Ladissoluzione dell'Unione Sovietica fu il processo di disgregazione che coinvolse ilsistema politico,economico e la struttura sociale dell'Unione Sovietica, compreso tra il 19 gennaio 1990 e il 31 dicembre 1991, portando alla scomparsa dell'URSS, all'indipendenza delleRepubbliche sovietiche e alla restaurazione dell'indipendenza nelleRepubbliche baltiche, dando così nascita ai cosiddettiStati post-sovietici.
Con l'elezione diMichail Gorbačëv nel 1985 qualesegretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS) era iniziata una nuova fase nellastoria dell'URSS. Infatti, Gorbačëv fu sostenitore di un'innovativa politica per l'Unione Sovietica, fondata sui concetti chiave diperestrojka (ristrutturazione del sistema economico nazionale) e diglasnost' (trasparenza), volte al superamento dei problemi socio-economici del paese. Questa politica di riforme, se da un lato portò alla fine dellaguerra fredda e dell'isolamento internazionale dell'URSS, dall'altro lato portò all'emersione dei problemi economici dello Stato che fino ad allora erano stati tenuti nascosti.
La fine della rigida politica di repressione interna, larecessione economica e l'ammissione della fragilità del sistema politico fecero emergere ben presto i contrasti, i contrasti etnici e le spinte indipendentistiche dei numerosi popoli che erano stanziati nello sterminato territorio dello Stato sovietico e che fino a quel momento erano stati tenuti sotto controllo dall'apparato centrale. La grave situazione economica ed i crescenti disordini nelle varie Repubbliche sovietiche portarono alle prime elezioni multipartitiche nella storia dell'Unione.
Nel 1986 Gorbačëv continuò a premere per una maggiore liberalizzazione. Il 23 dicembre 1986 il maggior dissidente sovietico,Andrej Sacharov, ritornò a Mosca dopo aver ricevuto personalmente una chiamata telefonica da parte di Gorbačëv che gli diceva che gli oltre sette anni del suo esilio interno per sfidare le autorità erano finiti.[1]
I paesi baltici, incorporati nell'Unione Sovietica nel 1940,[2] cominciarono a spingere per il ripristino dell'indipendenza, iniziando dall'Estonia nel novembre 1988, quando il legislatore estone approvò delle leggi nonostante l'opposizione del governo centrale.[3] L'11 marzo 1990 laLituania fu la prima delle tre repubbliche baltiche a dichiarare il ripristino della propria indipendenza,[4] sulle basi dellacontinuità dello Stato.[2][5]
La CTAGHelsinki-86 (Cilvēktiesību aizstāvības grupa, Gruppo di difesa dei diritti umani) fu fondata nel luglio 1986 nella città portualelettone diLiepāja da tre operai: Linards Grantiņš, Raimonds Bitenieks e Mārtiņš Bariss; il nome fa riferimento agliaccordi di Helsinki e all'anno della sua fondazione. Helsinki-86 fu la prima organizzazione apertamente anti-comunista e apertamente in opposizione al regime in Unione Sovietica, facendo da esempio per altri movimenti indipendentisti delle minoranze etniche.[senza fonte]
A Riga, il 23 dicembre 1986, nelle prime ore del mattino dopo un concerto rock, circa trecento giovani lavoratori lettoni si riunirono nella piazza della cattedrale e marciarono verso viale Lenin gridando, una volta giunti al monumento alla Libertà: "Russia sovietica fuori! Libera Lettonia!". Forze di sicurezza si confrontarono coi manifestanti e diversi veicoli della polizia furono rovesciati.
Nel 1988 Gorbačëv iniziò a perdere il controllo in due piccole regioni dell'Unione Sovietica: le tre repubbliche baltiche, che furono conquistate dai rispettivi fronti popolari, e ilCaucaso (dove già da anni c'erano forti tensioni inNagorno-Karabakh, che sfociarono nella violenza e nella guerra civile).
