IlCongresso di Vienna fu una conferenza tenutasi presso ilcastello di Schönbrunn (in tedescoSchloss Schönbrunn) nell'omonima città, allora capitale dell'Impero austriaco, dal 1º novembre1814 al 9 giugno1815 (benché diverse datazioni riportino l'inizio e la fine del Congresso al 18 settembre 1814 e al 9 giugno 1815[1]). Vi parteciparono le principali potenze europee allo scopo di ridisegnare la carta dell'Europa e ripristinare l'Ancien régime dopo gli sconvolgimenti apportati dallarivoluzione francese e dalleguerre napoleoniche. Con il Congresso di Vienna si apre infatti quella che viene definita come l'età dellaRestaurazione inEuropa che può considerarsi conclusa con imoti del 1848.[2]
Per la prima volta gli Stati europei decisero che il modo giusto di mettere fine a una guerra fosse riunire tutti gli Stati interessati e discutere una soluzione valida per tutti: un'idea che è sopravvissuta fino ad oggi[3]. L'idea che i grandi conflitti e le questioni internazionali andassero risolte da riunioni a cui partecipavano tutte le nazioni coinvolte era oramai entrata nella cultura della diplomazia europea. Un secolo dopo, questa idea avrebbe assunto la forma dellaSocietà delle Nazioni e, a meno di 150 anni dalla chiusura del Congresso, avrebbe portato alla nascita delleNazioni Unite[3].
«Gli abusi del potere generano le rivoluzioni; le rivoluzioni sono peggio di qualsiasi abuso. La prima frase va detta ai sovrani, la seconda ai popoli.»
Il Congresso di Vienna si tenne nellacapitale dell'alloraImpero austriaco, dal 1° novembre1814[5] al 9 giugno1815. Un ruolo di primo piano ebbe la partecipazione delle maggiori quattro nazioni europee vincitrici:Austria,Regno Unito,Prussia eRussia, che tentarono così di dare un nuovo stabile assetto all'Europa dopo l'avventura napoleonica. Insieme ad altre delegazioni di diversi stati anche laFrancia partecipò al congresso per l'abile azione diplomatica diTalleyrand, vescovo prima della rivoluzione dell'89, deputato rivoluzionario, collaboratore di Napoleone e in quel periodo ministro degli esteri diLuigi XVIII. Egli riuscì a far applicare per la Francia, vittima del tiranno napoleonico, il principio di legittimità secondo il quale dovevano essere restaurati sui loro troni i sovrani illegittimamente spodestati da Napoleone. La Francia del resto aveva già stipulato la pace con un precedente trattatosiglato a Parigi il 30 maggio1814.
Le discussioni continuarono malgrado il ritorno diNapoleone dall'esilio e la suariassunzione del potere in Francia nel marzo1815, e l'atto supremo del Congresso fu firmato nove giorni prima della sua finale disfatta nellabattaglia di Waterloo, avvenuta il 18 giugno1815.
Tecnicamente, il Congresso di Vienna non si svolse come un normale congresso, dato che non si riunì mai in sessione plenaria, e la maggior parte delle discussioni avvenne in sessioni informali tra le grandi potenze.
Le decisioni prese dal Congresso seguirono due linee-guida per l'assegnazione dei territori europei ai vari sovrani:
Il bilanciamento dei poteri
ilprincipio di equilibrio, concepito con lo scopo di non concedere ad alcun paese la supremazia territoriale inEuropa, ma, al contrario, di equilibrare le forze delle varie potenze europee in modo che nessuna di queste potesse prevalere sulle altre: questo principio portò alla nascita, ad esempio, delRegno Unito dei Paesi Bassi (da non confondersi con quello odierno), che funse da "cuscinetto" tra la Francia e laConfederazione germanica;
ilprincipio di legittimità per riassegnare il trono ai legittimi sovrani deposti durante il periodo napoleonico, come ad esempio accadde nellaFrancia post-rivoluzionaria, a capo della quale venne nominato sovrano il fratello minore del reLuigi XVI ghigliottinato,Luigi XVIII, considerato come legittimo successore diLuigi XVII[6]; in questo modo veniva ripristinata lamonarchia, anche se in questo caso si trattava di unamonarchia costituzionale (benché "ottriata", cioèelargita per volontà sovrana[7]). Questo principio tuttavia non venne sempre rispettato: ad esempio le repubbliche diVenezia e diGenova non vennero ricostituite.
L'ordinamento degli stati restaurati venne lasciato ai singoli sovrani, ma fu generalmente costituito da quello tipico dellemonarchie assolute: senza parlamenti o con rappresentanze non elettive.
