Dopo il forzato scioglimento delPartito Popolare Italiano da parte delregime fascista il 9 novembre1926, i maggiori esponenti del PPI, costretti all'esilio o a ritirarsi dalla vita politica e sociale, mantennero la rete di rapporti e relazioni grazie al faticoso lavoro di collegamento diDon Luigi Sturzo che, dall'esiliolondinese, mantenne viva la breve esperienza di impegno politico del disciolto partito. L'indicazione delle gerarchie ecclesiastiche di concentrare i ristretti spazi concessi dal regime fascista nell'opera educativa e nell'asilo concesso ai leader del partito consentirono a formazioni sociali come l'Azione Cattolica e laFederazione Universitaria Cattolica Italiana di sopravvivere e di operare anche sotto il regime.
Partecipò ai primi incontri di fondazione anche un gruppo attivo nellaResistenza, ilMovimento Cristiano Sociale diGerardo Bruni, che però, essendosi posto su posizionisocialiste eanticapitaliste, presto si dissociò e successivamente diede vita a un partito autonomo ma di breve durata, ilPartito Cristiano Sociale. AGenova, invece, i giovani del Movimento Cristiano Sociale si unirono ai più anziani militanti del PPI per fondare il Partito Cristiano Sociale Democratico, che poi, dopo un incontro diTaviani con Pella e De Gasperi, cambiò nome e divenne la sezione ligure della DC.
Un evento fondamentale da cui scaturì l'ossatura del pensiero economico del nascente partito fu la settimana di studio alMonastero di Camaldoli tra il 18 e il 23 luglio del 1943. Qui una cinquantina di giovani cattolici promettenti si confrontarono con tre grandi economisti:Sergio Paronetto,Pasquale Saraceno edEzio Vanoni. Frutto del convegno fu l'elaborazione di un vero e proprio programma in 76 punti conosciuto comeCodice di Camaldoli e che nel dopoguerra guidò l'azione della DC in campo economico.
Il Partito così appena costituito visse una vita clandestina fino al 25 luglio1943. Ilgoverno Badoglio, pur ufficialmente vietando la ricostituzione dei partiti, di fatto ne consentì l'esistenza, incontrandone gli esponenti in due occasioni prima dell'armistizio dell'8 settembre 1943. Il 10 settembre anche la DC partecipò alla costituzione delComitato di Liberazione Nazionale, all'interno del quale il Partito cercò di assumere la guida delle forze politiche più moderate contrapponendosi ai partiti di sinistraPCI ePSIUP. L'atteggiamento della DC, in linea con quello della Chiesa, era di evitare prese di posizione troppo nette sul destino dellamonarchia nel dopoguerra e di ridurre la portata della lotta armata, ad esempio schierandosi a favore della dichiarazione di Romacittà aperta.
A partire dal 1943 le forze democratiche organizzarono, nelle zone occupate dalle truppe nazi-fasciste, il movimento diResistenza. Ilmovimento cattolico mantenne intatta la propria capillare presenza silenziosa ma significativa di sostegno concreto ai perseguitati e alla popolazione. Tutti i partiti delCLN crearono una propria forza militare. La Democrazia Cristiana costituì un suo corpo di brigate partigiane, meno ideologizzate rispetto alle forze del Partito Comunista e delPartito d'Azione. Le Brigate che facevano riferimento alla Democrazia Cristiana ebbero vari nomi a seconda del territorio in cui operarono: nell'Emilia e nella bassaLombardia si chiamaronoBrigate Fiamme Verdi, in altre regioniBrigate del popolo, oppureBrigate Osoppo, o anche altri nomi a seconda della località. InLiguria invece i rappresentanti della DC nel CLN regionale sostennero la formazione di brigate miste, non divise su base ideologica, e la necessità di un comando militare unico. Comandanti d'impronta cattolica, comeAldo Gastaldi (Bisagno) eAurelio Ferrando (Scrivia), guidarono brigate e divisioni garibaldine portando al collo il fazzoletto rosso. Infine, persone di orientamento cattolico si arruolarono in brigate di altro colore politico per vicinanza territoriale, amicizie personali o altre cause.
Rappresentante della DC nelCorpo volontari della libertà (CVL), che organizzava laResistenza, fuEnrico Mattei, il quale cercò di portare sotto le bandiere del suo partito numerose formazioni "autonome" precedentemente costituite. Si calcola che su circa 200.000 partigiani armati nei giorni intorno al 25 aprile 1945, 30.000 appartenessero alle formazioni legate alla DC.[17]
Le formazioni di orientamento cattolico ebbero in genere un atteggiamento prudente, sia nei confronti della popolazione, cercando di trattare umanamente e cercarono di non esporre inutilmente, sia nei confronti degli avversari, evitando nei loro confronti provocazioni che potessero portare arappresaglie sulla popolazione.
Nei confronti delle formazioni partigiane di diverso orientamento politico i partigianibianchi cercarono di collaborare, nonostante momenti difficili e in alcuni casi anche di scontri. Con l'espressione "Si discuteva, tra noi e i comunisti, con la pistola sotto il tavolo. Ma si discuteva"[18] i partigiani delle Fiamme Verdi descrivevano i loro rapporti con i partigiani "rossi" al tempo della guerra di liberazione.Giuseppe Dossetti, in una lettera a donCarlo Orlandini, comandante delle Fiamme Verdi diReggio Emilia, riferendosi ai partigiani di altra fede politica, si esprimeva così: "Imprescindibili pregiudiziali di ordine morale e politico ci impediscono di assumere ancora una volta la responsabilità di tutto quanto loro compiono sotto il titolo di lotta di liberazione".[19]
Le tensioni trabianchi erossi continuarono e si accentuarono progressivamente nel dopoguerra, sfociando spesso in fatti di sangue. La prima parte della resistenza aveva risolto il dualismo tra le due parti in guerra guerreggiata, ma aveva lasciato irrisolto il nodo dello status dell'Italia, una volta liberata dalla occupazione straniera:democrazia e libertà odittatura comunista? Forze filo-democratiche e forze filo-autocratiche avevano collaborato alla vittoria sui nemici esterni, ma si poneva ora il problema di chi avrebbe colto i frutti della vittoria.
Lo scontro fu subito assai duro, tra i vincitori della prima parte della resistenza, con un numero elevato di morti. I dirigenti del PCI facevano dettagliati rapporti sulla situazione all'ambasciatore sovietico, a quel tempoMikhail Kostylev, che a sua volta riferiva alCremlino diMosca. Il segretario del PCI ebbe uno di tali incontri il 31 maggio 1945 e l'ambasciatore riferìErcoli (Palmiro Togliatti), considera circa 50.000.[20]
Il I Congresso nazionale della DC si svolse a Roma dal 24 al 28 aprile 1946, dove venne confermato De Gasperi come segretario ed elettoAttilio Piccioni vicesegretario. Furono comunicati i risultati della consultazione interna al partito che era stata indetta dal Consiglio nazionale del 31 luglio 1945 sulla questione istituzionale: su 836 812 votanti, 503 085 si erano pronunciati per la Repubblica, 146 061 per la monarchia e 187 666 a favore di un atteggiamento agnostico del partito. Il Congresso votò un ordine del giorno favorevole alla Repubblica, ma fu lasciata libertà di voto in vista delReferendum istituzionale del 2 giugno 1946.
Dopo lavittoria della Repubblica il leader democristiano gestì efficacemente il trapasso dei poteri delRe, lasciando la segreteria del partito al suo vicesegretarioAttilio Piccioni.
La rottura tra filo-occidentali e filo-sovietici e il centrismo (1947)
Nel gennaio 1947 ilGoverno De Gasperi III si caratterizzò per la riduzione del peso del PCI nel campo della politica economica.
Nello scenario politico italiano vi era un gruppo di partiti politici filo-occidentali, dei quali la DC era il capofila, e un gruppo di partiti politici che guardavano almodello sovietico. La guerra per la liberazione aveva tenuto assieme queste culture assai differenti ma, dopo un lungo periodo di difficile coabitazione, la rottura, inevitabile, si verificò nel1947 a seguito dellacrisi di maggio. Peraltro l'atteggiamento di Togliatti era volto a evitare lo scontro diretto, come mostrò la sconfessione dell'occupazione della Prefettura di Milano da parte di milizie partigiane comuniste armate nel novembre 1947, cui parteciparono esponenti di vertice del PCI, comeGian Carlo Pajetta.
