Inmatematica, in particolare nelcalcolo infinitesimale, ildifferenziale di unafunzione quantifica la variazione infinitesimale della funzione rispetto ad unavariabile indipendente. Per una funzione di una sola variabile, per esempio, il differenziale di è definito dalla1-forma:
dove denota laderivata di rispetto a, ovvero il limite delrapporto incrementale per indefinitamente piccolo, e l'incremento della variabile indipendente.
Se si considera unafunzionederivabile, conaperto in, essa può essere approssimata in unintorno di un qualsiasi punto del dominio mediante la funzione
il cui grafico è laretta tangente al grafico di in. La funzione è un'applicazione affine da in sé, cioè un'applicazione lineare sulla distanza da composta con una traslazione (l'aggiunta del termine). Il differenziale è allora la parte lineare di.
Lederivate direzionali di una funzione indicano di quanto varia la funzione al primo ordine lungo un determinato vettore, mentre il differenziale è l'applicazione lineare che associa a quel vettore la variazione al primo ordine. Si tratta pertanto di un oggetto utile per avere informazioni locali sulla funzione di partenza, ad esempio mostra se è localmente invertibile.
Nella trattazione moderna del calcolo differenziale, il differenziale di unafunzione di una sola variabile è la funzione di due variabili indipendenti e data da:
Siano e duespazi di Banach (ad esempio può coincidere con e con) ed aperto.
Una funzione si dicedifferenziabile in se la sua variazione quando si allontana da è approssimabile tramite unaapplicazione lineare continua (se ha dimensione finita la continuità è assicurata). In modo esplicito, esistono lineare e tali che:[1]
usando la notazione cono-piccolo si ha, in modo equivalente:
Se è differenziabile in, l'applicazione lineare si chiamadifferenziale di in ed è talvolta denotata con, o anche.
Il differenziale è la parte lineare dell'applicazione affine che ha il grafico tangente a quello della funzione
La presenza dell'o-piccolo indica che i grafici di e sono tangenti in. Intuitivamente si può pensare che sia una funzione da in, e quindi che il grafico di sia una superficie e quello di un piano. In tal caso, se i due grafici incontrandosi in formassero un angolo allora la differenza:
dovrebbe essere lineare avvicinandosi ad in una certa direzione e il rapporto tenderebbe alla tangente dell'angolo formato tra il piano e la superficie nella direzione considerata.
Segue che se è differenziabile in il differenziale è la parte lineare della applicazione affine il cui grafico è tangente a quello di in.
In modo equivalente, se è differenziabile in si può scrivere:
e per definizione di o-piccolo:
Considerando tale espressione come definizione, è differenziabile in se esiste tale per cui il limite sia nullo (l'altra implicazione per dimostrarne l'equivalenza si ottiene prendendo
Scelte dellebasi per e, se questi sono di dimensione finita, allora si può rappresentare con unamatrice dettamatrice jacobiana. Si possono distinguere, in particolare, tre sottocasi:
Sia. Il concetto di differenziale coincide con quello di derivata, essendo il differenziale di in un'applicazione lineare e quindi una funzione del tipo per qualche numero reale (tutte le applicazioni lineari sono di tale forma fissata la base canonica). Il numero è la derivata di in, infatti per definizione:
Dividendo per e considerando il limite si ottiene in quanto.
Sia. La jacobiana è in tal caso una matrice perché rappresenta un'applicazione lineare (prese sempre le basi canoniche perdominio e codominio), ed è pertanto un vettore riga dettogradiente. Tale vettore può essere considerato un vettore colonna (prendendone la trasposta), ed in questo caso si calcola l'immagine di tramite il gradiente di facendone ilprodotto scalare, e non la moltiplicazione tra matrici.
