LaGrande Madre, ancheGrande Dea, oDea Madre, è unadivinitàfemminile primordiale, rinvenibile in forme molto diversificate in una vasta gamma di culture, civiltà e popolazioni di varie aree del mondo a partire dallapreistoria,[1] sia nel periodopaleolitico, sia in quelloneolitico.[2]
Il culto della Grande Madre risale alNeolitico e forse addirittura alPaleolitico, se si leggono in questo senso le numerose figure femminilisteatopigie (cosiddetteveneri paleolitiche) ritrovate in tutta Europa, di cui non si conosce il nome.[2]
L'intreccio framitologia ecosmologia che caratterizza tale figura riguarda un periodo molto esteso che, almeno in Europa, va dal 35.000 a.C. al 3.000 a.C. circa, permanendo in talunearee del Mediterraneo comeCreta fino alII millennio a.C. inoltrato.Trattandosi del resto di un principio dalla valenza universale, non c'è civiltà della storia umana che non abbia attribuito allamaternità una sua qualitàdivina.[1]
L'antropologoJames Frazer, autore deIl ramo d'oro, ha sostenuto come ogni forma di culto incentrato su queste numerose tipologie di Dea Madre, inEuropa e nell'area dell'Egeo, avesse avuto origine nellesocietà matriarcali pre-indo-neolitiche europee, e quindi che vi fosse una sostanziale equivalenza fra queste dee adorate in luoghi e tempi diversi.
In civiltà particolarmente stratificate come quelleeuropee,mesopotamiche eindiane, l'evoluzione della Grande Madre produsse anche una moltitudine disincretismi fra divinità antiche e innovative, come è attestato da mitografi e poeti antichi nella «parentela mitologica» per la quale, ad esempio,Ecate è figlia diGea;Demetra è figlia diRea.[26]
Nel V secolo a.C. lo storico grecoErodoto stabiliva un parallelismo tra l'egizianaIside e le dee Demetra-Persefone.[27]
Tali culti dal forte carattere sincretico si sarebbero protratti fino ai nostri giorni: si pensi al significato delleMadonne Nere venerate pressappoco in tutta Europa.[28]
Una variante della Grande Madre nell'estremo occidente è, secondoRobert Graves, laDea Bianca dellamitologia celtica, colei che aSamotracia si chiamavaLeucotea e proteggeva i marinai nei naufragi.[29] Sarebbe questo un segno di un'antichissima circolazione mitologica negli spazi euromediterranei, e forse anche di stratificazioni etniche a tutt'oggi solo intraviste e ancora da chiarire.[29][30]
Dei del cielo e dee della terra
Spesso nelle mitologie mondiali ricorre un continuo riferimento al legame fra il regno dellamadre (terra) e il regno delpadre (cielo).[31]Si tratta di una dualità in cui ognuna delle duepolarità rimanda indissolubilmente all'altra.[32] La sinergia immanente è iscritta nellasimbologia dell'uovo, che rimanda al mistero latente e potenziale della trasformazione antecedente l'essere. Anche talune figure di divinità maschili,Kronos/Saturno eHermes/Mercurio, posseggono rappresentazioniandrogine oermafrodite che evidenziano il connubio tra uomini e donne, dei e dee, cielo e terra.
