


Ilcommercio romano con l'India (si veda ancherotta delle spezie e lavia dell'incenso) iniziò all'incirca sul finire del I secolo a.C., in seguito alla fine delladinastia tolemaica e all'inclusione dell'Egitto nell'Impero romano operata daAugusto.[1] L'uso deimonsoni ai fini della navigazione, che permetteva un viaggio più sicuro di quello lungo e pericoloso seguendo le coste, favorì il commercio traIndia eRoma.[2] I commercianti romani si stabilirono nell'India meridionale, fondando insediamenti commerciali che sopravvissero a lungo anche dopo lacaduta dell'impero romano[3] e la perdita da parte di Roma dei porti sulMar Rosso,[4] usati in precedenza per rendere sicure le tratte con l'India fin dai tempi della dinastia tolemaica.[5]
Questa via meridionale permise di aumentare il commercio tra l'anticoImpero romano e il subcontinente indiano a tal punto che politici e storici romani documentarono il proprio disappunto per la perdita di oro e argento usati per acquistare seta e viziare le mogli romane e così la nuova via andò eclissando quella terrestre fino a soppiantarla completamente[2].
Come testimoniaStrabone, l'imperatore romanoAugusto ricevette adAntiochia un ambasciatore di un re dell'India meridionale chiamatoPandyan da Dramira. La regione del Pendyas, Pandi Mandala, era descritta comePandyan Mediterranea nelPeriplo eModura Regia Pandyan diTolomeo[6]. Sopravvissero anche alla perdita dei porti inEgitto e nelMar Rosso[4] (c. 639-645 d.C.) da parte deibizantini causate dalla pressione dell'espansione islamica. Qualche tempo dopo la cessazione delle comunicazioni tra il regno cristiano di Axum e l'Impero romano d'Oriente nel VII secolo, ilRegno di Axum cadde lentamente in rovina, fino a svanire nell'oblio, secondo quanto riportato nelle fonti occidentali. Sopravvisse, nonostante la pressione delle forze islamiche, fino all'XI secolo quando venne riconfigurato durante un conflitto dinastico. Le comunicazioni ripresero dopo la ritirata delle forze musulmane.

Regno diTolomeo I
Regno dell'impero seleucide
Ladinastia seleucide controllava una sviluppata rete commerciale con l'India, già esistente in passato quando era sotto il dominiopersiano degliAchemenidi.[7] Ladinastia tolemaica, che controllava le parti occidentali e settentrionali delle tratte commerciali con l'Arabia meridionale e con l'India,[7] iniziò a esplorare la possibilità di stabilire rotte commerciali con l'India prima del coinvolgimento romano, ma secondo lo storicoStrabone il volume del commercio greco-indiano non era comparabile a quello delle successive rotte romane.[2]
IlPeriplus maris erythraei cita un periodo in cui il commercio navale tra India ed Egitto non comportava una navigazione diretta.[2] I materiali da commerciare venivano spediti adAden:[2]
La dinastia tolemaica sviluppò il commercio con l'India attraverso i porti del Mar Rosso.[1] Con la creazione dellaprovincia romana dell'Egitto, i romani ereditarono i porti e questa rotta commerciale sviluppandola ulteriormente.[1]
Geografi classici comeStrabone ePlinio il Vecchio erano solitamente lenti nell'aggiornare le loro opere con nuove informazioni e, dalla loro posizione di studiosi illustri, apparivano prevenuti nei confronti degli umili mercanti e i loro resocontitopografici[8]. LaGeografia diTolomeo rappresenta una sorta di rottura con questo, in quanto dimostra un'apertura nei confronti di questi racconti e non sarebbe stato in grado di tracciare ilgolfo del Bengala in modo così accurato senza il contributo dei commercianti[8]. Dunque, probabilmente non sorprende il fatto che Marinus e Tolomeo si basarono sulla testimonianza di un marinaio greco chiamato Alessandro per raggiungere "Cattigara" (molto probabilmenteOc Eo,Vietnam, dove sono stati scopertimanufatti romani del periodo Antonino) nelMagnus Sinus (cioè ilgolfo del Siam eMar Cinese Meridionale) situato a est delChersoneso Aureo (penisola malese)[9][10]. NelPeriplo del Mar Eritreo, risalente al I secolo d.C., l'anonimo autore che parla greco, un mercante dell'Egitto romano, fornisce dei vividi resoconti delle città commerciali dell'Arabia e dell'India, includendo tempi di percorrenza da fiumi e città, indicazioni su doveancorare, la posizione delle corti reali, descrizioni di stili di vita dei locali e tipi di beni che si trovano nei loro mercati, e i periodi migliori durante l'anno per salpare dall'Egitto verso queste regioni per sfruttare imonsoni, tanto che è chiaro come si tratti di qualcuno che abbia visitato molti di questi luoghi[11].


