IlCorriere della Sera è uno storicoquotidiano italiano, edito aMilano, fondato nel1876 daEugenio Torelli Viollier. Al febbraio del 2025 ha una diffusione media di 221.558 copie.[10] Pubblicato daRCS MediaGroup, è il primo quotidiano italiano per diffusione[5] e per numero di lettori.[11] Il suo slogan è: «La libertà delle idee».
Prima pagina del N. 1 del Corriere della Sera (5 marzo 1876)
Un giornale con la denominazioneCorriere della Sera, fondato dal ventitreenne Giuseppe Rovelli, fu pubblicato aTorino nel1866, ma dopo solo due numeri (1º agosto e 2 agosto) il quotidiano cessò le pubblicazioni per mancanza di fondi[12].
IlCorriere della Sera nacque nel febbraio del1876 quandoEugenio Torelli Viollier[13], direttore deLa Lombardia, e Riccardo Pavesi, editore della medesima, decisero di fondare un nuovo giornale.[14]
Il primo numero venne annunciato dagli strilloni inpiazza della Scala alle 21 di domenica 5 marzo1876[15], con la data del 5-6 marzo. La doppia data indicata consentiva la validità del giornale per il pomeriggio del primo giorno e la mattina del giorno seguente.[16] Per il lancio venne scelta la prima domenica diQuaresima (tradizionalmente quel giorno i giornali milanesi non uscivano). IlCorriere sfruttò quindi l'assenza di concorrenza; però, per non inimicarsi l'ambiente, devolse in beneficenza il ricavato del primo numero. La foliazione era di quattro pagine, stampate in 15 000 copie.
Come sede del nuovo giornale fu scelto un luogo di prestigio, la centralissimagalleria Vittorio Emanuele[N 2]. Tutto il giornale era raccolto in due stanze ed era fatto da tre redattori (oltre al direttore) e da quattro operai. I tre collaboratori di Torelli Viollier erano suoi amici[17]:
Raffaello Barbiera (1851-1934),veneto, che aveva rinunciato al suo impiego al Comune diVenezia per inseguire le sue velleità letterarie[N 3]. Aveva conosciuto Torelli nel salotto della contessa Maffei pochi mesi prima della fondazione del giornale;
Giacomo Raimondi (1840-1917), l'unico nato nella città dove si pubblicava il giornale, nonché l'unico che aveva già svolto la professione di giornalista. Già collaboratore del quotidiano economicoIl Sole e delGazzettino Rosa (dove si firmava "l'Economista"), l'aveva lasciato quando il periodico aveva deciso di aderire all'Internazionale marxista. Nel 1892 aveva fondato, con l'industriale Riccardo Gavazzi, l'Associazione per la libertà economica. Nel dibattito tra protezionisti e antiprotezionisti, si collocava tra quest'ultimi[18];
Ettore Teodori Buini, originario diLivorno. Amico personale di Eugenio da dieci anni, colto e poliglotta, aveva viaggiato in tutto il mondo, tanto che Torelli lo aveva definito "personaggiosalgariano".
Teodori Buini fu nominatocaporedattore. Portò al giornale anche sua moglie, Vittoria Bonaccina, che tradusse alcuni dei romanzi pubblicati sulle pagine delCorriere. La signora Bonaccina non era l'unica donna: collaborò anche la moglie di Torelli,Maria Antonietta Torriani, scrittrice diromanzi d'appendice con lo pseudonimo "marchesa Colombi". Per le indispensabili corrispondenze daRoma si era offerto di collaborare gratuitamente Vincenzo Labanca, vecchio amico di Torelli Viollier. Per l'estero c'erano accordi con l'Agenzia Stefani e la franceseHavas.
L'amministratore del giornale era il fratello di Eugenio, Titta Torelli[N 4]. Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna, che possedeva uno stanzone nei sotterranei della Galleria Vittorio Emanuele.
Dall'articolo di fondo del nº 1 del «Corriere della Sera»:Al Pubblico
«Pubblico, vogliamo parlarti chiaro. In diciassette anni di regime libero tu hai imparato di molte cose. Oramai non ti lasci gabbare dalle frasi. Sai leggere fra le righe e conosci il valore delle gonfie dichiarazioni e delle declamazioni solenni d'altri tempi. La tua educazione politica è matura. L'arguzia, l'esprit ti affascina ancora, ma l'enfasi ti lascia freddo e la violenza ti dà fastidio. Vuoi che si dica pane al pane e non si faccia una trave d'una fessura. Sai che un fatto è un fatto ed una parola non è che una parola, e sai che in politica, più che nelle altre cose di questo mondo, dalla parola al fatto, come dice il proverbio, v'ha un gran tratto. Noi dunque lasciamo da parte la rettorica [sic] e veniamo a parlarti chiaro.Noi siamo conservatori. Un tempo non sarebbe stato politico, per un giornale, principiar così. IlPungolo non osava confessarsi conservatore. Esprimeva il concetto chiuso in questa parola con una perifrasi. Ora dice apertamente: "Siamo moderati, siamo conservatori". Anche noi siamo conservatori e moderati. Conservatori prima, moderati poi. Vogliamo conservare laDinastia e loStatuto; perché hanno dato all'Italia l'indipendenza, l'unità, la libertà, l'ordine. In grazia loro si è veduto questo gran fatto:Roma emancipata da' papi che la tennero durante undici secoli. [...]Siamo moderati, apparteniamo cioè al partito ch'ebbe per suo organizzatore ilconte di Cavour e che ha avuto finora le preferenze degli elettori, e - per conseguenza - il potere.[...] L'Italia unificata, il potere temporale de' papi abbattuto, l'esercito riorganizzato, le finanze prossime al pareggio: ecco l'opera del partito moderato.Siamo moderati, il che non vuol dire che battiamo le mani a tutto ciò che fa il Governo. Signoriradicali, venite tra noi, entrate ne' nostri crocchi, ascoltate le nostre conversazioni. Che udite? Assai più censure che lodi. Non c'è occhi più acuti degli occhi degli amici nostri nel discernere i difetti della nostra macchina politica ed amministrativa; non c'è lingue [sic] più aspre, quando ci si mettono, nel deplorarli. [...] Gli è che il partito moderato non è un partito immobile, non è un partito di sazi e dormienti. È un partito di movimento e di progresso.Sennonché, tenendo l'occhio alla teoria, non vogliamo perdere di vista la pratica e non vogliamo pascerci di parole, e sdegniamo i pregiudizii liberaleschi. E però ci accade di non voler decretare l'istruzione obbligatoria quando mancano le scuole ed i maestri; di non voler proscrivere l'insegnamento religioso se tale abolizione deve spopolare le scuole governative; di non voler il suffragio universale, se l'estensione del suffragio deve porci in balia delle plebi fanatiche delle campagne o delle plebi voltabili [sic] e nervose delle città. [...] [Conclusione] A' giornali dello scandalo e della calunnia sostituiamo i giornali della discussione pacata ed arguta, della verità fedelmente esposta, degli studi geniali, delle grazie decenti, rialziamo i cuori e le menti, non ci accasciamo in un'inerte sonnolenza, manteniamoci svegli col pungolo dell'emulazione, e non ne dubitiamo, ilCorriere della Sera potrà farsi posto senza che della sua nascita abbiano a dolersi altri che gli avversari comuni.»
Nei giorni successivi le vendite del quotidiano si assestarono sulle 3 000 copie. Il prezzo di un numero era di 5 centesimi (un soldo) a Milano, 7 fuori città. Il giornale era così composto: la prima pagina ospitava l'articolo di fondo, la cronaca del fatto più rilevante e i commenti al fatto. La seconda era dedicata alla cronaca politica italiana e straniera. La terza pagina ospitava la cronaca milanese e le notizie telegrafiche. La quarta pagina era dedicata per tre quarti alle inserzioni pubblicitarie e agli annunci economici. I caratteri venivano stampati in corpo 10. IlCorriere andava in macchina alle 14 per essere distribuito circa due ore dopo, e usciva con una doppia datazione (5-6 marzo, per esempio), poiché la lentezza dei trasporti faceva sì che spesso giungesse nelle altre regioni l'indomani. La doppia datazione sarebbe perdurata fino al dicembre 1902[N 5]. Il primoromanzo d'appendice pubblicato sul foglio di Torelli Viollier fuL'incendiario di Élie Berthet[19]. Nei suoi primi dieci anni di vita ilCorriere affidò la raccolta pubblicitaria allaA. Manzoni & C. di Attilio Manzoni[20].
La realizzazione delCorriere, come di quasi tutti i giornali dell'epoca, era artigianale: la scrittura degli articoli, tranne che per le corrispondenze da Roma, era "fatta in casa", non essendoci cronisti (li aveva soloIl Secolo). La maggior parte del lavoro era affidata alla penna e alle forbici (per i dispacci "adattati") di Torelli Viollier, con un ritmo d'aggiornamento di 2/3 giorni per le notizie interne e di 10/15 per l'informazione proveniente dall'estero[N 6]. Il giornale non aveva una tipografia propria (con i conseguenti problemi di gestione dell'autonomia del giornale) e limitava al massimo la pubblicazione di disegni e incisioni, che invece erano frequenti sulSecolo. Torelli assunse in redazione delle nuove leve:Luigi Gualdo (che Torelli Viollier aveva conosciuto a Parigi),Raffaele de Cesare (gestirà la famosa rubricaNote Vaticane) e Ugo Sogliani (futuro caporedattore)[21]. Per non rimanere troppo distante dal concorrente, Torelli Viollier decise fin dal 1877 di ricevere notizie viatelegrafo (da Roma). Il primotelegramma estero giunse da Parigi nel1878[15].
Proprio il 1878 fu un anno di svolta. Al principio dell'anno reVittorio Emanuele II fu colto da un'improvvisa malattia che lo portò alla morte. Tutti i giornali italiani diedero ampio spazio all'avvenimento, ma dopo la sua morte tornarono a pubblicare le solite notizie. Torelli Viollier invece continuò a trattare la notizia della morte del re per un'ulteriore settimana. Ciò fece aumentare le vendite da 3 000 a 5 600 copie; le vendite salirono nel resto dell'anno fino a sfondare a dicembre quota 7 000 copie giornaliere. Nel consueto articolo di fine anno, che Torelli Viollier pubblicava prima delle festività natalizie, il direttore ringraziò i lettori e confermò il suo impegno a trattarli "non come avventori [...], ma come amici e soci in un'impresa comune, giacché come tali li consideriamo, e tali sono"[N 7].
Dagli anni ottanta Milano iniziò a essere investita da una rapida trasformazione economica e sociale. Un nuovo ceto di commercianti e industriali (di origine né aristocratica, né liberale) si affermò come nuova forza emergente. IlCorriere seppe intercettare questo nuovo pubblico e in pochi anni riuscì ad attirare la sua attenzione. Nel1881 la tiratura raggiunse stabilmente le 10 000 copie giornaliere. Nell'articolo di fine anno (Programma per l'anno 1882), Torelli annunciò il potenziamento dell'uso deltelegrafo per la trasmissione dei pezzi dei corrispondenti, che fino ad allora si erano avvalsi prevalentemente del servizio postale. Il direttore voleva che anche le notizie dall'estero giungessero in tempi rapidi: nel1882 inviò i primi corrispondenti all'estero, nelle città diParigi,Londra eVienna. NelProgramma per l'anno 1883 Torelli annunciò che non avrebbe più utilizzato i rendiconti dell'agenzia Stefani per quanto riguarda i lavori del Parlamento, ma avrebbe raccolto le notizie in proprio.
Nel1883 il Corriere si dotò finalmente di una tipografia propria[22]. Fu acquistata una nuova rotativa (König & Bauer) capace di produrre 12 000 copie l'ora. Nel sotterraneo lavoravano una ventina di macchinisti e ventiquattro tipografi su tre turni. Il Corriere cominciò a stampare due edizioni al giorno: una nel primo pomeriggio e una seconda in serata. Alla fine del1885 il giornale produceva quasi esclusivamente notizie in proprio. Torelli Viollier poteva affermare che "ben di rado ilCorriere stampa notizie ritagliate da altri fogli e le forbici della redazione, che sono il redattore capo di molti giornali, arrugginiscono"[23].
Dal 1883 al dicembre 1885 la tiratura passò da 14 000 a 25 000. IlCorriere vendeva il 58% delle copie inLombardia, il 20% traPiemonte edEmilia (seguendo le direttrici delle linee ferroviarie), il resto era distribuito inVeneto,Liguria,Toscana e in alcune città delleMarche e dell'Umbria. Nella città di Milano era il secondo quotidiano, davanti aLa Perseveranza e dietro aIl Secolo. Tuttavia, mentre ilSecolo aveva alle spalle il sostegno di una casa editrice (la Sonzogno)[N 8], ilCorriere doveva contare solamente sulle proprie forze.
La forza del giornale stava nell'alleanza tra Torelli Viollier e il nuovo socio di Busto Arsizio (poi trasferitosi a Milano),Benigno Crespi (1848-1910), fratello del ricchissimo industriale cotonieroCristoforo Benigno Crespi: Torelli Viollier desideroso di fare un giornale moderno; Crespi attento ai bilanci, ma sensibile a effettuare investimenti, anche cospicui, per mantenere il giornale competitivo. L'ingresso di Crespi quale proprietario e finanziatore delCorriere aveva portato: all'acquisto di una seconda macchina rotativa (che aveva permesso un miglioramento della fattura delle pagine e un aumento consistente delle copie stampate), all'incremento dei servizi telegrafici e all'assunzione di nuovi collaboratori, scelti da Torelli in completa indipendenza. I redattori delCorriere diventarono sedici.
