Il concilio di Trento si svolse in tre momenti separati dal 1545 al 1563 e, durante le sue sessioni, a Roma si succedettero cinque papi (Paolo III,Giulio III,Marcello II,Paolo IV ePio IV). Produsse una serie di affermazioni a sostegno della dottrina cattolica che Lutero contestava. Con questo concilio la Chiesa cattolica rispose alle dottrine delcalvinismo e delluteranesimo.
L'aggettivotridentino viene ancora usato per definire alcuni aspetti caratteristici del cattolicesimo ereditati da questo concilio e mantenuti nei secoli successivi sino alconcilio Vaticano I eII.
Esisteva l'esigenza di unariforma cattolica[2] e tra i primi a richiedere un concilio che risolvesse le questioni aperte con ilpapa fu lo stessoMartin Lutero, già nel 1520. La sua richiesta incontrò subito il sostegno di numerosi tedeschi, soprattutto diCarlo V d'Asburgo, che vi vedeva un formidabile strumento non solo per la riforma della Chiesa, ma anche per accrescere il potereimperiale. Tra i primi fautori bisogna ricordare anche il vescovo diTrentoBernardo Clesio e il cardinale agostinianoEgidio da Viterbo.
A tale idea si oppose invece fermamentepapa Clemente VII, che, oltre a perseguire una politica filo-francese e ostile aCarlo V, da un lato vi vedeva i rischi di una ripresa delle dottrineconciliariste, dall'altro temeva di poter essere deposto (in quanto figlio illegittimo). L'idea di un Concilio riprese quota sotto il pontificato del successore di Clemente VII,papa Paolo III.
Egli in primo luogo allargò ilcollegio cardinalizio, con l'inserimento di figure che, in modo diverso, erano favorevoli a una riforma cattolica (comeReginald Pole,Giovanni Gerolamo Morone o i più moderatiGasparo Contarini eGiovanni Pietro Carafa); nel 1537 convocò quindi prima aMantova e poi l'anno successivo, nel 1538, aVicenza un'assemblea di tutti ivescovi,abati e di numerosi principi dell'Impero, ma senza ottenere alcun effetto (a causa del conflitto traFrancesco I eCarlo V). Vi erano inoltre differenze di vedute riguardo alle motivazioni e agli scopi del concilio: se Carlo V auspicava la ricomposizione dello scisma protestante, per ilpapato l'obiettivo era un chiarimento in materia didogmi e didottrina, mentre per i riformati era l'attacco dell'autorità del papa stesso[3].
Il fallimento deicolloqui di Ratisbona (1541) segnò un ulteriore passo per la rottura con i protestanti e la convocazione di un concilio fu giudicata improrogabile, per cui con la bollaInitio nostri del 22 maggio 1542, Paolo III indisse il concilio per il 1º ottobre dello stesso anno (Kalendas octobris) a Trento, sede poi confermata nella bollaEtsi cunctis del 6 luglio 1543, con cui si prorogava l'inizio del concilio a dopo la cessazione delle ostilità ancora in atto. Trento era stata scelta poiché, pur essendo una città italiana, era entro i confini dell'Impero ed era retta da unprincipe-vescovo; fu con lapace di Crepy che Paolo III poté finalmente emanare labolla di convocazione, laLaetare Jerusalem (novembre 1544) e il Concilio si aprì solennemente a Trento il 13 dicembre 1545, IIIdomenica diAvvento, nellacattedrale di San Vigilio, a fare gli onori di casa il principe-vescovoCristoforo Madruzzo.