Si le Congrès danse, il ne marche pas (Se il Congresso danza, non cammina)
Dopo la caduta e l'abdicazione di Napoleone aFontainebleau (6 aprile1814) e la ratifica della primaPace di Parigi, lasesta coalizione venne sciolta, mentre sul trono di Francia fu posto il legittimo sovrano,Luigi XVIII diBorbone, fratello minore del decapitato Luigi XVI.Secondo l'articolo XXXII del trattato di pace si sarebbe dovuto riunire a Vienna un congresso plenario delle potenze vincitrici per dare un nuovo assetto e un ordine durevole all'Europa, che per quasi vent'anni era stata calpestata, devastata e ridotta allo stremo dalla lunga guerra contro l'imperatore francese.
I sovrani vincitori e i loro ministriplenipotenziari si incontrarono in un primo momento aLondra; soltanto nell'autunno del1814 il Congresso ebbe inizio a Vienna. Vi presero parte le delegazioni diplomatiche di quasi tutte le nazioni europee. Dall'ottobre 1814 al giugno 1815 Vienna, e soprattutto il luogo d'incontro, il Dipartimento di Stato (più tardi anche la Cancelleria di Stato) nel Palazzo di Ballhausplatz, sede delPrincipe di Metternich, divenne il cuore del continente per la sua centralità politica. Anfitrione di questo grande consesso fu l'imperatore d'AustriaFrancesco I d'Asburgo-Lorena. Gli ospitanti cercarono di rendere il soggiorno delle personalità d'alto rango il più piacevole possibile.
I lavori del Congresso furono continuamente inframezzati da feste, cene, balli e ricevimenti tenuti dalla corte austriaca, dai nobili viennesi oppure dalle numerose delegazioni convenute[3]. La continua atmosfera di festa fece coniare al principeCharles Joseph de Ligne la famosa immagine del "Congresso danzante"[8]. In una lettera al principe de Talleyrand del 1º novembre 1814, Ligne scrisse:
«Mi attribuiscono il motto "Il Congresso danza, ma non va avanti". Ed esso non stilla nulla come il sudore di questi signori che ballano. Credo anche d'aver detto: "Questo è un congresso di guerra, non un congresso di pace."»
Anche diversi contemporanei, nonostante deplorassero l'immobilità politica, misero però in risalto la magnificenza e lo splendore dell'evento. Il segretario-generale del Congresso, il conteFriedrich von Gentz, in una lettera del 27 settembre1814, scrisse:
«La città di Vienna offre ai presenti una visione spettacolare; tutta l'Europa è qui rappresentata dalle più illustri personalità. L'imperatore, con l'imperatrice e le grandi principesse di Russia, il re di Prussia con parecchi principi della sua casa, il re di Danimarca, i re e i principi ereditarii di Baviera e del Württemberg, i duchi e i principi delle case di Meclemburgo, Sassonia-Weimar, Sassonia-Coburgo, Assia ecc., metà dei vecchi principi e dei conti dell'Impero, e poi un numero immenso di diplomatici provenienti dai più vari reami d'Europa. Tutto questo non fa che dar vita ad un movimento e a una tale varietà di immagini ed avvenimenti che solo la straordinaria epoca, nella quale noi viviamo, sarebbe in grado di produrre. Gli affari di Stato nel frattempo, con lo sfondo di tali singolari cose, non stanno andando avanti affatto.»
Tuttavia, alcuni storici sono dell'opinione che il Congresso non trascurò i suoi impegni effettivi tra i vari balli e tutti gli altri intrattenimenti, ma stabilì le linee guida del nuovo ordine di pace e stabilità dell'Europa, anche se la grossolana quanto pungente opinione delfeldmaresciallo Blücher sembrerebbe dare un'altra impressione.
«Il Congresso assomiglia ad una fiera in un piccolo paese, in cui ognuno dà una lucidata al dorso del proprio bestiame per venderlo e barattarlo.»
La Francia diLuigi XVIII era rappresentata dal ministro degli EsteriCharles Maurice de Talleyrand-Perigord. Sebbene la delegazione ufficiale dellaRussia fosse guidata dal suo ministro degli Esteri, il conteKarl Vasil'evič Nessel'rode, lo zarAlessandro I per lo più operò personalmente. Inizialmente, i rappresentanti delle quattro potenze vincitrici sperarono di escludere i francesi da una seria partecipazione ai negoziati, ma Talleyrand riuscì abilmente a inserirsi nei dibattiti interni sin dalle prime settimane.