Tiratura dalla fondazione al 1900
1876: 3 299
1878: 7 645
1881: 10 000
1885: 25 000
1890: 65 000
1900: 90 000
Un avviso pubblicitario del1887 pubblicato su una rivista di MilanoUn manifesto pubblicitario diAdolf Hohenstein del 1898
Nel 1887 il Corriere stipula il primo contratto con una concessionaria di pubblicità, la dittaHaasenstein & Vogler. Il giornale si assicura così un'entrata annuale fissa. Il contratto durerà fino al1915, quando Luigi Albertini deciderà di gestire autonomamente le inserzioni pubblicitarie.[24]A partire dalla seconda metà degli anni ottanta le colonne delCorriere ospitarono stabilmente varie rubriche giornaliere, nate sperimentalmente negli anni precedenti. Le principali furono:
la rubrica letteraria, pubblicata di lunedì (nata nel 1879),
laCronaca dalle grandi città, realizzata dagli inviati nelle principali città italiane (dal novembre 1883),
La Vita, consigli di igiene e di economica domestica (apparsa nel 1885),
La Legge, dove un esperto legale rispondeva ai lettori (nata nel 1886).
Il quotidiano continuava a pubblicare su ogni numero unromanzo d'appendice a puntate. Le pagine a disposizione erano sempre quattro, di cui una (la quarta) dedicata in gran parte alla pubblicità.
Nel1886 Torelli Viollier ideò la figura del "redattore viaggiante", ovvero il cronista che sceglieva un itinerario e scriveva tutto quello che vedeva lungo il percorso: fatti, persone, storie, ecc. Nello stesso anno per la prima volta le copie vendute del giornale sorpassarono le copie distribuite in abbonamento. Alla fine del decennio le vendite raggiunsero 60 000 copie, ponendo ilCorriere tra i giornali più venduti del Nord Italia.
La sede delCorriere dal 1889 al 1904 (via Pietro Verri)
I nomi dei giornalisti che lavoravano alCorriere cominciarono a essere noti: Paolo Bernasconi (inviato aParigi),Dario Papa, A. Barattani, Carlo Barbiera, Vico Mantegazza. Fece la sua prima comparsa il medico e criminologoCesare Lombroso. I collaboratori fissi e saltuari erano circa 150. Redattore capo era Ugo Sogliani[15]. A partire dal1888 ilCorriere spostò la prima edizione all'alba e arretrò la seconda edizione al pomeriggio, tradizionalmente letta dai lombardi dopo il lavoro. L'edizione mattutina servì a far arrivare il giornale nelle regioni più lontane entro il giorno di pubblicazione. Nel1889 il giornale si trasferì in via Pietro Verri, in un palazzo di proprietà di Crespi.
La redazione stabile del Corriere della Sera nel 1890
Nel1890 venne inaugurata la terza edizione, diversa e con notizie fresche. Le uscite quotidiane furono così scadenzate: la prima veniva distribuita a partire dalle 4 di notte, la seconda dalle 15 e la terza dalle 22:40[25]. La novità che attirò maggiormente la curiosità dei lettori fu il notiziario sportivo. Apparso nel 1892, era curato da Augusto Guido Bianchi (Torino 1868 - Milano 1951), assunto giovanissimo nel 1887 appositamente per coprire il settore ciclistico, che si stava espandendo molto velocemente. Nel1893 Torelli Viollier autorizzò Bianchi a fondare un settimanale sportivo,Il Ciclo (primo numero: 4 ottobre 1893[26]; dal 1894La Bicicletta)[27][28]. In tre anni il periodico raggiunse la ragguardevole tiratura di 25 000 copie[29][N 9]. Era evidente lo sforzo delCorriere per fornire un prodotto completo al fine di conquistare sempre più larghe fette di mercato. IlCorriere, come gli altri quotidiani più importanti, era un giornale di quattro pagine su cinque colonne, con dimensioni un po' più piccole delformato lenzuolo. A partire dagli anni novanta ilCorriere offrì ai suoi lettori notizie di prima mano anche da luoghi diversi dalle capitali europee (si pensi ai corrispondenti di guerra inAfrica). Negli anni novanta Torelli Viollier cambiò il concetto grafico dellaprima pagina: abolì l'appendice (la parte bassa della pagina), che fu sostituita da un articolo letterario (un pezzo di argomento intellettualmente elevato) in quinta colonna, con continuazione nella prima colonna della seconda pagina. Nacque così l'«articolo di risvolto»[30].Adolfo Rossi subentrò a Ugo Sogliani come caporedattore[N 10].
Nel1896 Torelli Viollier potenziò i servizi da Roma nominandoMichele Torraca, parlamentare e giornalista professionista, capo dell'ufficio romano del Corriere[N 11]. In settembre assunse il venticinquenneLuigi Albertini come segretario di redazione, ruolo inesistente all'epoca in Italia e ritagliato su misura: Albertini mostrava già spiccate doti organizzative ed elevate conoscenze tecniche[N 12], mentre non aveva alle spalle una solida carriera giornalistica. Albertini si impose agli occhi dei colleghi per il piglio organizzativo e la capacità decisionale, doti che espresse anche in occasione delleproteste di maggio del1898, quando decise di mandare tutto il personale direttamente nelle strade di Milano, in cerca di nuove notizie.
Proprio i fatti di maggio segnarono una svolta nella direzione del quotidiano. La linea di Torelli Viollier venne messa in discussione finché il 1º giugno il fondatore decise di rassegnare le dimissioni. I proprietari insediarono alla direzione l'editorialista e deputato di area conservatriceDomenico Oliva. Nel resto dell'anno Luigi Albertini, ancora lontano dai vertici del Corriere, viaggiò nelle principali capitali europee per studiare la fattura dei più moderni quotidiani stranieri, accrescendo il proprio bagaglio di conoscenze organizzative.
Il bilancio delCorriere della Sera 1899/1900 vide un ridimensionamento delle principali voci del giornale. Nell'assemblea del 14 maggio 1900 i proprietari espressero le loro preoccupazioni per il futuro della testata. Luigi Albertini, che era stato promosso direttore amministrativo all'inizio dell'anno, si unì al coro esprimendo le proprie rimostranze sulla gestione. Oliva per tutta risposta rassegnò le dimissioni. Il 26 aprile era morto Eugenio Torelli Viollier. In luglio i proprietari assegnarono ad Albertini l'incarico di gerente responsabile (cioè direttore editoriale); Albertini entrò anche nel capitale sociale con una piccola partecipazione. Non fu nominato nessun nuovo direttore politico (oggi direttore responsabile), per cui in ottobre Albertini riunificò le funzioni di direttore editoriale e direttore responsabile. Meno di due anni dopo fu raggiunto in via Solferino dal fratello minoreAlberto, che rimase al suo fianco per tutta la durata della sua esperienza al Corriere.
Fonte: Andrea Moroni,Alle origini del «Corriere della Sera» (2005).
Luca Beltrami (1854-1933), progettista della storica sede di Via Solferino
Albertini confermò Vittorio Banzatti nella carica diredattore capo[N 14], cui succedette nel 1903 Oreste Cipriani.[N 15] Il segretario di redazione fu Andrea Marchiori.[N 16] In soli quattro anni Albertini seppe raddoppiare le vendite portandole da 75 000 a 150 000, surclassando il diretto concorrente «Il Secolo» (nelle pubblicità, «Il Secolo» si fregiava del titolo di "più diffuso quotidiano italiano") e diventando il primo quotidiano italiano per diffusione.[N 17] Nascono in questo periodo alcuni periodici collegati al prodotto-Corriere pensati per un pubblico eterogeneo: «La Domenica del Corriere» (8 gennaio 1899), popolare, «La Lettura» (gennaio 1901), diretto dal commediografoGiuseppe Giacosa e rivolto al pubblico colto, il «Romanzo mensile» (aprile 1903), che raccoglie iromanzi d'appendice pubblicati a puntate sul «Corriere», il «Corriere dei Piccoli» (27 dicembre 1908), periodico illustrato per ragazzi. Nel1901 ilCorriere festeggia i 25 anni di vita. Per dare risonanza all'evento organizza, insieme con l'Automobile Club di Torino, ilGiro d'Italia in automobile, la prima manifestazione del genere mai disputata in Italia. I chilometri da percorrere furono circa 1.650. La corsa partì da Torino ed arrivò a Milano attraversando longitudinalmente la penisola.
Intanto, nel1904 il giornale si era trasferito in un nuovo grande stabilimento, con oltre mille addetti: un palazzo, modellato sulla sede del «Times» diLondra) progettato daLuca Beltrami[N 18]. Da allora il «Corriere» mantenne sempre lo stesso indirizzo: Via Solferino 28. In tipografia vennero installate le quattro nuoverotative Hoe, fatte venire dagli Stati Uniti. La nuova tecnologia consentì di portare la foliazione prima a 6 pagine, poi a 8. La prima pagina venne ridisegnata a sei colonne. Albertini decise di potenziare anche l'approvvigionamento di notizie dall'estero, stringendo accordi di collaborazione con i quotidiani stranieri. Dapprima raggiunge un accordo con il francese «Le Matin». Il quotidiano parigino aveva già un'intesa con il quotidiano britannico «The Standard»; ciò consentì al Corriere di ottenere informazioni anche sui fatti riguardanti il Regno Unito e gli USA. Sempre desideroso di migliorare l'approvvigionamento informativo, Albertini volle avere notizie dal Regno Unito in tempo reale. A questo scopo nel marzo del1905 strinse un accordo diretto con il «Daily Telegraph». L'intesa consacrò il Corriere a livello internazionale[31]. Inoltre consentì ad Albertini di sostituire «Le Matin», le cui fortune erano in calo, con il ben più diffuso «Petit Journal»[N 19].
Fonte: Lorenzo Benadusi, Il «Corriere della Sera» di Luigi Albertini (2012)
Nel1907 ilCorriere pubblicò i reportage del proprio inviato più famoso,Luigi Barzini dalraid Pechino-Parigi. Gli articoli, apparsi inTerza pagina, conferirono al quotidiano milanese e al suo inviato speciale una risonanza mondiale. Al successo della Terza del «Corriere» contribuirono in maniera decisiva anche glielzeviri diEttore Janni, critico letterario, eUgo Ojetti[N 21]. Il 18 dicembre1907 da Fort Monroe, negliStati Uniti, Barzini trasmise in esclusiva italiana per ilCorriere il primo articolo via telegrafo senza fili[32]. Nel1908 il quotidiano milanese, memore del successo del primo Giro automobilistico d'Italia tenutosi qualche anno prima, progettò di lanciare con ilTouring Club Italiano e laBianchi il Giro ciclistico d'Italia. Ma la concorrente Gazzetta dello Sport lo bruciò sul tempo, organizzando essa stessa ilGiro d'Italia per il 1909[33].
Durante lacampagna di Libia (1911-12), sapendo che l'interesse del pubblico sarebbe stato altissimo, Albertini mandò in Tripolitania i suoi migliori inviati, tra cui Luigi Barzini eGuelfo Civinini. Attestato su posizioni liberal-conservatrici, il Corriere si schierò contro la politica diGiovanni Giolitti. Nel periodo del neutralismo italiano (1914-15) Albertini mantenne il giornale su una posizione di prudente attendismo pacifista. Il sostegno agli interventisti fu dichiarato pochi mesi prima dell'entrata in guerra[34]. Con la direzione di Albertini il Corriere conobbe un crescendo inarrestabile: 275 000 copie nel1911, che salirono a 400 000 nel 1918, grazie all'interesse per laguerra mondiale, per toccare quota 600 000 nel1920. La "macchina" del Corriere era guidata daEugenio Balzan, direttore amministrativo dell'azienda-Corriere, noto per la sua puntigliosità nel sorvegliare i conti. Tra il corpo redazionale vanno segnalati: Augusto Guido Bianchi, redattore sportivo; Oreste Rizzini, caporedattore della politica estera; Giacomo Raimondi, decano del «Corriere», esperto di materie economiche e finanziarie (Luigi Einaudi fu il suo successore); Alberto Colombani, titolare della critica musicale, mentre quella teatrale è di competenza di Giovanni Pozza (verrà sostituito nel 1914 daRenato Simoni). La rubrica sportiva è a cura di Adolfo Cotronei.[35]
Scrivevano per la Terza pagina del quotidiano milanese molte fra le firme più prestigiose della cultura italiana, comeGabriele D'Annunzio,Benedetto Croce,Luigi Pirandello,Grazia Deledda,Ada Negri,Renato Simoni,Giuseppe Antonio Borgese,Francesco Pastonchi eMassimo Bontempelli[N 22]. Fuori dall'ambito strettamente letterario si annoverano il politologoGaetano Mosca e il giuristaFrancesco Ruffini[36] e, soprattutto, l'economistaLuigi Einaudi. La collaborazione di Einaudi al quotidiano milanese, durata ben 21 anni, cominciò nel 1904[37], dapprima in forma anonima e dal 1906 firmando i propri articoli[38].Albertini ottenne un contratto d'assoluta esclusiva con i prestigiosi collaboratori, accorgimento che permise al giornale di realizzare pagine culturali di altissimo livello. Nell'ottobre del1921 Luigi Albertini fu designato membro della missione italiana alla Conferenza sul disarmo negli armamenti navali diWashington. Cedette formalmente la direzione al fratello Alberto, lasciandogli così tutte le funzioni operative.