Solitamente si usano funzioni per definire implicitamente delle ipersuperfici su. Ad esempio, per si può definire una curva come l'insieme degli per cui, mentre per si avrebbe una superficie. È inoltre possibile dimostrare che se il gradiente di una funzione non è nullo ilnucleo della funzione, opportunamente traslato, è il sottospazio affine tangente all'ipersuperficie in (quando si prende come gradiente il vettore colonna il nucleo è ilsottospazio ortogonale al gradiente).
Sia. L'immagine di è una curva in. La jacobiana ha le stesse componenti del vettore che si ottiene come limite delrapporto incrementale. Quando rappresenta laposizione di unpunto materiale nello spazio, per esempio, è lavelocità. Così è una retta che opportunamente traslata è tangente in alla curva.
La notazione di Leibniz nel caso di funzioni reali
Giustificazione della notazione di Leibniz in termini del differenziale della funzione
Lafunzione identità associa a sé stesso ed èlineare e differenziabile. Come ogni funzione lineare, il suo differenziale è uguale alla funzione stessa e indipendente dal punto in cui lo si calcola. Se lo si indica con si ha, indipendentemente da:
Dal momento che la derivata è lajacobiana del differenziale per funzioni da in si ottiene:
da cui:
Quindi, il rapporto delle due funzioni lineari (i due differenziali) è costante ed è uguale alla derivata nel punto. In questo modo è possibile dare un senso rigoroso alla notazione diLeibniz, che esprime la derivata di una funzione come il quoziente tra il differenziale della funzione e quello della variabile indipendente. Tuttavia, la trattazione svolta in questa forma non è in grado di giustificare le operazioni aritmetiche sui differenziali che, nellanotazione di Leibniz, nonostante la mancanza di una base rigorosa forniscono un metodo mnemonico semplice per la scrittura di proprietà delle derivate. Per un recupero rigoroso dei metodi leibniziani è invece necessario rifarsi a metodi che appartengono all'analisi non standard, formulata daAbraham Robinson neglianni sessanta.
Data una funzione, ildifferenziale parziale di rispetto ad ognuna delle variabili è, dove è laderivata parziale rispetto all'-esima coordinata. Ildifferenziale totale della funzione è dato dalla somma dei differenziali parziali relativi a tutte le variabili indipendenti:
In maniera più compatta si può indicare come:
dove con si indica il gradiente di, con la variazione infinitesima che è un vettore con componenti infinitesime e con il prodotto scalare.
I differenziali di ordine superiore di una funzione di una sola variabile possono essere definiti nel modo seguente:
e più in generale:
Informalmente, questo giustifica l'utilizzo della notazione di Leibniz per derivate di ordine superiore:
Quando la variabile indipendente dipende da altre variabili l'espressione diventa più complessa, ad esempio:
Considerazioni simili permettono di definire differenziali di ordine superiore di funzioni in più variabili. Ad esempio, se dipende da due variabili e si ha:
I differenziali di ordine superiore in più variabili diventano ulteriormente complessi quando le variabili indipendenti dipendono a loro volta da altre variabili. Ad esempio, se e dipendono da altre variabili:
Il differenziale dell'n-esimo ordine di una funzione ed un incremento può essere anche definito come:
o, in modo equivalente, come, dove è unadifferenza finita in avanti con incremento. Tale definizione ha senso anche per una di più variabili.
per ogni, dove si sono considerati i vettori tangenti come derivazioni.[2] Considerando ivettori tangenti comeclassi di equivalenza dicurve passanti per si ottiene la definizione corrispondente:
Lamappa (scritta anche come,,,) è detta anchemappa tangente, perché il simbolo definisce unfuntore covariante dalla categoria delle varietà differenziabili in quella deifibrati vettoriali.
tale per cui esiste una funzione, dettapotenziale, che soddisfa:[3]
In altri termini, considerando uno spazio tridimensionale e unaforma differenziale, essa è una forma esatta su un dominio se esiste una qualche funzione scalare definita su tale che:
In una dimensione, una forma differenziale è esatta se ha unaprimitiva. Altrimenti, se non possiede primitiva non si può scrivere e la forma non è esatta.