Poiché la maggior parte del lavoro al Congresso fu svolta da queste cinque potenze (assieme, per certi temi, con le rappresentanze diSpagna,Portogallo eSvezia; sui temi tedeschi, diHannover,Baviera, eWürttemberg; su quelli italiani, delloStato Pontificio e dei Regni diSardegna e diNapoli eSicilia), la maggior parte delle delegazioni non ebbe molto da fare al Congresso, e l'ospite, l'imperatoreFrancesco I d'Austria sostenne splendidi intrattenimenti per mantenerle occupate.
Le materie su cui si discusse furono molteplici e in generale solo le perdite territoriali a danno dei francesi non furono oggetto di discussione. Queste erano già state decise riportando i confini francesi a quelli precedenti le avventure napoleoniche.
Il principale risultato del Congresso, a parte la ratifica della perdita, che era già stata stabilita dalla "Pace di Parigi", dei territori che laFrancia si era annessa tra il1795 e il1810, fu l'accrescimento dellaRussia che guadagnò gran parte delDucato di Varsavia e laFinlandia, e l'ingrandimento del territorio dellaPrussia, che acquistò laWestfalia, laRenania settentrionale e parte dellaPolonia.
Il consolidamento dellaGermania dai quasi 300 stati delSacro Romano Impero (disciolto nel1806) in un sistema (molto più gestibile) di trentanove stati fu confermato. Questi stati andarono a costituire una blanda Confederazione Tedesca sotto la guida diPrussia eAustria.
In particolare le materie trattate furono quelle polacco-tedesche.
Lo zar presentò un piano in cui prevedeva la creazione di una Polonia indipendentesatellite della corona russa. Questo piano fu fortemente osteggiato dalle altre potenze, e alla fine si giunse a un accordo spartendo la Polonia e attribuendo gran parte dellaSassonia al sovrano prussiano. In generale si portò la composizione dellaConfederazione Tedesca a 39 stati sotto il controllo di Austria e Prussia.
Il principe di Talleyrand
L'oggetto più controverso al Congresso fu, infatti, la cosiddetta crisi sassone-polacca. I russi e prussiani avanzarono una proposta secondo la quale la maggior parte dei territori austriaci e prussiani della Polonia sarebbero andati alla Russia, che avrebbe creato un regno polacco indipendente inunione personale con la Russia, con lo zar Alessandro quale re.
In cambio, i prussiani avrebbero ricevuto come compensazione tutta la Sassonia, il cui re veniva considerato abdicante per non aver abbandonato Napoleone abbastanza in fretta. Gli austriaci, i francesi, e gli inglesi non approvarono questo piano, e, ispirati da Talleyrand, firmarono un trattato segreto il 3 gennaio1815, consentendo alla guerra, se necessario, per impedire che il piano russo-prussiano producesse il suo effetto.
Sebbene nessuna delle tre potenze fosse particolarmente pronta alla guerra, i russi non vollero sfidarle, e si elaborò presto una composizione amichevole, per cui la Russia ricevette il grosso delDucato napoleonico di Varsavia comeRegno di Polonia (chiamatoPolonia del Congresso), ma non ricevette il distretto diPoznań (Granducato di Poznan), che fu dato alla Prussia, néCracovia, che rimase una città libera. La Prussia ricevette il 40% della Sassonia (più tardi nota come provincia di Sassonia), con la restante parte resa al reFederico Augusto I di Sassonia (Regno di Sassonia).
La Gran Bretagna ne uscì come la potenza che aveva più interesse per l'equilibrio in Europa, ma all'esterno dell'Europa si rafforzò acquisendo le ex colonie francesi delleIndie Occidentali o che appartenevano a stati in passato alleati della Francia: acquisì così dai Paesi Bassi il Sudafrica e il capo di Buona Speranza. L'Inghilterra era rappresentata daLord Castlereagh, ministro degli esteri, un nobile irlandese che aveva ricevuto istruzioni di poter mettere sulla bilancia dei negoziati i territori inglesi extraeuropei per potersi avvantaggiare in Europa. Ma egli non seguì tale indicazione, percependo che gli altri stati non si erano resi conto dell'importanza delle colonie: quest'abile mossa permetterà alla Gran Bretagna di rimanere la più grande potenza coloniale sino alla fine dellaseconda guerra mondiale.
L'Italia come disegnata dal Congresso di Vienna nel 1815
Dopo il congresso di Vienna l'Italia fu divisa in una decina di stati (che si ridussero a otto, entro una trentina di anni dal Congresso, a causa di alcune annessioni di stati minori a entità più vaste):
ilRegno di Sardegna, governato daiSavoia, riottenne ilPiemonte e laSavoia e venne ingrandito con i territori dellaRepubblica di Genova, nonostante le proteste dei delegati genovesi. La Repubblica genovese era stata infatti ricostituita nel 1814 per editto dell'Ammiraglio britannicoWilliam Bentinck.