Prima dell'espansione romana, i vari popoli del subcontinente avevano già stabilito dei rapporti commerciali marittimi piuttosto solidi con altri stati. L'aumento significativo dell'importanza dei porti indiani, tuttavia, non si ebbe fino all'apertura del Mar Rosso da parte dei greci e alle conquiste romane in quanto allo sfruttamento dei monsoni stagionali della regione. I primi due secoli dell'era volgare indicano un marcato incremento nel commercio marittimo tra l'India occidentale e l'est romano. L'espansione del commercio fu resa possibile dalla stabilità portata nella regione dall'Impero romano a partire dal regno di Augusto (27 a.C. - 14 d.C.) che permise nuove esplorazioni e la creazione di monete d'oro e d'argento.
La costa occidentale dell'India attuale viene menzionata spesso in letteratura, come per esempio, nelPeriplo del Mar Eritreo. La regione era nota per le sue forti correnti di marea, onde turbolente e fondali marini rocciosi che erano pericolosi per la navigazione. Le ancore delle navi venivano prese dalle onde e si staccavano facilmente, provocando il capovolgimento dell'imbarcazione o causando naufragi. Ancore di pietra sono state ritrovate vicino a Bet Dwarka, un'isola situata nelgolfo di Kutch, che provenivano da navi scomparse in mare. Sono state svolte esplorazioni attorno a Bet Dwarka sia vicino alla riva che in alto mare a partire dal 1983. I ritrovamenti includono degli oggetti di piombo e pietra sepolti nei sedimenti, considerati essere delle ancore a causa dei fori assiali. Sebbene sia poco probabile che i resti della chiglia del relitto siano sopravvissuti, le esplorazioni in mare del 2000 e 2001 hanno prodotto sette anfore di misura diversa, due ancore di piombo, quarantadue ancore di pietra di diverso tipo, una serie di cocci e un lingotto di piombo circolare. I resti delle sette anfore avevano una struttura spessa e grezza con una superficie ruvida che veniva usata per esportare vino e olio dall'Impero romano. Gli archeologi hanno concluso che la maggior parte di queste erano anfore da vino, dato che l'olio d'oliva era molto meno richiesto nel subcontinente.

