| Costante Girardengo | ||||||||||||||||||||||||||||||||||
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| Specialità | Strada,Pista | |||||||||||||||||||||||||||||||||
| Termine carriera | 1936 | |||||||||||||||||||||||||||||||||
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Costante Girardengo, all'anagrafeCostantino[1] (Novi Ligure,18 marzo1893 –Cassano Spinola,9 febbraio1978), è stato unciclista su strada epistarditaliano. Professionista dal 1912 al 1936, fu il primo"Campionissimo" nella storia del ciclismo italiano, vincendo due volte ilGiro d'Italia (nel1919 e1923), sei volte laMilano-Sanremo (nel1918,1921,1923,1925,1926 e1928), tre volte ilGiro di Lombardia, tre volte ilGiro del Piemonte, cinque volte laMilano-Torino e altrettante ilGiro dell'Emilia, detenendo inoltre anche il record di vittorie neicampionati italiani su strada con nove successi totali, ottenuti consecutivamente.[1][2][3]
Nativo diNovi Ligure, quarto dei sette figli di Carlo e Gaetana Girardengo, iniziò a gareggiare nel ciclismo all'età di quattordici anni.[1][4] Dopo aver lavorato per un certo periodo anche aLecco eSestri Levante, dal 1910 cominciò a prestare servizio presso le officineALFA aTortona, e a percorrere quotidianamente 40–50 km in bicicletta tra andata e ritorno a casa.[1][5] Tra il 1910 e il 1911 si affermò intanto in numerose gare per indipendenti: soprattutto nel 1911, anche grazie agli allenamenti con l'affermatoGiovanni Cuniolo, ottenne, su 29 gare disputate, ben 22 vittorie, tra cui quella nella Coppa d'Inverno aCantù.[1][5]
Divenne professionista nel maggio 1912, a soli diciannove anni, ingaggiato dalla formazione alessandrinaMaino; nell'occasione fu costretto al "salto" tra i professionisti dall'Unione Velocipedistica Italiana, cui era stata segnalata una pubblicità con il suo nome su un giornale locale, in violazione ai regolamenti sul dilettantismo.[1][2] In quel primo anno dapro ottenne però solo una vittoria, in Toscana, oltre ad alcuni piazzamenti, tra cui il terzo posto alGiro dell'Emilia e il nono posto alGiro di Lombardia, e a diversi incidenti e ritiri.[1][3][5] Già l'anno successivo, pur gareggiando perlopiù comegregario diCarlo Oriani eUgo Agostoni, conquistò il primo dei suoi novetitoli italiani per professionisti su strada, imponendosi nella prova in linea con partenza ad Alessandria e arrivo a Spinetta Marengo.[1][2] In quella stagione vinse anche una tappa delGiro d'Italia, in cui concluse al sesto posto della classifica finale, e due importanti gare di lunga distanza, laGran Fondo a Milano e laRoma-Napoli-Roma, affermandosi da subito tra i migliori ciclisti italiani;[2] fu invece urtato daHenri Pélissier e cadde nella volata finale delGiro di Lombardia, dovendo ritirarsi.[2][6]
Nel 1914, oltre a un secondo titolo italiano per professionisti, si aggiudicò la sua prima classica, laMilano-Torino, dedicata in quell'occasione aPaolo Magretti, ideatore della corsa appena scomparso, oltre alla tappa più lunga mai disputata alGiro d'Italia, la Lucca-Roma di 430 km.[1][2] In stagione partecipò anche al suo primoTour de France, correndo per la prima volta all'estero, ma senza andare oltre un quarto posto di giornata e ritirandosi dopo poche tappe;[1] concluse inoltre secondo alGiro di Romagna e sesto alGiro di Lombardia.[7] Nel 1915 passò a vestire la maglia della milaneseBianchi: durante l'anno vinse laMilano-Sanremo, venendo però squalificato per aver erroneamente tagliato il percorso aPorto Maurizio, e per la seconda volta laMilano-Torino.[1][2][7]
A fine 1915, con l'ingresso dell'Italia nellaprima guerra mondiale, venne richiamato alle armi nel5º Reggimento bersaglieri e inviato prima a Cairo Montenotte e poi a Savona, dovendo interrompere l'attività agonistica. Nel 1916 fu impiegato come operaio in una fabbrica di Sestri Levante, e prese parte a sole due gare.[1][7] Tornò ad allenarsi con regolarità e a gareggiare nel 1917, stagione in cui si piazzò secondo allaMilano-Sanremo e terzo alGiro dell'Emilia, e in cui stabilì, alvelodromo Sempione di Milano, il record italiano dell'ora con 41,032 km.[1][2][7] L'anno successivo vinse finalmente laMilano-Sanremo con 13 minuti netti di vantaggio sullo storico rivaleGaetano Belloni:[1] a fine carriera le sue vittorie nella "Classicissima" saranno sei, un record battuto solamente cinquant'anni dopo daEddy Merckx. Dopo aver vinto anche ilGiro dell'Emilia (primo di cinque successi), nell'autunno 1918 fu costretto per due mesi a letto a causa di unapolmonite daspagnola.[1][7]