IlCorriere della Sera si mostrò molto distaccato nei confronti dell'uomo politico emergente nell'Italia del 1922:Benito Mussolini. Il 27 ottobre, nell'imminenza dellamarcia su Roma, Mussolini contattò personalmente Luigi Albertini chiedendo al giornale di tenere una linea neutrale. Il tentativo non ebbe effetto. Per ritorsione, quella stessa notte il comando militare fascista di Milano ordinò ai miliziani di porsi davanti all'uscita della tipografia, impedendo così l'uscita del quotidiano il giorno 28[39]. Ilgoverno Mussolini mostrò insofferenza per l'indipendenza politica del giornale, già a partire da quel giorno. Dopo ildelitto Matteotti (avvenuto il 10 giugno 1924) il Corriere, nonostante i tentativi d'intimidazione, rappresentò la voce indipendente e più autorevole contro il regime. La tiratura toccò alte vette: ottocentomila copie nei giorni feriali ed un milione la domenica[40].
Dal giugno 1924 al novembre1925 furono effettuati centinaia di sequestri di copie delCorriere in varie parti d'Italia, di cui 12 ordinati dalla sola Prefettura di Milano. Il 2 luglio1925 ilprefetto di MilanoVincenzo Pericoli inviò agli Albertini una formale diffida, che implicava una minaccia di soppressione della testata[41]. Nel novembre 1925, dopo una serie di diffide e intimidazioni, ilregime fascista ottenne le dimissioni di Albertini dalla direzione e la sua uscita dalla società editrice del quotidiano. Tramite cavilli giuridici[42], la famiglia Crespi, detentrice della maggioranza delle quote della società, ne acquistò anche la quota in mano agli Albertini, rimanendo il proprietario unico. Il 28 novembre Albertini scrisse il suo ultimoarticolo di fondo.
Dopo l'uscita di scena di Albertini lasciarono il giornale:Alberto Tarchiani (redattore capo dal 1919),Mario Borsa eCarlo Sforza (editorialisti di politica estera),Luigi Einaudi (editorialista di economia),Francesco Ruffini (giurista e storico),Augusto Monti (esperto di pedagogia e problemi dell'istruzione),Ettore Janni (critico letterario),Guglielmo Emanuel eLuciano Magrini (inviati speciali) ed altri redattori e inviati.Eugenio Balzan, il direttore amministrativo, rimase invece al suo posto[N 23]. La direzione fu affidata temporaneamente aPietro Croci, corrispondente da Parigi. Gli subentròUgo Ojetti, mente più incline alla letteratura che alla politica. Ojetti assunseOrio Vergani, che divenne una delle firme di punta delCorriere; inoltre decise il cambiamento nell'aspetto grafico della pagina, che passò da sei a sette colonne. Ojetti guidava il giornale da Milano, ma la pagina politica delCorriere era fatta a Roma, dove il regime aveva collocato un suo uomo,Aldo Valori.
Ad Ojetti seguì la debole direzione diMaffio Maffii, durante la quale iniziò lafascistizzazione del quotidiano milanese. Sotto l'imposizione del regime, ilCorriere si conformò alle esigenze della dittatura: uso tassativo dell'agenzia ufficialeStefani e delle disposizioni diAchille Starace, il vice segretario delPartito Nazionale Fascista. Nel1928 venne assunto il ventiduenneDino Buzzati. Fece una lunga carriera alCorriere e nei settimanali del gruppo.
Alla fine del1928 sbarcò a via Solferino un giornalista di professione,Aldo Borelli, proveniente dalla direzione deLa Nazione di Firenze. Borelli fu un giornalista di regime: lasciò che ad occuparsi della politica fosse la redazione romana, che riceveva e pubblicava leveline del governo. Inoltre, seguì le direttive del regime con particolare zelo, invitando redattori e collaboratori del giornale a scrivere articoli razzisti e antisemiti. Un altro emblematico esempio dell'atteggiamento antiebraico di Borelli è dato dalla censura che impose alle notizie relative alle persecuzioni inflitte dai nazisti agli ebrei e ai polacchi.[43] Confermò il capo redattoreOreste Rizzini e si concentrò sulla pagina culturale. Continuarono a collaborarvi le grandi firme dei tempi di Albertini: Bontempelli, Borgese, Croce, D'Annunzio, Ada Negri, Pirandello, Simoni e Pastonchi. Ad essi si aggiunsero:Corrado Alvaro,Silvio D'Amico,Giovanni Gentile,Arnaldo Fraccaroli,Giovanni Papini eAttilio Momigliano. Consulente di Borelli per le pagine culturali fu il criticoPietro Pancrazi.
Nel1929 ilCorriere cominciò a pubblicare anche recensioni cinematografiche[N 24]. La novità fu accolta inizialmente con sorpresa, poiché il cinema era ritenuto un argomento «non serio», ma i brillanti articoli diFilippo Sacchi fecero ricredere anche i più diffidenti. Nel1934 ilCorriere si dotò di una nuovarotativa Hoe[N 25]. Nello stesso anno cominciò a produrre in proprio le fotografie da pubblicare sul giornale[N 26]. Nel1935 anche Borelli, come Ojetti pochi anni prima, decise un aumento delle colonne della pagina, che passarono da 7 a 8. Alcuni numeri dell'azienda-Corriere: nel 1935 lavoravano per il giornale (e i suoi periodici illustrati) quasi 1500 persone, fra redattori, collaboratori, tipografi, impiegati[44]. Durante gli anni trenta Borelli assunse una schiera di giovani che, negli anni seguenti, divennero tra i migliori giornalisti italiani:Indro Montanelli (che al giornale conobbe Dino Buzzati, di cui divenne grande amico),Guido Piovene,Paolo Monelli eGaetano Afeltra. Nel1936 fu assuntoMichele Mottola, destinato a diventare, negli anni cinquanta, vicedirettore.
Nel 1939 uscì in prima pagina un lungo articolo a firma di Benito Mussolini che illustrava le proprie idee sulla storia. Accanto si pubblicò il manifesto di Walter Resentera che celebrava l'anniversario dei Sansepolcristi, i fasci di combattimento. Fu una delle cause della damnatio memoriae di Resentera, valente pittore, nel dopoguerra.
Il 10 giugno1940 l'Italia entrò in guerra. Il 14 febbraio1943 la sede delCorriere fu bombardata. I danni furono ingenti, ciò costrinse l'editore a trasferire in periferia tre rotative e altri macchinari. Il 25 luglio del1943, allacaduta del fascismo, Borelli pagò per tutti e fu allontanato, venendo sostituito daEttore Janni, il più anziano degli antifascisti di via Solferino. Dal 3 agosto l'edizione pomeridiana (esistente sin dal 1902) uscì con una propria testata: «Il Pomeriggio» (e la sottotestata «Corriere della Sera»), sotto la direzione diFilippo Sacchi. L'esperimento di doppia direzione ebbe breve durata, terminando l'8 settembre[N 27].
Dopo l'8 settembre, e la successiva occupazione nazista di Milano, Janni e Sacchi ripararono all'estero[45]. Si autosospesero dal giornale sedici redattori: alcuni entrarono nelle file della Resistenza, altri si allontanarono da Milano, altri ancora si nascosero da amici e conoscenti[N 28]. Furono tutti considerati dimissionari (quindi licenziati) dalla gerenza della società editrice.Durante il regime dellaRepubblica Sociale fu posto alla direzione del quotidianoErmanno Amicucci. Tra il 24 giugno e il 18 luglio1944 uscì una serie di articoli intitolatiStoria di un anno. La ricostruzione andava dall'ottobre 1942 all'otto settembre 1943. La serie riscosse subito un grande interesse. Alla 19ª ed ultima puntata il direttore Amicucci rivelò che l'autore degli articoli eraBenito Mussolini[46][N 29]. Il 25 aprile1945 uscì l'ultimo numero.
La storica sede delCorriere della Sera in via Solferino a MilanoPrima pagina delCorriere con gli esiti delreferendum istituzionale del 1946È nata la repubblica (foto di Anna Iberti)
Un mese dopo la sospensione imposta dalComitato di Liberazione Nazionale (27 aprile - 21 maggio1945), il quotidiano torna in edicola con la testataCorriere d'Informazione. L'anno successivo esce comeIl Nuovo Corriere della Sera (la testataCorriere d'Informazione passò all'edizione del pomeriggio, avvalendosi di una propria redazione separata). Il quotidiano uscì in un unico foglio: nella prima pagina si trovavano le notizie nazionali e internazionali; la seconda pagina, sotto l'intestazioneCorriere milanese, ospitava la cronaca di Milano e della provincia.
Il nuovo direttore designato dal CLN, l'azionistaMario Borsa, segnò una netta rottura con il passato, pubblicando editoriali coraggiosi sulla necessità dell'Italia di fare i conti con la dittatura e di chiudere subito con la Monarchia. In occasione del referendum istituzionale del giugno1946, Borsa schierò ilCorriere in favore dellaRepubblica. Il suoarticolo di fondo terminava con queste parole: «Paura di che? Del famoso salto nel buio? Lo credono i nostri lettori: il buio non è nella Repubblica o nella Monarchia. Il buio, purtroppo, è in noi, nella nostra ignoranza, o indifferenza, nelle nostre incertezze, nei nostri egoismi di classe o nelle nostre passioni di parte».
Nel frattempo la famiglia Crespi è ritornata proprietaria delCorriere dal 1º gennaio 1946. Alla fine dell'estate i Crespi sostituiscono Borsa con il liberaleGuglielmo Emanuel[N 30]. La conduzione di Emanuel, che firma ilCorriere dal 7 agosto, si rifà prettamente allo stile albertiniano; il nuovo direttore ripristina anche il rigoroso rispetto delle gerarchie. Principale editorialista (fino al1953) èCesare Merzagora. IlCorriere di Emanuel vende in media 405 000 copie[N 31].
Nel1952 i fratelli Mario, Vittorio e Aldo Crespi chiamarono alla direzioneMario Missiroli, proveniente dalMessaggero. Al suo arrivo,Guido Piovene lasciò via Solferino mentre ritornò Enrico Massa, che era uscito dalCorriere nel 1925 (con Luigi Albertini). Fu chiuso il mensile d'informazione bibliograficaLa Lettura, nato nel 1901. Missiroli promosseGaetano Afeltra, uno degli uomini-macchina del giornale, caporedattore centrale. Diventerà il suo alter ego. A questo tandem si aggiunse l'altro caporedattore centrale, Michele Mottola. Nel1953 il direttore assunsePanfilo Gentile, eGiovanni Spadolini comeeditorialisti (quest'ultimo dopo soli due anni verrà chiamato alla direzione delResto del Carlino).
IlCorriere si trovava in un periodo d'oro: sia il quotidiano cheLa Domenica del Corriere primeggiavano nel proprio settore, con vendite in crescita. L'azienda di via Solferino decise di aprire un nuovo stabilimento-stampa, per fare fronte alle crescenti tirature del settimanale. Nel1958 ilCorriere diventò il primo giornale italiano ad impiegare unelaboratore elettronico per calcolare i dati di vendita nelle edicole[47]. Nello stesso anno iniziarono i lavori di ampliamento della sede. Lo stabilimento fu allargato con l'aggiunta di un nuovo edificio in cemento, vetro e acciaio, all'angolo tra via Moscova e via San Marco. Fu installata una nuova rotativa, una "Man"; il nuovo edificio ospitò anche gli uffici della diffusione[48]. I lavori si conclusero nel1963.
All'inizio degli anni sessanta la proprietà assunse la convinzione che ilCorriere dovesse rinnovarsi. Due fatti apparirono particolarmente significativi: 1) Il concorrenteIl Giorno[N 32], più moderno e scattante, stava intercettando molti nuovi lettori; 2) La concorrenteRizzoli annunciò (1961) l'uscita di un quotidiano nato da una costola del settimanaleOggi:Oggi quotidiano. Per la direzione del nuovo giornale i Rizzoli puntarono suGianni Granzotto, che aveva 47 anni, contro i 75 del direttore delCorriere. I fratelli Crespi decisero che Missiroli avesse fatto il suo tempo e rescissero il contratto. Però non intesero cambiare la linea del giornale: come successore scelsero non un antimissiroliano, bensì un Missiroli giovane.
Il primo candidato fuGiovanni Spadolini: aveva solo 36 anni ma era già direttore di un quotidiano da oltre 100 000 copie:il Resto del Carlino diBologna. Missiroli lo considerava il suo «delfino» ma la scelta, oltre a dividere la famiglia Crespi[N 33], provocò la minaccia di dimissioni da parte di otto firme di prestigio, tra cui Indro Montanelli (secondoMario Cervi, inizialmente Montanelli avrebbe proposto ai Crespi di nominare direttoreMario Pannunzio)[51]. Per uscire dall'impasse, la proprietà negoziò con gli otto giornalisti la nomina diAlfio Russo, l'ex corrispondente daParigi, che qualche anno prima aveva lasciato ilCorriere per andare a dirigereLa Nazione diFirenze. Gaetano Afeltra, direttore delCorriere d'Informazione, fu nominato vicedirettore delCorriere (tuttavia si dimetterà ben presto per contrasti con Russo). Michele Mottola divenne il secondo vicedirettore. Le cariche di direttore dell'edizione del mattino e del pomeriggio vengono riunificate.Arturo Lanocita fu promosso caporedattore centrale.