Dato che le scoperte a Bet Dwarka sono significative per la storia marittima della regione, gli archeologi hanno studiato i reperti in India. Nonostante le condizioni sfavorevoli relative alla collocazione dell'isola, questi oggetti hanno reso Bet Dwarka, come anche il resto dell'India occidentale, un importante centro di commercio. Come si può desumere dalla letteratura latina, Roma importava tigri indiane, rinoceronti, elefanti e serpenti per usarli in spettacoli circensi - un metodo utilizzato da Roma come intrattenimento per prevenire le rivolte. Si nota nelPeriplo che le donne romane indossavano anche perle provenienti dall'oceano Indiano e utilizzavano una serie di erbe, spezie, pepe, bacche di goji, costus (Aucklandia costus), olio di sesamo e zucchero per la preparazione del cibo. L'indaco veniva usato come colore, mentre tessuti di cotone venivano usati come capi di vestiario. Inoltre, Roma importava dal subcontinente anche ebano per mobili, lime indiani, pesche e vari altri frutti per usi medicinali. L'India occidentale, di conseguenza, riceveva grandi somme di oro romano durante quest'epoca.
Per navigare lungo gli stretti golfi dell'India occidentale servivano delle speciali grandi imbarcazioni ed era anche richiesto un certo sviluppo nella cantieristica navale. All'entrata nel golfo, delle grandi navi chiamate trappaga e cotymba aiutavano a guidare le imbarcazioni straniere in modo sicuro fino al porto. Queste navi erano in grado di svolgere anche viaggi costali relativamente lunghi, come si può vedere dai diversi sigilli che le riproducevano. In ogni sigillo, alcune righe parallele probabilmente indicavano le travi delle navi, mentre al centro dell'imbarcazione si trovava un singolo albero con una base a treppiede.
Oltre alle recenti esplorazioni, gli stretti rapporti commerciali, insieme allo sviluppo nel campo della costruzione delle navi, sono state supportate dal ritrovamento di varie monete romane. Su queste monete erano rappresentate due navi con alberi imponenti. Così, queste rappresentazioni di navi indiane, originate sia dalle monete che dalla letteratura (Plinio e Pluriplus), suggeriscono uno sviluppo marittimo indiano dovuto alla crescita del commercio indo-romano. Inoltre, le monete d'argento romane scoperte nell'India occidentale risalgono al I, II e V secolo. Queste monete romane suggeriscono anche che la penisola indiana possedeva un rapporto commerciale marittimo stabile con Roma durante il I e II secolo d.C.. Le vie terrestri, durante il regno di Augusto, venivano anche utilizzate dagli ambasciatori indiani per raggiungere Roma.
Le scoperte fatte a Bet Dwarka e nelle altre zone sulla costa occidentale dell'India suggeriscono fortemente che sussistevano dei rapporti commerciali forti tra Roma e l'India durante i primi due secoli dell'era volgare. Il III secolo, tuttavia, rappresentò la fine del commercio indo-romano. La rotta marittima che collegava Roma all'India venne chiusa e come risultato il commercio ritornò a quello che era stato ai tempi precedenti all'espansione e all'esplorazione romana.


Con la sostituzione del controllogreco con quelloromano sulMar Mediterraneo, fu rinforzato il commercio marittimo diretto con l'oriente e furono eliminate le tasse precedentemente riscosse dagli intermediari che controllavano le varie vie commerciali terrestri.[12] La citazione di Strabone riguardo alla enorme crescita del volume commerciale dopo la conquista romana dell'Egitto suggerisce che in quell'epoca i monsoni erano conosciuti e sfruttati per il commercio.[13]
Il commercio avviato daEudosso di Cizico nel130 a.C. continuò ad aumentare; secondo Strabone:
Ai tempi di Augusto fino a 120 navi salpavano ogni anno da Myos Hormos verso l'India.[14] Così tanto oro fu utilizzato in questo commercio, e apparentemente riutilizzato daiKushan per il conio delle loro monete, chePlinio si lamentò della perdita di questa materia prima:
(Plinio,Historia Naturalis, XII.41.84)