Il 1º luglio 1988, il quarto e ultimo giorno della 19ª conferenza del partito, Gorbačëv vinse la resistenza dei delegati alla sua proposta di creare un nuovo organo legislativo supremo chiamatoCongresso dei deputati del popolo dell'Unione Sovietica. Frustrato dalla resistenza della vecchia guardia ai suoi tentativi di liberalizzazione, Gorbačëv intraprese una serie di riforme costituzionali per separare il Partito dallo Stato e quindi isolare i suoi avversari conservatori. Proposte dettagliate per il nuovo Congresso vennero pubblicate il 2 ottobre 1988,[6] e, per consentire l'apertura della nuova legislatura del Soviet Supremo, durante le sessioni tra il 29 novembre ed il 1º dicembre, attuò degli emendamenti allaCostituzione del 1977, promulgando una legge sulla riforma elettorale e fissando come data delle elezioni il 26 marzo 1989.[7]
Il 29 novembre 1988 l'Unione Sovietica cessò diinterferire con le trasmissioni radio straniere consentendo ai cittadini sovietici l'accesso a fonti di informazioni diverse da quelle istituzionali.[8][9]
Il 7 febbraio 1990, nel suo 70º anniversario di lungo monopolio di potere politico, ilComitato Centrale del PCUS accettò le raccomandazioni diMichail Gorbačëv.[10] Come conseguenza, durante il 1990 tutte e quindici le repubbliche che costituivano l'URSS tennero le loro prime libere elezioni: riformatori enazionalisti etnici ottennero la maggioranza dei seggi. Il PCUS perse le elezioni nelle seguenti sei repubbliche:
Lituania il 24 febbraio (con ballottaggio il 4, 7, 8 e 10 marzo), vinseSąjūdis
Armenia il 20 maggio (con ballottaggio il 3 giugno e 15 luglio), vinse il Movimento Nazionale Pan-Armeno
Georgia il 28 ottobre (con ballottaggio l'11 novembre), vinse lacoalizione della tavola rotonda diretta daZviad Gamsakhurdia
Le repubbliche costituenti iniziarono a dichiarare la propria sovranità nazionale e iniziarono una "battaglia legislativa" con il governo sovietico, in cui le autorità delle repubbliche costituenti respingevano la legislazione a livello di Unione, laddove fosse in conflitto con le leggi locali, affermando il controllo su tutte le loro economie locali e rifiutando di pagare le entrate fiscali al governo centrale.
Fin dal 3 giugno 1988, il movimento indipendentistalituano aveva convocato, in occasione della visita diMichail Gorbačëv, una manifestazione a sostegno dell'indipendenza: l'11 marzo 1990 il governolituano, guidato daVytautas Landsbergis, dichiarò l'indipendenza del paese. Tuttavia, l'Unione Sovietica mise in atto una sorta di embargo nei confronti della Lituania e vi mantenne le sue truppe "per garantire i diritti dell'etnia russa".[senza fonte]
Il 30 marzo 1990 il Consiglio Supremo Estone dichiarò illegale il potere sovietico inEstonia, e avviò un processo per ristabilire l'indipendenza dell'Estonia. Il processo di ripristino dell'indipendenza della Lettonia iniziò invece il 4 maggio 1990, con voto del Consiglio Supremo che previde un periodo transitorio di completa indipendenza.
Il 17 marzo 1991, in unreferendum, il 76,4% di tutti gli elettori votarono per il mantenimento dell'Unione Sovietica seppur in una forma riformata.Paesi baltici,Armenia,Georgia eMoldavia boicottarono il referendum. In ciascuna delle altre nove repubbliche, la maggioranza dei votanti sostenne un'Unione Sovietica riformata.