Lato orientale dellacattedrale di San Vigilio a Trento in una stampa del XIX secolo, cioè di tre secoli successiva al momento del Concilio, ma sostanzialmente fedele a quella originale dell'epoca
Prima di scegliere Trento per i motivi già detti fu proposta la città diMantova come sede, dove in effetti vi era già stato convocato una prima volta nel 1536 con laBolla pontificia diPaolo IIIAd Dominici gregis curam[4]. Si pensò anche aVicenza eFerrara, poi queste proposte vennero superate. Così il concilio iniziò aTrento (dal 1545 al 1547), dove si tennero le prime otto sessioni. Dal 1º maggio 1551 al 28 aprile 1552 due sessioni si tennero aBologna nellaBasilica di San Petronio per via di alcuni casi ditifo petecchiale che si temeva fossepeste.[5]
Nelle prime fasi furono presenti pochiprelati, quasi tutti italiani, con l'eccezione di personalità legate all'evangelismo, come il cardinaleReginald Pole, ed il controllo sui lavori fu esercitato dai delegati pontifici. Vennero inizialmente approvati i regolamenti e l'ordine di discussione degli argomenti. Si venne ad un compromesso fra le istanze imperiali e quelle papali, e i decreti di naturadogmatica vennero trattati con pari dignità di quelli riguardanti questioni disciplinari. Si riaffermò ilsimbolo niceno-costantinopolitano, si confermarono i canoni della Sacra Scrittura e si ribadì la loroispirazione biblica. LaVulgata divenne testo ufficiale senza accettare la dottrina del libero esame delle Scritture (la loro interpretazione spetta solo alla Chiesa).
Si affrontò la dottrina riguardante ilpeccato originale (decreto del 17 giugno 1546), poi si trattò dellagiustificazione teologica (decreto del 13 gennaio 1547). Si affermò che ilbattesimo lava dal peccato ma che nel battezzato rimane unaconcupiscenza (causa, tentazione del peccato). Si discusse dellostato di grazia inteso come una qualità che, quando ricevuta, diviene propria dell'uomo. La persona che riceve la grazia quindi cambia realmente, sia in sé sia in un nuovo comportamento, con atti meritori che a loro volta confermano e incrementano la grazia. Gli atti sono una conseguenza della grazia, ma sono necessari, perché è comunque necessaria la volontà di abbracciare la fede.[6]
Vennero condannate le tesi luterane sulla giustificazione: sia per quanto riguarda ciò che è necessario a conseguirla (Lutero affermava che bastava la sola fede) sia per quanto riguarda le conseguenze sul giustificato (secondo Lutero i peccati rimangono e la persona non muta ma la fede fa sì che non vengano più imputati).
Andrés de Vega,De iustificatione doctrina universa, 1572
Venne inoltre condannata la teoria calvinista dellapredestinazione degli Eletti e venne evidenziato il ruolo dellalibertà umana nella propria salvezza. Non venne trattata in modo esteso la questione dell'Immacolata concezione: il concilio si limitò a dire che le affermazioni sul peccato originale espresse negli stessi documenti non riguardavano la «beata ed immacolata vergineMaria» e che venivano soltanto riprese le indicazioni diSisto IV (già istitutore della festa dell'Immacolata) in merito alla questione, secondo le quali non era possibile indicare come eretica né l'affermazione contraria né quella favorevole dell'Immacolata concezione di Maria, in quanto la Chiesa non aveva ancora espresso un parere definitivo.
Si stabilirono alcuni decreti di riforma, tra i quali il divieto di predicazione ai questuanti, il dovere di residenza come condizione per la rendita deibenefici ecclesiastici e l'obbligo di residenza deivescovi nelle lorodiocesi. Avveniva infatti che i benefici ecclesiastici e i vescovati venissero assegnati generalmente ainobili, senza che a ciò corrispondesse effettivamente l'obbligo di residenza e lo svolgimento dell'incarico.
NellaVII sessione venne infine ribadita la dottrina generale dei settesacramenti, ritenuti istituiti daGesù Cristo ed efficaci indipendentemente dalla loro esecuzione (ex opere operato). Vennero quindi esaminati nel dettaglio i sacramenti del battesimo e dellaconfermazione. Di rilievo la figura diLuigi Bardone, teologo pavese, che presentò i nuovi dogmi a Carlo V. I lavori vennero quindi interrotti per via dei contrasti traPaolo III e l'imperatoreCarlo V.