Ci sono prove di un commercio di animali tra i porti dell'oceano Indiano e ilMediterraneo. Questo si può vedere neimosaici eaffreschi ritrovati nei resti delleville romane inItalia. Per esempio, laVilla del Casale contiene mosaici che rappresentano la cattura di animali inIndia,Indonesia eAfrica. Il commercio intercontinentale di animali era una delle fonti di ricchezza per i proprietari della villa. Nell'Ambulacro della Grande Caccia la caccia e la cattura di animali è rappresentata in tale dettaglio da premettere l'identificazione delle specie[15]. C'è una scena che mostra come distrarre unatigre con una sfera divetro luccicante o unospecchio per poi sottrarne i cuccioli. Viene mostrata anche la tecnica della caccia alla tigre che impiega dei nastri rossi come metodo di distrazione. Nel mosaico ci sono anche numerosi altri animali comerinoceronti, unelefante indiano (riconoscibile dalle orecchie) con il suo conducente indiano, unpavone indiano e altri volatili esotici. Ci sono anche numerosi animali africani. Tigri,leopardi eleoni asiatici e africani venivano usati nellearene e neicirchi. Il leone europeo era già estinto a quel tempo. Gli ultimi esemplari risiedevano probabilmente nellapenisola balcanica e vennero cacciati per rifornire le arene. Gli uccelli e le scimmie intrattenevano gli ospiti delle varie ville. Anche nellaVilla del Tellaro si trova un mosaico che mostra una tigre nella giungla nell'atto di attaccare un uomo con vestiti romani, probabilmente un cacciatore incauto. Gli animali venivano trasportati in gabbie via nave[16].

I tre principali porti romani coinvolti nel commercio con l'oriente furonoArsinoe-Clysma (Suez),Berenice eMyos Hormos; Arsinoe fu uno dei primi centri del commercio, ma venne ben presto eclissato dai più accessibili Myos Hormos e Berenice.

La dinastia tolemaica sfruttò la posizione strategica diAlessandria per controllare il commercio con l'India; pare che la via commerciale con l'oriente passasse inizialmente per il porto diArsinoe-Clysma, l'attualeSuez.[5] In epoca romana, i beni provenienti dall'Africa orientale arrivavano in uno dei tre principali porti, Arsinoe, Berenice o Myos Hormos.[17] I Romani ripulirono il canale tolemaico che collegava il Nilo al porto di Arsinoe sul Mar Rosso, che nel frattempo era stato riempito dilimo; questo fu uno dei tanti sforzi che l'amministrazione romana intraprese per spostare la maggior quantità possibile del traffico commerciale sulle rotte marittime.[18]
Arsinoe fu alla fine oscurata dalla importanza crescente Myos Hermos.[18] La navigazione verso i porti settentrionali, come Arsinoe-Clysma, divenne difficoltosa se paragonata a quella verso Myos Hermos a causa dei venti settentrionali presenti nelGolfo di Suez; avventurarsi in questi porti settentrionali significava anche correre il rischio di incorrere in secche, scogli sommersi ecorrenti insidiose.[19]
Myos Hormos e Berenice sembrano essere stati importanti porti commerciali nell'antichità, probabilmente usati dai commerciantiegizi sotto ifaraoni e sotto i Tolomei prima della caduta sotto il controllo romano.[1]
Il sito di Berenice, fin dalla sua scoperta effettuata daGiovanni Battista Belzoni (1818), è stato collegato alle rovine nei pressi diRas Banas nell'Egitto meridionale.[1]
Al contrario, la posizione precisa di Myos Hormos non è certa. I valori di longitudine e latitudine delGeografia diTolomeo farebbero pensare ad Abu Sha'ar, mentre gli scritti dellaletteratura classica e leimmagini satellitari permetterebbero di identificarlo con Quesir el-Quadim al termine della strada fortificata che partiva daCopto, sulNilo. Il sito di Quesir el-Quadim è stato associato a Myos Hormos anche dopo gli scavi eseguiti a el-Zerqa, a metà di questa strada, che portarono alla luce degliostraka che suggeriscono che il porto alla fine della strada sia Myos Hormos.[1]

