Idomini spagnoli in Italia compresero i tre regnimeridionali diSicilia,Sardegna, eNapoli, cui appannaggio era anche il piccolo protettorato costiero delloStato dei Presidi, e ilDucato di Milano. Il possesso definitivo di questi stati, conteso dallaFrancia, fu riconosciuto allaSpagna asburgica con lapace di Cateau-Cambrésis del 1559 (che pose fine alleguerre d'Italia del XVI secolo) e si protrasse per tutto ilSeicento. Per un periodo fu sottoposto alla Spagna anche ilMarchesato di Finale
La competenza su Napoli, Sicilia, e Milano era di spettanza delSupremo Consiglio d'Italia, mentre la Sardegna era amministrata dal Supremo Consiglio d'Aragona. Nei tre regni meridionali, il sovrano spagnolo era rappresentato da un proprioviceré. Il ducato di Milano era invece retto da ungovernatore, in quanto il re di Spagna lo possedeva nella sua funzione diduca di Milano e, come tale,feudatario delSacro Romano Impero.
Laguerra di successione spagnola, innescata dall'estinzione degliAsburgo di Spagna (1700), si concluse con la perdita di tutti i territori italiani da parte dei nuovi sovrani, iBorbone di Spagna, in favore degliAsburgo d'Austria (che ottennero Milano nel 1707, e Napoli e Sardegna nel 1714, poi scambiando quest'ultima con i Savoia per la Sicilia nel 1718) e deiSavoia (che ottennero la Sicilia nel 1714, poi scambiata con l'Austria per la Sardegna nel 1718). A seguito dellaguerra di successione polacca, un ramo derivato dai Borbone spagnoli riuscì a scacciare gli austriaci e insediarsi in Napoli e Sicilia (futuroRegno delle Due Sicilie), prendendo il nome diBorbone di Napoli.
Le radici della presenza spagnola in Italia sono da rintracciarsi nell'espansione mediterranea dellaCorona d'Aragona, che si impossessò della Sicilia nel 1282 e della Sardegna nel 1324. A seguito del matrimonio (1469) diFerdinando II d'Aragona eIsabella I di Castiglia, le due isole entrarono a far parte dei possedimenti della Spagna unificata in quanto vicereami aragonesi. La Spagna completò l'occupazione del mezzogiorno con la conquista delRegno di Napoli nel 1503-1504, prendendo parte alleGuerre d'Italia, insieme al Sacro Romano Impero, contro ilRegno di Francia, che controllava ilDucato di Milano.
Con l'elezione ad imperatore (1519) diCarlo V d'Asburgo, che era altresì Principe dei Paesi Bassi, Re di Spagna, e Arciduca d'Austria, l'Italia si trovò al centro delle mire espansionistiche dell'Imperatore, anche al fine di collegare meglio, così consolidando, i propri domini iberici e germanici. Le ostilità presero avvio nel1521 e si conclusero, dopo l'importantebattaglia di Pavia, favorevolmente per le truppe imperiali nel1530; tra i vari episodi delle ostilità inItalia si segnala ilsacco di Roma del 1527. L'ufficialità della chiusura del primo periodo delle guerre tra Francia ed Impero Asburgico per l'egemonia in Europa fu data dalCongresso di Bologna (1529-1530), nel corso del quale l'imperatore fu incoronato solennemente daPapa Clemente VII, ma soprattutto fu sancito il definitivo passaggio dell'Italia nell'orbita Imperiale, in quanto, agli originari domini nel Mezzogiorno spagnoli, si aggiungeva il dominio indiretto suifeudi imperiali d'Italia.
Così, nel 1535, Carlo V poté prendere il controllo diretto del Ducato di Milano, feudo imperiale rimasto vacante a seguito dell'estinzione degli Sforza. Nel 1540 (segretamente) e poi nel 1556 (ufficialmente), Carlo V nominòDuca di Milano suo figlioFilippo II. Ciò provocò la ripresa della guerra tra la Francia e gliAsburgo, che si concluse solo nel1559, quando, cambiati i maggiori contendenti in quanto aFrancesco I, sul trono di Francia, era succedutoEnrico II, mentreCarlo V d'Asburgo, abdicando nel1556, aveva diviso i suoi domini affidando al figlioFilippo i domini spagnoli, comprendenti, tra l'altro, i territori ereditari italiani, e al fratelloFerdinando I d'Asburgo il titolo di Imperatore e i domini germanici, si poté giungere allapace di Cateau-Cambrésis che sanciva la conclusione delle pretese francesi sull'Italia.
Dallapace di Cateau Cambrésis in poi, la Spagna poté esercitare il proprio dominio sui tre stati facenti parte delSupremo Consiglio d'Italia: ilDucato di Milano, ilRegno di Napoli (comprensivo delloStato dei Presidi), ed ilRegno di Sicilia.