La morte di Paolo III e l'elezione, dopo tre mesi diconclave, diGiulio III a papa portarono nel maggio 1551 a una riapertura del concilio che vide una maggioranza di vescovi imperiali e l'astensione dellaFrancia[7] (i contrasti tra impero e papato non erano diminuiti).[8] Erano presenti, per la Germania, gli arcivescovi elettori diMagonza,Treviri eColonia. Su richiesta dell'imperatore Carlo V, dall'ottobre 1551 al marzo 1552 si presentarono anche tredici rappresentanti deiprotestanti tedeschi, inviati dal principe elettoreGioacchino II di Brandeburgo, dal ducaCristoforo di Württemberg, da sei importanti città imperiali della Germania Superiore e dal principe elettoreMaurizio di Sassonia.
Tuttavia le trattative con loro non approdarono a nulla, perché furono poste condizioni inaccettabili, quali la sospensione e la ridiscussione di tutti i decreti già approvati, il rinnovamento dei decreti di Costanza e Basilea sulla superiorità del concilio sul Papa, e lo scioglimento dei membri del concilio dal giuramento di obbedienza al Papa.
Vennero quindi riprese le discussioni sui sacramenti: nella XIII sessione venne ribadita la presenza reale diCristo nell'eucaristia[9], la sua istituzione nell'Ultima cena e la dottrina dellatransustanziazione; si affermò quindi l'importanza del sacramento e vennero confermate le pratiche di culto e di adorazione ad esso collegate (come l'adorazione eucaristica e la festa delCorpus Domini). Nelle sessioni successive si riaffermò l'importanza dei sacramenti dellapenitenza (o confessione) e dell'unzione degli infermi, rifiutati daLutero ma considerati dallaChiesa cattolica istituiti direttamente da Cristo. Nell'aprile del 1552 il concilio venne di nuovo sospeso a causa delle guerre che vedevano coinvolte le truppe imperiali e i principi protestanti.
Alla morte di Giulio III nel 1555 si susseguirono i ponteficiMarcello II (al soglio pontificio per solo 23 giorni) ePaolo IV il quale, riponendo poca fiducia nell'assise conciliare, tentò di effettuare una riforma con altri metodi, potenziando ilSant'Uffizio e pubblicando nel 1559 l'Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum), un elenco di testi la cui lettura veniva proibita ai fedeli per via di contenutieretici o moralmente sconsigliabili.
Nel 1559 divenne quindipapa Pio IV, il quale con l'aiuto del nipotecardinaleCarlo Borromeo, futuroarcivescovo di Milano, riaprì, nel 1562, i lavori conciliari. Venne affrontata la questione delsacrificio della Messa, considerato memoriale e "ripresentazione" in maniera reale dell'unico sacrificio di Gesù sulla croce,sacerdote e vittima perfetta, condannando con ciò le idee luterane e calviniste della Messa come semplice "ricordo" dell'ultima cena e del sacrificio diCristo.
Nella XXIII sessione si riaffermò il valore del sacramento dell'ordine, considerato istituito da Gesù, e la legittimità della struttura gerarchica della Chiesa, costituita in primo luogo dal pontefice romano, successore diPietro, e daivescovi, successori degliapostoli. Vennero quindi approvati i decreti di riforma sulla necessaria istituzione di unseminario in ogni diocesi e sull'ammissione dei candidati al sacerdozio.
La XXIV sessione si soffermò invece sul sacramento delmatrimonio, considerato indissolubile secondo l'insegnamento di Cristo, e stabilì le norme per stabilirne l'eventualenullità; venne poi confermata e resa vincolante l'usanza delcelibato ecclesiastico. Si decise inoltre che ogni parroco dovesse tenere unregistro dei battesimi, delle cresime, dei matrimoni e delle sepolture. Ai vescovi fu imposto di compiere lavisita pastorale nelle parrocchie della diocesi ogni anno, completandola ogni due anni.
