Due delle otto statue di guerrieri daci presenti sull'attico dell'arco di Costantino aRoma. Originariamente erano parte di un insieme di circa settanta statue analoghe che decoravano ilforo di Traiano.La Dacia diBurebista (60-44 a.C.)
IDaci furono unapopolazione indoeuropea storicamente stanziata nell'area a nord del basso corso delDanubio che da loro ha preso il nome (Dacia, corrispondente grossomodo alle odierneRomania eMoldavia).
Non è possibile datare con sicurezza il momento dell'insediamento dei Daci nella loro patria storica, né quello della formazione stessa del popolo, staccatosi dalla matriceindoeuropea. Indizi linguistici fanno comunque ritenere che gli elementi indoeuropei che poi si sarebbero evoluti nel popolo dei Daci avrebbero raggiunto l'area della Dacia nelIV millennio a.C.[1].
I Daci sono stati a lungo ritenuti parte del ceppotracico[2]: Geti e Daci avrebbero formato il ramo settentrionale della grande famiglia dei Traci[3], anche se particolarmente esposti alle influenze dei loro vicini orientali, gliSciti[4]. Stando a studi più recenti, tuttavia, è invece possibile che i Daci siano da ascrivere - insieme con iMisi dell'Anatolia - a un ramo a sé stante, distinto da quello tracico: il gruppo dellelingue daco-misie[5].
Nelle fonti classiche erano indicati comeGetes (al plurale,Getai) daiGreci, e comeDacus (al plurale,Daci) daiRomani, oltre cheDagae eGaetae, secondo laTabula Peutingeriana. Gli scrittori antichi sono unanimi nel considerare iGeti e i Daci appartenenti a uno stesso popolo, opinione oggigiorno avvalorata dall'archeologia e dalla linguistica moderna; è possibile che i Geti fossero tanto parte del popolo dei Daci, quanto che da questi siano stati a un certo punto assorbiti, oppure come sostenevano gli autori antichi: iGeti vivevano nelle pianure dellaValacchia,[6] mentre i Daci nei territori montuosi e collinari dellaTransilvania.[7]
Le prime menzioni delle fonti classiche sui Daci lasciano intendere che, a partire dal principio delII secolo a.C., erano stanziati all'interno dell'arco montuoso deiCarpazi:Pompeo Trogo narra, infatti, del conflitto che portò l'allora re dace,Oroles, a battere e respingere un'incursione di una popolazionegermanica, iBastarni, che avevano tentato di penetrare da oriente, nelle fertili pianure del medio corso delfiume Mureș[8]. Un nuovo conflitto con iBastarni si verificò nel112-109 a.C., ma anche questa volta furono respinti, non riuscendo a indebolire la potenza dei Daci, che al contrario aumentò, tanto da scorgere proprio in questo periodo lo spostamento del centro di potere dei daco-geti dalla pianura dellaValacchia al cuore dellaTransilvania.
Dopo essersi scontrati prima con iMacedoni (IV secolo a.C.) e poi con iTraci (III secolo a.C.), nelI secolo a.C. i Daci riuscirono a dar vita, sotto reBurebista, a uno stabile regno autonomo. Burebista fu il re delle tribù deiGetae e deiDaci dal 82/61 a.C. al 45/44 a.C. Fu il primo re a unificare con successo le tribù delregno dacico, che comprendeva l'area tra i fiumiDanubio,Tisza eDnestr, e l'attualeRomania eMoldova. Nel VII e VI secolo a.C. divenne patria dei popolitracici, tra cui i Getae e i Daci. Dal IV secolo al metà del II secolo a.C., i popoli Daci furono influenzati daiCeltici della culturaLa Tène, che portarono nuove tecnologie nellaDacia. Nel II secolo a.C., i Daci cacciarono i Celtici dalle loro terre. I Daci spesso combattevano con le tribù vicine, ma l'isolamento relativo dei Daci nelleMontagne Carpatiche permise loro di sopravvivere e anche di prosperare. Entro il I secolo a.C., i Daci erano diventati la potenza dominante.
A partire dal 61 a.C., Burebista intraprese una serie di conquiste che ampliarono il regno dacico. Le tribù deiBoii e deiTaurisci furono distrutte all'inizio delle sue campagne, seguite dalla conquista deiBastarnae e probabilmente deiScordisci. Condusse incursioni in tutta laTracia, laMacedonia e l'Illiria. Dal 55 a.C., lecolonie greche sulla costa occidentale delMar Nero furono conquistate una dopo l'altra. Queste campagne culminarono inevitabilmente in un conflitto con Roma nel 48 a.C., quando Burebista diede il suo sostegno aPompeo. Questo, a sua volta, lo rese nemico diGiulio Cesare, che decise di avviare una campagna contro la Dacia. Questo piano fallì nel 44 a.C. quando Cesare fu assassinato. Burebista stesso fu assassinato in una congiura da parte dell'aristocrazia dacica nello stesso periodo.
Mappa delle campagna di Burebista e dell'occupazione teritoriale
Dopo la morte di Burebista, l'impero che aveva creato si frammentò in quattro, poi cinque, piccoli regni. Dal regno diTiberio aDomiziano, l'attività dacica fu ridotta a uno stato difensivo, con i piccoli regni Daci che si combattevano per la supremazia. IRomani abbandonarono i piani di invasione della Dacia. Nel 86 d.C., il re dacico,Decebalo, riunificò con successo l'intero regno dacico sotto il suo controllo. La Dacia sotto Decebalo era più piccola, ma più forte e meglio organizzata, adottando anche nuove pratiche come iCataphractiSarmati. Da quel momento, i Daci iniziarono a condurre devastanti incursioni nei territori romani, arrivando persino a occupare laMesia.