Nonostante le guerre citate e l'apertura di grandi rotte commerciali al di fuori del Mediterraneo, l'Italia del secondo cinquecento fu oggetto di un notevole sviluppo economico e demografico (la cosiddetta "estate di San Martino") fino al 1600. Latratta atlantica diventerá però un fattore decisivo nell'economia mondiale nel corso XVII secolo, e da essa l'Italia era tagliata fuori. Inoltre, dal1640 in poi l'Italia meridionale subì un notevole declino economico sulla scorta della penisola iberica, che produsse di conseguenza una diminuzione demografica e l'aumento delle rivolte contro i dominatori, comequella napoletana del 1647.
Le devastazioni belliche a seguito dellaguerra dei trent'anni in Germania colpirono anche l'Italia settentrionale: il principale di questi scontri che vide contrapposti gli interessi imperiali a quelli francesi fu laguerra di successione di Mantova e del Monferrato. La forte pressione fiscale esercitata dalla Spagna sui suoi domini, dovuta alle esorbitanti spese di guerra, invece si fece sentire con gravissime conseguenze in tutto il meridione ed in Lombardia, mentre i vuoti lasciati dalla grave pestilenza del1630 ebbero effetti devastanti sull'economia italiana del tempo. È un dato di fatto che fin dal quarto decennio delXVII secolo quasi tutta l'Italia era passata ad essere un'area con gravi problemi di sottosviluppo economico, politicamente amorfa, socialmente disgregata. Fame e malnutrizione regnavano incontrastate in molte regioni peninsulari e nelle due isole maggiori.
Il declino culturale dell'Italia non marciò di pari passo con quello politico, economico e sociale.
È questo un fenomeno riscontrabile in molti paesi, Spagna compresa. Se nel Cinquecento ilRinascimento italiano produsse i suoi frutti più maturi e si impose all'Europa del tempo, l'arte ed il pensiero barocchi, elaborati aRoma a cavallo fra Cinquecento e Seicento, avranno una forza di attrazione ed una proiezione internazionale non certo inferiori. È comunque un dato di fatto che ancora per tutta la prima metà del Seicento ed oltre l'Italia continuò ad essere un paese vivo, capace di elaborare un pensiero filosofico (Giordano Bruno,Tommaso Campanella,Paolo Sarpi) e scientifico (Galileo Galilei,Evangelista Torricelli) di altissimo profilo, una pittura sublime (Caravaggio), un'architettura unica in Europa (Gianlorenzo Bernini,Borromini,Baldassare Longhena,Pietro da Cortona) ed una musica, sia strumentale (Arcangelo Corelli,Girolamo Frescobaldi,Giacomo Carissimi) che operistica (Claudio Monteverdi,Francesco Cavalli), che fece scuola. A questo proposito ricordiamo che il melodramma è una tipica creazione dell'età barocca.
IlDucato di Milano costituiva il punto di partenza delCammino di Fiandra. Era quindi di cruciale importanza strategica per la Spagna in quanto vi transitavano truppe iberiche destinate a combattere nellaGuerra degli ottant'anni. E tuttavia l'autorità del Re di Spagna su Milano trovava ostacoli nell'Imperatore e nel Papa, in quanto il Re spagnolo agiva formalmente come vassallo dell'Imperatore (come gran parte dei duchi e principi dell'Italia centro-settentrionale) e non disponeva dell'autorità ecclesiastica (esercitata invece da potenti Arcivescovi di Milano, come Carlo e Federico Borromeo, nominati dal Papa). Ciò portò spesso a conflitti di autorità in Lombardia, in particolare traconsejo de Italia aMadrid eConsiglio Aulico Imperiale diVienna in merito a competenze giuridiche e passaggio di truppe, problematica che mai si verificò (se non in caso di rivolte) nei possedimenti personali e diretti del Re di Spagna nel mezzogiorno. Celebre anche la decisione dell'arcivescovo Carlo Borromeo di scomunicare il governatore Spagnolo, costringendo Filippo II a nominarne un altro. La Lombardia seicentesca è teatro deiPromessi Sposi diAlessandro Manzoni, opera in cui si ricorda, tra l'altro, la diffusione della peste portata daiLanzichenecchi Imperiali diretti a saccheggiare Mantova.
Gli spagnoli oppressero la popolazione italiana con tasse elevate, suscitando il malcontento della popolazione che in alcuni casi insorse. Una delle rivolte alla dominazione spagnola più note di questo periodo è quella del pescatore Masaniello a Napoli. La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva il re di Spagna, mora il malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell'Ancien régime di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento sempre più dispotico e stravagante Masaniello fu accusato di pazzia, tradito da una parte degli stessi rivoltosi ed assassinato all'età di ventisette anni.
Con la fine di Masaniello la rivolta tuttavia non si spense ed anzi assunse, sotto la guida del nuovo capopopoloGennaro Annese, un marcato carattere antispagnolo. Gli scontri con la nobiltà ed i soldati si susseguirono violentissimi nei mesi successivi, fino alla cacciata degli spagnoli dalla città. Il 17 dicembre fu infine proclamata laReal Repubblica Napoletana sotto la guida del duca franceseEnrico II di Guisa, che in qualità di discendente diRenato d'Angiò rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. La Francia, all'epoca saldamente guidata dal cardinaleMazzarino, sostenne la rivolta in funzione antispagnola ed appoggiò l'impresa diEnrico II di Guisa allo scopo di far rientrare ilRegno di Napoli sotto l'influenza francese. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: daGiuseppe d'Alessi aPalermo, e daIppolito di Pastina aSalerno. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il 6 aprile1648, quandodon Giovanni d'Austria, figlio naturale diFilippo IV, alla guida di una flotta proveniente dalla Spagna riprese il controllo della città.
