Dolore cronico | |
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Classificazione e risorse esterne (EN) | |
ICD-9-CM | 338.2 |
ICD-10 | G89.4 eR52.2 |
MeSH | D059350 |
eMedicine | 310834 |
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Ildolore cronico è una condizione che persiste oltre i tempi normali diguarigione o, secondo altri studiosi, per più di tre mesi, e può essere definito unamalattia a sé stante, con un impatto significativo sullaqualità di vita delle persone affette[1][2][3]. In Italia, è classificato come dolore cronico non oncologico (DNOC) se non associato aneoplasie.
Ildolore cronico associato a danno dei tessuti (come quello dell'osteoartrosi) è definitonocicettivo, mentre quello legato a disfunzione delsistema nervoso (come lanevralgia posterpetica) è detto doloreneuropatico[1]. Tale distinzione è importante ai fini dellaterapia, in quanto i farmaci utilizzati per il dolore nocicettivo, come iFANS, non sono efficaci sul dolore neuropatico, per il quale possono essere indicati anche farmaciantidepressivi oantiepilettici come ilgabapentin[4].
Il dolore cronico è unasindrome che scaturisce da diversi fattori che vanno trattati col fine di migliorare il vivere del paziente, non essendone possibile la guarigione[3]. IlMinistero della Salute e l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) riconoscono che il dolore cronico va trattato con un approccio multidisciplinare, per migliorare la qualità di vita dei pazienti, anche se la guarigione completa non è sempre possibile[1][2].
L'Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) definisce il dolore come un'esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata a, o simile a quella associata a, danno tissutale effettivo o potenziale[5]. Ulteriori definizioni per la distinzione del tipo di dolore sono:
In aggiunta, l'undicesimaClassificazione Internazionale delle malattie (ICD-11), curata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha proposto in collaborazione con la IASP una classificazione del dolore cronico, inteso come un dolore che persiste o si ripresenta per più di 3 mesi, in 7 categorie[6][7].
Nel primo sottogruppo il dolore è concepito come una malattia a sé stante, e ciò riguarda condizioni come lafibromialgia o lalombalgia aspecifica; negli altri 6 sottogruppi, il dolore è secondario a una malattia sottostante, e quindi può essere concepito come unsintomo, almeno inizialmente.
Il dolore cronico è un problema disalute pubblica di rilevanza mondiale e, secondo un'indagine condotta nel2019 dall'ISS in collaborazione conISTAT, inItalia colpisce oltre 10 milioni di personeadulte. Secondo questa indagine, il 21,3% della popolazione tra i 45 e i 54 anni è affetta da dolore cronico, percentuale che sale al 35% tra le persone di 65-74 anni e raggiunge il 50% negli ultra 85enni. Le donne risultano essere più colpite rispetto agli uomini: circa il 60% delle persone che soffrono di dolore cronico in Italia è di sesso femminile. La distribuzione della condizione è più grave nelle regioni delMezzogiorno, dove si osservano tassi diprevalenza più alti, soprattutto tra glianziani[2][8].
Il dolore cronico ha un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti affetti: circa il 68% delle persone affette da dolore moderato o severo dichiara che esso incide negativamente sulla vita quotidiana, riducendo la capacità di svolgere attività fisiche, sociali e lavorative. Le difficoltà maggiori includono sollevare oggetti, dormire, passeggiare e partecipare ad attività sociali. Inoltre, il 40% dei pazienti ha subito conseguenze sul lavoro, con casi di malattia prolungata, riduzione della produttività e persino interruzione del rapporto lavorativo[8][9].
A livello psicologico, il dolore cronico è spesso associato a disturbi mentali comeansia edepressione. Circa il 13% delle persone affette da questa condizione presenta sintomi depressivi moderati o gravi, una prevalenza molto più alta rispetto a quella della popolazione generale[8]. Ilcosto sociale del dolore cronico in Italia è stimato in circa 62 miliardi di euro all'anno, considerando le spese sanitarie e la perdita di produttività[9].
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