Gli scontri toccarono il culmine negli anni85-88, quando l'imperatore Domiziano condusse una serie dioperazioni contro il regno del nuovo sovrano, Decebalo. Questi che era stato in grado non solo di ristabilire un potere centrale sui Daci, ma anche di rinverdire la potenza militare ed economica dei tempi di Burebista, tanto da premere da nord sulla provincia romana di Mesia. Pur sconfitto, nell'89 Decebalo riuscì a ottenere condizioni di pace solo apparentemente favorevole ai Romani: gli fu infatti consentito di riarmarsi liberamente e di accrescere la potenza del suo popolo nel quindicennio successivo.
Nel101Traiano avviò la campagna di conquista dell'area, conclusa nel106 con la morte di re Decebalo e l'istituzione di una nuovaprovincia romana. Il dominio romano ebbe però già termine nelIII secolo, quando ilLimes romano fu riportato alDanubio. Nonostante la relativa brevità del dominio diretto diRoma, la romanizzazione dellaDacia fu profonda, anche grazie all'intensa opera dicolonizzazione; i caratteri etnici e linguistici dei Daci si stemperarono in un nuovo complesso antropologico, nei secoli successivi ulteriormente modificato dalle nuove invasioni diGoti,Slavi,Magiari e altre popolazioni nomadi.
I Daci si dividevano in due classi: l'aristocrazia a cui era affidata l'amministrazione e l'economia (itarabostes) oltre a costituire l'élite dei guerrieri (ipileati), a questa classe si aggiungeva la gente comune e libera (icomati). Entrambe le classi sociali, deipileati e deicomati, partecipavano al grande consiglio reale, almeno ai tempi diDecebalo[9].
Soltanto gli aristocratici avevano il diritto di coprire le proprie teste, e indossavano un cappello di feltro, dettopileum (da cui vienepileati, il nome con cui erano designati inlatino)[4]. La seconda classe comprendeva i soldati di basso livello, i contadini e gli artigiani; in latino erano denominaticapillati, per via dei capelli portati lunghi. Il loro aspetto e abbigliamento si può vedere sullaColonna di Traiano.
Si racconta, inoltre, che questa società di tipo patriarcale era orientata soprattutto alla guerra più che alla pace. In particolare i Daci erano considerati tra i popoli di stirpe tracia i più aggressivi e "i più grandi tra il popolo deiTraci", come ci tramandaErodoto.[10]
I Daci, come pure gli stessiGeti, erano generalmente descritti dal mondo classico come individui alti, dalla pelle piuttosto chiara, dai capelli rossi o neri[11].
Come ci tramandaErodoto, iGeti (alla fine delVI secolo a.C.) credevano nell'immortalità dell'anima e consideravano la morte un mero cambio di paese: "I Geti si ritengono immortali... sono convinti che lo scomparso non muoia veramente, ma raggiunga il dioZalmoxis" (o Zalmolxis). "Altri Geti [si trattava dei Daci] questo stesso dio lo chiamano Gebeleizis. Ogni quattro anni mandavano uno di loro, tratto a sorte, a portare un messaggio a Zalmoxis, secondo le necessità del momento... tre Geti hanno l'incarico di tenere tre giavellotti, altri afferrano per le mani e i piedi il "messaggero designato", lo fanno roteare e lo scagliano sulle lance. Se muore trafitto, ritengono che il dio sia propizio, se non muore, accusano il messaggero, sostenendo che è un uomo malvagio, e quindi ne inviano un altro..."[12].
Il primo sacerdote godeva di una posizione prominente in quanto rappresentante della divinità suprema, Zalmoxis, ed era anche il consigliere del re.Giordane nella suaGetica, attribuiva aDeceneo il titolo di sacerdote capo diBurebista.
Le principali occupazioni dei Daci eranoagricoltura,apicoltura,viticoltura, allevamento delbestiame, produzione diceramica emetallurgia. Laprovincia romana di Dacia è rappresentata su unsesterzio come una donna seduta su una roccia con un bambino piccolo su un ginocchio, che tiene delle spighe di grano, e un altro bambino seduto davanti a lei che tiene dei grappoli d'uva.
I Daci lavoravano anche l'oro e l'argento proveniente dalle miniere inTransilvania. Portavano avanti un considerevole commercio con altri popoli, come dimostrano le molte monete straniere trovate nel Paese.
I Daci parlavano unalingua indoeuropea, della quale ci sono giunte testimonianze esigue: alcune iscrizioni,toponimi,antroponimi e poche parole isolate riportate da autorigreci elatini. Ritenuto a lungo parte di un gruppotracico, in tempi recenti nuovi studi propendono piuttosto a inscriverla a un gruppo a sé stante (Lingue daco-misie), anche se la questione è ancora aperta[13].
I Daci avevano sviluppato ilmurus dacicus, caratteristico dei loro complessi di città fortificate, come la loro capitaleSarmizegetusa Regia. Il grado del loro sviluppo urbano è testimoniato dai bassorilievi della Colonna di Traiano: l'approvvigionamento idrico delle città era garantito da acquedotti, e infatti i Romani riuscirono a prendere la città attraverso l'individuazione e la distruzione dei condotti.
Caratteristiche degli insediamenti daci sono le piazzeforti collocate su alture, tratto tipicamente indoeuropeo. Così la stessacapitale,Sarmizegetusa Regia, che oltre alle fortificazioni includeva edifici religiosi e quella che sembra una piattaforma per l'osservazione astronomica[14].
^Così gli studi di V.I. Georgiev e I. Duridanov; cfr. Francisco Villar, cit., p. 392. Lo stesso Villar conclude: "La questione per il momento deve restare aperta" (Ivi, p. 394.)