In India, i porti diBarbaricum (nei pressi dell'attualeKarachi, inPakistan),Barygaza,Muziris eArikamedu (sulla punta meridionale dell'India) erano i principali centri di questo commercio. IlPeriplus maris erythraei descrive i mercanti greco-romani nell'atto di vendere a Barbaricum «piccoli vestiti, biancheria ricamata,topazi,coralli,ambra,franchincenso, vasi in vetro, argento e oro, e un po' di vino» in cambio di «costus,bdellium,lycium,nardus,turchesi,lapislazzuli, abiti serici, abiti di cotone, filati diseta eindaco»; a Barygaza potevano comprare grano, riso, olio di sesamo, cotone e vestiti.[20]
Il commercio con Barygaza (poi diventataBharuch), sotto il controllo delsatrapo occidentaleNahapana ("Nambanus"), era particolarmente fiorente:[20]
(Periplus Maris Erythraei, paragrafo 49)

Muziris (poi diventataKodungallur) è una città portuale dello stato diKerala (India meridionale), tra i maggiori centri di commercio con l'impero romano.[21] Grandi mucchi di monete ed innumerevoli lotti dianfore, trovati nella città diPattanam, hanno stimolato l'interesse archeologico per il riconoscimento geografico di questa città portuale.[21]
Secondo ilPeriplus, molti marinai greci intrattenevano un intenso commercio con Muziris:[20]
(Periplus Maris Erythraei, 53-54)
IlPeriplus Maris Erythraei cita un mercato chiamato Poduke (cap. 60), che G.W.B. Huntingford identifica con buona probabilità conArikamedu (nel ventunesimo secolo parte diAriyankuppam), a circa tre chilometri dall'odiernaPondicherry.[22] Huntingford trovò anche vasellame romano ad Arikamedu nel 1937, escavi archeologici tra il 1944 ed il 1949 dimostrarono che fu "una stazione commerciale in cui venivano importati beni di fattura romana durante la prima metà delI secolo d.C.".[22]


Il commercio tra Roma e India vide anche numerosi scambi culturali che modificarono entrambe le civiltà coinvolte. Il regnoetiope diAxum era coinvolto nellarete commerciale dell'Oceano Indiano, e venne influenzato dalla cultura romana e dall'architettura indiana.[3] Tracce di influenza indiana sono visibili nelle lavorazioni romane di argento e avorio, o nelle fabbriche di seta e cotone egiziane che vendevano i loro prodotti inEuropa.[23] La presenza indiana ad Alessandria potrebbe aver influenzato la cultura, ma si conosce poco di come questo sia avvenuto.[23]Clemente Alessandrino cita ilGautama Buddha nei suoi scritti, ed altre religioni indiane vengono descritte in altri testi dello stesso periodo.[23]
Anche la Cina durante ladinastia Han potrebbe essere statacoinvolta nel commercio romano, come leStorie cinesi[9][24][25][26] sembrano testimoniare, descrivendo l'approdo a Rinan (Jianzhi) nelVietnam meridionale diambasciate romane negli anni 166, 226 e 284.Monete romane e altri oggetti di manifattura romana in vetro eargento sono stati ritrovati in Cina[27][28], mentre in Vietnam, specialmente aOc Eo (appartenente al Regno diFunan[9][24][29]) sono stati rinvenuti, oltre alle monete romane, braccialetti, perline di vetro, una lampada di bronzo e medaglioni del periodo Antonino. IlPeriplo del I secolo segnala la presenza di uno stato chiamato This, dove una grande città di nome Thinae (equivalente allaSinae dellaGeografia di Tolomeo) produceva seta e la esportava aBattria prima che essa viaggiasse via terra versoBharuch in India e lungo ilfiume Gange[30]. MentreMarino di Tiro eTolomeo forniscono resoconti vaghi rispetto algolfo del Siam e alsud-est asiatico[31],Cosma Indicopleuste, monaco greco di Alessandria che era stato mercante, parla chiaramente della Cina nel suoTopographia Christiana (c. 550), includendo istruzioni su come raggiungerla via mare e descrivendo il suo coinvolgimento nel commercio deichiodi di garofano che si estendeva fino aCeylon[32][33]. Confrontando la piccola quantità di monete romane ritrovate in Cina rispetto all'India, Warwick Ball afferma che la maggior parte dellaseta cinese acquistata dai romani veniva in realtà acquistata in India, lasciando allarotta terrestre che attraversava l'antica Persia un ruolo secondario[34].
Colonicristiani edebrei provenienti da Roma continuarono a vivere in India molto dopo il declino di questo commercio bilaterale.[3] Molte monete romane sono state trovate in India, specialmente nei centri marittimi del sud.[3] I re dell'India meridionale riconiarono le monete romane sostituendo la propria effigie a quella dell'imperatore romano, come per dimostrare la propria sovranità.[35] Citazioni del commercio si trovano anche nellaletteratura Sangam inlingua tamil dell'India.[35] Una di queste citazioni dice: "Le bellissime navi costruite dagli Yona arrivavano con oro e ripartivano con spezie, e Muziris risonava di grida."[35]