Alfio Russo portò con sé da Firenze alcuni giovani che diventarono giornalisti di prim'ordine:Giovanni Grazzini,Gianfranco Piazzesi, Leonardo Vergani (scomparso poi prematuramente),Giuliano Zincone e Giulia Borghese, la prima giornalista donna assunta alCorriere[52]. Il nuovo corso fu avvertito immediatamente dai lettori. Nel luglio 1962 fu pubblicata un'inchiesta di Indro Montanelli sull'Eni diEnrico Mattei. L'inchiesta, uscita a puntate dal 13 al 17 luglio, dimostrò che la politica estera italiana non era quella stabilita dal governo, ma quella dell'Eni, e che Mattei aveva fatto pagare ilmetano oltre il dovuto per finanziare la ricerca di un petrolio che in Italia non esisteva e per costringere i governi ad attuare una politica filoaraba, in modo da portare gli Stati arabi a rompere il monopolio delleSette sorelle con continui rialzi di prezzo del greggio (prezzi che poi ricadevano sul consumatore italiano)[53]. In seguito Mattei scrisse una lettera formale molto risentita, mentre l'Eni tolse la pubblicità al quotidiano milanese (la pubblicità rendeva annualmente 700 milioni)[53].
I primi anni della direzione di Russo furono volti a contrastare l'ascesa del principale concorrente sulla piazza di Milano:Il Giorno. Raccontava i fatti di cronaca con un taglio nuovo e pubblicava un inserto sportivo il lunedì che aveva molto successo. Russo corse ai ripari: trasformò sia la cronaca che lo sport. Venne promosso alla direzione della cronaca di MilanoFranco Di Bella, mentre a capo dello sport fu chiamatoGino Palumbo. Inoltre fu inaugurata la rubrica delle lettere al direttore, che alCorriere non esisteva, segno che Russo intese adottare un approccio meno intellettuale. Nel1963 ruppe lo schema tradizionale della foliazione inserendo le «pagine speciali»: da quella letteraria a quelle dedicate ai giovani, alle donne, alle scienze, ai motori, all'economia e alla finanza[N 34]. L'orientamento del quotidiano restò moderato e liberale, con uno sguardo attento e critico verso ilcentrosinistra, tanto che in quello stesso 1963, all'indomani dell'ingresso dei socialisti nelgoverno Moro, Russo sostituì tutti i redattori politici: Aldo Airoldi, notista, Goliardo Paoloni, Alberto Ceretto e Tommaso Martella, resocontisti rispettivamente diPalazzo Chigi, dellaCamera e delSenato. Gli inviati di punta divenneroPiero Ottone,Alberto Cavallari edEnzo Bettiza, questi ultimi nati nel 1927 (nel 1964 avevano appena 37 anni).
Dopo ildisastro del Vajont (9 ottobre 1963), ilCorriere lanciò una sottoscrizione pubblica per aiutare le popolazioni rimaste senza casa. La sottoscrizione batté largamente quella indetta dalla televisione di Stato[54]. Tant'è che il Comune diVajont dedicò una piazza del proprio paese chiamandolaPiazza del Corriere della Sera in segno di riconoscenza verso il giornale milanese. È del1965 unoscoop internazionale: l'intervista aPapa Paolo VI, realizzata daAlberto Cavallari (la prima intervista italiana a un Papa era stata concessa daPapa Giovanni XXIII aIndro Montanelli)[53]. In occasione della Fiera di Milano del1964 ilCorriere uscì per la prima volta a 32 pagine[48].
IlCorriere di Russo fornì un'ampia copertura anche degli avvenimenti esteri: quando la Grecia, nel1967, venne rovesciata dalladittatura dei colonnelli, ilCorriere della Sera fu l'unico giornale italiano a mandare sul posto un proprio inviato,Mario Cervi. Infine, ilCorriere mantenne in pianta stabile inVietnamEgisto Corradi, che inviò dall'Estremo oriente memorabili corrispondenze. Sul finire degli anni sessanta, i nuovi equilibri in seno alla famiglia Crespi resero necessario un avvicendamento al vertice del giornale[55]. A sostituire Alfio Russo venne chiamatoGiovanni Spadolini, già candidatoin pectore sette anni prima.Piero Ottone eAlberto Cavallari, molto vicini ad Alfio Russo ed entrambi aspiranti alla successione, non presero bene la decisione dell'editore. Lasciarono il giornale, l'uno per dirigereIl Secolo XIX diGenova l'altroIl Gazzettino diVenezia[55].
Di solito la direzione del quotidiano rappresentava il coronamento della carriera per un giornalista. Vedere arrivare in via Solferino un professionista in piena ascesa fu un'assoluta novità, tanto che per la prima volta una troupe dellaRai vi si recò per intervistare il nuovo direttore. Spadolini, uomo di cultura e professore universitario, allargò la schiera dei collaboratori allaterza pagina, chiamandoLeonardo Sciascia,Giacomo Devoto,Denis Mack Smith,Leo Valiani,Goffredo Parise (inviato in Cina e in Biafra) eAlberto Arbasino.Gaspare Barbiellini Amidei scrisse di cultura e attualità: altre firme illustri sonoGiorgio Bassani,Manlio Cancogni,Guido Calogero ePiero Chiara. Spadolini promosseDino Buzzati, che aveva stabilito il record di vendite deLa Domenica del Corriere, portandolo dentro il quotidiano come critico d'arte. Leopoldo Sofisti fu nominato caporedattore. Fu promosso al rango di condirettore Michele Mottola, mentre Gian Galeazzo Biazzi Vergani fu nominato vicedirettore. Fra gli altri giornalisti assunti da Spadolini vanno ricordatiPiero Ostellino, Francesco Ricciu eLuca Goldoni. La linea politica spadoliniana era ben delineata fin dal primoarticolo di fondo intitolatoIl dialogo: il nuovo direttore si dichiarò fautore di un'alleanza del centro con la sinistra riformista.
Nel1969 scoppiarono forti agitazioni sindacali che culminarono nei mesi tra settembre e dicembre, periodo ricordato come «autunno caldo». Spadolini, per spiegare le violenze del tempo, coniò la formula «opposti estremismi», che presto venne ripresa dagli altri organi d'informazione.L'8 novembre 1969 rimase feritoAldo Mariani, cronista delCorriere d'Informazione. Alla fine dell'anno ilCorriere di Spadolini vantava una diffusione media giornaliera di 630 000 copie, che aumentava a 710 000 per l'edizione del lunedì[59].
Nel1970, dopo la sanguinosastrage di piazza Fontana, ilCorriere inizialmente seguì la linea dettata dalla Procura di Milano, che accusò formalmente gli anarchici di essere gli autori dell'attentato. In un secondo tempo via Solferino prese le distanze dal dibattito politico e ritornò al ruolo collaudato di osservatore equidistante. Ma questa linea, improntata al garantismo, rende più impopolare Spadolini alla sinistra, attirando la rabbia dei contestatori e dell'universo giovanile.
Via Solferino si mantenne neutrale anche in occasione delleelezioni per il Presidente della Repubblica svoltesi nel dicembre 1971[60]. Nel gennaio di quell'anno ilCorriere era ai massimi livelli di vendita: veleggiava sulla quota record di 620 000 copie di tiratura e 500 000 di vendita media giornaliera. La pubblicità portava nelle casse del giornale nove miliardi all'anno.La Domenica del Corriere vendeva 850 000 copie e raccoglieva anch'essa miliardi di pubblicità. IlCorriere d'Informazione, anche se economicamente passivo, era sulle 130 000 copie[61]. A partire dall'inizio del 1971 e fino al febbraio-marzo del1972, le vendite subirono un calo[62].
All'inizio degli anni settanta entrò nell'attività del giornaleGiulia Maria Crespi, figlia di Aldo e unica erede di famiglia, che debuttò creando l'ORGA (un'organizzazione che portò per la prima volta il bilancio del giornale in rosso), e successivamente volle dirigere la linea politica[53]. Con l'arrivo della Crespi fu infranta la regola che aveva contraddistinto la vita del quotidiano, ossia l'equidistanza politica[53]: da quel momento i partiti politici fecero pressioni perché i propri iscritti rappresentassero la redazione. I nuovi dirigenti del sindacato avevano il sostegno dei comunisti e pretesero che i comitati di redazione dei giornali agissero in sintonia con i consigli di fabbrica, di cui laCGIL aveva la maggioranza[53].
I Crespi erano soliti far firmare ad ogni nuovo direttore un contratto iniziale di cinque anni, per poi prolungarlo eventualmente di un anno alla volta. Invece nel1972 Spadolini, al quarto anno di direzione, venne licenziato. Il 3 marzo gli si comunicò la risoluzione del contratto[63]. Per la prima volta da quando, nel1925, la famiglia Crespi era diventata proprietaria del quotidiano, un direttore era costretto a lasciare anzitempo l'incarico. Sul licenziamento di Spadolini, che apparve come un vero e proprio defenestramento, tanto da provocare perfino uno sciopero[55], esistono tesi diverse, ma nessuna di esse ha mai trovato conferma. Fin dall'agosto del1971, avevano preso forma delle voci, secondo le quali la proprietà sarebbe stata intenzionata a sostituire Spadolini conIndro Montanelli. Venuto a conoscenza della cosa, quest'ultimo ne aveva messo al corrente Spadolini, ma senza ottenere ascolto[64]. Come nuovo direttore, la proprietà decise di affidare il quotidiano aPiero Ottone, che entrò in carica il 15 marzo1972.
Piero Ottone valorizzò alcuni giovani redattori, tra cuiGiampaolo Pansa, inviato di punta per le pagine politiche,Massimo Riva, giornalista economico poi passato ala Repubblica,Giuliano Zincone e, come collaboratore,Pier Paolo Pasolini, a cui era stata affidata la rubricaScritti corsari tenuta fino alla sua morte, nel1975[N 35]. Con la direzione di Piero Ottone, la linea politica delCorriere fece una netta virata a sinistra. Le vendite però non ne beneficiarono: nel 1972 l'azienda "Corriere" chiuse i bilanci con un passivo che sfiorò i 2 miliardi su un fatturato di 52 miliardi. Alla fine del 1973 il deficit toccò la cifra di 7 miliardi su un fatturato di 57[65]. Neanche il clima all'interno del giornale migliorò. La redazione si spaccò in due: tra i più critici vi eraIndro Montanelli, che rilasciò due interviste ai settimanaliIl Mondo ePanorama, in cui parlò per la prima volta di una sua possibile uscita dal giornale[53].
In risposta alla forte spaccatura che si era creata nella redazione delCorriere, nella primavera del1974 Piero Ottone elaborò un nuovo programma improntato al decentramento del lavoro. Non più un solo vicedirettore, ma tre, per poter seguire meglio i giornalisti, i collaboratori e gli amministratori del giornale. Inoltre, il comitato di redazione assumeva un ruolo che andava ben al di là delle questioni sindacali[N 36], coinvolgendolo nella fattura stessa del giornale. Il programma venne presentato dallo stesso Ottone il 30 marzo nell'assemblea dei redattori, che lo approvarono. I critici (in particolare Enrico Mattei suIl Tempo) commentarono: «Ottone ha creato un "soviet" in redazione»[66].
Durante la direzione di Piero Ottone si verificarono alcuni episodi di tensione e di autocensura. Nel 1974Cesare Zappulli scrisse sullaDomenica del Corriere un pezzo critico sull'operato di Bruno Storti, segretario dellaCISL. Il 1º marzo il consiglio di fabbrica e il comitato di redazione organizzarono un'assemblea a cui parteciparono circa mille persone, tra cui i comitati di redazione dei quotidianiAvanti! el'Unità, in contumacia contro Zappulli: sul numero successivo dellaDomenica del Corriere comparve un duro comunicato sindacale contro il giornalista, che non ebbe possibilità di replicare[67].
L'anno dopo, il 19 maggio1975, giunse daLisbona la notizia che i militanti comunisti avevano occupato con forza la redazione del quotidianoRepública, filosocialista. Renzo Carnevali, caposervizio della redazione esteri, riportò la notizia intitolandoI comunisti occupano il giornale socialista ma a tarda notte, senza autorizzazione, alcuni redattori modificarono il titolo inTensione a Lisbona fra Pc e socialisti[68]. Il giornalista protestò con il direttore, e successivamente fu costretto a dimettersi, faticando a trovare qualcuno che gli offrisse un posto di lavoro[68].
Enzo Bettiza, inviato delCorriere della Sera tra il 1964 e il 1974 (e successivamente condirettore delGiornale nuovo), descrisse in modo molto critico la linea editoriale sotto la direzione Ottone, spiegando che si era finiti per fare un quotidiano che era «la negazione anziché l'imitazione delTimes»[69] (a cui il direttore diceva di volersi ispirare), pieno di commenti e incentrato su un giornalismo ideologico[55], aggiungendo:
«L'Italia e il mondo che avevano preso a specchiarsi nelCorriere [...] evocavano una specie d'immenso Nordeste brasiliano brulicante difavelas [...] le cui disgrazie, sociologizzate, venivano attribuite tutte a un unico mostro dai contorni indefiniti: il sistema. [...] Dalle inchieste che Ottone concordava coi redattori più arrabbiati e più pietosi veniva fuori un cupo affresco medievale. I treni non erano più treni, ma "veicoli per deportati". Le stazioni non erano più stazioni ma "bolge dantesche". Il colera del napoletano non era più una malattia, ma "la fase acuta che mette in risalto il male cronico della nostra società". L'industria non era più l'industria, ma un moloch avido di carne umana che "continua a ferire e uccidere l'operaio". Il sistema capitalistico veniva raffigurato come la metafora del sistematout court e bollato col marchio di "istigazione a delinquere". Il mondo del lavoro appariva un vivaio di microbi portatori di "paralisi flaccida, silicosi, polinevrite, asbestosi, saturnismo". I delinquenti non erano più tali, perché vittime della società, mentre quelli veri indossavano "il camice bianco negli ospedali psichiatrici", oppure dirigevano "da una poltrona di velluto rosso i desperados della lupara". Altri ancora, dai loro grattacieli in vetrocemento, erano puntigliosamente intenti ad "avvelenare l'aria, l'acqua, il cibo". L'Italia appariva come inghiottita da un cataclisma di dimensioni apocalittiche. [...] In unCorriere che, scavalcando spesso a sinistral'Unità, diffondeva una simile visione a[70].»