Nel resto del nord venne costituito ilRegno Lombardo-Veneto, sotto il controllo dell'Austria, comprendente i territori di terraferma dellaRepubblica di Venezia (che anch'essa non venne ricostituita), delVeneto, delFriuli e dellaLombardia orientale, tutti uniti alla parte rimanente della Lombardia. Al Regno Lombardo-Veneto fu annessa anche laValtellina, visto che si era opposta alle richieste svizzere, che miravano a far sì che questa valle - sulla quale laSvizzera aveva una sorta di protettorato dal1512 - ritornasse alCanton Grigioni o fosse unita alla Confederazione, come cantone autonomo. Nel Lombardo-Veneto inoltre fu inserita anche laTranspadana ferrarese, un territorio appartenente allo Stato Pontificio, un lembo di terra a nord del fiumePo, storicamente e culturalmente associato all'Emilia[11].
Sotto forte influenza austriaca si trovavano inoltre:
Dettaglio dell'assetto territoriale del Granducato di Toscana e della Toscana del Nord alla fine del 1815, con gli ex feudi imperiali della Lunigiana già ascritti al Ducato di Modena
ilDucato di Lucca venne assegnato a titolo provvisorio come compensazione per iBorbone di Parma, in attesa della morte di Maria Luisa e quindi del loro legittimo rientro a Parma (Lucca in seguito venne annessa al Granducato di Toscana nel 1847);
ilDucato di Massa e Carrara venne restituito aMaria Beatrice d'Este, già sul trono dal 1790 al 1796, e le vennero anche assegnati i feudi imperiali dellaLunigiana (non ricostituiti dal Congresso), che ella peraltro girò immediatamente al figlio ed erede,Francesco IV, duca di Modena, il quale, dopo la morte della madre nel 1829, annetté i domini materni a Modena stessa.
Indipendenti, ma legati all'Austria da vincoli di alleanza e interesse:
nell'ambito dei confini pontifici rimase la piccola e indipendenteRepubblica di San Marino, che non venne toccata dagli eventi napoleonici e che rimase sempre estranea agli eventi politici successivi;
Ci furono altri, meno importanti, aggiustamenti territoriali che comprendevano significativi guadagni territoriali per i regni tedeschi diHannover (che guadagnò laFrisia orientale a scapito della Prussia e vari altri territori della Germania nord-occidentale) e diBaviera (che guadagnò ilPalatinato renano e territori inFranconia). Il Ducato diLauenburg fu trasferito da Hannover allaDanimarca e laPomerania svedese fu annessa dallaPrussia. Il trattato riconobbe inoltre i diritti portoghesi suOlivença, ma essi furono ignorati e l'area rimase sotto controllo spagnolo.
«S'identificò lastoria dellaciviltà con la storia dellareligione, e si scorse una forzaprovvidenziale non solo nellemonarchie, ma sin nel carnefice, che non potrebbe sorgere e operare nella sua sinistra funzione se non lo suscitasse, a tutela della giustizia, Iddio: tanto è lungi dall'essere operatore e costruttore di storia l'arbitrio individuale e il raziocino logico.»
(Adolfo Omodeo,L'età del Risorgimento italiano, Napoli, 1955)
Il Congresso di Vienna segna l'inizio dell'età della Restaurazione dove avanzava ispirata dalRomanticismo una nuova concezione dellastoria che smentiva quellailluminista basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con laragione. Le vicende dellaRivoluzione francese e il periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi delRegime del Terrore e il sogno di libertà era sfociato nella tirannide napoleonica.
Da questa nuova visione della storia opera della volontà divina si promanano due visioni contrapposte: la prima è una prospettiva reazionaria che vede nell'intervento di Dio negli eventi umani una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla sciagurata storia degli uomini ai quali non rimane che volgersi al passato (così per esempio inFrançois-René de Chateaubriand, inJoseph de Maistre), la seconda, che si potrebbe definire liberale, alla luce dell'ideale «conservare progredendo»[13], vede invece nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini e auspica un nuovo cristianesimo per una nuova società (ad esempio:Lamennais,Saint Simon).
Con lo zar Alessandro l'ideale di una politica concepita in termini di mistica religiosa sembra costituirsi con la formazione dellaSanta Alleanza. Lo zar voleva impegnare in questo patto sacro i contraenti diPrussia,Russia,Austria a conformarsi nel governo dei loro popoli ai principi dellacaritàcristiana scritti «nell'eterna religione di Dio salvatore»[14].