Nell'Assemblea Costituente la DC partecipò alla stesura dellaCostituzione della Repubblica Italiana, impegnandosi a evitare un ritorno al passatofascista e, contemporaneamente, a evitare una viamarxista per la società italiana, pur collaborando con i comunisti e i socialisti. Infatti la DC, partito dalla base sociale ampiamente interclassista, riuscì a dialogare con tutti gli altri partiti dell'arco costituzionale, assicurando così al Paese una Carta Costituzionale ampiamente condivisa.
Lo spettro della guerra civile, come resa dei conti tra i due raggruppamenti usciti vincitori dalla I parte della Resistenza, aleggiò a lungo in Italia. Poco dopo la fine della guerra alcuni gruppi dipartigiani, insoddisfatti, ripresero la via dei monti, e a fatica furono persuasi dai capi a rientrare. Nel settembre 1947 il Ministro dell'InternoMario Scelba aveva preparato un piano di emergenza per contrastare un tentativo di colpo di Stato delle sinistre.
Il 3 e il 4 dicembre1947 la direzione della DC tenne due riunioni. I dirigenti che intervennero nella riunione furono tutti concordi nella necessità di prepararsi alla guerra civile, pur riconoscendo che essa sarebbe scoppiata solo in caso di ordini precisi da Mosca e non per iniziativa autonoma del PCI. Il dibattito si incentrò sulle forze su cui era possibile contare e sulle iniziative da prendere per contrastare un'azione armata della sinistra. Scelba e Taviani concordarono nella debolezza dell'esercito e nella necessità di rafforzare le possibilità dello stato.[21]
La rigidità gerarchica delle strutture dell'apparato comunista, in cui la decisione finale spettava sempre solo a Mosca, e la visione geopolitica valida era quella emessa dalPCUS, non lasciarono spazio a decisioni specifiche del Partito Comunista Italiano. La visione geopolitica sovietica non considerava utile una guerra civile in Italia, e quando il segretario del partito nel colloquio con l'ambasciatore sovietico del 23 marzo1948, in vicinanza delle elezioni convocate per il 18 aprile, chiese istruzioni, la rapida risposta del Comitato Centrale Sovietico il 26 marzo fu negativa.[22]
In vista dellepolitiche del 1948 la DC ebbe come principale avversario ilFronte Democratico Popolare, composto dalPartito Comunista Italiano e dalPartito Socialista Italiano. La propaganda politica democristiana presentò la competizione elettorale come uno scontro tra libertà-capitalismo occidentale e totalitarismo-statalismo comunista. Assai rilevante fu il contributo della Chiesa, che scese in campo a favore della DC. Uno strumento importante furono iComitati Civici, organizzati daLuigi Gedda.
Vi erano inoltre alcuni elementi che pesavano contro ilFronte:
la questione degli aiuti alla ricostruzione, assai più probabili da parte anglo-americana che da parte russa.[25]
Alleelezioni del 1948 la DC, che nel suo II Congresso della fine del 1947 aveva mostrato una notevole compattezza così da evitare di suddividersi in correnti, ottenne il 48,5% dei suffragi, con circa 12 700 000 voti, assicurando così la nascita di un governo dicentro, insieme alPLI, alPRI e alPSDI. IlFronte Democratico Popolare, composto daComunisti eSocialisti, ottenne il 31% dei suffragi, poco più di otto milioni di voti. Il risultato delle elezioni del 1948, unito alla prudenza diStalin (il 23 marzo 1948, in imminenza delle elezioni, Togliatti aveva chiesto a Mosca istruzioni sul possibile uso dell'apparato paramilitare del PCI, ricevendo la rispostadi non attuare un'insurrezione armata in nessun modo[26]) stabilizzò la democrazia in Italia.
Dal punto di vista internazionale il presidente De Gasperi, consapevole dell'insussistenza delle difese italiane a un ipotetico attacco dell'Unione Sovietica e volendo saldare maggiormente il rapporto con gliUSA, fu promotore dell'adesione all'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord. Nonostante la forte opposizione esterna dellesinistre e anche l'opposizione interna al partito, motivata dalla ritrosia dei cattolici ad aderire a patti militari, manifestata anche dapapa Pio XII, nel 1949 De Gasperi riuscì a far aderire l'Italia allaNATO, firmando ilPatto Atlantico.
Il terzo Congresso nazionale tenutosi aVenezia nel1949 vide la contrapposizione tra la linea della corrente diGiuseppe Dossetti eGiorgio La Pira, dettidossettiani, più attenta alle riforme sociali, e quelladegasperiana, più attenta a contrastare ilcomunismo. La seconda, maggioritaria, elesse segretario del partitoPaolo Emilio Taviani.
Il 12 gennaio1950De Gasperi presentò le dimissioni per procedere a un necessario chiarimento in seguito alle dimissioni del novembre precedente dei ministrisocialdemocratici e a causa delle ostilità deiliberali sulle questioni agrarie. Il 27 gennaio si formò ilgoverno De Gasperi VI sostenuto da DC,PSLI ePRI e con l'appoggio esterno delPLI.
Sul piano della vita interna al partito, l'evento più rilevante fu la fondazione nel novembre 1951 della nuova corrente diIniziativa democratica, sorta sulle ceneri di quelladossettiana, ma aperta anche a personalità di altra provenienza comeTaviani.
Nel 1952, benché l'Italia non primeggi nella produzione di carbone e acciaio e pur confinando con uno solo dei futuri membri, Alcide De Gasperi fu uno dei più importanti sostenitori dellaComunità europea del carbone e dell'acciaio, ritenendola un ottimo sbocco per rinvigorire l'economia italiana e per far reinserire l'Italia nelle situazioni politiche economiche internazionali.
Il IV Congresso della DC del novembre 1952 vide il partito compatto intorno alla proposta di riforma elettorale sostenuta da De Gasperi e detta dalle opposizionilegge truffa. Il Consiglio Nazionale elesse segretario del partitoGuido Gonella.
Il risultato delleelezioni dell'anno successivo, però, segnò la sconfitta del progetto, in quanto la DC e i suoi alleati rimasero, sia pure di poco, al di sotto del 50% dei voti necessario per fare scattare il premio di maggioranza, perdendo voti più a vantaggio della destra,monarchici emissini, che della sinistra.
Si formò quindi ilgoverno Pella, appoggiato, attraverso l'astensione, dalPartito Nazionale Monarchico e dalPartito Liberale Italiano. All'interno della compagine di governo,Giuseppe Pella non era solo presidente, ma ancheministro degli affari esteri eministro del bilancio; l'esecutivo venne dettogoverno d'affari ogoverno amministrativo, il cui unico scopo era quello di arrivare all'approvazione della legge di bilancio, senza nessuno scopo politico. Come ministro degli affari esteri Pella ha uno scontro conTito, che minaccia di annettere Trieste alla Jugoslavia, a cui lo stesso Pella rispose minacciando di inviare truppe italiane sul confine orientale. La crisi, che poteva sfociare in un confronto militare, venne fatta rientrare dopo molti sforzi diplomatici delle potenze occidentali. Il suo interventismo suscitò alterne reazioni in Parlamento:monarchici eMSI lo sostennero, lesinistre lo accusarono di nazionalismo e buona parte della DC rimase fredda, anche perché i governi londinesi e statunitensi volevano mantenere buone relazioni con la Jugoslavia.
Contemporaneamente, ilcaso Montesi, discussa vicenda di cronaca nera,venne sfruttato daAmintore Fanfani per bloccare la successione diPiccioni,[senza fonte] il cui figlio era coinvolto nella vicenda, a unDe Gasperi ormai malato. Al V Congresso del 1954, celebrato aNapoli, vide infatti il ricambio generazionale deiquarantenni del partito:Amintore Fanfani, grazie al sostegno della correnteIniziativa democratica, divenne il segretario politico. Il partito cominciava contestualmente a frantumarsi in numerose correnti e spariva così il vecchiocentro degasperiano. Con Fanfani la DC sposò il principio dell'intervento pubblico nell'economia e la necessità di rafforzare l'organizzazione del partito, fin lì troppo dipendente da quella dell'Azione Cattolica e dal rapporto con laConfederazione Generale dell'Industria Italiana.