Il 12 luglio1974 la proprietà del giornale, che l'anno prima aveva visto l'ingresso diGianni Agnelli eAngelo Moratti come soci di minoranza, passò interamente al gruppo editorialeRizzoli. Rizzoli si presentò come uneditore puro, privo cioè di interessi finanziari esterni all'editoria. Il nuovo proprietario confermò Piero Ottone alla direzione[N 37], accolse l'ingresso di due grandi firme comeEnzo Biagi eAlberto Ronchey e annunciò un piano di potenziamento del giornale, che scattò nel1976 con la nascita dell'edizione romana. L'obiettivo fu un aumento di 10-15 000 copie nella capitale. Nel1977 furono lanciati un inserto economico settimanale e un supplemento inrotocalco a colori (in vendita il sabato con un sovrapprezzo di 50 lire).
Il 2 giugno di quell'annoIndro Montanelli subì un attentato da parte delleBrigate Rosse, che lo gambizzarono in piazza Cavour. La notizia del ferimento fu riportata in prima pagina, omettendo però di citare il nome del famoso giornalista. Nell'occhiello c'era scrittoDopo i magistrati e le forze dell'ordine i gruppi armati colpiscono la stampa[68], mentre il titolo eraI giornalisti nuovi bersagli della violenza. Le Brigate Rosse rivendicano gli attentati[68].
Il nome di Montanelli apparve soltanto nel secondo elemento del sommario[68], nonostante fosse stato per decenni una delle firme più importanti della testata e dell'intero panorama giornalistico italiano. Secondo Franco Di Bella, che definì quel comportamento «un episodio sconcertante di faziosità»[68], la responsabilità non sarebbe però da attribuire al direttore Piero Ottone, che in quelle ore si trovava fuori Milano[71].
Circa tre settimane prima, durante gli scontri in via De Amicis che causarono la morte del brigadiereAntonio Custra, il fotografo Paolo Pedrizzetti fotografò un estremista a gambe piegate, con il passamontagna sul volto, mentre sparava contro la polizia. Quell'immagine diventò l'icona deglianni di piombo[68]. La sera del 14 maggio quella fotografia fu offerta anche alla cronaca delCorriere della Sera che, a differenza degli altri quotidiani, la rifiutò. Il giorno dopo fu pubblicata con grande risalto da molti giornali[68]. Il capocronista Salvatore Conoscente e il suo vice Giancarlo Pertegato dissero di non essere stati loro a rifiutare quella foto, senza tuttavia dare spiegazioni pubbliche[68]. Gli editori Andrea e Angelone Rizzoli chiesero al direttore di svolgere un'inchiesta interna, e successivamente fu deciso di nominare Enzo Passanisi nuovo capocronista[68].
Intanto, le costose iniziative adottate dal nuovo editore non avevano prodotto i risultati attesi. In luglio la società editrice fu ricapitalizzata. I nuovi soci chiesero a Rizzoli un cambio di direzione alCorriere entro fine anno. Ottone li anticipò, dimettendosi il 22 ottobre1977. L'abbandono di Ottone fu seguito dall'uscita diMichele Tito,Giampaolo Pansa eBernardo Valli che, con altri collaboratori, lasciarono il quotidiano milanese (tra essiUmberto Eco,Franco Fortini eNatalia Ginzburg).
Il successore di Ottone fuFranco Di Bella (già vicedirettore per cinque anni), che veniva richiamato alCorriere daBologna, dove dirigevail Resto del Carlino: la scelta significava che l'editore, oltre ad avvalersi di un collaudato uomo-macchina, voleva rendere il quotidiano più moderno e incisivo. All'inizio i lettori diedero ragione alla nuova linea editoriale: ilCorriere continuò a vendere.
Nel corso del1978 si realizzò il passaggio dalla fusione a piombo allafotocomposizione: la nuova tecnologia fu inaugurata il 26 settembre di quell'anno. Di Bella rese più vivace il giornale che si arricchì con l'inserto settimanale sull'economia (coordinato da Alberto Mucci, ex direttore deIl Sole 24 Ore), con l'avvio della corrispondenza daPechino affidata aPiero Ostellino e con alcune interviste clamorose diOriana Fallaci[72].
All'inizio di novembre del1978 il direttore diede spazio inprima pagina alla missiva di una lettrice che affrontava il tema del matrimonio e del divorzio. Temi come il costume e la vita moderna avevano rarissimo accesso alla «vetrina» di un quotidiano d'informazione italiano. Per ilCorriere della Sera si trattò di una novità assoluta. La lettrice ammetteva di tradire il marito e affermava di non poter divorziare poiché non avrebbe potuto affrontare gli alti costi di una vita da sola. Di Bella incaricòLuca Goldoni, cronista di punta del quotidiano, di rispondere alla lettrice (4 novembre). Il botta e risposta tra lettrice eCorriere ebbe una vasta eco su tutta la stampa italiana. Molti altri quotidiani ripresero l'argomento, tutti i principali settimanali dedicarono una copertina al rapporto di coppia e all'adulterio. Di Bella osservò soddisfatto il dibattito che aveva provocato quella lettera, e ne ebbe buoni motivi: il giornale superò le 770 000 copie di diffusione. Alla fine del 1979, la Rizzoli fissò gli obiettivi da raggiungere negli anni ottanta: il quotidiano di via Solferino doveva puntare al milione di copie[73].
Nel1980 ilCorriere della Sera fu colpito frontalmente dal terrorismo: una delle firme di punta del quotidiano, l'inviatoWalter Tobagi, specialista sui temi dell'eversione armata e presidente dell'Associazione Lombarda Giornalisti (il sindacato dei giornalisti lombardi), venne assassinato la mattina del 28 maggio.
Confronto delladiffusione traIl Corriere della Sera e il diretto concorrentela Repubblica (1976-2023, datiADS), incluse le edizioni speciali settimanali. Il Corriere venne colpito pesantemente dallo scandalo P2 scoppiato nel maggio 1981, perdendo quasi 100.000 copie giornaliere di diffusione nei successivi 3 anni. Tornerà in auge solo dal 1989, stabilizzandosi quasi sulle 700.000 copie giornaliere fino al 2007.
I costosi investimenti effettuati dall'editore tra il1977 e il1979 non avevano prodotto i risultati sperati. La Rizzoli aveva compiuto scelte imprenditoriali sbagliate, che avevano ulteriormente peggiorato i conti del gruppo. La casa editrice si era lanciata in oscure manovre finanziarie, che emersero alla luce del sole nel1981, quando scoppiò lo scandalo della loggiaP2[74]. IlCorriere della Sera fu coinvolto al massimo livello poiché nell'elenco di personaggi pubblici affiliati alla loggia eversiva c'era anche il suo direttoreFranco Di Bella, il presidente del gruppoAngelone Rizzoli così come il direttore generaleBruno Tassan Din[75]. Apparve chiaro come la Rizzoli non fosse più da tempo la proprietaria reale: il quotidiano, già da qualche anno, era in mano al duoRoberto Calvi-Licio Gelli. Il tutto all'insaputa dell'opinione pubblica[75].
Per il prestigio delCorriere della Sera il colpo fu durissimo e Di Bella fu costretto alle dimissioni. Episodio-simbolo delle vicende del giornale, in questo periodo, fu la pubblicazione di un'intervista in ginocchio diMaurizio Costanzo, egli stesso membro della P2, aLicio Gelli. Nell'intervista Gelli parlò del suo progetto politico di «rinascita» dell'Italia: spiccavano nel disegno del Gran Maestro l'abolizione del servizio pubblico radiotelevisivo e il controllo dei giornali più importanti[76]. Nei due anni seguenti ilCorriere, screditato, perse 100 000 copie. Tra il1982 e il1983 venne superato nelle vendite dallaGazzetta dello Sport perdendo il primato tra i quotidiani italiani: non accadeva dal1906.
Dopo l'uscita di scena della famiglia Rizzoli il giornale fu acquistato da una cordata di cui facevano parte nomi importanti dell'industria e della finanza nazionali, tra cui laFIAT[77]. Per ilCorriere divenne prioritario recuperare il rapporto di fiducia coi propri lettori, che si era pericolosamente incrinato. La ricostruzione fu opera soprattutto diAlberto Cavallari, direttore con un mandato triennale dal 1981 al 1984. Durante i suoi tre anni Cavallari riuscì a mandare il giornale ogni giorno in edicola, nonostante le difficoltà economiche (spesso mancavano i soldi per la carta)[78]. A Cavallari sarebbe dovuto succedereGino Palumbo, un altro grande professionista valorizzato daAlfio Russo. Ma a causa della malattia che di lì a qualche anno lo portò alla morte Palumbo fu costretto a rinunciare. Il 18 giugno 1984 Cavallari consegnò al nuovo direttorePiero Ostellino un giornale che aveva ritrovato fiducia in se stesso e che era ritornato in testa alle classifiche di vendita. La media giornaliera del triennio 1983-1985 si aggirò intorno alle 470-490 000 copie vendute[79]. Tra il 1985 e il 1987 vicedirettore del Corriere fuNino Milazzo, che aveva lavorato aLa Sicilia.[80]
Alla fine del 1986 ilCorriere perse per la seconda volta il suo storico primato: questa volta ad opera del quotidiano romanola Repubblica: 515 000 copie di diffusione quotidiana a fronte delle 487 000 del "Corriere"[N 38]. Nel febbraio 1987 fu operato un avvicendamento alla direzione: l'editore ringraziò Piero Ostellino e chiamòUgo Stille, glorioso corrispondente dagli Stati Uniti da oltre trent'anni, una colonna delCorriere. Scopo della nomina era rinverdire il blasone della testata[81]. Per quanto riguarda il recupero del primato nelle vendite, fu operato un immediato rinnovamento del giornale. Poi gli esperti della Rizzoli Periodici, coadiuvati daPaolo Pietroni, idearono e realizzarono un supplemento in carta patinata da abbinare al quotidiano. Sabato 12 settembre uscì il primo numero diSette[82]. Di grande formato, la rivista contava 122 pagine stampate inrotocalcografia. Il lancio avvenne un mese prima dell'uscita del supplemento del giornale concorrente,Il Venerdì di Repubblica. Nonostante il prezzo lievemente aumentato, l'iniziativa fu un successo: per diversi mesi il numero del sabato delCorriere non scese mai sotto le 900 000 copie di tiratura ed arricchì di molto la raccolta pubblicitaria. Negli altri giorni della settimana il quotidiano di via Solferino non riusciva però a scalfire il primato del concorrente: durante il 1988 il Corriere vendette in media 530 000 copie, la Repubblica 700 000[83].
Un nuovo capitolo della lotta per il primato si ebbe l'anno seguente: il 14 gennaio 1989 ilCorriere lanciòReplay, ungioco a premi basato sul recupero dei biglietti usati nellaLotteria di Capodanno: ogni giorno venivano premiati quattro biglietti non vincenti giocati nelle lotterie nazionali, per un totale di 10 milioni di lire di premi al giorno. L'idea ebbe un grande successo: il primo giorno la tiratura arrivò a 980 000 copie. Nei mesi successivi le vendite in alcune città raddoppiarono. Entro l'anno ilCorriere della Sera raggiunse le 800 000 copie di media, ritornando ad essere il primo quotidiano italiano.
Con l'arrivo alla direzione diPaolo Mieli (1992-1997) si avviò un ricambio generazionale. Il nuovo direttore alleggerì il giornale abbandonando la distinzione tra «parte seria» e «parte leggera». In pratica la nuova formula previde la collocazione nelle pagine iniziali degli eventi importanti (sotto la nuova testatina "Primo Piano"), anche non politici: maggiore spazio allo sport, agli spettacoli ma anche all'economia. Chiuse l'insertoCorriere cultura nato nel 1986 e, uniformandosi agli altri quotidiani, soppresse laterza pagina rinviando la cultura nelle pagine interne e fondendola con gli spettacoli. Il nuovo direttore decise che la stagione dei giochi a premi era finita e lanciò un corso di inglese e francese su audiocassette. Successivamente spostòSette al giovedì, abbinandolo ad un supplemento sulla tv. Tali iniziative ebbero successo e permisero al giornale di consolidare il primato. Secondo i dati ADS, infatti, nel primo quadrimestre del1993 ilCorriere registrò una diffusione di 641.969 copie, che crebbe a 667.589 nel secondo. Il vantaggio sullaRepubblica si attestò sulle trentamila copie[84].
