IlSimbolo niceno-costantinopolitano oCredo niceno-costantinopolitano (Symbolum Nicaenum Costantinopolitanum), è una formula difede relativa all'unicità di Dio, alla natura diGesù e, implicitamente, pur senza usare il termine, allatrinità delle persone divine. Composto, in origine, dalla formulazione approvata alprimo concilio di Nicea (325) (a cui vennero aggiunti ampliamenti, relativi anche alloSpirito Santo, nelprimo concilio di Costantinopoli) esso fu redatto a seguito delle dispute che attraversavano la chiesa delIV secolo, soprattutto a causa delle teoriecristologiche diArio (Arianesimo). Il simbolo niceno-costantinopolitano è ampiamente usato nellaliturgia cristiana, viene infatti recitato anche durante la Santa Messa.
Il termine "simbolo" è derivato dal greco σύμβολον, che inizialmente aveva il senso di "tessera di riconoscimento" o contrassegno: due persone spezzavano in due una piastrina di terracotta o un pezzetto di legno e ciascuno ne tratteneva una parte, così che, in un tempo successivo, il perfetto combaciare delle due parti provava l'identità delle persone[1][2]. Il simbolo della fede è quindi la tessera o segno di riconoscimento tra i fedeli cristiani.[3] Nella Chiesa dei primi secoli esisteva un rito chiamatoTraditio Symboli (cioè Consegna del Simbolo, o Credo) con il quale la Chiesa, metaforicamente, "metteva insieme" (questo il senso della parola grecasymbolon) e "consegnava" aicatecumeni una sorta di sintesi delle verità in cui credere[4].
SanBasilio Magno sostenne vigorosamente la tesi dell'uguaglianza delle tre divine persone della SS. Trinità nell'onore, che poi, dopo la sua morte, alConcilio di Costantinopoli I si tradusse nella formula "e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato". Egli contribuì anche all'affermazione della divinità dello Spirito Santo (alle parole: "che è Signore e dà la vita").[5]
In base al Credo (Crediamo) approvato alprimo concilio di Costantinopoli (381), "lo Spirito Santo procede dal Padre", senza aggiungere altro. Nelle Chiese occidentali, nei secoli successivi, la versione latina veniva a differenziarsi per due aggiunte:Deum de Deo ("Dio da Dio") eFilioque ("e dal Figlio", cioè lo Spirito Santo procede dal Padree dal Figlio). Di queste, la prima riprende una frase del simbolo originale niceno omessa nella versione adottata nel primo concilio di Costantinopoli. La seconda aggiunta, più tardiva, è all'origine di una disputa teologica, addotta dalpatriarca di CostantinopoliFozio nel conflitto con laSede Romana nelIX secolo sulla giurisdizione ecclesiastica dellapenisola balcanica (Chiesa bulgara). Ma non fu esaminata e discussa nonostante il (doppio)concilio Costantinopolitano IV, ove Roma si impegnò a non aggiungere. Solo usata a pretesto per denigrare la Chiesa romana nella competizione balcanica. E tale fu, con altri secondari, un secolo e mezzo dopo per il Grande Scisma oScisma d'Oriente (1054), sostanzialmente sempre politico.
Fino alIX secolo, in Occidente le Chiese locali ebbero la facoltà di scegliere se adottare o meno le due varianti, mentre nell'Impero bizantino nessuna di queste due varianti fu adottata. La variante con l'inserzione delFilioque, partita dallaSpagna visigota (sinodo di Toledo), si diffuse soprattutto nel mondo franco e germanico, dove la Chiesa era severamente impegnata a contrastare l'arianesimo. Una svolta si ebbe quandoCarlo Magno (742-814), colsinodo di Francoforte del794 o poi colsinodo di Aquisgrana dell'809, avrebbe imposto l'inserimento nelCredo di queste aggiunte neiterritori dell'Impero, nonostante l'opposizione delpapa Leone III (i vescovi italiani, nel complesso, rimasero favorevoli alla versione in uso nell'Impero bizantino). L'aggiunta divenne nota a Costantinopoli nelIX secolo durante la vertenza sull'autonomia della nuovaChiesa bulgara in concorrenza tra le due Sedi imperiali, ed allora rilevata polemicamente dal patriarcaFozio. Fu accettato anche a Roma solo nell'XI secolo, approvato daBenedetto VIII (sinodo del1014) su richiesta dell'imperatoreEnrico II di Germania.[6]
Successivamente nelconcilio di Firenze (1438/39) si raggiunse un accordo tra le Chiese greca e latina sulFilioque. Ma dopo il ritorno in patria non vi fu la ricezione da parte di tutti, specie dei monaci, oltre al vescovoMarco d'Efeso, capo dell'opposizione. Non tanto nel merito (indimostrabile, come tutto il resto) quanto dell'irregolarità dell'aggiunta, extraconciliare, ad un testo ritenuto immodificabile. Anche il concilio fu poi, sotto dominazione ottomana, sconfessato dalsinodo di Costantinopoli del 1484, organizzato dal patriarca simoniacoSimeone I.
