali, animali, uomini, luoghi, stagioni, astri.[21]
Gli elementi del regno vegetale compongono per Della Porta un sistema di segni visivi che consente al medico di individuare i rimedi più appropriati a seconda in particolare della loro localizzazionegeografica: una determinata regione in cui si verifica una specifica malattia ospiterà la crescita delle piante più idonee a debellarla.[22]
Dopo ilXVI secolo, con l'emergere di un'impostazione sempre più materialistica nellafilosofia della natura, la dottrina delle segnature conoscerà un progressivo declino, ad eccezione di voci isolate come quella diJakob Boehme (1575–1624) che nel 1621 scrisse il trattatoDe Signatura Rerum, o diWilliam Coles.[3]
Agli inizi dell'Ottocento le segnature furono in parte riscoperte daSamuel Hahnemann,[3] che tuttavia le mise in relazione con isintomi delle malattie anziché con le forme fisiche del corpo umano, ponendo il criterio della similitudine a fondamento della sua nuova medicina detta perciò «omeopatica», essendo basata sulla legge dianalogia tra potere tossico e potere curativo della stessa sostanza.[23]
La dottrina delle segnature venne infine rivalutata nelNovecento daEdward Bach, scopritore degli omonimifiori, che attraverso lachiaroveggenza abbinò i suoi trentotto rimedi floreali ad altrettante disarmonie della personalità umana, sulla base della somiglianza tra le caratteristichemorfologiche delle piante e glistati d'animo squilibrati.[24]


Di seguito alcuni fra i numerosi esempi di segnature delle piante ricorrenti inerboristeria:

Lenomenclature adoperate per le segnature rivelavano in genere l'uso, o l'organo del corpo, a cui erano destinate.
Uno dei dibattiti in voga durante ilMedioevo e ilRinascimento riguardava in particolare il rapporto tralinguaggio erealtà, ovvero se laparola sia semplicemente un segno arbitrario dell'ente a cui si riferisce, secondo latradizione aristotelica, oppure se essa esprima e possieda l'essenza stessa dell'oggetto nominato, evocandone ilpotere, come sostenevanoPlotino e ineoplatonici. In termini linguistici si trattava cioè della possibile divergenza, o viceversa dell'identificazione, tra ilsignificato e ilsignificante: nelpensiero magico eocculto una siffatta distinzione non esiste, essendo le parole ritenute equivalenti ai contenuti, potendo persino sostituirli.[35]
Unnome in tal caso avrebbe efficacia da sé, ad esempio l'ematite, ritenuta in grado di fermare leemorragie, avrebbe sortito i suoi effetti semplicemente nominandola, per via della forza ispiratrice della sua radiceetimologica.[11] La dottrina delle segnature poteva acquisire così, soprattutto inParacelso, la possibilità di accedere non solo a un sistema di corrispondenze del simile col simile, ma di spingersi fino a una sorta di fusione cosmica: dove i logici vedevano semplicemente un nesso dianalogia, i paracelsiani intuivano un principio diidentità entro un gioco di rimandi dalle potenzialità infinite.[36]
Le varie terminologie delle segnature usate all'incirca fino alXVIII secolo, quali «coda di volpe», «erba del diavolo», «zampa di allodola», «zoccolo di Venere», «barba di Giove», «dente di leone», ecc.[37] furono infine rimpiazzate da una nomenclatura meno suggestiva e da una classificazione razionale di cui si avvertiva l'esigenza a seguito dell'arrivo in Europa di nuovespecie di piante, erbe e semi, provenienti dalle moderneesplorazioni geografiche.[38]
Ilsistema di Linneo venne incontro a questa esigenza, fornendo non solo un dizionario, ma anche una grammatica della botanica, in grado di rendere conto di tutte le varietà conosciute e sconosciute, con due sole parolelatine composte da meno di 12 lettere ciascuna, che evitando l'eccesso di consonanti risuonassero armoniose all'udito.[39] Linneo raggiunse l'obiettivo di riuscire a dedurre da una foglia o da un frutto l'intero albero o la pianta corrispondente, sebbene basando una tale capacità non più sulle virtù dellamagia popolare, ma sullalogica di un'«algebra floreale».[39] Il suo successo restò tuttavia limitato all'ambito di una natura intesa come un insieme di specie fisse: l'avvento deldarwinismo l'avrebbe rimesso in discussione.
Giorgio Agamben ha ripreso la teoria delle segnature per la sua indagine archeologico-filosofica "Homo sacer".
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