Durante tutto il dopo-Tangentopoli Mieli preferì mantenere una posizione di terzietà rispetto al dibattito politico. L'unico punto su cui si schierò fu il conflitto di interessi attribuito aSilvio Berlusconi, che vinse leelezioni del 1994. Gli editoriali sull'argomento furono affidati al politologoGiovanni Sartori. La "discesa in campo" di Berlusconi causò anche il ritorno, seppure momentaneo, diIndro Montanelli in via Solferino. Erano passati 21 anni da quando si era dimesso dalCorriere per fondare un suo quotidiano: ebbene, in gennaio Montanelli lasciò «il Giornale». Scrisse per tre mesi sulCorriere comeeditorialista, prima di dar vita alla sua nuova creatura,la Voce[85]. Tra il1994 e il1996 nacquero tre nuovi supplementi:Corriere Lavoro (4 febbraio 1994),Corriere Soldi (4 marzo 1995, che confluirà nelCorriere Economia dal 6 ottobre 1997) eIo Donna, il primo femminile allegato a un quotidiano a diffusione nazionale[81] (23 marzo 1996)[N 39]. Nel1995, dopo la sfortunata avventura conla Voce, ritornò in via SolferinoIndro Montanelli. Al «principe» del giornalismo italiano venne affidata la pagina della corrispondenza quotidiana coi lettori, intitolataLa stanza di Montanelli, che curò fino alla sua morte, nel 2001[86].
La battaglia per il primato tra i quotidiani italiani continuava senza esclusione di colpi anche sul fronte degli inserti e dei prodotti abbinati. All'inizio del1996Repubblica eCorriere presentavano ai lettori un supplemento al giorno (esclusa la domenica). Inoltre ilCorriere usciva in alcune regioni italiane con la formula del "panino": ad esempio inCampania veniva venduto insieme a un quotidiano locale al prezzo di copertina del giornale locale, o a un prezzo leggermente rialzato[81]. Mieli lanciò anche nuovi dorsi locali. Il 1996 fu un anno elettorale. Il 17 febbraio, in piena campagna per le elezioni, il direttore pubblicò unarticolo di fondo in cui dichiarava il proprio sostegno alla coalizione dell'Ulivo. Fu la prima volta che ilCorriere suggerì ai propri lettori per chi votare. Alleelezioni politiche prevalse il centrosinistra.Repubblica eCorriere si trovarono così a doversi confrontare sullo stesso terreno politico. La lotta fu aperta e i due quotidiani si riposizionarono: nettamente a favore del governo la prima, più critico il quotidiano milanese.
Il 23 aprile1997 Paolo Mieli venne nominato direttore editoriale delGruppo RCS e lasciò la direzione aFerruccio de Bortoli, suo vicedirettore. Nel1998 de Bortoli strappò alla concorrenteRepubblicaGiuseppe D'Avanzo, cronista esperto e autore d'importanti inchieste. Il 4 dicembre 1998 venne inaugurato il sito webwww.corriere.it, dopo circa due anni di presenza in rete suwww.rcs.it/corriere/. Nel2000 fu varata l'edizioneromana (16 pagine di cronache locali).
Il 29 maggio2003 si verificò un nuovo avvicendamento alla direzione: al posto di De Bortoli[N 40] arrivòStefano Folli, caporedattore dell'edizione romana. Folli strappò aRepubblica alcuni collaboratori, che portò con sé a Milano:Sabino Cassese,Luigi Spaventa eMichele Salvati. Il quotidiano romano si rifece portando via al CorriereFrancesco Merlo. La battaglia si svolse anche sul fronte dei prodotti commerciali allegati al quotidiano:Repubblica offriva cento opere letterarie e un'enciclopedia in venti volumi; il Corriere rispose con film e compact disc. Le vendite del giornale però non aumentarono, anzi il primato nella diffusione nazionale fu insidiato dal concorrente.
Si decise quindi di richiamare in servizioPaolo Mieli: era il dicembre2004. L'anno seguente il direttore approvò la riduzione del formato del giornale, sull'onda di un cambiamento che stava coinvolgendo tutti i quotidiani informato lenzuolo (a nove colonne). Le colonne passarono dalle tradizionali nove a sette, il colore fu inserito in tutte le pagine e il formato fu ridotto da53 × 38 cm a50 × 35 cm, avvicinando ilCorriere al formatoberlinese. Venne modificato il corpo del carattere, in modo da rendere la lettura più agevole[87]. Il primo numero con il nuovo formato e l'impaginazione tutta a colori uscì il 20 luglio2005. Il 14 ottobre uscì il nuovo supplemento mensile «Style». Negli anni successivi nascono i fascicoli «Corriere di Bologna» (30 gennaio 2007) e «Corriere di Firenze» (26 febbraio 2008), collocati al centro delle edizioni nelle rispettive città metropolitane.
Il 30 marzo2009 il Consiglio di amministrazione richiamò alla direzione del giornale De Bortoli, che prese nuovamente il timone della testata dalle mani di Mieli, così come era avvenuto nel maggio del1997. Le prime novità apportate dalla direzione de Bortoli riguardano la valorizzazione delle collaborazioni femminili. Nel giro di pochi giorni accadono due novità assolute al Corriere: 1) Viene nominata per la prima volta vice-direttore una donna,Barbara Stefanelli; 2) Un editoriale in prima pagina viene affidato per la prima volta ad una donna, la scrittriceIsabella Bossi Fedrigotti (30 aprile)[88]. Nello stesso anno il Corriere diventa disponibile in formato elettronico suilettori e-book, comeAmazon Kindle, primo in ordine di tempo tra i quotidiani italiani.[89]
All'inizio del2010 il vantaggio sullo "storico" concorrentela Repubblica si è ridotto a 30 000 copie, rispetto alle 80 000 del marzo 2009[90], mentre la versione on line si arricchisce anche di una versione tradotta inlingua inglese e una incinese, orientata alla comunità cinese presente in Italia. Nel2011 ritorna il mensile di attualità librarieLa Lettura. La storica testata era stata fondata nel 1901 daLuigi Albertini. Esce in allegato all'edizione domenicale del quotidiano.
Dal gennaio2016 i contenuti digitali sono presentati in un'unica piattaforma, leggibile sia su computer, tablet e smartphone. La consultazione degli articoli è diventata a pagamento (modellopaywall)[N 41]. Un'altra importante novità è la consultazione online delle edizioni passate del quotidiano, rese disponibili sin dal primo numero[94].
Nell'aprile2019 i datiAudiweb hanno mostrato per la prima volta il sorpasso del sito web corriere.it sul rivale storico repubblica.it (9 211 739 utenti unici contro 9 155 290)[95].
Nel marzo2022 l'editore Urbano Cairo dichiara che gli abbonamenti all'edizione digitale del quotidiano sono 423 000[96]. Alla fine dell'anno il numero di abbonati supera quota 500 000[97].
Durante il voto per leelezioni politiche del 1992, il direttoreUgo Stille scrisse che «compito di un grande giornale come il "Corriere della Sera" è anzitutto quello di rompere gli steccati che rischiano di disgregare l'Italia, di chiarire quali sono gli elementi possibili di intesa al di là delle astratte posizioni ideologiche, e soprattutto di indicare la netta volontà della classe dirigente di "aprire al nuovo", non per compromessi ideologici, ma per elaborare insieme le premesse di una Italia moderna. Marciando su questa strada, si può e si deve ricostruire il Paese e il fatto che ciò implichi un incontro con uomini comeLa Malfa oSegni non muta i termini dell'equazione e non deve alterare il corso prestabilito»[98].
Durante il voto per leelezioni politiche del 1994, il direttorePaolo Mieli, a commento della campagna elettorale trascorsa, scriverà di aver apprezzato «la coerenza tranquilla deimoderati Segni e Martinazzoli» e che sarà «tanto meglio se il centro avrà la forza numerica e politica per controllare e condizionare sia ladestra che lasinistra, per imporre una legge elettorale a doppio turno, per far cadere un governo che non adempia ai doveri di risanamento economico o, peggio, che tolleri abusi»[99].
Prima delleelezioni politiche del 1996, il Corriere non auspicò la vittoria di nessun polo in particolare, ma dichiarò di essere contrario a un pareggio e di auspicare che vincitori e vinti dopo le elezioni lavorassero per delle riforme costituzionali secondo la logica del compromesso[100][101].
In occasione delleelezioni politiche del 2001, la direzione diFerruccio de Bortoli tre settimane prima spiega che «compito di un'informazione indipendente e non schierata è quello di favorire una scelta libera e consapevole dell'elettore. E di custodire, chiedendone il rispetto, quelle regole di civiltà e trasparenza del confronto democratico». E aggiunge che «non è corretto dire che dietro laCasa delle Libertà vi è solo un partito-azienda: c'è un blocco sociale vero, moderato, più coeso di quello opposto, una parte importante e vitale dell'Italia. Ma non si parlerebbe più di partito-azienda se Berlusconi separasse nettamente i destini del politico da quelli dell'imprenditore. Ci guadagnerebbero lui, il suo prossimo probabile governo, la sua coalizione (che godrebbe di maggiore considerazione europea), le sue aziende: in definitiva, il Paese»[102]. Sempre de Bortoli il giorno delle votazioni concluderà spiegando che «l'equidistanza del Corriere ci è sembrata utile se non preziosa. Crediamo di aver contribuito a migliorare la qualità dell'offerta politica. Il nostro giornale è stato un tavolo delle idee. Un giornale aperto, non un partito. I lettori hanno potuto valutare i programmi fin nei dettagli, le posizioni di tutti, dai due poli ai radicali, daRifondazione aDemocrazia Europea, all'Italia dei Valori. I nostri editorialisti hanno espresso anche orientamenti differenti, ma tutti uniti da un filo ininterrotto. Il filo del Corriere che lega insieme i valori di una democrazia liberale ed europea, nel segno della civiltà dell'informazione. Principi ai quali non abbiamo mai derogato e che saranno il metro con il quale giudicheremo, giorno per giorno, il prossimo governo. Nella critica costruttiva non abbiamo mancato di riconoscere i meriti della maggioranza uscente. [...] Berlusconi presidente del Consiglio, se vorrà essere riconosciuto come parte non anomala del centrodestra europeo, dovrà subito dare risposte alle grandi questioni sollevate anche dall'opinione pubblica internazionale (la teoria del complotto della stampa estera è infondata). [...] Poi il Cavaliere potrebbe dire: giudicatemi solo dai risultati. Quello che appunto faremo noi. Con chiunque vinca»[103].
L'8 marzo 2006, prima delleelezioni politiche del 2006, con un proprio fondoPaolo Mieli decise di spiegare «ai lettori in modo chiaro e senza giri di parole perché» il Corriere auspicasse la vittoria deL'Unione dicentro-sinistra guidata daRomano Prodi. Un auspicio, tuttavia, «che non impegna l'intero corpo di editorialisti e commentatori di questo quotidiano e che farà nel prossimo mese da cornice ad un modo di dare e approfondire le notizie politiche quanto più possibile obiettivo e imparziale, nel solco di una tradizione che compie proprio in questi giorni centotrent'anni di vita». Una decisione, secondo Mieli, conseguente al giudizio particolarmente negativo sulle scelte politiche adottate dal Governo uscente diSilvio Berlusconi, ma anche per scongiurare un pareggio fra le coalizioni e ripetere il fenomeno, giudicato salutare, dell'alternanza, e infine perché L'Unione aveva «i titoli atti a governare al meglio»[104]. Anche se Mieli azzeccò la previsione, la scelta di appoggiare una coalizione ebbe un effetto indesiderato: nelle settimane seguenti ilCorriere perse 40 000 copie[105].
Durante la campagna elettorale per lepolitiche del 2008 (11 marzo-14 aprile), il direttore non ha pubblicato alcun editoriale.
dal 7 maggio 1946 al 9 maggio1959:Il Nuovo Corriere della Sera
dal 10 maggio 1959:Corriere della Sera
Edizione pomeridiana
fino al 2-3 agosto1943 tutte le edizioni delCorriere hanno la stessa testata
dal 3-4 agosto 1943 al 23-24 aprile1945: l'edizione del pomeriggio esce sotto una testata autonoma: «Il Pomeriggio» (esce anche il lunedì mattina, in sostituzione dell'edizione principale)
dal 7 maggio1946 al 15 maggio1981:Corriere d'Informazione (fino al 26 febbraio 1962 esce anche il lunedì mattina, in sostituzione dell'edizione principale)
Numero del lunedì
Esce dal 5 marzo1962:Corriere della Sera del lunedì.
La testata viene abbreviata di solito conCorsera, o anche chiamataCorrierone o, per sineddoche, il quotidiano divia Solferino (sede storica della testata).
febbraio1876 - Da un accordo tra il giornalistaEugenio Torelli Viollier e l'editore, e uomo politico, Riccardo Pavesi nasce ilCorriere della Sera. Il giornale è di proprietà dellaSocietà de «La Lombardia», editrice del quotidiano «La Lombardia». Presidente della società editrice è Riccardo Pavesi. Torelli Viollier è direttore ed amministratore. Per avviare il nuovo quotidiano si prevede che occorrano 100 000 lire. Pavesi trova due soci finanziatori: gli avvocati Riccardo Bonetti e Pio Morbio. Nonostante ciò vengono raccolte solo 30 000 lire.
marzo-aprile 1876 - Riccardo Bonetti entra in magistratura ed abbandona la società.