Nella XXV e ultima sessione venne infine riaffermata ladottrina cattolica sulPurgatorio e sul culto: deisanti, dellereliquie e delleimmagini sacre; venne approvata quindi la pratica delleindulgenze. Vennero infine affidate al pontefice e allacuria romana alcune questioni rimaste in sospeso per la mancanza di tempo: la revisione delbreviario e delmessale, delcatechismo e dell'Indice dei libri proibiti. Con labollaBenedictus Deus, emanata il 30 giugno 1564, Pio IV approvò tutti i decreti conciliari e incaricò una commissione di vigilare sulla corretta interpretazione e attuazione degli stessi.
Al Concilio di Trento (1545-1547) parteciparono circa 50-100 teologi nominati dal papa, che erano vescovi o governanti secolari. Essi consigliavano ipadri conciliari su questioni teologiche. Al di fuori della congregazione generale, riservata ai padri conciliari e nella quale si svolgevano le votazioni, si svolgevano anche discussioni e dibattiti condotti dai teologi. Lo storico della ChiesaKlaus SchatzS.I. ha affermato: "In effetti, hanno dato un contributo davvero decisivo alla chiarificazione teologica delle questioni e all'elaborazione dei testi."[10]
La Chiesa trionfante schiaccia l'eresia, sullo sfondo del Concilio di Trento (1588). Dipinto diPasquale Cati
Il concilio non riuscì nel compito di ricomporre lo scisma protestante e di ripristinare l'unità della Chiesa, ma fornì una risposta dottrinale in ambito cattolico alle questioni sollevate da Lutero e dai riformatori. Venne fornita una dottrina organica e completa suisacramenti e si specificò l'importanza della cooperazione umana e dellibero arbitrio nel disegno disalvezza.
Rimasero irrisolte alcune importanti questioni nel campo dellafede: non si trattò ad esempio in modo esaustivo il problema, sollevato dai protestanti, della natura e del ruolo del papato e del suo rapporto con l'episcopato (il quale sarà trattato dalConcilio Vaticano I); rimase anche in sospeso la questione del rapporto e della convivenza nella Chiesa tra aspetto istituzionale e misterico (per il quale bisognerà aspettare l'ecclesiologia delConcilio Vaticano II). Sul piano istituzionale, rimasero insolute inoltre le questioni dei privilegi e dei diritti attribuiti a sovrani e principi cattolici nell'intervenire nelle questioni interne alla Chiesa.
Dal punto di vista disciplinare, vennero affrontati problemi come la preminenza dellacura pastorale (cura animarum, cura delle anime) nell'operato delvescovo o la riforma della vita religiosa. Fu dato grande impulso allediocesi imponendo ai vescovi la presenza nelle loro sedi, la celebrazione deisinodi e levisite pastorali e prevedendo in ogni diocesi l'istituzione di unseminario.
Lo storico contemporaneoHubert Jedin sintetizzò così gli esiti del concilio:
«Esso ha rigorosamente delimitato il patrimonio della fede cattolica nei confronti dei protestanti, anche se non su tutta la linea delle controversie [...] Esso ha contrapposto alla "riforma" protestante una riforma cattolica, che pur non essendo unareformatio in capite et membris nel senso deltardo Medioevo [...] eliminò certamente gli inconvenienti più gravi sul piano diocesano e parrocchiale e negli ordini religiosi, rafforzò di fatto il potere dei vescovi e portò in primo piano le esigenze della pastorale.»
Lacontroriforma, come viene indicato il concilio in ambitostoriografico, e più raramente, riforma cattolica, segnò la risposta alprotestantesimo nelXVI secolo. Furono in particolare i pontefici successivi al concilio ad attuare e portare a compimento il processo di riorganizzazione della Chiesa. Il primo di essi èpapa Pio V, eletto nel 1566, che promulgò ilCatechismo Romano (pensato come strumento per iparroci e i predicatori). A lui si deve anche la revisione delbreviario e delmessale, con la conseguente uniformità dellaliturgia nellachiesa occidentale e l'adozione universale delrito romano nella sua formatridentina (adottata con poche variazioni fino alConcilio Vaticano II e poi derubricata a forma extraordinaria del rito romano); vennero aboliti molti riti locali e particolari, con l'eccezione delrito ambrosiano per l'arcidiocesi di Milano e di pochi altri riti.