Il 19 agosto 1954 lo statistaAlcide De Gasperi, fondatore ed esponente storico dello Scudo Crociato, si spense improvvisamente aBorgo Valsugana per uninfarto all'età di 73 anni (nel momento della dipartita era presidente del Consiglio Nazionale del partito). Le esequie funebri distato, celebrate aRoma, videro una larghissima partecipazione popolare, come anche di tutte le massime cariche dello stato e di tutti i segretari dei partiti politici, fuorché l'MSI, per il suo fermo e risolutoantifascismo.
Nell'aprile del 1955 Fanfani subì una sconfitta, quando la maggioranza del gruppo parlamentare, riunita nella cosiddettaConcertazione, ribellandosi alle indicazioni del segretario, impose l'elezione diGiovanni Gronchi allaPresidenza della Repubblica. Ilgoverno Scelba cadde poco dopo, venendo sostituito dalprimo governo Segni, sotto il quale venne creato ilMinistero delle partecipazioni statali e l'Italia partecipò alla nascita dellaComunità economica europea. In questa fase fu anche attuata l'estensione mutualistica e pensionistica a tutti i lavoratori, in precedenza limitata ai soli lavoratori dipendenti.
La DC conobbe una forte crescita degli iscritti, tanto che il VI Congresso del 1956 segnò il momento del massimo trionfo per Fanfani.
Nella primavera 1957 divenne capo del governo il senatoreAdone Zoli, che creò ilGoverno Zoli, monocolore DC appoggiato anche daimissini.
A causa della contrarietà della maggioranza della DC all'apertura di una stagione dicentro-sinistra e, soprattutto, all'eccessiva concentrazione di potere realizzatosi nelle mani diFanfani, ilgoverno Fanfani II fu presto logorato dai cosiddettifranchi tiratori, che lo misero spesso in minoranza, fino a farlo cadere nel gennaio 1959 e a costringerlo ad abbandonare sia l'esecutivo sia la segreteria del partito.
Il centro-destra di Segni e la divisione di Iniziativa democratica (1959)
Le dimissioni di Fanfani portarono alla crisi della corrente maggioritaria dettaIniziativa democratica e alla sua divisione totale: da una parte la corrente detta deidorotei guidata daMariano Rumor ePaolo Emilio Taviani, che accettò le dimissioni diFanfani e ottenne, con l'appoggio delle correnti disinistra e degliandreottiani, l'elezione alla segreteria diAldo Moro; dall'altra la correntefanfaniana dettaNuove cronache diArnaldo Forlani,Giovanni Gioia,Giacinto Bosco eFranco Maria Malfatti. La DC intanto cambiava volto, aumentando i propri iscritti nelle regioni meridionali e diminuendoli in quelle settentrionali, con le correnti trasformate più in blocchi di potere che in posizioni ideologiche.
Il VII Congresso di Firenze nell'ottobre 1959 segna uno degli scontri più duri tradorotei efanfaniani sulla linea da scegliere per le alleanze:centro-sinistra ocentro-destra. Prevalgono di poco idorotei e gli andreottiani con il sostegno della corrente diScelba suifanfaniani e sullaBase, confermando cosìMoro alla segreteria.
Nel 1960 si aprì una difficile crisi di governo causata dai contrasti interni diliberali erepubblicani, che portò all'assegnazione dell'incarico aFernando Tambroni. IlGoverno Tambroni, monocolore DC, ottenne la fiducia dellaCamera per soli tre voti di scarto (300 sì e 297 no) con il determinante appoggio deimissini. La circostanza causò l'abbandono dei ministri appartenenti allasinistra DCBo,Pastore eSullo. Dietro esplicito invito del proprio partito il governo rassegnò le dimissioni, che furono tuttavia respinte dal presidenteGiovanni Gronchi, che invitòTambroni a presentarsi al Senato per procedere al voto di fiducia, che ottenne sempre con l'appoggio determinante dei missini.[27]
Le aspre critiche provenienti dalla sinistra, che accusava la DC di voler aprire ai neofascisti, e gliscontri di piazza con morti e feriti[28][29] causati dalla decisione del Movimento Sociale Italiano di tenere un congresso aGenova, provocarono le dimissioni di Tambroni e del suo governo.
Fanfani III: il governo delle convergenze parallele (1961)
Il Fanfani III fu definito daMorogoverno delleconvergenze parallele, a indicare che il sostegno diPLI, PDIUM, PRI,PSI e PSDI avviene separatamente e non è un ritorno alvecchio centrismo. Si posero così le basi di quel processo politico che avrebbe portato verso ilcentro-sinistra organico nel biennio successivo.[30][31] In alcune grandi città, Milano, Firenze e Genova, stavano infatti nascendo giunte dicentro-sinistra, con sindaci e assessori democristiani e socialisti. Lo stessoNenni confermò la disponibilità delPSI ad aprirsi verso il governo e chiuse a un'alleanza con ilPCI.
Il 13 giugno1961 Fanfani ebbe un colloquio con il nuovo presidente statunitenseJohn Fitzgerald Kennedy che gli confermò di non essere contrario a un eventuale governo di centro-sinistra.
Nel gennaio 1962Moro, appoggiato da Fanfani, daidorotei, dallaBase e anche dagliandreottiani e con la sola opposizione Scelba, stravinse l'VIII Congresso della DC sulla base di una cauta apertura nei confronti delPSI, vista come necessaria a fronte delle esigenze della nuova Italia industrializzata.
Venne così costituito ilquarto governo Fanfani, un governotripartito formato da DC,PSDI ePRI, con l'astensione determinante delPSI. Questa esperienza viene considerata unprimo centro-sinistra, con isocialdemocratici nel governo e isocialisti che lo appoggiano astenendosi, e una forte spinta riformatrice: istituzione dellascuola media unica obbligatoria, la nazionalizzazione delle industrie elettriche con l'istituzione dell'ENEL e l'istituzione della cedolare d'acconto.
Alleelezioni del 1963 DC ePSI si presentarono agli elettori come partiti non alleati tra loro, ma questa scelta strategica non evitò alla DC di subire una sconfitta: il partito democristiano scese al 38,8%, cedendo voti a vantaggio delPLI.
Dopo le deludentielezioni politiche del 1963, il Consiglio Nazionale del partito decise di aprire a uncentro-sinistra comprensivo deisocialisti, e per questo dettoorganico. IlpresidenteAntonio Segni affidò aMoro l'incarico di formare il governo, ma i dissidi interni alPSI non consentirono la creazione di un esecutivo dicentro-sinistra.
La temporanea impossibilità di costituire un governo coisocialisti spinse il partito a costituire un governo monocolore DC presieduto dalmoderatoGiovanni Leone, ilgoverno Leone I, primogoverno balneare della storia repubblicana e detto anchegoverno ponte, con mandato limitato alla gestione dell'ordinaria amministrazione e affinché consentisse la stabilizzazione della situazione politica in attesa di sviluppi all'interno delPartito Socialista.
Moro I: nasce il centro-sinistra e Rumor Segretario (1963-1964)
La politica economica del governo, però, deluse ilPSI e dopo pochi mesi produsse una crisi. Il governo cadde infatti su di un provvedimento che riguardava l'istruzione privata: il progetto governativo di assegnare fondi alle private incontrò il rifiuto di socialisti, socialdemocratici, repubblicani e anche di una parte della stessa DC. Moro decise di dimettersi.
Alla fine prevalse la maggioranza deidorotei e degliandreottiani, favorevole al proseguimento dell'esperienza di governo con isocialisti, e si formò ilsecondo Governo Moro.
Nel 1966 il governo entrò nuovamente in crisi a causa del distacco di Moro daidorotei, ma l'assenza di alternative portò alla nascita delgoverno Moro III.
Al X Congresso nazionale del 1967 tenutosi aMilano si formò la corrente deipontieri: una parte deidorotei guidata daTaviani e a cui aderironoCossiga eSarti che volle avvicinarsi alle posizioni dellaBase e diForze Nuove. Le principali correnti invece,dorotei,morotei,fanfaniani eandreottiani, si allearono nuovamente e confermarono Rumor alla Segreteria del partito, ma questa riunificazione si rivelò fragile e temporanea.