1º settembre 1876 - Il sodalizio tra Riccardo Pavesi ed Eugenio Torelli Viollier si scioglie per divergenze politiche[N 42]. LaSocietà de «La Lombardia» mette in vendita il giornale. Si costituisce una "società di fatto" (società civile secondo il Codice di commercio vigente all'epoca) per rilevare la proprietà. Vengono raccolte 45 000 lire; il capitale sociale è suddiviso in nove carature. Tre quote sono acquistate da Pio Morbio. Gli altri soci sottoscrivono una quota ciascuno. Sono: il duca Raimondo Visconti di Modrone, il marchese Claudio Dal Pozzo, il nobile Giulio Bianchi, il commendatore Bernardo Arnaboldi Gazzaniga e il cavaliere Alessandro Colombani. Anche Riccardo Pavesi entra nella nuova società, con una quota acquisita a titolo personale. Buona parte del capitale è utilizzata per rilevare ilCorriere, al costo di 22 000 lire[108].
1º ottobre 1876 - La prima assemblea della nuova società conferma Eugenio Torelli Viollier (il cui nome non figura nell'atto costitutivo) come gerente responsabile. Il nuovo amministratore del quotidiano è Giuseppe Bareggi.
1882 - Primo investimento nel giornale diBenigno Crespi (1848-1910), industriale milanese del tessile con interessi nei settori agricolo, elettrico e immobiliare. Il Crespi, che ha sposato la sorella di Pio Morbio, Giulia, acquista una sua quota, proprio grazie alla parentela acquisita. Si ritira invece Riccardo Pavesi. Nei suoi primi sette anni di vita il giornale non è ancora riuscito a distribuire un utile ai propri soci.
1884 - Pio Morbio apre un'attività negli Stati Uniti e si trasferisce in America. Le sue quote vengono rilevate dal cognatoBenigno Crespi. Torelli Viollier è alla ricerca di un nuovo socio che sostituisca gli attuali, che appaiono interessati solo a salvaguardare i propri investimenti piuttosto che ad impegnarsi per l'affermazione del giornale sul mercato.
1885 - Il 30 marzo Torelli Viollier e Crespi fondano una nuova società, laE. Torelli Viollier & C. per la proprietà e la pubblicazione del giornale «Corriere della Sera»; è unasocietà in accomandita semplice, in cui Crespi ha il ruolo di accomandante e Torelli Viollier di accomandatario. La società ha la durata di soli 6 anni ed un capitale di 100 000 lire, interamente conferito da Crespi[109]. Torelli riceve per contratto uno stipendio di 10 000 lire annue. Crespi è interessato alla sola gestione economica: lascia piena autonomia a Torelli Viollier nella linea politica del giornale e della scelta dei collaboratori. Lo stesso 30 marzo la nuova società liquida i vecchi soci al costo complessivo di 70 000 lire. Alla fine dell'anno la gestione del Corriere è finalmente in utile, di circa 33 000 lire, che in pochi anni salgono fino a toccare quota 100 000. Nel 1889 la sede del quotidiano viene trasferita in via Pietro Verri, in un palazzo di proprietà di Crespi.
1886-1893 - L'utile del Corriere raggiunge e supera le 220 000 lire annue. PerBenigno Crespi è ormai la maggiore fonte di guadagni, superando anche gli introiti dell'industria tessile. All'inizio degli anni novanta l'attivo di bilancio superò il milione di lire. Nel 1891 la società viene prorogata fino al 1895. Nel 1894 l'architettoLuigi Broggi, amico personale di Torelli Viollier, è nominato amministratore del giornale.
1895 - Aumento del capitale sociale a 196 000 lire e proroga della società fino a 1905. Entrano due nuovi soci:Ernesto De Angeli (altro industriale tessile) ed il fondatore dellaPirelli,Giovanni Battista. Il capitale è diviso in 16 quote di 12 000 lire ciascuna. Crespi ne conserva la metà, De Angeli e Pirelli ne sottoscrivono tre ciascuno, mentre Torelli si riserva le ultime due[110]. Ogni quota dà diritto ad un voto, quindi Crespi dispone di fatto del controllo della società. I nuovi soci chiedono un avvicendamento alla direzione, ma Crespi mantiene al suo posto Torelli Viollier.
1900 - Il 26 aprile muore Eugenio Torelli Viollier. L'atto di costituzione prevede, nel caso della sua morte, la continuazione della società e il riscatto della sua quota sociale. Il 13 luglio viene redatto un nuovo atto sociale. Diminuito delle quote di Torelli, il valore della nuova editrice (una società in accomandita semplice come la precedente) scende a 168 000 lire. Il capitale sociale viene suddiviso in 56 carature, del valore di 3 000 lire ciascuna. Crespi ne sottoscrive 32, De Angeli 11, Pirelli 7,Luca Beltrami (nuovo socio) 4,Luigi Albertini (nuovo socio) 2. I voti non sono più assegnati in proporzione alle quote di capitale, ma viene conservata la precedente proporzione. Benigno Crespi, pertanto, non va oltre il 50% dei voti in consiglio, nonostante possieda il 57% delle quote. La nuova società modifica la ragione sociale inLuigi Albertini e C. per la proprietà e la pubblicazione del giornale «Corriere della Sera» e di altre pubblicazioni e si rinnova dopo 5 anni. Luigi Albertini è insieme gerente responsabile e direttore amministrativo. Il suo compenso è pari al 5% dell'utile del Corriere[111].
1907 - Muore Ernesto De Angeli, nelle cui quote subentra il nipote Carlo Frua. Il capitale sociale viene portato a 180 000 lire. Ne beneficia Luigi Albertini, che sottoscrive 4 nuove quote. Carlo Frua cede una caratura (scendendo da 11 a 10) a favore diAlberto Albertini, fratello di Luigi.
1910 - MuoreBenigno Crespi; l'industriale lascia le partecipazioni ai figli Mario (1879-1962), Aldo (1885-1978) e Vittorio (1895-1963)[112].
1920 - I fratelli Albertini acquistano tutte le quote di Pirelli, di Frua e di Beltrami, diventando così i soli comproprietari, assieme ai Crespi. Il capitale sociale è suddiviso in 60 carature, così distribuite: 35 ai fratelli Crespi, 22 a Luigi Albertini e 3 ad Alberto Albertini[113]. Il passaggio delle quote avviene il 3 gennaio al prezzo di 250 000 lire a caratura.
1925 - Il fascismo pone ai Crespi una scelta obbligata: estromettere gli Albertini o altrimenti perdere il giornale, che sarebbe stato sospeso a tempo indeterminato. Il legale dei tre fratelli, Tullo Massarani, trova l'appiglio giuridico: scopre che il contratto di proroga della società editrice del Corriere, in scadenza nel 1930, firmato dai soci nel 1920, non è stato registrato dal notaio Gerolamo Serina e può quindi essere rescisso in qualsiasi momento a richiesta anche di uno solo dei sottoscrittori[44]. Sfruttando tale cavillo legale, in novembre i Crespi ottengono lo scioglimento anticipato della società ed acquistano le quote dei fratelli Albertini. Gli Albertini sono liquidati con 40 milioni di lire, di cui 33 a Luigi per le sue 22 carature e 7 ad Alberto per le sue tre carature e per la sua liquidazione da direttore politico del Corriere. La società editrice viene sciolta; al suo posto viene creata la «F.lli Crespi & C. - Corriere della Sera»[114][115]. I tre figli di Benigno (Mario, Aldo e Vittorio) dividono il capitale sociale in tre quote. Nel 1934Mario Crespi viene nominato senatore.
27 aprile - 31 dicembre 1945 - Per decisione del Comando alleato, al quotidiano è imposto il controllo delComitato di Liberazione Nazionale (CLN), che scavalca la proprietà nella gestione delCorriere. Il CLN sanziona il giornale per la sua connivenza con laRepubblica Sociale[N 43]. Il quotidiano è sospeso per circa un mese (27 aprile - 21 maggio); epurati i vertici, ottiene l'autorizzazione a riprendere le pubblicazioni dalPsychological Warfare Branch (PWB) alleato, che ne mantiene la gestione fino al 31 dicembre. Dal 1º gennaio 1946 proprietà e gestione del quotidiano ritornano nelle mani della famiglia Crespi.
1962-63 - Muoiono Mario e Vittorio Crespi. I successori di Mario sonoElvira Leonardi (figlia primogenita nata nel 1909 dal primo matrimonio della moglie di Mario), con i fratelli Tonino Leonardi e Franca Leonardi Rocca. Il successore di Vittorio è Mario (detto "Mariolino") Crespi Morbio (nato nel 1932). Aldo è impossibilitato a condurre la gestione aziendale a causa di una malattia invalidante. La figliaGiulia Maria ottiene la responsabilità della gestione editoriale. Il direttore generale Colli viene mandato in pensione, quando il bilancio è largamente in attivo; al suo posto viene chiamato Egidio Stagno, già direttore amministrativo delMattino di Napoli[48]. Successivamente la società in accomandita viene sdoppiata: ne viene creata una per il quotidiano ed una per i periodici. La scelta si rivela infelice. Se alla metà degli anni sessanta, la gestione unica aveva fruttato alla famiglia Crespi profitti per oltre 5 miliardi di lire all'anno, nel 1970 l'utile scende a 700 milioni. Il 1971 vede per la prima volta il bilancio in rosso, per 1 miliardo e 970 milioni[116]. In quell'anno morì Michele Mottola.
1973 - L'esercizio 1972 si chiude con una perdita di 2 miliardi e 63 milioni di lire[117], superiore a quella del 1971. IlCorriere è ancora gestito da unasocietà in accomandita semplice. Ciò significa che, in caso di deficit, i soci devono mettere mano al patrimonio personale per ripianare il passivo. Due rami su tre della famiglia Crespi decidono di vendere. Giulia Maria è l'unica della famiglia che sceglie di restare nella proprietà. In cambio, ottiene dagli altri soci la facoltà di scegliere i due nuovi soci. Si fanno avantiEugenio Cefis (Montedison), il petroliereAttilio Monti, l'industrialeNino Rovelli: per tutti la risposta è "no". La Crespi ha già deciso di puntare sulla famiglia Agnelli. La trattativa è avviata in maggio; gli incontri si svolgono in gran parte nell'abitazione della Crespi, in corso Venezia. Il 19 luglio 1973 viene siglato l'accordo conclusivo: Agnelli compra la quota dei Leonardi ("Viburnum"); come secondo socio, la scelta cade suAngelo Moratti, petroliere (che rileva "Crema")[N 44][N 45]. Le quote sono costate 14 miliardi l'una.
L'accordo prevede che la vecchia società in accomandita, che aveva gestito da sempre il quotidiano di via Solferino, si trasformi insocietà a responsabilità limitata, con un capitale diviso in parti uguali tra ilgruppo Fiat, il gruppo Moratti e Giulia Maria Crespi. La transazione dev'essere effettuata entro il 1973. Il nuovoconsiglio di amministrazione è costituito da sei persone, due per ciascuno dei soci. La presidenza viene attribuita a Giulia Maria Crespi, che riveste la carica di socia accomandataria responsabile e mantiene le sue prerogative: la scelta della linea della testata e i rapporti col direttore, cui si aggiunge il diritto di veto alla sua nomina. Ai due nuovi soci viene invece attribuita la responsabilità manageriale e finanziaria. Agnelli e Moratti concordano nel non volersi intromettere nella gestione editoriale del quotidiano, che lasciano completamente a Giulia Maria Crespi.
1974 - L'accordo non è ancora stato attuato, per via delle resistenze dei nuovi soci, che mostrano di non credere nei piani di risanamento proposti dalla Crespi. I fatti sembrano dare loro ragione. In maggio, infatti, vengono forniti i risultati dell'esercizio 1973: il deficit della società editrice del Corriere è pari a 7 miliardi e 183 milioni di lire: la perdita è più che triplicata rispetto al 1972[118]. Il passivo del triennio 1971-1973 sfonda gli 11 miliardi di lire (11,216 miliardi). Per l'esercizio 1974 si prevedono altri 7 miliardi di deficit. I tre soci del Corriere dovranno fronteggiare un enorme "buco" di oltre 18 miliardi. Ai primi di luglio Giulia Maria Crespi decide improvvisamente di vendere la sua quota delCorriere, con una mossa che prende Agnelli e Moratti in contropiede. Il 12 luglio viene firmato l'accordo di transazione con la casa editriceRizzoli, presieduta daAndrea, figlio del fondatoreAngelo. La famiglia Crespi esce definitivamente da via Solferino dopo 92 anni. Passano quattro giorni ed anche Moratti vende la propria quota, sempre a Rizzoli. Agnelli, a questo punto, è rimasto isolato. Per l'Avvocato la scelta diventa obbligata: il giorno successivo la Rizzoli si aggiudica anche la sua quota: avrebbe potuto farne a meno avendo già il 66,6% del capitale ma, disse Andrea Rizzoli, "non potevo venire meno alla parola data agli Agnelli".[119] Secondo un rapporto dell'Istituto Mobiliare Italiano[120] redatto nel 1975, l'investimento della Rizzoli per acquisire l'«Editoriale Corriere della Sera» è stato di 41 miliardi e 945 milioni di lire, così suddivisi:
Struttura dell'investimento
15 miliardi e 445 milioni, in contanti, per "Alpi", cioè la quota di Giulia Maria Crespi[N 46];
13 miliardi, parte in contanti e parte differiti, per acquisire "Crema" (di Moratti);
13,5 miliardi, somma da devolvere entro 3 anni, per avere "Viburnum" (della Fiat).