Il Principe di Metternich
Sebbene ampiamente derisa da molti statisti (Castlereagh lo chiamava «un pezzo di sublime misticismo e assurdità» e Metternich un «nulla altisonante»), il 26 settembre1815 i sovrani europei vi aderirono, con l'eccezione delPapa, avverso a un'alleanza che univa assieme cattolici, luterani e ortodossi, del sultano dellaTurchia, che non era particolarmente interessato ai princìpi cristiani, e del Principe-Reggente delRegno Unito, che non poteva assentire a un tale trattato senza coinvolgimento ministeriale (in effetti egli firmò nel suo ruolo di Reggente diHannover), ma soprattutto perché ilRegno Unito temeva che questa alleanza nascondesse la volontà della Russia di avere mano libera neiBalcani.
In seguito, laSanta Alleanza fu progressivamente associata con le forze dellareazione in Europa, e particolarmente con gli orientamenti politici di Metternich, che aveva come supremo criterio di politica internazionale quello del mantenimento dell'ordine europeo e divenne il simbolo stesso della reazione fino alla rivoluzione austriaca del 1848 che lo costrinse a dimettersi.
Il 20 novembre 1815 fu redatto un secondo patto tra Prussia, Austria, Russia che con l'adesione della Gran Bretagna prese il nome diQuadruplice Alleanza.
AlCongresso di Aquisgrana, dell'ottobre-novembre1818, gli alleati, in cambio del pagamento delle riparazioni di guerra (ancorché ridotte), approvarono il ritiro dei propri corpi di occupazione, stanziati in Francia sin da Waterloo. La Francia di Luigi XVIII venne invitata ad aderire al patto che prese il nome diQuintuplice Alleanza e che sopravvisse fino alla morte dello zar Alessandro nel1825[15].
La presenza della Francia era ancora formale data la diffidenza delle altre quattro potenze europee che avevano stipulato contemporaneamente anche un protocollo segreto, che confermava la garanzia reciproca in funzione anti-francese.
La vera promozione della Francia da potenza sconfitta ad alleato dev'essere fatta risalire, alCongresso di Verona del 9-14 ottobre 1822, quando, nonostante il dissenso inglese, Austria, Russia e Prussia autorizzarono i ministri di Luigi XVIII allaspedizione militare in Spagna per restaurare il governo assoluto diFerdinando VII di Borbone: quello fu, in effetti, il vero evento che sancì il reingresso di Parigi nel consesso delle grandi potenze europee. Il corpo di spedizione denominato "I centomila figli di San Luigi" con la vittoriosa battaglia delTrocadero (1823)[16] restaurò l'assolutismo monarchico di Ferdinando VII di Borbone[17].
Per il mantenimento dell'ordine, l'alleanza si basava sulprincipio di intervento: nel caso uno Stato avesse avuto dei problemi causati da disordini rivoluzionari che non fosse in grado di sedare e che potessero contagiare gli altri Stati, questi si ritenevano in obbligo d'intervenire per sedare le rivolte. Al principio di non ingerenza negli affari interni di uno Stato si sostituiva così il principio politico della sovranità limitata degli Stati e l'ideale della solidarietà internazionale, da attuarsi con la periodica consultazione dei governi europei nei Congressi e tramite quello strumento di polizia internazionale che era la Santa Alleanza.
I paesi coinvolti nel Congresso si accordarono infatti di riunirsi a intervalli, a norma dell'Articolo VI:
«Per assicurare l'esecuzione del presente Trattato e consolidare i legami ora così uniti i Quattro Sovrani per la felicità del mondo hanno concordato di rinnovare i loro incontri a periodi prefissati […] per la considerazione di misure per la serenità e prosperità delle Nazioni e per il mantenimento della Pace in Europa.»
Ciò portò all'istituzione del sistema del Congresso, e ai successivi congressi: i più importanti saranno quelli diAquisgrana (1818), diTroppau (1820), diLubiana (1821), che autorizzò l'intervento austriaco nel napoletano, e infine ilcongresso di Verona (1822) già citato.
