
Ilcoworking (in italianocolavoro olavoro in condivisione[1]) è uno stilelavorativo che implica la condivisione con altre persone di un ambiente di lavoro, spesso unufficio, mantenendo un'attività indipendente. A differenza del tipico ambiente d'ufficio, coloro che sono incoworking solitamente non sono impiegati nella stessa organizzazione.[2] Attrae tipicamente professionisti che lavorano a casa,liberi professionisti o persone che viaggiano frequentemente e finiscono per lavorare in relativo isolamento.[3] L'attività delcoworking è il raduno sociale di un gruppo di persone che stanno ancora lavorando in modo indipendente, ma che condividono dei valori[4][5] e sono interessati alla sinergia che può avvenire lavorando a contatto con persone di talento.[6][7]

Il primo spazio dicoworking propriamente detto nacque a San Francisco nel 2005 ad opera di Brad Neuberg[8].
Alcuni spazi dicoworking[9] furono sviluppati da imprenditori diInternet nomadi alla ricerca di luogo di lavoro alternativo al bar e ai caffè, o all'isolamento in un ufficio proprio o a casa.[10][11][12] Un sondaggio del 2007 mostrava che molti dipendenti si preoccupano della sensazione di essere isolati e di perdere l'interazione umana se dovesserolavorare da remoto. Circa un terzo di lavoratori pubblici e privati del settore riferiva inoltre di non volere rimanere a casa durante il lavoro.[13] Ilcoworking offre una soluzione al problema dell'isolamento, che tantifreelance sperimentavano lavorando in casa, mentre allo stesso tempo permette loro di sfuggire alle distrazioni dell'ambiente domestico.[14][15]
Il più delle volte ilcoworking è indirizzato verso ifreelance, che spesso affiancano tale attività con un altro lavoro; per venire incontro a tali utilizzatori, gli orari di accesso ai luoghi dicoworking sono di solito moltoliberi, il più delle volte con formule 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, con controlli d'ingresso elettronici e servizi di ronda di guardie giurate, con il risparmio sulle spese di portierato.
Ilcoworking è spesso confuso con altre modalità di lavoro, come gli acceleratori di affari, gliincubatori di impresa,business center e le suite per dirigenti,[16] degli spazi che non sembrano adattarsi al modello dicoworking perché spesso manca loro l'aspetto del processo sociale, collaborativo e informale[13] con pratiche di gestione più vicine a quella di unacooperativa, tra cui la focalizzazione sulla comunità[17] piuttosto che sulprofitto.[18] Molti di coloro che partecipano alcoworking sono anche partecipanti deiBarCamp[19] e di altre attività connesse alle tecnologieopen source.[13][20][21]
Ilcoworking non riguarda solo lo spazio fisico, ma inizialmente e soprattutto l'istituzione di una comunità. I vantaggi delcoworking possono ormai essere vissuti al di fuori degli spazi adibiti e viene raccomandato in genere di iniziare con la costruzione di una comunità prima di considerare l'apertura di uno spazio dicoworking. Tuttavia, alcuni spazi dicoworking non costruiscono una comunità, ma costituiscono piuttosto una parte di una comunità già esistente, combinando la loro apertura con un evento che attiri il loro gruppo di riferimento.[22]
Numerose comunità dicoworking si formano attraverso l'organizzazione di eventi dicoworking casuale (ad esempio deiJelly[23][24]) che può avvenire nel soggiorno delle persone o in luoghi pubblici come bar adatti, gallerie o spazi multifunzionali. Durante questi avvenimenti, i collaboratori possono sperimentare i vantaggi delcoworking e conoscersi l'un l'altro, il che abbassa le barriere per entrare in uno spazio dicoworking in seguito.
Spesso i principali promotori del lavoro in condivisione sono lestartup, poiché con i suoi bassi costi è accessibile e alla portata di tutte le tasche.
Icoworking fanno parte di un fenomeno più ampio riguardante gli spazi di lavoro condivisi entro una comunità che includono: ifab lab, fortemente basati sulla fabbricazione digitale e sull'educazione, solitamente gestiti da comunità spontanee (ma non sempre, vedi ad esempio il Fab Lab diMonaco di Baviera, finanziato da BMW), i Makerspace , spazi spesso privati pensati per offrire condivisione di apparecchiature e strumenti a professionisti, gliHackerspace, spazi solitamente autoorganizzati che promuovono la filosofiahacker (vedi iCCC, ad esempio), leMultifactory[25], spazi autogestiti pensati per esaltare l'eterogeneità e lo scambio di saperi come fattori di competitività per le aziende che ne fanno parte.
Il fenomeno delcoworking è arrivato in Italia tra il 2008 e il 2010 e si è sviluppato seguendo tre strade. Il "coworking ibrido": uno spazio nato come ufficio tradizionale e riadattato per assolvere le funzioni di uno spazio condiviso; il "coworking importato": un network estero già avviato e funzionante che ha aperto filiali anche in Italia; il "coworking nativo": un’attività pensata fin dal principio comecoworking e sviluppata in Italia[26].Nel 2016 il fenomeno delcoworking ha raggiunto, solo in Italia, 300 spazi attivi[27]; quello stesso anno una pubblicazione dell’IRES Piemonte ha indicato gli spazi dicoworking come una delle strade percorribili per porre rimedio all’abbandono dei vuoti post-industriali[28]. Nei primi mesi 2018 gli spazi dicoworking censiti dalla prima Italian Coworking Survey risultano oltre 550[29]. A fine gennaio 2021, il numero di strutture censite da Italian Coworking è salito a 779[30], nonostante il periodo di emergenza sanitaria.
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