Nel 1571 Pio V istituì inoltre laCongregazione dell'Indice, con il compito di mantenere aggiornato l'Indice dei libri proibiti e la facoltà di effettuare speciali dispense.Papa Gregorio XIII, eletto nel 1572, diede notevole impulso al processo di accentramento di potere nelle mani del papato, sviluppando lanunziatura apostolica (lamissione diplomatica dipendente direttamente dal papa e non dalla Chiesa locale) e promuovendo l'erezione inRoma di seminari e collegi per stranieri. Il successore,papa Sisto V, stabilì per ivescovi l'obbligo dellavisita ad limina per relazionare al pontefice la situazione delle proprie diocesi e riorganizzò lacuria romana, istituendo quindici congregazioni al servizio del papa.
Un grande attuatore della riforma cattolica fuCarlo Borromeo, figura dominante del terzo periodo conciliare,arcivescovo di Milano dal 1565 e principale curatore del catechismo tridentino. Borromeo mise al centro della sua attività lacura pastorale ponendo in secondo piano il ruolo di potere del vescovo e fondò il primoseminario diMilano. Fu molto presente nellevisite pastorali e nella stesura di norme importanti per il rinnovamento dei costumi ecclesiastici.
Dalla fine delXVI secolo il processo riformatore rallentò e assunse una direzione conservatrice. Molti decreti conciliari restarono disattesi e nella vita ecclesiale si arrivò a far prevalere gli aspetti giuridico-istituzionali rispetto a quelli sociali e legati al ruolo deilaici.
L'arte della Controriforma, che fu una conseguenza del concilio, influenzò l'intera Europa a partire dalla seconda metà delXVI secolo. I princìpi generali sulla liceità dell'uso delleimmagini furono rivisti e subito dopo il concilio la tendenza alla magnificenza delmanierismo e alcune licenze formali vennero abbandonate, almeno in campo religioso.
Seguì il periodo delBarocco, che superò questa fase e portò al recupero del rinnovato potere ecclesiastico.
La Controriforma comportò anche un certo rigore nell'organizzazione degli allestimenti interni delle chiese. Ad esempio, per ciò che riguarda il posizionamento delle varie cappelle, le prescrizioni diCarlo Borromeo raccomandavano di disporre qualsiasi cappella intitolata allaCrocefissione in un'area laterale sinistra, in posizione simmetrica rispetto a un'altra cappella dedicata allaMadonna. Inoltre, in presenza difonte battesimale, lo stesso si sarebbe dovuto collocare a sinistra, preferibilmente in un'apposita cappella da realizzare il più vicino possibile all'ingresso principale della chiesa.
Il concilio ebbe un notevole influsso anche sulla musica, nella fattispecie sulcanto gregoriano. Si cercò di riportarlo alla purezza originale, eliminando ogni artificio aggiunto nel corso dei secoli. Vennero così aboliti itropi e quasi tutte lesequenze; venne inoltre eliminata ogni traccia di musica profana, come ognicantus firmus non ricavato dalgregoriano. Anche qui da segnalare l'eccezione (come per il resto della liturgia) per ilcanto ambrosiano, nell'arcidiocesi di Milano.
Si affidò infine aGiovanni Pierluigi da Palestrina e aAnnibale Zoilo il compito di redigere una nuova edizione della musica liturgica che rispettasse le decisioni del Concilio. Tuttavia la musica che accompagnava le cerimonie religiose non fu mai limitata al solo gregoriano o ambrosiano. Molti tra i maggiori compositori comeMonteverdi,Händel,Bach,Vivaldi,Charpentier,Cherubini,Haydn,Mozart,Verdi,Rossini scrissero messe, vespri, salmi, inni e altro, nello stile della propria epoca, e tutti questi vennero eseguiti regolarmente sia come musica liturgica sia in forma di semplice concerto.
Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione
Frontespizio dell'operaIstoria del Concilio tridentino diPaolo Sarpi
Medaglia d'argento, diametro 34 mm, copia (ca. 1580) da originale (ca. 1545), che deride il Concilio di Trento: un papa e un cardinale……se capovolti, diventano rispettivamente un demone e un giullare
Sull'assise conciliare non mancarono, già tra i contemporanei, i giudizi critici, non soltanto tra le file dei protestanti. In ambito cattolico, ad esempio, particolarmente esplicita fu la valutazione espressa daPaolo Sarpi,teologo ed erudito appartenente all'Ordine dei Servi di Maria, nonché influente consigliere dellaRepubblica di Venezia in occasione della complessa questione dell'interdetto (1604-1607). Nella suaIstoria del Concilio Tridentino, Sarpi affermò che il Tridentino ebbe effetti opposti rispetto a quelli auspicati da quanti ne caldeggiarono la convocazione, fallendo nel tentativo di ricomposizione dello scisma protestante e favorendo un'ulteriore centralizzazione della Chiesa cattolica attorno al papato e alla curia romana, che videro enormemente rafforzato il proprio potere a discapito dell'autorità dei vescovi:
«Questo concilio, desiderato e procurato dagli uomini pii per riunire la Chiesa che comminciava a dividersi, ha così stabilito lo schisma et ostinate le parti, che ha fatto le discordie irreconciliabili; e maneggiando da li prencipi per riforma dell'ordine ecclesiastico, ha causato la maggior deformazione che sia mai stata da che vive il nome cristiano, e dalli vescovi sperato per racquistar l'autorità episcopale, passata in gran parte nel sol pontefice romano, l'ha fatta loro perdere tutta interamente, riducendoli a maggior servitù: nel contrario temuto e sfuggito dalla corte diRoma come efficace mezzo per moderare l'esorbitante potenza, da piccioli principii pervenuta con vari progressi ad un eccesso illimitato...»
Sul concilio si dibatté a lungo anche nei secoli successivi, come testimonia l'abbondante letteratura controversistica sul tema. Nell'Ottocento, inoltre, la questione si spostò su un terreno più propriamente storiografico, quando si definirono in modo compiuto due tesi, tra di loro contrapposte, ma entrambe destinate a una duratura fortuna e a un ampio seguito, soprattutto in ragione del prestigio degli studiosi che le formularono:Leopold von Ranke eLudwig von Pastor. Il primo sosteneva che vi furono vari movimenti di riforma fin dalXV secolo, e che questo Concilio ebbe il ruolo di una restaurazione contro i tentativi che andavano in tale direzione, uno dei quali si realizzò nella riforma protestante; il secondo sosteneva che ilprotestantesimo fu una rivoluzione e che il Concilio di Trento rappresentò la vera riforma. La differente valutazione espressa sui due movimenti e la questione terminologica ad essa collegata (riforma protestante e controriforma cattolica oppure rivoluzione protestante e riforma cattolica) ha avuto degli echi fino al giorno d'oggi, sebbene non siano mancati, soprattutto in ambito anglosassone, tentativi interpretativi miranti al superamento di questa impostazione generale dellaquerelle.
Gran parte dei pensatoriagnostici oanticlericaliitaliani dell'Otto-Novecento (Croce,Gentile,De Sanctis e altri) fu molto critica nei confronti della stagione della vita religiosa, sociale e politica apertasi con il Concilio, valutata come un'epoca di decadenza dell'arte e dei costumi, effetto di un clima di "chiusura" mentale in netta controtendenza con l'"apertura" della fase rinascimentale.
Allegoria del concilio di Trento - Affresco di Andreas Brugger, 1798. Hohenems, Vorarlberg: Chiesa parrocchiale di San Carlo Borromeo.