Le quattro grandi potenze che in precedenza avevano costituito il cuore dellaSesta coalizione furono anche il fulcro del Congresso di Vienna. Alla vigilia della sconfitta di Napoleone esse già avevano delineato la loro comune posizione colTrattato di Chaumont (marzo 1814), e negoziato ilTrattato di Parigi con iBorboni durante la Restaurazione:
«Raramente l'incapacità dei governi a frenare il corso della storia si è manifestata in maniera più evidente che nella generazione successiva al 1815. Prevenire una seconda Rivoluzione francese, o la catastrofe ancora peggiore di una rivoluzione generale europea sul modello di quella francese era l'obiettivo supremo di tutte le potenze che avevano impiegato vent'anni a sconfiggere la prima; e questo era persino l'obiettivo della Gran Bretagna che non aveva in simpatia gli assolutismi reazionari… e sapeva che le riforme non potevano né dovevano essere evitate, ma temeva una seconda espansione franco-giacobina… Eppure mai nella storia europea lo spirito rivoluzionario era stato così endemico…»
Gli Inglesi comunicano agli africani l'abolizione della tratta degli schiavi
Il Congresso di Vienna fu spesso criticato da storici del XIX secolo e da quelli più recenti per il fatto di aver ignorato gli impulsi nazionali e liberali e per avere imposto una reazione repressiva sul continente.
Questa critica era già sostenuta dall'opposizioneWhig nel Regno Unito al tempo della conclusione del Congresso. Le decisioni prese dal Congresso di Vienna, dove la pace e la stabilità furono barattate con le libertà e i diritti collegati allarivoluzione francese, fecero parte integrante di ciò che divenne noto come l'ordine conservatore.
NelXX secolo, tuttavia, alcuni storici sono arrivati ad ammirare gli statisti del Congresso, la cui opera, si disse, aveva impedito un'altra guerra generale europea per quasi cent'anni (1818-1914)[22].
Uno dei pochi meriti indiscussi del Congresso di Vienna fu la sottoscrizione, «interponendovi i suoi zelanti uffici Pio VII»[23], di unaDichiarazione contro latratta degli schiavi contenuta nell'allegato 15 dell'Atto finale (8 febbraio 1815). Sia pure sostenuta dagli interessi inglesi nei confronti delle colonie francesi, fu un passo importante nella lotta allo schiavismo.[24]
Durante il Congresso di Vienna, vennero inoltre discusse le clausole riguardanti la proprietà delle opere d'arte portate in Francia con lespoliazioni napoleoniche e poste alMusée Napoléon, divenuto successivamenteMuseo del Louvre. Austria, Spagna, stati tedeschi e Inghilterra ordinarono l'immediata restituzione di tutte le opere sottratte "senza alcun negoziato diplomatico" sostenendo che "la spoliazione sistematica di opere d'arte è contraria ai principi di giustizia e alle regole della guerra moderna". Secondo la storica dell'arte Dorothy Mackay Quynn[25], la Francia si opponeva argomentando come "il diritto di conquista è comune a tutte le nazioni in tutte le epoche". Nel Congresso di Vienna venne alla fine affermato come non ci potesse essere alcun diritto di conquista che permettesse alla Francia di detenere il frutto di spoliazioni e che tutte queste opere d'arte dovessero essere restituite.[26]
Severe critiche ai diplomatici di Vienna per avere ignorato i principi del liberalismo e le aspirazioni delle popolazioni, sacrificate sull'altare dellaragion di Stato, risuonarono già durante lo svolgimento del congresso allaCamera dei comuni negli aspri attacchi dell'opposizione alla linea politica adottata a Castlereagh. Furono queste le prime manifestazioni di una corrente di pensiero destinata a dominare i giudizi sul congresso espressi dalla cultura storica, politica e letteraria dell'Ottocento.
La prima voce in tal senso fu quella dell'abateDominique-Georges-Frédéric Dufour de Pradt, uno spregiudicato e abile ecclesiastico e diplomatico, nonché prolifico scrittore, che pubblicò nel 1815 un'opera,Du congrès de Vienne, di scarso valore, ma scritta con vivacità e suffragata da un notevole successo di pubblico e da un'ampia circolazione europea, proprio perché rispecchiava evidentemente opinioni largamente condivise. L'abate imputò al congresso un errore «immenso», che non poteva «essere abbastanza deplorato», quello di avere considerato gli uomini come «delle greggi destinate a essere divise» fra un certo numero di pastori; l'autore individua in questo errore la migliore risposta «contro coloro che si lamentano che i popoli divengano indocili e difficili da governare: bel miracolo, quando essi vedono che non sono tenuti in nessun conto da coloro che li governano!»
La tradizione risorgimentale ha ovviamente alimentato in Italia delle vere requisitorie contro I'opera del congresso. Nel 1818 il frusinateLuigi Angeloni, democratico radicale in contatto conFilippo Buonarroti, pubblicava a Parigi in due volumi alcuni ragionamenti,Dell'Italia uscente il settembre 1818, nei quali si riprometteva di «mostrare come fosser malmenate, e crudelmente disconcie in Vienna le italiche cose» (Dedicatoria, p. VI). Le sue critiche si appuntavano in particolare su Castlereagh, reo di non aver permesso la rinascita dellaRepubblica di Genova e di avere respinto a Vienna con «orgogliosa freddezza», le richieste dei deputati milanesi affermando che non tutti gli stati sono adatti «a reggersi per costituzione» (vol. I, p. 202).