Ritornato in forze, per il 1919 Girardengo fu messo sotto contratto dalla milaneseStucchi. In stagione riuscì a imporsi per la prima volta alGiro d'Italia: in quella corsa vinse sette tappe su dieci, fuleader della classifica generale dal primo all'ultimo giorno e nella graduatoria finale precedette di oltre 50 minuti Belloni.[2] Durante l'anno conquistò tra le altre anche laRoma-Trento-Trieste, laMilano-Torino, ilGiro dell'Emilia, ilGiro di Lombardia (il primo con passaggio sulGhisallo)[2] e il suo terzo campionato italiano, per la prima volta svoltosi come competizione multiprova e assegnato con una classifica a punti; concluse inoltre secondo, alle spalle diAngelo Gremo dopo aver forato sulCapo Berta, allaMilano-Sanremo.[2] Proprio in seguito a queste sue continue vittorie (17 su 22 gare disputate in stagione, oltre al titolo nazionale a punti), il direttore dellaGazzetta dello SportEmilio Colombo coniò in suo onore l'appellativo di"Campionissimo", epiteto che verrà poi attribuito tre decenni dopo anche aFausto Coppi.[1]
Tra il 1920 e il 1922 Girardengo non riuscì a ripetersi al Giro d'Italia: in tutte e tre le edizioni fu infatti costretto al ritiro, nel 1920 e nel 1921 per cadute (rispettivamente sulMonte Ceneri e sulla salita diRocca Pia all'altopiano delle Cinquemiglia, in Abruzzo),[2] mentre nel 1922 su decisione della sua nuova squadra, la Bianchi, che optò per un ritiro in blocco in segno di protesta contro la giuria della corsa.[1] Al Giro vinse tuttavia le prime quattro tappe nell'edizione 1921 e una frazione, la seconda,l'anno dopo. Continuò comunque a vincere il titolo italiano (sarà campione ininterrottamente fino al 1925) e si aggiudicò numerose prove in linea,[8] tra cui la Milano-Torino nel1920, la Milano-Sanremo nel1921 in volata su Brunero, il Giro dell'Emilia nel1921 e1922 e il Giro di Lombardia nel1921 e nel1922. Fu anche terzo allaMilano-Sanremo 1920, preceduto da Belloni e Pélissier, mentre nella"Classicissima" 1922 ebbe un incidente con un addetto gara mentre si apprestava alla volata finale contro Brunero, dovendo accontentarsi del secondo posto.[1][2]

Nel 1923, tornato alla Maino, fece sue laMilano-Sanremo per la terza volta (in volata), e laMilano-Torino per la quinta volta, record ancora ineguagliato. Ravvivò quindi i fasti del 1919 vincendo ben otto tappe su dieci alGiro d'Italia e la classifica finale della corsa, con soli 37" di margine suGiovanni Brunero.[2] Nel dicembre di quell'anno fu anche protagonista di una sfida a Pélissier, alVélodrome d'Hiver di Parigi, che lo vide trionfatore in tutte le specialità (velocità, inseguimento, tandem).[1] Nel 1924 si impose tra le altre alGiro del Piemonte, alGiro di Toscana e nel prestigiosoGrand Prix Wolber in Francia, in volata su Pélissier eFélix Sellier; allaMilano-Sanremo concluse invece terzo in volata, mentre alGiro di Lombardia chiuse secondo, anticipato nettamente da Brunero.[1][2][8] Non partecipò invece alGiro d'Italia, disertato quell'anno dalle case costruttrici e dai principali campioni per disaccordi con gli organizzatori.[1]
Il 1925 vide la stella di Girardengo risplendere ancora: ingaggiato dallaWolsit (sottomarca della Legnano), vinse per la nona volta il titolo italiano, primeggiò per la quarta volta allaMilano-Sanremo (in volata su Brunero) e giunse al secondo posto, dietro all'astro nascenteAlfredo Binda, di nove anni più giovane, alGiro d'Italia;[2][8] in quel Giro ottenne comunque sei vittorie di tappa su dodici, dimostrando di essere in grado di compiere grandi imprese anche all'età di trentadue anni.[1] In stagione fu anche settimo allaParigi-Roubaix, danneggiato in volata dai fratelli Pélissier, vincitore per la quinta e ultima volta alGiro dell'Emilia, e infine secondo alGiro di Lombardia, anticipato da Binda dopo un lungo duello (sarà poi squalificato per non aver firmato il foglio di controllo aGrantola).[1][2][3]