Le fonti storiche riferite agli anni precisi del Concilio, sia nei testi sia nell'iconografia sono rare. Molte fonti bibliografiche e documentali sono successive anche di secoli e nelle fonti iconografiche spesso sono evidenti le influenze di alcune opere realizzate dopo molti anni, come ad esempio la raccolta presente nelMuseo diocesano tridentino. Tutta la documentazione originale, racchiusa in un diario di sette volumi, oggi si trova a Roma, nellaSanta Sede, nell'Archivio apostolico vaticano. Tale diario fu redatto dal vescovoAngelo Massarelli, il segretario del Concilio.
Il dipinto della sessione solenne del Concilio di Trento (diTiziano Vecellio) tenuta nella Cattedrale di San Vigilio nel luglio del 1563 è interessante per due motivi principali. Prima di tutto è una rarissima fonte originale e poi perché ritrae il probabile committente del dipinto, il vescovo di ParigiEustache du Bellay (l'opera originale è almuseo del Louvre mentre a Trento è presente solo una sua copia). Inoltre testimonia il fatto curioso che i vescovi, per il caldo della stagione estiva, avessero deciso di riunirsi nella navata centrale del duomo e non nell'aula conciliare, visibile sullo sfondo dietro il Cristo ligneo.
Il dipinto che ritrae la riunione in Santa Maria Maggiore è a sua volta interessante per le numerosissime personalità che vi sono raffigurate. I cardinali ambasciatori del Papa sulla sinistra e sotto i generali degli ordini religiosi. Al centro l'ambasciatore dell'imperatore e alla sua destra il segretario del Concilio. Di fronte, gli ambasciatori accreditati. In rosso cardinalizio spicca l'ambasciatore di Venezia,Nicolò Da Ponte.[12] Alle loro spalle il relatore della riunione. Attorno, a semicerchio, i vescovi e i frati.
In particolare nel duomo di Trento le sedute si tennero, con molte interruzioni, dal 13 dicembre 1545 al 4 dicembre 1563 ed in questa sede vennero promulgati tutti i decreti del concilio.
Nella fase conciliare conclusiva a Trento, a partire dal 1562, i presenti ai lavori diventarono troppo numerosi (circa 200 tra vescovi ed altri prelati) e la chiesa di Santa Maria Maggiore, vicina fisicamente al duomo e di dimensioni adatte, si rivelò la soluzione migliore per ospitare tutti. Nell'unica navata venne sistemata una struttura in legno ad emiciclo che rese funzionale l'edificio sacro al compito richiesto.[14]
Nel 1547 alcune sessioni conciliari vennero spostate a Bologna, nella basilica di San Petronio e inPalazzo Bevilacqua Ariosti. Forti tensioni tra Carlo V e il papa portarono tuttavia alla chiusura delle sessioni bolognesi dopo pochi mesi.[15]
^Il pontefice aveva inviato il nipote Gian Battista Del Monte a combattere nelDucato di Parma contro i francesi. Per tale decisione i prelati francesi non si presentarono al concilio.
Paolo Sarpi,Istoria del Concilio Tridentino, Torino, Einaudi, 1974.
O.H. Pesch,Il Concilio Vaticano II. Preistoria, svolgimento, risultati, storia post-conciliare, Brescia, Queriniana, 2005, 20152.
A. Prosperi,Il Concilio di Trento: una introduzione storica, Torino, Einaudi, 2001.
(DE) H.-P. Ties, "Zur Bedeutung des Konzils von Trient für die Kunst seiner Zeit. Materialien und offene Fragen", inVon kurzer Dauer? Fallbeispiele zu temporären Kunstzentren der Vormoderne, a cura di B. U. Münch, A. Tacke, M. Herzog, S. Heudecker (Kunsthistorisches Forum Irsee, vol. 3, Petersberg, Michael Imhof Verlag, 2016, pp. 103–125.
M. Venard,Il Concilio Lateranense V e il Tridentino, inStoria dei Concili Ecumenici, a cura di G. Alberigo, Brescia, Queriniana, 1990.
G. Winkler,Il Concilio di Trento, inStoria della Chiesa cattolica, Milano, Paoline, 1989.