Sia la Chiesa cattolica latina, che le maggiori Chiese protestanti, mantengono queste due aggiunte nella recita del Credo niceno-costantinopolitano, almeno nel testo latino. LaChiesa ortodossa, invece, resta fedele al testo greco conciliare, salvo l'uso del singolare ("Credo") invece del plurale ("Crediamo") dei Padri conciliari.[7] Anche la maggior parte delleChiese ortodosse orientali adoperano il testo originale del concilio.[8] Però, nella versione dellaChiesa apostolica armena, che mantiene il plurale originale ("Crediamo"), le aggiunte sono molto più numerose che nelle Chiesa occidentale.[9]
Il Credo non afferma i quattrodogmi mariani che appartengono allateologia dogmatica e sono parte integrante e sostanziale della fede cattolica. Alle parolee si incarnò nel grembo della Vergine Maria è affermato il concepimento verginale di Gesù per opera dello Spirito Santo.
La versione latina usata nelrito romano è sostanzialmente fedele al testo del Concilio del 381, ma pronunciato al singolare (credo) invece dell'originale plurale (crediamo) e contiene due aggiunte rispetto al testo liturgico greco:Deum de Deo, frase che si trovava nel testo del Concilio del 325, e l'espressioneFilioque.[10]La traduzione italiana è la versione del Messale Romano, seconda edizione (1983).
Tra [parentesi quadre] le parti del simbolo niceno omesse dal successivo niceno-costantinopolitano. Ingrassetto le parti assenti nel simbolo niceno e aggiunte dal successivo niceno-costantinopolitano. Incorsivo i verbi cambiati da plurale a singolare e le frasi aggiunte al testo niceno-costantinopolitano.
Primo Concilio di Nicea (325) Simbolo niceno[11] | Primo Concilio di Costantinopoli (381) Simbolo niceno-costantinopolitano[12] | Testo latino[13] del Simbolo niceno-costantinopolitano | Traduzione italiana del Simbolo niceno-costantinopolitano |
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Πιστεύομεν εἰς ἕνα Θεόν Πατέρα παντοκράτορα, [πάντων] ὁρατῶν τε και ἀοράτων ποιητήν. | Πιστεύομεν εἰς ἕνα Θεόν, Πατέρα Παντοκράτορα, ποιητὴνοὐρανοῦ καὶ γῆς, ὁρατῶν τε πάντων καὶ ἀοράτων. | Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem, factóremcaeli et terrae, visibilium omnium et invisibilium. | Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatoredel cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. |
Καὶ εἰς ἕνα κύριον Ἰησοῦν Χριστόν, τὸν υἱὸν τοῦ θεοῦ, γεννηθέντα ἐκ τοῦ Πατρὸς μονογενῆ, | Καὶ εἰς ἕνα Κύριον Ἰησοῦν Χριστόν, τὸν Υἱὸν τοῦ Θεοῦ τὸν μονογενῆ, τὸν ἐκ τοῦ Πατρὸς γεννηθένταπρὸ πάντων τῶν αἰώνων· | Et in unum Dóminum Iesum Christum, Fílium Dei Unigenitum, et ex Patre natumante omnia saecula. | Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padreprima di tutti i secoli: |
[τουτέστιν ἐκ τῆς ουσίας τοῦ Πατρός,] | |||
[θεὸν εκ θεοῦ,] | Deum de Deo, | Dio da Dio, | |
φῶς ἐκ φωτός, Θεὸν ἀληθινὸν ἐκ Θεοῦ ἀληθινοῦ, γεννηθέντα οὐ ποιηθέντα, ὁμοούσιον τῷ πατρί, δι' οὗ τὰ πάντα ἐγένετο, | φῶς ἐκ φωτός, Θεὸν ἀληθινὸν ἐκ Θεοῦ ἀληθινοῦ, γεννηθέντα οὐ ποιηθέντα, ὁμοούσιον τῷ Πατρί, δι' οὗ τὰ πάντα ἐγένετο. | lumen de lumine, Deum verum de Deo vero, genitum, non factum, consubstantialem Patri: per quem omnia facta sunt. | Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. |