Col tempo, la simbologia degli dei del cielo si sovrappose a quella delle dee della terra, che pur venendo sempre più marginalizzata, continuò ad informare di sé le creazioni artistiche e le nuove forme di religiosità, alimentando la nostalgia sia per il mondo arcaico della Dea Madre, sia per il tempo in cui i Signori maschili delle volte celesti guidavano le migrazioni deipopoli delle steppe.[33]
Lasimbologia della Grande Madre rimanda allafertilità dellaterra, talora identificata con il suo stesso corpo,[5] o quantomeno ritenuta l'ambito di sua pertinenza.[34] In tal senso essa funge da mediatrice col divinoceleste, perché fornisce alleideearchetipe spirituali lasostanza con cui potersimaterializzare.[35]
Essendo tale, secondoNeumann, «la Grande Madre è la signora deltempo, in quanto signora dellacrescita, ed è quindi anche una dea lunare, poiché la Luna e il cielo notturno sono le manifestazioni evidenti e visibili della temporalità delcosmo, ed è la Luna, non il Sole, l'autentico cronometro dell'era primordiale. La qualità temporale, così come l'elemento acqua, vanno ascritti alFemminile, la cui natura fluente diviene evidente simbolo del flusso del tempo».[40]
L'universocultuale della Grande Madre possedeva anche, in molti contesti culturali, figure maschili, inizialmente descritte come figure plurime o collettive (come i Dattili di Samotracia).L'evoluzione di tali figure e la loro progressiva personificazione individuale sembrano confermare l'idea di un'originematriarcale delle civiltà agricole, visibile nell'appellativo di «figlio della dea» che viene attribuito a talune divinità maschili particolarmente legate alla terra (comeDioniso).[45]
Successivamente, le divinità maschili compaiono come partner della Dea. Il compagno della Grande Dea, in particolare, era un protagonista dei riti dellenozze sacre (hieros gamos), collegati al ciclo della vegetazione per assicurare la fertilità della terra, e quindi in genere celebrati inprimavera.[46]
Tra gli attributi della Grande Madre predomina la presenza dispighe digrano, oltre a elementi come fiaccole eserpenti,[47] che rimandano al ciclo naturale vita-morte-rinascita, simboleggiato dallaLuna sin da tempi antichissimi.[48]
Come il grano era destinato ad essere sepolto nella terra per poter germogliare inprimavera, così la Grande Dea, quale si ritrova nel mito diCerere eProserpina, sarebbe dovuta morire comevergine per diventaremadre.[49] Il grano poteva allora essere assimilato alFiglio da lei generato, come avveniva neimisteri eleusini durante l'iniziazione da parte delloierofante.[50]
Nelle feste e neimisteri in onore del gruppoDemetra/Cerere -Persefone/Proserpina, il culto della Dea Madre segnava così il volgere dellestagioni,[51] ma anche la richiesta universale degli esseri umani di poter rinascere proprio come il seme risorge dalla terra.[52]
Un altro attributo era quello dell'uva e delvino, proprio della Dea dellaVite venerata daiSumeri, dai popoli dell'Asia minore, e soprattutto aCreta, dove divenne una personificazione classica della Grande Madre collegata altoro. Il ciclo dellavendemmia era infatti ulteriore simbolo di quello vita-morte-rinascita.[53]
Un'analoga figura dellaBibbia in cui si poteva rinvenire quella della Grande Madre era stata d'altrondeEva, quale progenenitrice universale del genere umano.[57]
Dopo che il principio materno era stato assimilato aSophia dallognosticismo,[58] nei primi secoli del Medioevo iteologi cristiani giunsero a parlare di «prefigurazione della Vergine» per designare quelle immagini sacre femminili venerate daipagani già in epoca pre-cristiana, come ad esempio la scultura di madre partoriente scoperta inGallia daimissionari cristiani.[59]
L'archetipo della Grande Madre riappare non di rado nelle opere creative della tradizione occidentale: dalla figura diMedea, che ha attraversato i secoli daEuripide aPasolini, allaRegina della Notte delFlauto Magico diMozart, a certe battute e immagini del cinema diWoody Allen.