In realtà la cifra sarà maggiore (parte del prezzo pagato all'estero, parte indicizzato nel capitale e negli interessi): 63 miliardi per acquisire un'azienda tecnologicamente superata e sindacalmente agguerrita, con un'esuberanza di personale valutata attorno alle 1500 persone e con i conti dissestati, almeno 55 miliardi di perdite e interessi passivi.[121]Il nuovo proprietario unico ribattezza la società editrice «Rizzoli-Corriere della Sera» (oggiRCS MediaGroup).Nel corso di un'intervista, rispondendo ad una domanda sulle fonti dei finanziamenti, il consigliere delegatoAngelone Rizzoli, figlio di Andrea e nipote di Angelo, dichiara che l'operazione è stata gestita in piena autonomia ed è stata finanziata "da istituti di credito pubblici e privati italiani e da una banca estera, la Morgan"[N 47].
1978 - Angelone Rizzoli subentra al padre Andrea nella presidenza del gruppo.
1981 - La RCS viene coinvolta nel dissesto delBanco Ambrosiano. Riesce però ad evitare il fallimento e nel1982 viene posta in amministrazione controllata. Il 7 agosto 1982 ilministero del Tesoro e laBanca d'Italia creano ilNuovo Banco Ambrosiano. La banca eredita, tra le proprietà della RCS, anche l'«Editoriale Corriere della Sera». Il capitale sociale della società editrice del quotidiano ammonta a 4 500 000 000 lire ed è diviso in azioni da mille lire l'una. In data 9 agosto1983 il regime di amministrazione controllata è prorogato di un anno. Le 4 500 000 azioni vengono costituite in pegno dalla Rizzoli Editrice spa come segue: 2 250 000 azioni a favore del Nuovo Banco Ambrosiano, della Banca Cattolica del Veneto e del Credito Varesino; 2 250 000 azioni a favore della Rothschild Bank AG di Zurigo[122].
1984 - Il gruppo RCS, risanato, è acquistato da una cordata di cui fanno parte nomi importanti dell'industria e della finanza nazionali. Tra essi:Gemina (holding posseduta dalla famiglia Agnelli), è la prima azionista con il 46,28%; «Iniziativa ME.TA.» (società controllata daMontedison), è il secondo azionista con il 23,24%. Tutta l'operazione è avvenuta sotto la regia diMediobanca. Gemina, maggiore azionista, si assume la responsabilità di nominare il direttore del quotidiano. In un secondo tempo, i principali soci si costituiscono inpatto di sindacato al fine di bloccare eventuali scalate da parte degli azionisti di minoranza.
1986 - La RCS viene riorganizzata per comparti: il Corriere della Sera viene inserito nella RCS Quotidiani.
2016 - Il gruppoFiat Chrysler Automobiles (FCA), in vista dell'obiettivo di tornare ad essere un produttore puro di auto, decide il disimpegno da RCS. Il 15 aprile l'assemblea dei soci di FCA approva la scissione finalizzata alla distribuzione ai propri azionisti delle azioni di RCS detenute dal gruppo[123]. LaFiat esce dall'azionariato della società editrice del «Corriere della Sera» dopo 32 anni (e a distanza di 43 anni dal primo investimento)[124].
15 luglio 2016 - Con un'operazione di borsa (OPAS) sulle azioni RCS MediaGroupUrbano Cairo acquisisce il controllo del gruppo editoriale che pubblica il «Corriere della Sera»[125]. Il 3 agosto Cairo diviene presidente e amministratore delegato di RCS[126].
Nel2001, in occasione del 125º anniversario della nascita delCorriere, è stata creata la «Fondazione Corriere della Sera», con lo scopo di curare e aprire al pubblico l'archivio storico del giornale, e di promuovere iniziative in favore della lingua e la cultura italiana, nella penisola e all'estero.
Ladiffusione di un quotidiano si ottiene, secondo i criteri diAccertamenti Diffusione Stampa (ADS), dalla somma di: Totale Pagata[N 48] + Totale Gratuita + Diffusione estero + Vendite in blocco. Dal 2021 ADS ha abbandonato la distinzione tra copia cartacea e copia digitale, che è stata sostituita dalla distinzione tra «vendite individuali» (copie pagate dall’acquirente) e «vendite multiple» (copie pagate da terzi).Con il nuovo metodo di calcolo la diffusione supera sempre la tiratura.
Il Comune diVajont ha dedicato alCorriere della Sera una Piazza per ricordare l'opera di sostegno e aiuto che il giornale ha manifestato dopo ildisastro del Vajont nel1963, dove morirono circa 2000 persone.
Il 27 febbraio 2024 sul canaleYoutube del Corriere della Sera è stato pubblicato un segmento di un'intervista al presidente ucrainoVolodymyr Zelens'kyj tenutasi due giorni prima in occasione del secondo anniversario dell'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina[133]. La sottotitolazione del video risultò non corrispondere a quanto effettivamente detto da Zelens'kyj. Per questo motivo il Corriere della Sera è stato accusato di diffonderedisinformazione sulla guerra. Dopo alcuni giorni il video è stato eliminato; dopo oltre una settimana è stato ricaricato senza i sottotitoli.
^Diretto da Alessandro Calascibetta sin dalla nascita (2005). Tratta di moda, bellezza, tecnologia e tempo libero. Nel 2017 la tiratura è stata di 297 247 copie.
^Le successive sedi del Corriere furono: dal 1º ottobre 1880 via San Pietro all'Orto; dal 1884 via San Paolo; il 23 giugno 1889 il giornale si trasferì in via Pietro Verri, nel palazzo diBenigno Crespi.
^Fu autore di diversi romanzi, tra cui:Il salotto della contessa Maffei eLa principessa Belgiojoso.
^Conservò questo incarico fino al1888 circa, poi si dedicò al collezionismo d'arte.
^Il quotidiano uscì con datazione singola a partire dal 2 dicembre 1902, un martedì.
^Per avere notizie dall'estero, i giornali attingevano direttamente alla stampa straniera, sottoscrivendo degli abbonamenti annuali, come i comuni lettori.
^Corriere della Sera, 16-17 dicembre 1878. L'impostazione partecipativa adottata dal giornale strideva però con la ritrosia del direttore verso le questioni interne: non venne mai pubblicata, infatti, nessuna notizia sulle variazioni dell'assetto proprietario del giornale, né prima dell'avvento diBenigno Crespi né quando (nel 1885) l'industriale cotoniero diventò il nuovo padrone del giornale.
^Il sostegno della Sonzogno permetteva alSecolo di gestire in proprio la pubblicità, cosa che ilCorriere riuscì a fare soltanto dalla fine degli anni Ottanta.
^Il 23 aprile 1894 mutò la testata neLa Bicicletta, si aprì agli altri sport e raddoppiò le uscite settimanali. Quattro anni dopo la testata cambiò ancora inCorriere dello Sport; il giornale cessò le pubblicazioni nel 1903 dopo aver cambiato titolo inItalia sportiva. Tra i collaboratori, apparvero le firme diLuigi Vittorio Bertarelli,Giovanni Pascoli edOlindo Guerrini.
^Conservò la carica fino alla morte, avvenuta nel 1906. I suoi successori saranno:Andrea Torre nel 1906 eGiovanni Amendola nel 1916.
^Nel 1895 Albertini, studente di economia, si era introdotto nell'ambiente editoriale inglese facendo la conoscenza del direttore editoriale delTimes, Moberly Bell.
^Banzatti era stato nominato nel ruolo da Torelli Viollier nel 1898. Passerà nel 1903 a dirigere la «Gazzetta di Venezia».
^Dopo la prematura morte di Cipriani (1919), suoi successori saranno: Pietro Croci (1919-1920), già corrispondente da Londra, e Alberto Tarchiani (1920 – novembre 1925).
^Assunto nel 1903, fu nominato segretario nel 1907, carica che mantenne fino alla fine della Seconda guerra mondiale.
^Nel 1927 «Il Secolo», in crisi finanziaria, fu assorbito da «La Sera», altro giornale milanese.
^Beltrami, architetto, ebbe anche una breve esperienza come direttore politico tra il maggio e il novembre 1896.
^Nel 1895 il quotidiano francese aveva avuto una tiratura media di 2 milioni di copie giornaliere.
^Somma totale del saldo attivo del quotidiano e delle altre riviste appartenenti alla società.
^Ugo Ojetti scriveva sotto lo pseudonimo “Tantalo”.
^La testata «Il Pomeriggio» apparve nell'edizione pomeridiana del «Corriere» fino al 24 aprile 1945, vigilia della Liberazione.
^I loro nomi: Domenico Bartoli, Ernesto Libenzi, Enrico Rizzini, Giulio Alonzi, Andrea Damiano, Corrado De Vita, Bruno Fallaci (zio di Oriana), Francesco Francavilla, Ferruccio Lanfranchi,Indro Montanelli, Amilcare Morigi, Luigi Simonazzi, Arturo Lanocita, Virgilio Lilli,Paolo Monelli eGaetano Afeltra.
^Gli articoli furono raccolti formando un volume che uscì in allegato al quotidiano il 9 agosto 1944 col titoloStoria di un anno. Il tempo del bastone e della carota.
^Secondo Franco Di Bella, Mario Borsa non fu licenziato, ma lasciò volontariamente il giornale perché si era accorto che l'editore lo spiava (F. Di Bella, p.).
^Quotidiano milanese fondato nel 1956. Dopo una prima fase di rodaggio sarà rilevato dall'Eni diEnrico Mattei diventando un giornale fiancheggiatore del nascentecentrosinistra.
^La proposta di nominare Spadolini veniva da Giulia Maria, la figlia di Aldo. La moglie di Mario, Fosca Leonardi, si oppose fermamente. Il motivo? Tra le due signore non correva buon sangue. Cfr.F. Di Bella, p. 186.
^Fino ad allora ilCorriere non aveva riservato una pagina all'economia, ma pubblicava solamente i listini della Borsa valori.
^Suo successore nelle pagine culturali delCorriere sarà il drammaturgoGiovanni Testori.
^Nel 1972 era entrato nel Comitato di redazione Raffaele Fiengo, che sarà rieletto per molti mandati.
^Il direttore responsabile presentò formalmente le dimissioni il 17 luglio, che furono respinte.
^Al terzo posto nei quotidiani d'informazione "La Stampa" con 405 000 copie. Vedi Mauro Forno,Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano, Laterza, Roma-Bari 2012.
^La Repubblica varò il suo supplemento femminile due mesi dopo.
^De Bortoli dichiarò di lasciare per non meglio precisate ragioni personali, ma le sue dimissioni suscitarono clamore perché giungevano dopo una serie di pressioni sulla direzione del giornale da parte dell'allora presidente del consiglioSilvio Berlusconi
^Soluzione di marketing che prevede un iniziale accesso gratuito ai contenuti, cui segue il blocco della visualizzazione, che si può superare con l'attivazione di un abbonamento.
^Pavesi intendeva candidarsi alle elezioni politiche e aveva deciso di spostarsi a sinistra. Quindi cambiò l'indirizzo politico deLa Lombardia e cercò di persuadere Torelli Viollier a fare altrettanto alCorriere, ma gli venne opposto un netto rifiuto.[107]
^Con la Liberazione il CLN aveva assunto l'esercizio delpotere esecutivo dello Stato.
^Secondo Giampaolo Pansa, Moratti è una barriera efficace contro le mire dellaMontedison. Il petroliere, infatti, rappresenta l'Eni, il principale concorrente del colosso della chimica guidato da Eugenio Cefis.
^Il figlio di Moratti, Gianmarco, che fu vicepresidente delCorriere, affermò che l'azienda di famiglia comprò una quota del quotidiano per evitare che finisse nelle mani sbagliate: "Abbiamo pensato che un organo così importante era meglio che andasse in mano a gente come noi, capace di dare garanzie democratiche" (G. Pansa,op. cit.).
^Secondo Giampaolo Pansa, la Rizzoli paga anche un "extraprezzo" di 2 miliardi e 400 milioni, in quanto la signora Crespi era la presidente della società di gestione.
^Secondo Giampaolo Pansa, invece, la Montedison ha favorito l'ingresso della Rizzoli nelCorriere in due modi: facendogli da garante di fronte agli Agnelli; sostenendola nel reperimento dei prestiti bancari.
^Che a sua volta comprende le vendite per copia singola e gli abbonamenti.
^Gian Luigi Falabrino,Pubblicità serva padrona. I protagonisti, la storia e i retroscena del mondo della comunicazione, 2ª ed., Milano, Il Sole-24 Ore, 1999, p. 110.
^ Paolo Mieli,La scelta del 9 aprile, sucorriere.it, Corriere della Sera, 28 marzo 2006.URL consultato il 4 settembre 2009(archiviato il 30 settembre 2009).
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Michele Brambilla,L'eskimo in redazione. Quando le Brigate Rosse erano «sedicenti», Milano, Ares, 1991.
Valerio Castronovo -Nicola Tranfaglia (a cura di),La stampa italiana nell'età della TV. Dagli anni Settanta a oggi, Roma-Bari, Laterza, 1994.
Claudio Colombo,Milano in breve. 140 anni di storie della città in 500 notizie del Corriere, Cernusco sul Naviglio, Meravigli, 2016.
Franco Di Bella,Corriere segreto. 1951-1981. Misteri e retroscena del più grande giornale italiano. Dai diari di trent'anni del cronista che ne divenne direttore, Milano, Rizzoli, 1982.
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Giuseppe Gallizzi - Vincenzo Sardelli,Eravamo in via Solferino, Bologna, Minerva, 2017,ISBN 978-88-7381-925-7.
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Indro Montanelli,Soltanto un giornalista. Testimonianza resa a Tiziana Abate, Milano, Rizzoli, 2002.