[τά τε ἐν τῷ οὐρανῷ καὶ τά ἐν τῇ γῆ]. | |||
Tὸν δι' ἡμᾶς τοὺς ἀνθρώπους καὶ διὰ τὴν ἡμετέραν σωτηρίαν κατελθόντα καὶ σαρκωθέντα, ἐνανθρωπήσαντα, | Τὸν δι' ἡμᾶς τοὺς ἀνθρώπους καὶ διὰ τὴν ἡμετέραν σωτηρίαν κατελθόνταἐκ τῶν οὐρανῶν καὶ σαρκωθέντα ἐκ Πνεύματος Ἁγίου καὶ Μαρίας τῆς Παρθένου καὶ ἐνανθρωπήσαντα. | Qui propter nos homines et propter nostram salutem descenditde caelis. Et incarnatus estde Spiritu Sancto ex Maria Virgine, et homo factus est. | Per noi uomini e per la nostra salvezza discesedal cielo eper opera dello Spirito Santo si è incarnatonel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. |
παθόντα, | Σταυρωθέντα τε ὑπὲρ ἡμῶν ἐπὶ Ποντίου Πιλάτου, καὶ παθόντα καὶ ταφέντα. | Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato; passus et sepultus est. | Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. |
καὶ ἀναστάντα τῇ τριτῇ ἡμέρᾳ, | Καὶ ἀναστάντα τῇ τρίτῃ ἡμέρᾳ κατὰ τὰς Γραφάς. | Et resurrexit tértia die, secundum Scripturas, | Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, |
καὶ ἀνελθόντα εἰς τοὺς οὐρανούς, | Καὶ ἀνελθόντα εἰς τοὺς οὐρανοὺς καὶ καθεζόμενον ἐv δεξιᾷ τοῦ Πατρός. | et ascendit in caelum, sedet ad dexteram Patris. | è salito al cielo, siede alla destra del Padre. |
ἐρχόμενον κρῖναι ζῶντας καὶ νεκρούς. | Καὶ πάλιν ἐρχόμενονμετὰ δόξης κρῖναι ζῶντας καὶ νεκρούς, οὗ τῆς βασιλείας οὐκ ἔσται τέλος. | Et iterum venturus estcum gloria, iudicare vivos et mortuos, cuius regni non erit finis. | E di nuovoverrà,nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. |
Καὶ εἰς τὸ Ἅγιον Πνεῦμα. | Καὶ εἰς τὸ Πνεῦμα τὸ Ἅγιον, τὸ κύριον καὶ τὸ ζῳοποιόν, τὸ ἐκ τοῦ Πατρὸς ἐκπορευόμενον, τὸ σὺν Πατρὶ καὶ Υἱῷ συμπροσκυνούμενον καὶ συνδοξαζόμενον, τὸ λαλῆσαν διὰ τῶν προφητῶν. | Et in Spíritum Sanctum, Dominum et vivificantem: qui ex PatreFilioque procedit. Qui cum Patre et Filio simul adoratur et conglorificatur: qui locutus est per prophetas. | Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padree dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. |
Εἰς μίαν, Ἁγίαν, Καθολικὴν καὶ Ἀποστολικὴν Ἐκκλησίαν. | Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam. | Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. | |
Ὁμολογοῦμεν ἓν βάπτισμα εἰς ἄφεσιν ἁμαρτιῶν. | Confiteor unum baptisma in remissionem peccatorum. | Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. | |
Προσδοκοῦμεν ἀνάστασιν νεκρῶν. | Etexspecto resurrectionem mortuorum, | Aspetto la risurrezione dei morti | |
Καὶ ζωὴν τοῦ μέλλοντος αἰῶνος. Ἀμήν.. | et vitam venturi saeculi. Amen. | e la vita del mondo che verrà. Amen. | |
[Τοὺς δὲ λέγοντας· ἦν ποτε ὅτε οὐκ ἦν, καὶ πρὶν γεννηθῆναι οὐκ ἦν, καὶ ὅτι ἐξ οὐκ ὄντων ἐγένετο, ἢ ἐξ ἑτέρας ὑποστάσεως ἢ οὐσίας φάσκοντας εἶναι, ἢ κτιστόν, ἢ τρεπτὸν ἢ ἀλλοιωτὸν τὸν υἱὸν τοῦ θεοῦ, ἀναθεματίζει ἡ καθολικὴ ἐκκλησία.][14] |
Il simbolo niceno-costantinopolitano utilizzato nella liturgia della messa dirito romano può essere sostituito dalSimbolo degli apostoli, detto anche simbolo battesimale della Chiesa romana, in particolare durante la Quaresima ed il tempo di Pasqua.
Nell'ora canonica diprima, abolita per disposizione delConcilio Vaticano II,[15] si recitava in alcune domeniche ilsimbolo atanasiano.
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