In una scena della seconda parte delFaust, ispirata ad un passo dellaVita di Marcello diPlutarco,[65]Goethe descrive un «regno delle Madri» come un luogo sotterraneo in cui viene generato tutto ciò che appare nel mondo fisico e terreno, nel quale si trova cioè lamatrice spirituale dei consueti oggetti sensibili.[66] La stessa opera si chiude con un richiamo del Coro Mistico all'«eterno femminile» quale metafora dell'anima che fa da mediatrice verso lospirito paterno.[67]
Nellapsicologia diJung la Grande Madre è una delle potenzenuminose dell'inconscio, unarchetipo di grande ed ambivalente potenza, nello stesso tempo distruttrice e salvatrice, nutrice e divoratrice.[68]
Nell'opera diErich Neumann,[69] che più di tutti gli allievi di Jung dedicò i propri studi ai vari aspetti del femminile, l'archetipo della Grande Madre (tendenzialmente conservativo e nemico della differenziazione) è il principale ostacolo allo sviluppo delSé individuale, che per evolvere nelle proprie capacità di separazione e di autoaffermazione deve riuscire ad approdare ad una coscienzasolare sacrificando quellalunare materna, la quale d'altra parte possiede il poteremagico per operare una tale trasformazione.[70]
^abEssa coinvolge quindi le civiltà di cacciatori-raccoglitori del paleolitico, sia quelle già incentrate sull'agricoltura e l'allevamento animale del neolitico, cfr. Vincenzo Iannuzzi,Evoluzione della vita fino alla protostoria: attualità, Elison Publishing, 2019.
^abAleksandr Dugin,Noomachia: rivolta contro il mondo postmoderno, AGA Editrice, 2020.
^«[Venere] [...] simboleggia la Grande Madre, principio universale femminile cui furono dati tanti nomi secondo le tradizioni. Si chiamava Astoreth tra i Fenici, Ishtar in Mesopotamia, Astarte fra i Semiti, Atar in Arabia, Hathor in Egitto, Cibele, Rea, Urania e Afrodite in Grecia» (Alfredo Cattabiani,Planetario, pag. 84, Mondadori, 2015).
^È stata rilevata in proposito un'esatta consonanza fonetica traAfrodite, la dea greca dell'amore, e «Astoreth» (cfr. Uberto Pestalozza,Religione mediterranea, p. 159, nota 66, Milano, Bocca, 1952).
^ Elémire Zolla,Il problema della conoscenza religiosa, su Silvia Ronchey (a cura di),Come in cielo così in terra,lavocedifiore.org, La Stampa, 27 febbraio 2002.
^L'epiteto diPandemia (Πάνδημος) attribuito adAfrodite la connotava come dea dell'amore libero e dellaprostituzione, cfr.Afrodite, sutreccani.it, Enciclopedia Treccani, 1929.
^Altro carattere che permette di riconoscere le tracce della Grande Dea neolitica nelle sue eredi della civiltà classica è poi la permanenza di specifici attributi iconologici esimbolici che richiamano l'orizzonte originario. Ad esempio:
il dominio sugli animali, che accomuna i leoni alati che accompagnano Ishtar, la cerva di Diana e il serpente ctonio della dea cretese;
l'ambientazione tra rupi (o in caverne, a ricordare il carattere ctonio della divinità originaria) e boschi, o presso acque;
^Storicamente ciò nasce soprattutto da una serie plurimillenaria di contatti e di conflitti che hanno messo in relazione le civiltà agricole, stanziali, del bacino del Mediterraneo con le civiltà delle steppe, nomadiche, basate sull'allevamento animale (indoeuropei delle coste del Mar Nero e dell'Asia Centrale, semiti delle steppe arabiche). Fra queste stratificazioni etniche assai diverse talvolta prevalse il conflitto, talvolta la simbiosi: e questo insiemi di conflitti e di simbiosi generò poi le civiltà dell'età classica - latina, greca, iranica, indiana e così via - profondamente sincretiche, e nello stesso tempo celanti al loro interno forti tensioni simboliche.
^Tali ibridazioni e contraddizioni caratterizzano particolarmente le società greca e indiana del I millennio a. C. In entrambi i casi l'interazione sinergica tra maschile e femminile asserita sul piano religioso e mitologico fu contrastata e depotenziata entro le strutture di una società androcratica, ma continuò a fecondare profonde radici di pensiero. La vediamo espressa in maniera esemplare neltempio rupestre a Elephanta di Shiva, «il signore la cui metà è donna». Nella tradizione spirituale dell'India la cosmologia sinergica è espressa in maniera particolarmente chiara dalla simbiosi fecondatrice fra Shiva,divinità maschile, principio di ordine e forma, coscienza pura che pervade l'universo, e la consorte Shakti, divinità femminile, espressione dinamica dell'energia, delle potenzialità generatrici insite nelle creature e nel cosmo. Shiva è desiderio unito a Shakti che è tempo. Il pensiero astratto può manifestarsi solo attraverso la potenza creatrice: «Shiva senzaShakti è un cadavere».