Dal maggio all'agosto1647 ci fu unainsurrezione a Palermo. Quindi nel1674 ancheMessina si ribellò alla Spagna ma, non potendo sostenere da sola tale contrapposizione, chiese la protezione del re franceseLuigi XIV, riuscendo così a mantenersi indipendente dall'impero spagnolo, anche se con gravissime difficoltà. I ribelli erano chiamati Malvizzi, i filo-spagnoli Merli.Nel1678, con la firma dellapace di Nimega tra Francia e Spagna, la città fu abbandonata a sé stessa dai Francesi e subì una crudele riconquista spagnola. Rioccupata, Messina fu dichiaramorta civilmente e privata di tutti i privilegi storici goduti sin dai tempi diRoma; fu abolita la Zecca, chiusa l'Università, abolito ilSenato cittadino, il cui palazzo fu distrutto; fu fatto calpestare ai cavalli l'Orto botanico e fu sciolto l'ordine militare nobiliare dei Cavalieri della Stella. Inoltre venne costruita una imprendibile fortezza pentagonale nella zona portuale, alRealcittadella, per tenere sotto stretto controllo militare la città. La riconquista spagnola concluse uno dei periodi più floridi della storia della città. Molti cittadini furono banditi; tra questi lo scienziato e docente universitarioGiovan Antonio Borelli, condannato a morte in contumacia.
Nel1701, più di cinquant'anni dopo la rivolta popolare di Napoli, ci fu un altro tentativo di insurrezione contro il governo spagnolo, ma stavolta da parte della nobiltà: lacongiura di Macchia. La ribellione nobiliare fallì anche a causa di una scarsa partecipazione dei ceti umili, memori dell'ostilità dei nobili durante la rivolta di Masaniello. Fallita anche la congiura di Macchia, il dominio spagnolo su Napoli continuò senza più opposizioni fino al1707,[1] anno in cui laguerra di successione spagnola pose fine al viceregno iberico sostituendogliquello austriaco. La notizia della ribellione guidata dal pescivendolo napoletano varcò i confini del regno ed attraversò rapidamente tutta l'Europa.
Lo scrittore modeneseAlessandro Tassoni (secolo XVII) esorta gli Italiani a ribellarsi contro il giogo spagnolo. NelleFilippiche contro gli Spagnuoli scrive tra l'altro che gli Spagnoli sono "avari e rapaci, se il suddito è ricco; insolenti, s'egli è povero". Poco più oltre afferma: "Indarno si cerca di mitigare la loro superbia con l'umiltà: le rapine chiamano provéccio[2], la tirannide ragion di stato; e saccheggiate e disertate che hanno le province, dicono di averle tranquillate e pacificate".
Alessandro Manzoni neiPromessi sposi in più punti critica aspramente il dominio e lo sfruttamento spagnolo nelDucato di Milano nel Seicento. Nel capitolo I del romanzo lo scrittore scrive sarcasticamente che - nel borgo pressoLecco dove sono ambientate le vicende - esisteva una "stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavano la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavano di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell'estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l'uve, e alleggerire ai contadini le fatiche della vendemmia". Più oltre Manzoni sottolinea come "l'impunità era organizzata, e aveva radici che legride non toccavano, o non potevano smovere". In questa società, dominata dagli Spagnoli, "il clero vegliava a sostenere e ad estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni".
Il 1º novembre1700 morìCarlo II di Spagna, da tempo malato. La maggior parte delle dinastie regnanti al momento vantava parentele con l'illustre moribondo ed erano interessate al trono di Spagna, che sarebbe rimasto vacante con la sua morte. Cinque giorni dopo la morte, perdisposizione testamentaria del defunto re, veniva proclamato nuovore di Spagna il duca Filippo d'Angiò, nipote delre di FranciaLuigi XIV, il quale assumeva il nome diFilippo V.Inghilterra,Austria ePaesi Bassi, intenzionati a impedire che la Spagna passasse sotto l'influenza francese (sarebbe stato infatti molto difficile fronteggiare un'unica sovranità borbonica da entrambe le parti deiPirenei), strinsero la cosiddettaalleanza dell'Aja (7 settembre1701), con la quale si impegnavano ad impedire che le volontà testamentarie del defunto re di Spagna trovassero definitiva attuazione. Diedero così inizio alla guerra di successione spagnola, che si combatté per ben dodici anni e coinvolse anche i possedimenti spagnoli in Italia. La guerra si concluse con iltrattato di Utrecht (1713), che stabiliva per quanto riguarda l'Italia che:
La pace di Utrecht segnò dunque la fine dei domini spagnoli in Italia, anche se dopo soltanto un ventennio la dinastia borbonica spagnola riuscì a rientrare in Italia installando due rami cadetti nelDucato di Parma e nelRegno di Napoli e di Sicilia.
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