Il fallimento della politica riformista favorì l'esplodere delle tensioni con il fenomeno delSessantotto nonché la fine del collateralismo.[32]
Moro, sentendosi accantonato, uscì ufficialmente dalla correntedorotea con il suo gruppo dettomoroteo e soltanto nel dicembre 1968 fu possibile ricostituire ungovernotripartito dicentro-sinistra guidato da Mariano Rumor, che a sua volta lasciò la segreteria della DC al collega di correnteFlaminio Piccoli, votato daidorotei, ifanfaniani e gli amici di Taviani; contro gli votaronoForze Nuove, laBase e imorotei. L'esecutivo Rumor dovette affrontare la situazione difficile del Paese con la volontà di ridare spirito al riformismo delcentro-sinistra: venne finalmente decisa l'istituzione delleregioni e dello Statuto dei Lavoratori.
Nel giugno 1969, al XII Congresso, lasinistra democristiana si compattò intorno a Moro, ma idorotei diImpegno Democratico del segretario Piccoli, del Premier Rumor e del Capogruppo alla Camera Andreotti mantennero la maggioranza grazie all'accordo con ifanfaniani e venne rieletto Piccoli alla segreteria.
La frattura traPSI ePSDI provocò la caduta del primo governo Rumor. Nell'agosto 1969 Rumor formò ilsuo secondo governo, un monocolore democristiano nel quale i due partiti socialisti decisero di non entrare dal momento che non riuscivano a superare le loro divisioni.
I ripetuti scontri all'interno della correntedorotea ne provocarono il crollo e si divise: una componente guidata da Rumor e Piccoli dettaIniziativa popolare e un'altra che riprese il nome ufficiale deidorotei,Impegno democratico, guidata da Colombo e Andreotti.
Il mese successivo venne eletto segretario della DC il giovanefanfanianoArnaldo Forlani, come soluzione di compromesso tra le correnti nel pieno del cosiddettoautunno caldo, che culminò con lastrage di piazza Fontana.
Il governo, entrato nuovamente in crisi, venne sostituito dalgoverno Rumor III, nuovo governo dicentro-sinistra, sotto il quale venne approvato loStatuto dei lavoratori e la legge istitutiva dei referendum.
Nel gennaio 1972 i Repubblicani uscirono dal governo e ne conseguì la crisi del governo Colombo e la nomina diGiulio Andreotti, ilcui governo però non disponeva della maggioranza: Leone ne trasse occasione per sciogliere le Camere per leprime elezioni anticipate della storia della Repubblica, alle quali la DC si presentò come partito affidabile e contrapposto agliOpposti estremismi di destra e di sinistra. Il risultato delle elezioni mostrò la compattezza del voto cattolico a favore della DC e il successo delMSI-DN fu contenuto.
In questo periodo venne coniato per il partito il soprannome "Balena bianca",[33][34] nome che ebbe un notevole successo negli anni seguenti e fu anche usato dalla stessa DC.
Dopo il rafforzamento della componente moderata nell'elettorato italiano, la DC decise di costituire un governo senza più isocialisti, guidato sempre daAndreotti. Ilgoverno Andreotti II, sostenuto da PLI, PSDI ed esternamente dal PRI, fu detto anchegoverno Andreotti-Malagodi, poiché fu il primo esecutivo dal 1957 a vedere l'organica partecipazione di ministri e sottosegretari delPLI.
Una parte della DC non appoggiò il governo: gli esponentimorotei e diForze Nuove si dimisero dalla Direzione del partito. Il soloBenigno Zaccagnini rimase al suo posto nel Consiglio Nazionale. Il nuovo esecutivo portò avanti una politica fortemente inflazionistica, in una fase in cui gli scontri di piazza si fecero sempre più frequenti con morti e feriti tra i militanti di destra e di sinistra e tra le forze dell'ordine. Già nel dicembre 1972 emersero nel partito le prime insoddisfazioni verso la politica economica del governo; lo stesso segretarioForlani ritenne opportuno ascoltare le correnti disinistra nel ripensare alle alleanze politiche, dal momento che le spinte verso un riavvicinamento alPSI e alla ricostruzione delcentro-sinistra erano molto forti.
Nel giugno1973 i principali leader delle correnti stringono il "patto di Palazzo Giustiniani". Al XII Congresso, tenutosi a Roma, si formarono tre posizioni all'incirca equivalenti: quella deidorotei storici Rumor e Piccoli, quella didestra diAndreotti eForlani e quella disinistra guidata di fatto daMoro. Il Congresso approvò il documento diAmintore Fanfani, che intendeva riaprire in Italia la prospettiva delcentro-sinistra. Il successivo Consiglio nazionale del 17 giugno 1973 elesse quindi Fanfani alla segreteria politica e Zaccagnini alla presidenza del Consiglio Nazionale.
Visto il mutamento degli equilibri interni al partito, il 7 luglioAndreotti, che aveva anche perso l'appoggio esterno dei repubblicani, rassegnò le dimissioni.
Il ritorno del centro-sinistra e il referendum sul divorzio (1973-1974)
Si formò quindi un nuovo governo dicentrosinistra, ilquarto governo Rumor, appoggiato da DC, PSI, PSDI, PRI, che vide inoltre il ritorno diMoro agliEsteri.Fanfani ritenne necessario un confronto diretto con lasinistra allo scopo di mostrare l'esistenza in Italia di un potenzialmente maggioritario schieramento dicentrodestra in una fase resa difficile dall'impennata dei prezzi del petrolio.
La caduta del governo, sostituito immediatamente dalquinto Governo Rumor, spinseFanfani e tutto il gruppo dirigente della DC a puntare sulReferendum abrogativo della legge sul divorzio, nel quale però lo schieramento cattolico fu nettamente sconfitto. Prevalsero nettamente i favorevoli al mantenimento del divorzio, il 59,3%.
Nell'ottobre 1974 anche il governo Rumor cadde a causa dei contrasti traPSDI ePSI e la DC scelse di costituire ilquarto Governo Moro, alleandosi solo colPRI: il nuovo esecutivo puntò tutto sul tema dell'ordine pubblico e all'inizio del 1975 presentò la cosiddettaLegge Reale, che ampliava i poteri della polizia; in compenso ilPSI ottenne l'estensione del diritto di voto ai diciottenni e fu istituita lacassa integrazione guadagni.
La campagna elettorale delleelezioni regionali del 1975 fu funestata da numerosi scontri di piazza, ma il risultato non arrise alla DC, bensì vide una crescita del PCI. A questo punto Fanfani fu messo in minoranza dal Consiglio Nazionale del partito, che lo sostituì con ilmoroteoBenigno Zaccagnini, eletto da un'eterogenea maggioranza come soluzione temporanea. A dicembre tuttavia il PSI tolse il suo appoggio al governo, che si dimise; Moro costituì allora il suoquinto governo, senza più nemmeno ilPRI.
Il XIII Congresso del marzo 1975 fu molto combattuto: per la prima volta il segretario fu eletto direttamente dai delegati e, sia pure per pochi voti, ilprogressistaZaccagnini prevalse sulconservatoreForlani.
Poco dopo, per contrasti sul diritto all'aborto, la DC fu messa in minoranza allaCamera, scelse la strada delleelezioni anticipate del 1976. Alle elezioni la DC ottenne l'appoggio di un vasto schieramento moderato e non necessariamente cattolico:Umberto Agnelli fu candidato alSenato eIndro Montanelli, direttore deil Giornale, sollecitò gli elettori moderati a impedire la salita al potere deicomunisti con uno slogan poi divenuto celebre:Turiamoci il naso e votiamo DC.[35][36] Il partito mantenne un discreto vantaggio su un PCI in crescita, in un contesto di fortepolarizzazione del voto. Tra gli eletti democristiani si notò un forte ricambio generazionale, ad esempio con la presenza di esponenti del movimento ecclesialeComunione e Liberazione.
La DC risultò ancora una volta il primo partito del Paese. Nonostante il fatto che ilPartito Comunista avesse ottenuto il suo massimo storico, la DC recuperò i voti persi alleelezioni amministrative del 1975; gli alleati della DC, tra i quali ilPSI, subirono invece una battuta d'arresto. La DC decise allora di trattare con ilPCI e il PSI per la costituzione delgoverno Andreotti III, monocolore DC detto dellanon sfiducia.[37] Cominciò la fase politica detta dellasolidarietà nazionale, finalizzata a fronteggiare la crisi economica e l'emergere di forti tensioni sociali. Tuttavia, una parte della DC era contraria ad avanzare aperture nei confronti del PCI, al punto che alcuni esponenti (tra cuiRoberto Mazzotta,Mariotto Segni,Bartolo Ciccardini,Oscar Luigi Scalfaro,Gerardo Bianco,Vito Scalia) firmarono un documento, redatto nel1977, con il quale si chiedeva al partito di abbandonare la linea politica portata avanti dal segretario Zaccagnini e di chiudere, contrariamente alla linea intrapresa (e che andava in direzione del cosiddettocompromesso storico), qualsiasi apertura nei confronti del PCI. Tale documento firmato daiCento, così come furono chiamati dalla stampa, divenne manifesto di una corrente denominataProposta.