Un giudizio fortemente critico è espresso anche nella ponderosaStoria documentata della diplomazia europea in Italia dall'anno 1814 all'anno 1861, pubblicata a partire dal 1865 daNicomede Bianchi. Questi, ponendo sul banco degli accusati Metternich, accomunava nella sua condanna anche l'Inghilterra che, considerando l'Austria «la miglior guarentigia per la stabile futura quiete dell'Europa» (vol. I, p. 128), aveva consegnato la penisola al suo predominio. Nell'opera si ritrova l'immagine cupamente negativa del cancelliere austriaco che fu condivisa da tutte le generazioni animate dagli ideali risorgimentali:
«Calcolando gli uomini a guisa d'armenti, il principe di Metternich portava le perdite patite dall'Austria a due milioni cinquecento ventimila e seicento sudditi, e quindi ne chiedeva, a titolo di compensazione e in virtù di trattati, due milioni seicento ottantasettemila e sessantasette. Di coteste mercanteggiabili creature umane due milioni ducentoquindicimila e ducentotrentatre erano di stirpe italiana, manifestamente abborrenti di passare in dizione di straniero signore. Ma ciò poco importava a quei diplomatici, che si credevano capaci di plasmare a modo loro l'indole e l'andamento delle umane societa»
(vol. I, p. 129)
Interessante sul piano dell'analisi storica è l'opera diMadame de StaëlConsidérations sur la révolution française, pubblicata postuma nel 1818, che non si occupa esplicitamente del congresso ma esprime sulla politica inglese a Vienna, e sul suo interprete Castlereagh, un duro giudizio, che riassume in forma compiuta il pensiero delle correnti liberali sull'opera dei diplomatici di Vienna e rappresenta un tassello importante nella valutazione negativa che ha a lungo pesato sulla memoria del ministro inglese:
«Il ministero inglese, al Congresso di Vienna, aveva avuto la disgrazia di essere rappresentato da un uomo le cui virtù private sono degnissime di stima, ma che ha fatto più male alla causa delle nazioni di nessun altro diplomatico del continente. Un inglese che denigra la libertà è un falso fratello più dannoso degli estranei perché ha l'aria di parlare di ciò che conosce e di fare gli onori di ciò che possiede. I discorsi di Lord Castlereagh nel Parlamento sono caratterizzati da una glaciale ironia singolarmente funesta, quando si attacca ciò che c'è di bello nel mondo. Infatti la maggior parte di coloro che difendono i sentimenti generosi sono facilmente sconcertati, quando un ministro in carica tratta i loro desideri come chimere, quando si fa beffe della libertà come del perfetto amore, ed ha l'aria di usare una certa indulgenza verso coloro che la amano, non imputando loro che innocente follia.
I deputati di diversi stati d'Europa, ora deboli e un tempo indipendenti sono venuti a chiedere alcuni diritti, alcune garanzie ai rappresentanti della potenza che essi adoravano come libera. Sono ripartiti col cuore rattristato, non sapendo più chi, fra Bonaparte e la più rispettabile nazione del mondo, avesse fatto loro il male più duraturo»
(vol. II, pp. 393-394)
Anche la storiografia tedesca dell'Ottocento ha formulato giudizi molto negativi sull'opera dei diplomatici di Vienna, responsabili di avere sacrificato, in nome dell'equilibrio europeo, le aspirazioni a una più solida unità della Germania. Al riguardo è sufficiente fare riferimento all'opera diHeinrich von Treitschke. Ostilissimo, come tutti i patrioti del 1815, alle piccole corti della Germania, i «sultani» odiati daStein, interpreti del particolarismo tedesco, e anche all'Austria, nemica per sua natura della nazione germanica, Treitschke giudica laconfederazione germanica l'opera di «una diplomazia miope chiusa in se stessa, e immemore di tutte le tradizioni» della nazione, «la più indegna costituzione che sia mai stata imposta dai propri sovrani a un grande popolo civile» (Il Congresso di Vienna, pp. 143–144). Lo storico tedesco irride anche all'ideale della pace europea perseguito da Castlereagh e da Metternich:
«Rinasceva il sogno effeminato della pace perpetua, sintomo infallibile d'un'epoca politicamente e spiritualmente esausta. Molti nobili spiriti d'ogni condizione e d'ogni nazionalità s'abbandonarono seriamente alla speranza che la storia mondiale avrebbe arrestato d'ora innanzi il suo eterno corso e si sarebbe sottoposta in muta reverenza alle decisioni dell'areopago di Vienna»
(Il Congresso di Vienna, p. 7)
Sul versante francese l'attenzione si catalizzò in particolare sulle conseguenze della decisione di assegnare alla Prussia la zona renana come compenso per la mancata annessione dell'intera Sassonia. In questo quadro molte voci si levarono a porre sotto accusa l'opera di Talleyrand il quale, accettando questa soluzione, avrebbe improvvidamente creato le premesse della disfatta del 1870, che portò alla perdita dell'Alsazia e dellaLorena già rivendicate dai nazionalisti tedeschi nel 1815. Già nel 1866, dopo laguerra austro-prussiana, premessa dell'unificazione tedesca, lo storico Daniel Ramée (Lecongrès de Vienne) denunciava il tragico errore di avere accettato che la Prussia si stabilisse sul confine orientale della Francia. In seguito queste accuse furono ancora alimentate daldisastro di Sédan, e sono state ripresentate in forme diverse da molti storici fino a oggi.