Di fronte al crescente desiderio di autonomia, Gorbačëv tentò di trasformare l'Unione Sovietica in uno Stato meno centralizzato. Il 28 giugno era stato dichiarato sciolto ilComecon ed il 1º luglio ilPatto di Varsavia, sciogliendo così i vincoli dei Paesi esteri fino allora satelliti. Il 20 agosto 1991 laRussia era pronta a firmare ilNuovo Trattato d'Unione (in russoНовый союзный договор?) che contemplava la trasformazione dell'Unione Sovietica in una federazione di repubbliche indipendenti con un comunepresidente. Il 19 agosto 1991 il vice di Gorbačëv,Gennadij Janaev, ilprimo ministroValentin Pavlov, ilministro della difesaDmitrij Jazov, ilministro dell'internoBoris Pugo, il capo delKGBVladimir Krjučkov e altri funzionari si unirono per impedire la firma del nuovo trattato formando il "Comitato generale sullo stato di emergenza".
Nonostante gli organizzatori delcolpo di Stato avessero previsto un certo sostegno popolare per le loro azioni, la popolazione nelle grandi città e nelle altre repubbliche risultò essere in gran parte contro di loro. Tale contrasto si manifestò con una campagna civile di resistenza, che ebbe luogo soprattutto a Mosca. Il presidente Boris El'cin si affrettò a condannare il colpo di Stato. Migliaia di persone a Mosca uscirono in strada per difendere ilParlamento. Gli organizzatori tentarono di far arrestare El'cin ma senza successo. Dopo tre giorni, il 21 agosto, il colpo di Stato collassò su se stesso, gli organizzatori furono arrestati e Gorbačëv ridivennepresidente dell'Unione Sovietica. Tuttavia la sua posizione era ormai compromessa, in quanto né l'Unione né le strutture di potere ascoltavano i suoi comandi.
Cronologia delle dichiarazioni degli Stati baltici restaurati
La fase finale del collasso dell'Unione Sovietica ebbe luogo con il referendum in Ucraina del 1º dicembre 1991, in cui il 90% dei votanti optò per l'indipendenza. I leader delle tre repubbliche slave (Russia, Ucraina e Bielorussia) concordarono di incontrarsi per una discussione sulle possibili forme di relazione.
Il 12 dicembre 1991 fu completata la secessione della Russia dall'Unione. Il 15 dicembre 1991 morìVasilij Grigor'evič Zajcev: la notizia ebbe un forte impatto simbolico e viene considerato un altro segno della fine di un'epoca.
Infine, il 26 dicembre 1991 ilSoviet delle Repubbliche delSoviet Supremo dell'URSS ratificò le decisioni del presidente dimissionario dell'URSS e dissolse formalmente l'URSS. La dissoluzione fu resa definitiva nella notte tra il 31 dicembre 1991 e il 1º gennaio 1992.[13][14][15]
Si stima che dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica siano stati registrati 7 milioni di decessi prematuri nei paesi che vi erano inclusi, di cui circa 4 milioni solo inRussia.[16] Dopo la caduta dell'URSS, la Russia ha registrato il più grande calo dell'aspettativa di vita in tempo di pace della storia.[17] La povertà è salita alle stelle dopo la caduta dell'URSS e alla fine degli anni '90 il numero di persone che vivevano al di sotto della soglia di povertà internazionale è passato dal 3% del 1987-88 al 20%, ovvero circa 88 milioni di persone. Solo il 4% della regione viveva con 4 dollari al giorno o meno, ma nel 1994 questo numero è salito al 32%. La criminalità, l'uso di alcol, l'uso di droghe e i suicidi sono saliti alle stelle dopo la caduta del blocco orientale.[18]
^ab(EN) Peter Van Elsuwege,From Soviet Republics to Eu Member States: A Legal and Political Assessment of the Baltic States' Accession to the EU, Studies in EU External Relations, vol. 1, BRILL, 2008, p. xxii,ISBN978-90-04-16945-6.
^ Ferdinand J.M. Feldbrugge (a cura di),Russian Federation Legislative Survey, June 1990-December 1993, collanaNijhoff Law Specials, vol. 7, Dordrecht, Martinus Nijhoff, 1995, p. 387.