Ilterzo governo Andreotti fu inoltre il primo esecutivo repubblicano ad annoverare tra i propri membri una donna, la democristianaTina Anselmi, alMinistero del lavoro.Dopo essere entrato nella maggioranza, ilPCI pretese di poter concorrere alla definizione del programma di governo. All'inizio del1978 anche una parte della DC pensava che fosse giunto il momento di elezioni anticipate, Moro invece riteneva di poter concedere ai comunisti l'ingresso nella maggioranza parlamentare, senza però assegnare alcun ruolo all'interno del futuro governo.
La mattina del 16 marzo1978, mentre si stava recando in Parlamento per ilvoto di fiducia al nuovogoverno Andreotti IV,Aldo Moro fu sequestrato dalleBrigate Rosse, che uccisero inoltre i cinque uomini della sua scorta. Seguirono 55 giorni di tensione, in cui le BR tennero Moro prigioniero, divulgando una serie di lettere nelle quali il prigioniero sollecitava il suo partito ad accettare una trattativa, ma che furono giudicate comeestorte e quindi da non considerarsi valide.
Il 9 maggio Moro venne assassinato in circostanze mai del tutto chiarite.
Altre difficoltà nel 1978-1979 e fine anticipata della legislatura
Un mese dopo, un referendum sull'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti fu bocciato dagli elettori ma con una percentuale disì superiore alle previsioni, segno di una crescita della sfiducia verso il sistema dei partiti. A giugnoGiovanni Leone fu costretto alle dimissioni dalla presidenza della Repubblica in seguito a una campagna avversa del PCI. La DC non riuscì a eleggere il proprio candidato: il nuovo presidente fu il socialistaSandro Pertini.
Nel gennaio1979 il PCI uscì dalla maggioranza, facendo cadere il governo Andreotti IV. Venne quindi formato ilGoverno Andreotti V, creato appositamente per non ottenere la fiducia e andare a elezioni anticipate, nelle quali il PCI perse voti, ma a vantaggio di altri partiti di sinistra, mentre la DC rimase poco sopra il 38%.
Nel1980 si tenne il XIV Congresso del partito, che sancì la fine dell'esperienza dellasolidarietà nazionale.Arnaldo Forlani, uno dei principali artefici della nuova linea politica, venne eletto presidente del Consiglio Nazionale del partito e nuovo segretario fu ildoroteoFlaminio Piccoli, che batté il candidato dellasinistraBenigno Zaccagnini, sostenuto anche dagliandreottiani.
Nel maggio1981, ilreferendum sull'aborto fu vinto dalNO ancora più nettamente di quello del 1974 sul divorzio. Dopo la sconfitta referendaria e dopo che alcuni esponenti del suo governo erano stati coinvolti nel casoP2, Forlani si dimise da premier, mentre leBrigate Rosse continuavano a colpire. Per la prima volta dopo 36 anni la DC accettò di lasciare la guida del governo, appoggiando ilGoverno Spadolini I, guidato dal segretario delPartito Repubblicano ItalianoGiovanni Spadolini.
Al XV Congresso (maggio 1982) fu eletto segretarioCiriaco De Mita, esponente della corrente di sinistra della DC detta "Sinistra di Base" o più semplicemente "Base", sostenuto daBenigno Zaccagnini,Flaminio Piccoli,Giulio Andreotti eAmintore Fanfani, controArnaldo Forlani. De Mita vinse il congresso anche con il sostegno di alcuni settori della borghesia imprenditoriale.[38] Il segretario uscente Piccoli venne eletto Presidente del Consiglio Nazionale. Il nuovo segretario confermò l'alleanza con i partiti dell'area laico-socialista, ma con uno spirito competitivo nei confronti di Craxi.
Il primo governo Spadolini cadde nell'estate 1982, per contrasti tra DC e PSI, ma fu seguito dall'analogogoverno Spadolini II, dettogoverno fotocopia, che durò però pochi mesi, poiché cadde a seguito dello scontro traRino Formica eBeniamino Andreatta, dettalite delle comari.
Ancor meno durò ilgoverno Fanfani V, dopo il quale si andò a elezioni anticipate, nelle quali la DC perse circa il 5% dei voti, a vantaggio degli altri partiti della coalizione di governo e riducendo il proprio vantaggio sul PCI a soli tre punti percentuali.
Nel frattempo nel partito si confrontavano la posizione diCiriaco De Mita, più competitiva con il Partito Socialista Italiano, e quella di Giulio Andreotti, più propenso alla collaborazione con i socialisti. Nonostante la sconfitta elettorale dell'anno precedente, De Mita vinse anche il XVI Congresso del partito nel 1984, ma con uno scarto ridotto rispetto al previsto; ufficialmente, infatti, tutti i capi corrente sostenevano De Mita contro l'altro candidato,Vincenzo Scotti.
Alleelezioni europee del 1984 videro, per la prima volta in un'elezione nazionale, il sorpasso delPartito Comunista Italiano sulla DC, sia pure per lo 0,36%; tuttavia il PSI di Craxi apparve come il più deluso dall'esito elettorale.
Nel1986 la gestione De Mita cominciò a essere contestata da una parte della borghesia, che in teoria ne doveva essere la beneficiaria (secondo le inchieste suil Giornale diIndro Montanelli). Comunque, il segretario in carica viene rieletto dal XVII Congresso, ma con un Consiglio Nazionale a lui poco fedele, a parte l'area guidata daBenigno Zaccagnini. Un mese prima del congresso, infatti, la corrente facente capo ad Andreotti stringe un'alleanza con il Movimento Popolare, braccio politico diComunione e Liberazione.[39]
IntantoCraxi, più volte battuto in Parlamento daifranchi tiratori della DC, si dimise, facendo in modo però di favorire la propria rinomina da parte diCossiga. Nel febbraio1987 anche ilgoverno Craxi II entrò in crisi, e a questo punto venne costituito ilgoverno Fanfani VI, un monocolore DC, al solo scopo di non ottenere la fiducia delle Camere e andare così a elezioni anticipate, e anche per allontanare la celebrazione di alcuni referendum, presentati in particolare daradicali everdi, promossi in seguito anche dai socialisti, nell'ottica di creazione di un nuovo schieramento in contrapposizione alla DC.
Alleelezioni del 1987 confermarono le difficoltà della DC, ferma al 34%, ma al tempo stesso mostrarono la debolezza delPCI e la relativa forza di uno schieramento disinistra moderata e riformista, che faceva perno sulPSI salito al 14%. Poco prima delle elezioni, diversi esponenti della DC come Forlani, Piccoli, Donat-Cattin e Andreotti firmarono il manifesto programmatico ciellino, denominato anchedocumento dei 39, in cui si chiedeva alla DC di "non cedere alle tentazioni laiciste e tecnocratiche".[40]
Poiché Craxi e De Mita si paralizzavano a vicenda, Cossiga affidò l'incarico di formare il governo aGiovanni Goria, esponente minore dell'area Zaccagnini. Per la prima volta in un governo DC non comparvero esponenti del Venetobianco, proprio mentre stava prendendo piede nelNord-Est illeghismo. Goria fu costretto a dare le dimissioni nel 1988 in seguito alla bocciatura in Parlamento del suo bilancio. In autunno si tennero con successoi vari referendum promossi daradicali everdi e in seguito sostenuti sia dal PSI che dalla DC, che a sua volta decise poi di sostenerli per neutralizzare la tattica di Craxi.