^In Gabriele Nicolò,Duecento anni fa si chiudeva il Congresso di Vienna,Osservatore Romano del 9 giugno 2015.
^Albert Malet e Jules Isaac,Révolution, Empire et première moitié du siècle XIX, edizioni Hachette, 1929, p. 404.
^Dalla morte del padre nel 1793, fu considerato re di Francia e di Navarra col nome di Luigi XVII dai monarchici francesi e dalle corti europee, anche se era stato imprigionato dai repubblicani. Non regnò mai effettivamente e si spense all'età di dieci anni, nel 1795, a causa delle dure condizioni di prigionia.
^Costituzione ottriata, inTreccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.URL consultato il 9 giugno 2020.
^L'espressione, riportata in varie forme sembra debba attribuirsi originariamente al commento delPrincipe di Ligne: «Le Congrès ne marche pas; il danse.» («Il Congresso non cammina; danza).»
^(NL) D.H. Couvée e G. Pikkemaat,1813-1815, ons koninkrijk geboren, Alphen aan den Rijn, N. Samson, 1963, pp. 127-130.
^Patto della Santa Alleanza, art. 2 e inDiritto religioni, Pellegrini Editore, p. 343
^Pietro Orsi,Gli ultimi cento anni di storia universale, 1815-1915, Società tipografico-editrice nazionale, 1919, pag. 48 e sgg.
^Battaglia nella quale si distinse il pretendente al trono delRegno di Sardegna,Carlo Alberto per farsi perdonare il sostegno dato nel1821 ai moti liberali diTorino
^John G. Ikenberry,Dopo la vittoria. Istituzioni, strategie della moderazione e ricostruzione dell'ordine internazionale dopo le grandi guerre, Vita e Pensiero, 2003, pag. 109 e sgg.
^Henry Kissinger,Diplomazia della Restaurazione, trad. it. di E. Brambilla, Garzanti, Milano, 1973.
^Gaetano Moroni,Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da s. Pietro sino ai nostri giorni, Tipografia Emiliana, 1853, p. 145.
^In effetti lo sviluppo dellaRivoluzione industriale che si era avviato in Inghilterra poneva in secondo piano la convenienza economica dell'utilizzo del lavoro servile nel sistema produttivocapitalistico. Era molto più economicamente dispendioso assicurare tutte le necessità materiali per la sopravvivenza dello schiavo e della sua famiglia piuttosto che elargire un salario all'operaio di cui si comprava esclusivamente la sua forza lavoro. Il lavoro servile conservava invece una certa convenienza in quegli stati a prevalente economia agricola basata sulla monocoltura. Ma anche qui ben presto la meccanizzazione dell'agricoltura rese economicamente non produttiva la manodopera servile.
(FR) Stella Ghervas,Réinventer la tradition. Alexandre Stourdza et l'Europe de la Sainte-Alliance, Parigi, Honoré Champion, 2008,ISBN 978-2-7453-1669-1.
Henry Kissinger.Diplomazia della Restaurazione, Garzanti, 1973.
(EN) Mark Jarrett,The Congress of Vienna and its Legacy: War and Great Power Diplomacy after Napoleon, Londra, I. B. Tauris & Company, Ltd., 2013,ISBN 978-1-78076-116-9.
Vittorio Criscuolo,Il Congresso di Vienna, Milano, Il Mulino, 2014.