^«Nella preistoria la caverna, molte volte assimilata a unlabirinto o trasformata ritualmente in un labirinto, era contemporaneamente il teatro delleiniziazioni e il luogo in cui si seppellivano imorti. A sua volta il labirinto era equiparato al corpo della Terra Madre. Penetrare in un labirinto - o in una caverna - equivaleva ad un ritornomistico alla Madre» (Mircea Eliade, inLa prova del labirinto [1978], Milano, Jaca Book, 1980, cit. inMiti, sogni e misteri, § 8,La Terra Madre e le ierogamie cosmiche, pag. 145, trad. it. di Giovanni Cantoni, Milano, Rusconi, 1990).
^Un tratto fondamentale delle religioni arcaiche, in molti contesti culturali, è il rapporto misterioso che corre tra laGrande Dea e il suo compagno, caratterizzato dall'essere minore di lei, per età e per poteri, e che spesso si presenta, almeno inizialmente, come una figura di giovane amante, assai simile ad un figlio (si veda in proposito la coppiaCibele-Attis).Nell'Europa antica gli animali e gli esseri umani maschili sono di stimolo e di rinforzo alla vita. Il fallo è un simbolo importante, che viene riprodotto da solo o che viene fatto emergere dall'utero della donna, o tra due corna. Nelle sculture l'energia divina del fallo viene anche mostrata confusa nel corpo femminile, creatore della vita, e anche questa è una maniera di esibire la complementarità tra i due sessi.
^In epoca storica vediamo praticati questi riti presso iSumeri e altre culture delMedio Oriente, con un'unione sessuale in cui i partecipanti umani assumevano le caratteristiche delle divinità. Il rito era spesso praticato dalmonarca e da una sacerdotessa della divinità. Esiste una copiosa iconografia delle nozze sacre, con il tema ricorrente dello sposo che giungeva dal mare e che consumava le nozze nel santuario della dea: in particolare questo scenario viene rappresentato nell'Affresco della Barca della Casa Occidentale di Akrotiri, aThera, risalente al periodo immediatamente antecedente alla disastrosa eruzione del 1627 a.C., che distrusse questo importantissimo centro della civiltà egea. Nell'affresco troviamo anche la dea-sacerdotessa, con il ruolo di sposa, che si affaccia dal balcone: le figure femminili sono in genere rappresentate in una collocazione più elevata rispetto ai maschi, che le raggiungono portando come dono animali sacrificati. La barca dello sposo maschio è decorata con simboli della dea: ghirlande di fiori di croco stilizzati, farfalle e girasoli. Sui fianchi della barca sono invece dipinti delfini e leoni.Questa tradizione matrifocale prosegue anche nellaGrecia classica, ad esempio nel rito delle nozze sacre fraEra eZeus che si celebrava nel santuario dedicato a Hera a Samo. Un altro esempio si trova nel santuario diOrithia, con un affresco in avorio, risalente al sesto secolo a. C., che ritrae lo sposo teneramente accolto dalla dea.
^In particolare, la rigenerazione era rappresentata dalla dea rana, dalla dea pesce, dalla dea porcospino, dalla clessidra, con i suoi doppi triangoli quali simboli di rinascita, e dalle pietre triangolari che danno una rappresentazione stilizzata della dea, connessa a rami e germogli.
^Plutarco,Marcellus, cap. 31. «[Goethe] capì ciò che leggeva in Plutarco e comprese che colui che grida «le Madri, le Madri!» non è un pazzo che non sa quel che dice, ma è un essere umano divenutoveggente in un regno di realtà spirituali. Leggendo Plutarco si presentò a Goethe il grande enigma della Madre, e questo mistero della Madre, insieme a tanti altri, volle inserire nella seconda parte delFaust» (Rudolf Steiner,L'eterno femminile, § 1Archiviato il 17 aprile 2021 inInternet Archive., Archiati Verlag, 2007).