Mentre aumentava ildebito pubblico, per la prima voltaCiriaco De Mita accettava l'incarico di guidare un governo, che si insediò nell'aprile1988. Ilgoverno De Mita cominciò a pensare a una nuova legge elettorale (premio di maggioranza alla coalizione vincente), con la consulenza diRoberto Ruffilli, il quale però fu ucciso il 16 aprile da un commando delleBrigate Rosse.[41] La nuova legge elettorale non si fece; comunque la maggioranza operò una modifica ai regolamenti parlamentari per ridurre il peso deifranchi tiratori. I detrattori di De Mita parleranno del suo governo come delclan degli avellinesi: in quegli anni si trovarono a essere originari dellaprovincia di Avellino oltre al capo dell'esecutivo, anche il ministro degli affari regionali e problemi istituzionaliAntonio Maccanico, il direttore generale dellaRaiBiagio Agnes, il capogruppo alSenatoNicola Mancino e ilvicepresidente della CameraGerardo Bianco.[42]
In vista delXVIII congresso nazionale del febbraio 1989, svoltosi all'EUR diRoma,Forlani lavorò attivamente alla ricomposizione dell'areamoderata della DC. Grazie alla convergenza della sua corrente, di quelladorotea diAntonio Gava e di alcuni exfanfaniani, nel 1988 nacque la nuova corrente diAzione Popolare (talvolta denominata ancheGrande Centro oAlleanza Popolare),[43] in opposizione alla maggioranzademitiana. Quello che risulterà l'ultimo congresso della DC vide la sostituzione alla Segreteria politica diCiriaco De Mita conArnaldo Forlani, che ottenne l'85% dei voti, e la creazione di un nuovo Consiglio Nazionale di 180 membri, 160 elettivi più 20 donne cooptate, ripartito in cinque correnti:
Il congresso vide l'affermazione della nuova corrente di destra, con l'elezione di Forlani a Segretario del partito. Alcuni esponenti del partito, peraltro, sostennero l'irregolarità delle votazioni a livello di sezione. De Mita comunque mantenne una posizione antagonistica verso Craxi e i repubblicani, ma già a maggio fu costretto a dimettersi: nel giro di tre mesi non era più né segretario del partito né capo del governo.
Questa nuova esperienza di Forlani alla guida del partito di maggioranza relativa si caratterizzò per il rafforzamento del rapporto con ilPSI e per la marginalizzazione dellasinistra DC (Area del Confronto) e del suo leader Ciriaco De Mita, che uscì di scena. Si avviò così la fase giornalisticamente nota come delCAF: un'alleanza traBettino Craxi,Giulio Andreotti e lo stessoArnaldo Forlani per blindare la maggioranza dipentapartito e la collaborazione tra socialisti e democristiani, mentre si allentarono i legami più o meno occulti con la sinistra estrema che De Mita intendeva invece consolidare.[44]
Nel1989 venne formato ilgoverno Andreotti VI, durante il quale si assistette a mutamenti radicali dello scenario italiano e internazionale. Nel novembre di quello stesso anno crollava ilMuro di Berlino, determinando la fine dellaguerra fredda e dell'era dellacortina di ferro. La conseguente crisi dell'ideologia comunista avrebbe avuto ripercussioni non solo nell'estrema sinistra, ma sull'intero sistema politico, facendo cadere in molti elettori moderati le ragioni per votare democristiano in funzioneanticomunista. Cominciò così una progressiva frammentazione del quadro partitico, che si era retto fino allora sulla contrapposizione tra i due blocchi internazionali USA-URSS, ma ora in via di «scongelamento».
Alleelezioni regionali del 1990 ottennero notevole successo laLega Nord e altre formazioni con base territoriale. Subito dopoMariotto Segni, fino ad allora semplice deputato, si pose alla testa di un movimento che si proponeva di modificare la legge elettorale per viareferendaria, con l'intento di favorire lo sblocco del sistema italiano che non aveva mai conosciuto una logica dell'alternanza per via dei forti legami tra ilPCI e l'Unione Sovietica.[45][46] Fu questo un argomento che il presidente della Repubblica Cossiga cominciò sempre più a sollevare, avvertendo di essere alle soglie di una svolta epocale. Dando vita a una fase di conflitto, spesso provocatoria e con una fortissima esposizione mediatica, verso la DC, da lui accusata di immobilismo, Cossiga ruppe uno dei più antichi tabù della politica democristiana, che consisteva nel mettere a tacere le turbolenze e le piaghe del sistema.[47] Quando nel luglio 1990 Andreotti rese pubblici i documenti suGladio a cui lo stesso Cossiga apparteneva, organizzazione clandestina pronta a intervenire in caso di invasione sovietica, egli lo interpretò come un tentativo di spodestarlo, e nel novembre1991 si autodenunciò alla magistratura come referente politico di Gladio, per rivelare agli italiani il prezzo che in termini di legalità era costato il mantenimento della pace sociale durante la cinquantennale presenza in Italia del più forte partito comunista d'Occidente.[48]
Un'altra importante novità di quegli anni fu la firma da parte del governo Andreotti degliaccordi di Schengen, che avrebbe abolito i controlli sistematici alle frontiere con gli altri Stati membri dell'Unione europea, e fu preludio alla firma deltrattato di Maastricht del1992, che avrebbe aperto il mercato italiano alla liberaconcorrenza internazionale, rendendo obsoleto il sistema economico basato sullepartecipazioni statali su cui si era retto fino allora.[49] Dal governo Andreotti furono anche avviate alcune importanti riforme economiche come l'apertura agli investimenti privati nelleuniversità.[50]
Continuava intanto la frammentazione partitica: il 24 gennaio1991 ilpalermitanoLeoluca Orlando, proveniente dalla corrente disinistra della DC, fondòLa Rete che parteciperà alleelezioni regionali siciliane del successivo giugno. Quella di Orlando fu la prima grande uscita dalla DC dalla fondazione del partito. Nell'aprile dello stesso anno uscì dalla maggioranza ilPRI diLa Malfa; si formò allora ilgoverno Andreotti VII, col sostegno di quello che era ormai divenuto un quadripartito. Il 9 giugno ottenne notevole successo ilreferendum proposto da Segni che aboliva le preferenze multiple nel sistema elettorale, e ritenuto dal suo promotore un primo passo per l'abolizione del votoproporzionale. In seguito al referendum Cossiga invitò il Parlamento ad attuare delle riforme istituzionali, senza che però la proposta avesse seguito.
Leelezioni del 1992 videro per la prima volta la DC scendere sotto la soglia del 30% dei voti (29,7%); i voti mancarono soprattutto nelle regioni a nord delPo, a favore dei partiti autonomisti.
Dopo la sconfitta elettorale, la DC si impegnò nell'elezione del presidente della Repubblica, essendosi Cossiga dimesso anticipatamente. Durante le votazioni fu ucciso il noto magistrato antimafiaGiovanni Falcone e, per l'urgenza di trovare, in tale grave condizione, un candidatoistituzionale, venne eletto ilneopresidente della CameraOscar Luigi Scalfaro, ex magistrato e membro della Camera fin dall'Assemblea Costituente. La Presidenza del Consiglio fu affidata aGiuliano Amato delPSI, il cuigoverno fu sostenuto anche dalla DC, e sotto il quale si cercò di contrastare la crisi finanziaria e speculativa contro lalira, con una manovra detta di «lacrime e sangue».[51]
Era esploso intanto il fenomeno detto diMani pulite, per opera dei giudici guidati daAntonio Di Pietro, che avrebbero decapitato i vertici del partito. Dopo l'insuccesso delle elezioni provinciali del 1992 di Mantova, il segretario Forlani si dimise[52] e il 12 ottobre il Consiglio Nazionale della DC elesse per acclamazioneMino Martinazzoli nuovo segretario,[53] che si orientò subito per un rinnovo profondo della struttura-partito che doveva dirigere; quindici giorni dopoRosa Russo Iervolino divenne presidente del Consiglio Nazionale in sostituzione diDe Mita.[54] Questi cambiamenti tuttavia non scongiurarono un'ulteriore sconfitta alleelezioni amministrative di quell'autunno.
Il 26 marzo 1993 il Consiglio nazionale del partito approvò il "Codice deontologico".[55] Tre giorni dopoMariotto Segni lasciò la DC per scetticismo sulla reale efficacia dell'operato di Martinazzoli.[56][57] Negli stessi giorni della fine di marzo la DC subì un duro contraccolpo psicologico per effetto dell'incriminazione di Giulio Andreotti (uomo simbolo del partito, sempre al potere dalla sua nascita) per associazione mafiosa a Palermo. Il processo ad Andreotti fu interpretato - peraltro arbitrariamente - da molti osservatori come rivolto all'intera Democrazia Cristiana e alla sua azione politica perlomeno daglianni settanta in avanti.[58]
Nel 1993, dopo la caduta diAmato, a causa della crisi politica ed elettorale Scalfaro nominò premierCarlo Azeglio Ciampi, ilcui esecutivo fu il primo della storia della Repubblica Italiana a essere guidato da un non parlamentare; la DC vi prese parte.