Nel 1926 colse la quinta vittoria allaMilano-Sanremo, con un vantaggio di quasi sette minuti sul secondoNello Ciaccheri dopo aver attaccato suiPiani d'Invrea, mentre alGiro d'Italia, dopo aver fatto sue due frazioni (portando a trenta il bottino di successi parziali nella corsa), fu costretto al ritiro per problemi a un ginocchio mentre era in testa alla classifica.[2][8] In stagione vinse anche ilGiro di Romagna e ilGiro del Veneto; a causa di una caduta su pista in Toscana il 10 settembre, che gli causò un grave infortunio al polso, dovette però saltare le ultime corse dell'anno, cedendo così per la prima volta il titolo italiano della strada ad Alfredo Binda.[1][2] L'infortunio lo tenne lontano dalle corse fino al luglio 1927, quando rientrò in gara per disputare laprima storica edizione deicampionati del mondo per professionisti alNürburgring inGermania: in quell'occasione, pur dovendosi arrendere ancora una volta a Binda, che lo staccò al penultimo giro della prova, ottenne comunque il secondo posto.[2] In stagione ottenne una sola vittoria, allaSei giorni di Milano su pista, in coppia proprio con Binda.[1][2]
Nel 1928, tornato a vestire i colori della Maino, la squadra che lo aveva lanciato quindici anni prima, riuscì nell'impresa di vincere per la sesta volta, all'età di 35 anni, laMilano-Sanremo, battendo in volata il campione del mondo Binda dopo una lunga serie di attacchi e contrattacchi.[2] In maglia azzurra prese poi parte allaseconda edizione dei campionati del mondo, aBudapest: qui Binda e "Gira" compromisero la propria gara controllandosi a vicenda, e infine ritirandosi insieme quando le sorti della corsa erano già segnate.[2] Per la condotta tenuta, giudicata da «pessimi combattenti e cattivi italiani», la Federazione italiana squalificò entrambi per sei mesi, pena poi ridotta a 30 giorni da presidente delCONIAugusto Turati.[1][2][9]
Negli ultimi anni di carriera ottenne pochi risultati, ricoprendo il ruolo di direttore sportivo alla Maino e gareggiando perlopiù su pista;[2][3] fu inoltre compagno di squadra e consigliere del più giovaneLearco Guerra, passato al professionismo nel 1928 proprio in Maino. Nel 1930 concluse quinto in volata allaMilano-Sanremo, e due anni dopo si schierò al via delGiro d'Italia arrivando secondo nella prima tappa aVicenza, alle spalle proprio di Guerra.[1][2] Nel 1933 corse a quarant'anni la sua ultimaMilano-Sanremo, chiusa in undicesima piazza.[1][2] Nel 1935 partecipò ancora alGiro d'Italia e ottenne l'ultima vittoria della carriera, in una frazione delGiro delle Quattro Province alMotovelodromo Appio di Roma.[1][2][3]
Si ritirò dall'attività professionistica nel maggio 1936, dopo un'ultima presenza alGiro d'Italia (vinto poi daGino Bartali, di ventuno anni più giovane).[1][3] Nella sua lunga carriera, durata 24 anni, vinse 131 corse sustrada (su 289 disputate) e 965 supista.[1][10]

Abbandonata la carriera ciclistica, dal 1937 Girardengo divenne il primocommissario tecnico della Nazionale di ciclismo: in questa veste guidòGino Bartali al successo nelTour de France 1938.[1][2] Dopo la Seconda guerra mondiale diede il proprio nome a una fabbrica di biciclette ad Alessandria, laGirardengo, che per alcuni anni produsse anche motocicli leggeri; il marchio patrocinò anche una squadra ciclistica professionistica, che ebbe tra le sue file tra gli altriRik Van Steenbergen e in cui Girardengo stesso svolse il ruolo di direttore sportivo.[1]
Morì il 9 febbraio1978, poco più di un mese prima di compiere 85 anni. Le sue spoglie riposano nella tomba di famiglia nel cimitero diCassano Spinola, accanto alla moglie Agostina Priano (sposata nel 1914),[1] i figliEttore e Costante Luciano e le rispettive mogli.
(dalla canzoneIl bandito e il campione)
Oltre che per i grandi successi in bicicletta, Girardengo fece parlare di sé anche per l'amicizia con un noto bandito italiano del tempo,Sante Pollastri, anche lui originario di Novi Ligure, che era un grande tifoso del campione.[2] Ricercato dalla polizia, Pollastri era sempre riuscito a sfuggire alla cattura ed era infine espatriato rifugiandosi a Parigi, dove aveva incontrato Girardengo in occasione di unaSei giorni. Il colloquio tra Pollastri e Girardengo fu anche oggetto di una testimonianza che il Campionissimo rilasciò nel processo contro il bandito dopo la cattura e l'estradizione. L'episodio ispirò anche una canzone,Il bandito e il campione, scritta daLuigi Grechi e portata al successo dal fratelloFrancesco De Gregori, laminiserie televisivaRaiLa leggenda del bandito e del campione (nella quale Girardengo fu interpretato daSimone Gandolfo) e il libro di Marco VenturaIl Campione e il bandito, ed. Il Saggiatore 2006.
Nel 1919 comparve nel film cinematograficoSansone e la ladra di atleti, diretto daAmedeo Mustacchi, primo film a soggetto sportivo nella storia del cinema italiano.[2]
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