Il 23 giugno Martinazzoli avanzò la proposta di creare un nuovo partito, ipotizzando di chiamarloCentro Popolare,[59] ma la reazione nelle file democristiane fu ostile:[60] il 25 giugno, alla riunione della Direzione Nazionale del partito, Martinazzoli smentì di voler sciogliere la DC e presentò le dimissioni da segretario, che furono però respinte all'unanimità, con la conferma, da parte della direzione del partito, della fiducia sul progetto di rinnovamento dello "scudo crociato".[61]
A Roma, tra il 23 e il 26 luglio, si tenne l'Assemblea programmatica costituente, nella quale Martinazzoli lanciò l'idea di aprire laterza fase storica della tradizione cattolico-democratica conun partito nazionale di programma, fondato sul valore cristiano della solidarietà da chiamarePartito Popolare. Ad ascoltarlo erano presenti 500 persone, divise equamente tra membri della DC e personalità della società civile (cattoliche e non).[62][63][64][65][66] L'Assemblea concluse i suoi lavori approvando un documento politico che conferiva a Martinazzoli un pieno mandato di fiducia per costruire un Partito Popolare che consegnasse la DC alla storia.
Un mese dopo l'Assemblea programmatica, Martinazzoli fissò a gennaio1994 come data di fondazione del PP.[70]
Intanto continuava il calo di voti: alleelezioni amministrative del 21 e 22 novembre videro la DC attestarsi all'11,2% nei comuni sopra i quindicimila abitanti. Il partito entrava in agitazione e il 24 novembreClemente Mastella chiese un congresso nazionale immediato nel quale si sarebbe candidato alla segreteria.[71] Per Martinazzoli il congresso restava convocato per il 18 gennaio successivo, 75º anniversario della nascita delPPI diLuigi Sturzo.[72] Fu l'inizio di un mese intenso dove al centro del dibattito vi era la questione della linea politica che avrebbe dovuto tenere il futuro partito: il capogruppo allaCameraGerardo Bianco chiese di andare versoil filone liberal-democratico e del socialismo riformista;[73] Casini e Mastella invece presentarono il loro progetto volto a contrapporre il futuro PPI alla coalizione delPDS e per questo alleato dellaLega, delPatto Segni, dell'ancora non natopartito di Silvio Berlusconi ed eventualmente anche dell'MSI diGianfranco Fini.[74][75]
La corrente centrista di Casini e Mastella tuttavia ebbe vita breve: il 13 gennaio avvenne una seconda scissione all'interno del partito, dopo quella dei Cristiano Sociali. Quel giorno i due esponenti rendono note le nomine dei propri coordinatori regionali alternativi a quelli nominati da Martinazzoli.[76] Falliscono così gli ultimi tentativi di riunificare il partito condotti daCiriaco De Mita eFrancesco Cossiga.[77]
Nel pomeriggio del 18 gennaio, dopo oltre cinquant'anni di vita della DC, nasce un nuovo partito: ilPartito Popolare Italiano, in analogia con l'omonima formazione fondata 75 anni prima daLuigi Sturzo.[78] Mentre Martinazzoli si preparava a proclamare la nascita del PPI, la mattina dello stesso 18 gennaio alcuni esponenti provenienti soprattutto dalla destra forlaniana-dorotea, favorevoli all'entrata nella coalizione di centro-destra conForza Italia,Alleanza Nazionale eLega Nord, diedero vita alCentro Cristiano Democratico, guidato daPier Ferdinando Casini eClemente Mastella. Dopo la scissione già avvenuta nel settembre 1993 da parte della frangia cattolico-sociale (che contribuirà successivamente a fondare iDemocratici di Sinistra), la DC si vide così divisa in tre tronconi: il PPI che mantenne la collocazione centrista, il CCD collocato nelcentro-destra e i CS collocati a sinistra.
Il giorno dopo i parlamentari DC aderiscono in massa al nuovo PPI, tranne 22 deputati che dichiarano di aderire al CCD.[79] Il 22 gennaio si tiene presso ilpalazzo dei Congressi di Roma l'Assemblea Costituente del nuovo partito;[80] e il 29 gennaio il Consiglio nazionale decide l'autoscioglimento della Democrazia Cristiana[81] sarà riconosciuto al CCD il 15% del patrimonio DC.[81][82]
L'anno dopo (luglio1995) il segretario del PPI Buttiglione lascia il partito con un gruppo di parlamentari e fonda iCristiani Democratici Uniti (CDU) che mantiene la titolarità del simbolo della DC: lo scudo crociato.
Negli anni successivi la politica italiana si caratterizzò in senso tendenzialmente bipolare, pur non cessando mai l'apparizione di liste e formazioni politiche autonome dai maggiori schieramenti. Delle formazioni che si vennero a creare alcune discesero dal ceppo comune democristiano, mentre altre accolsero al loro interno numerosi politici che in passato militarono nella DC.
La Democrazia Cristiana, negli anni di potere, aveva accumulato un ingente patrimonio immobiliare, compresi molti locali adibiti agli usi delle sezioni. Alla diaspora delle forze del partito, corrispose una caotica fase di lotte tra le diverse "anime" confluite in partiti diversi.
Il grosso del patrimonio immobiliare fu rilevato da un immobiliarista veronese[86] (lo stesso che acquisterà molti degli immobili dellaFederconsorzi) e che fu poi travolto da un fallimento.[87] I passaggi successivi, molto oscuri, videro la proprietà trasferita nella ex-Jugoslavia.[88]
La politica economica della DC fu ispirata dalCodice di Camaldoli, un documento programmatico stilato nel luglio1943 da alcuni esponenti delle forze cattoliche italiane.[89] NelCodice venne individuata la funzione dello stato nella promozione dei beni comuni, visti come quelle condizioni che sono necessarie all'insieme dei cittadini per lo sviluppo della loro qualità, della loro vita materiale, intellettuale e religiosa,[90] ma che le persone non sono in grado di attuare; lo Stato non deve sostituirsi a loro, ma deve garantire la protezione e l'elevazione delle classi meno dotate.[91] Sul versante economico viene affermata la necessità che si aggiunga alla legge della giustizia la legge della carità e lo stessoCodice elenca gli otto principi cui si deve conformare l'attività economica: la dignità della persona; l'eguaglianza dei diritti personali; la solidarietà; la destinazione primaria dei beni materiali a vantaggio di tutti; la possibilità di appropriazione nei diversi modi legittimi fra i quali è preminente il lavoro; il libero commercio dei beni nel rispetto della giustizia commutativa; il rispetto delle esigenze della giustizia commutativa nella remunerazione del lavoro; il rispetto dell'esigenza della giustizia distributiva e legale nell'intervento dello Stato. Sul punto della distribuzione patrimoniale ilCodice sancisce inoltre che un buon sistema economico deve evitare l'arricchimento eccessivo che rechi danno a un'equa distribuzione.
SecondoTaviani[89] ilCodice avrebbe in seguito fortemente ispirato i politici DC impegnati nei due decenni successivi a operare le riforme che prevedevano la liberalizzazione degli scambi con l'estero e avrebbe influito sulla politica abitativa (vedi laLegge Fanfani), sullaquestione meridionale (vedi laCassa del Mezzogiorno), sullariforma agraria e sulla costituzione e gestione di enti a partecipazione statale (vedi l'Eni).
La politica estera dei primi anni del partito è fortementeatlantista: la lineadegasperiana favorevole all'ingresso nellaNATO riuscì a essere maggioritaria, nonostante una forte componente interna al partito era contraria a un'alleanza di tipo militare, nella quale spiccava la posizione diGiuseppe Dossetti. A partire dal 1950,De Gasperi divenne inoltre uno dei più importanti sostenitori dell'integrazione europea, e tuttora è considerato uno dei padri fondatori dell'Unione europea.[3][92]
Fanfani, tre volte ministro degli esteri, continuò sulle lineaatlantista,europeista eanticolonialista, ma con alcune novità: pur considerando saldissima l'alleanza occidentale, ritenne che, qualora gli interessi italiani non corrispondessero con quellistatunitensi, fosse opportuno muoversi autonomamente. Fanfani, supportato daGiorgio La Pira, diede vita alneoatlantismo: l'Italia non solo doveva collaborare con gli Stati Uniti nella difesa dell'Occidente dalla minacciacomunista, ma doveva anche impegnarsi a dialogare con i paesi delMedio Oriente e delTerzo mondo; la migliorearma di questa nuova politica era il dialogo culturale, politico ed economico. Attuazione delneoatlantismo fu la decisione diEnrico Mattei di siglare accordi petroliferi con l'Iran, che determinarono un notevole ribasso del prezzo della benzina. Tuttavia, si rivelò una politica non di successo: la sopravvalutazione della posizione politica internazionale dell'Italia, la mancata accettazione dell'apertura asinistra da parte di alcuni dirigenti DC e la difficoltà ad avere adeguate risorse finanziarie fruttarono più volte a Fanfani e all'Italia le accuse didilettantismo e diinaffidabilità atlantica.[93][94]
La DC sosteneva ilregionalismo, richiamandosi al principio di sussidiarietà che era già stato espresso dapapa Pio XI nellaQuadragesimo Anno, nel quale affermava che fosse «ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalla minore, inferiore comunità si può fare».Decentramento, autonomia e regioni ritornano in primo piano nelProgramma di Milano della DC del 25 luglio1943 eAlcide De Gasperi, nel suo primo discorso politico del dopoguerra tenuto aRoma il 23 luglio1944 disse di voler fondare un nuovo Stato alla base del quale vi deve essere il comune e la regione.
Al Congresso diRoma del1946Guido Gonella precisava nella sua relazione il pensiero della DC: ilcentralismo era stato l'arma del dispotismo e una delle cause della permanente ostilità contro il potere da parte dell'opinione pubblica; per superarlo non bastava il semplice decentramento amministrativo, serviva semmai uno Stato istituzionalmente decentrato per garantire le libertà; i comuni dovevano avere il massimo sviluppo (elettività degli amministratori, eliminazione degli inutili controlli, risanamento dei bilanci, ecc.) e l'Italia doveva ritornare alle tradizioni di libertà comunale; cardine fondamentale della riforma dello Stato doveva essere l'istituzione delle regioni, enti autonomi rappresentativi e amministrativi degli interessi locali e professionali e un mezzo di decentramento dell'amministrazione statale; i rapporti fra la regione e il potere centrale dovevano essere determinati secondo il criterio di favorire la massima autonomia. Molteplici sarebbero stati i benefici del rinnovamento dello Stato su basi regionali: la più diretta partecipazione del popolo alla vita pubblica; i più snelli organi burocratici dello Stato, resi così più efficienti; lo svuotamento delle tendenze separatiste e federaliste, arrivando a rafforzare l'unità anche con la rappresentanza delle regioni nel Senato; rendere difficili, se non impossibili, i totalitarismi.
Area Zac: gruppo di correnti disinistra nato nel 1978. Era guidata daBenigno Zaccagnini e vi aderivano imorotei, laBase e gli esponenti diForze Nuove vicino aGuido Bodrato.
Preambolo: gruppo di areemoderate nato nel congresso del 1980. Era guidata daFlaminio Piccoli e vi aderivano idorotei di Piccoli e diAntonio Bisaglia,Nuove cronache diFanfani e gli esponenti diForze Nuove vicino aCarlo Donat-Cattin.
Proposta: corrente di destra nata nel 1977 e guidata daMariotto Segni, detta anche dei cento in quanto nacque con la firma di un documento con il quale si chiedeva al partito di abbandonare la linea politica portata avanti dal segretario Zaccagnini e di chiudere qualsiasi apertura nei confronti del PCI. I suoi principali rappresentanti eranoOscar Luigi Scalfaro, Severino Citaristi, Giuseppe Zamberletti, Bartolo Ciccardini e un altro centinaio di esponenti democristiani. Si sciolse dopo qualche tempo.[104]
Corrente del golfo oImpegno Riformista: corrente fondata da Antonio Gava e Vincenzo Scotti nel 1987 e formata principalmente dagli esponenti meridionali (principalmente dorotei e andreottiani) del partito, tra cui Emilio Colombo, Calogero Mannino e Paolo Cirino Pomicino.
Alleanza Popolare per il Cambiamento (talvolta indicata con l'abbreviazioneAlpoca): corrente di destra clericale fondata da Vittorio Sbardella e dal leader del Movimento Popolare (braccio politico diComunione e Liberazione)Roberto Formigoni nel 1992. Già nel corso degli anni '80 il Movimento Popolare si avvicinò chiaramente alle posizioni politiche della corrente di Andreotti e favorì con questa la nascita di un'intesa nel1986. Altri esponenti eranoRocco Buttiglione,Gianfranco Rotondi,Maurizio Lupi eOmbretta Fumagalli Carulli.
Dalla sua fondazione il simbolo della Democrazia Cristiana riprese quello delPartito Popolare Italiano, uno scudo con bordo superiore arcuato e da unacroce latina al suo interno con le estremità leggermente svasate e la scritta "Libertas".[112] Lo Scudo Crociato fu il simbolo sempre associato ai cattolici italiani in politica, con piccoli e variabili accorgimenti grafici come il bordo superiore arcuato o le svasature che caratterizzavano le estremità della croce latina al suo interno.[113] Nelle elezioni politiche del 1992 e in quelle amministrative del 1993, quando furono introdotte le schede elettorali a colori, per renderlo più visibile fu inserito in un cerchio con lo sfondo azzurro e la scritta "Democrazia Cristiana".
^Elena Aga Rossi - Victor Zaslavsky,op. cit., pp. 231-254. L'insurrezione armata e le elezioni del 1948.
^Elena Aga Rossi - Victor Zaslavsky,op. cit., p. 240. L'insurrezione armata e le elezioni del 1948.
^Elena Aga Rossi - Victor Zaslavsky: Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca, il Mulino, 2007 - Capitolo V, pag. 157, I prigionieri di guerra italiani nell'URSS
^Elena Aga Rossi - Victor Zaslavsky,op. cit., cap. IV, pp. 135-156. Il PCI nella politica estera italiana e il problema di Trieste
^Elena Aga Rossi - Victor Zaslavsky,op. cit., cap. VI, pp. 179-209. L'autarchia comunista e il rifiuto del piano Marshall
^Elena Aga Rossi -Viktor Zaslavskij,Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca, "L'insurrezione armata e le elezioni del 1948", pagg. 239-240, il Mulino, 2007
^"Ho pertanto proposto al Capo dello Stato la nomina dei ministri che oggi con me si presentano per ottenere la fiducia o almeno la non sfiducia del Senato e della Camera dei deputati."Seduta della Camera dei Deputati del 4 agosto 1976 (PDF), sulegislature.camera.it.
^ Salvatore Rea,Si fa presto a dire sinistra. Storia di Ciriaco De Mita dalla Magna Grecia a Palazzo Chigi, Leonardo, 1990, pp. 85-86.
^Giuseppe Sangiorgi,Piazza del Gesù. La Democrazia Cristiana negli anni Ottanta: un diario politico, Mondadori, 2005, pp. 435-437.
^Alberto Ronchey usò l'espressione «fattore K» per indicare l'impedimento del PCI ad avere accesso al governo per la logica dei blocchi contrapposti, cfr.La sinistra e il fattore K, articolo sulCorriere della Sera, 1979, richiamato daQuel che resta del fattore K, archivio delCorriere della Sera, 2006.
^abPaolo Emilio Taviani,La svolta di Camaldoli, inStato ed economia, poi ripreso con medesimo intendimento in Paolo Emilio Taviani,Perché il Codice di Camaldoli fu una svolta, inCivitas, XXXV, luglio-agosto 1984.
Giovanni Sale,De Gasperi gli USA e il Vaticano - All'inizio della guerra fredda, Milano, Jaca Book, 2005
Gabriella Fanello Marcucci,Il primo governo De Gasperi (dicembre 1945-giugno 1946) - Sei mesi decisivi per la democrazia in Italia, Soveria Manelli, Rubbettino, 2005
Luciano Radi,La Dc da De Gasperi a Fanfani, Soveria Manelli, Rubbettino, 2005
Elena Aga Rossi -Viktor Zaslavskij,Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca, Il Mulino, Bologna, 2007