Il commercio iniziò a declinare a partire dalla metà del III secolo durante unacrisi dell'Impero romano, ma si riprese nel secolo successivo fino agli inizi del VII secolo, quandoCosroe II, Scià dell'Impero sasanide,occupò le regioni romane della Mezzaluna Fertile e dell'Egitto finché nonfu sconfitto alla fine del 627 dall'imperatore bizantinoEraclio[36], dopodiché i territori che erano stati persi vennero restituiti ai romani d'oriente.Cosma Indicopleuste ("Cosma che viaggiò in India") era un mercante greco-egiziano, poi monaco, che scrisse dei suoi viaggi commerciali verso l'India e lo Sri Lanka durante il VI secolo.
Ai tempi di Giustiniano, l'Egitto bizantino importava spezie dall'India tramite l'Etiopia. Tali scambi commerciali potrebbero però aver facilitato la diffusione della disastrosa epidemia dipeste del 542 che, originatasi in Etiopia, si sarebbe diffusa tramite i commerci prima in Egitto e poi nelle altre zone dell'Impero. La peste del 542 provocò la crisi dei commerci.[37]
In India, le invasioni degliUnni Alchon (496-534 d.C.) sembrerebbero aver danneggiato severamente il commercio con l'Europa e l'Asia centrale[38]. L'Impero Gupta aveva beneficiato notevolmente del commercio indo-romano, esportando numerosi beni di lusso comeseta, oggetti in pelle, pellicce, manufatti in ferro,avorio,perla e pepe da centri comeNashik,Paithan, Pataliputra eVaranasi. Le invasioni unne probabilmente interruppero questi rapporti commerciali fermando anche il flusso di ricavato delle relative tasse[39]. Poco dopo queste invasioni, l'Impero Gupta, già indebolito a causa delle stesse e dell'insorgere dei governatori locali, cadde[40]. A seguito delle invasioni, l'India settentrionale fu lasciata nello scompiglio, portando allo sviluppo di numerose piccole potenze indiane che emersero dopo il crollo della dinastia Gupta[41].

Maometto, 622-632
Califfato patriarcale, 632-661
Califfato di Umayyad, 661-750
Gli Arabi, guidati da'Amr ibn al-'As, arrivarono in Egitto verso la fine del 639 o l'inizio del 640 d.C.[42]. Questa avanzata segnalò l'inizio dellaconquista islamica dell'Egitto[42]. La conquista di Alessandria e del resto della regione[4] portò alla fine di un commercio romano col subcontinente che era durato 670 anni[5].
La regione dell'India meridionale Tamil volse la sua attenzione per il commercio internazionale verso ilsud-est asiatico, dove la cultura indiana ebbe un effetto su quella nativa maggiore di quanto non avesse avuto sui romani, come si può vedere dall'adozione dell'induismo e successivamente buddismo in quest'area[43]. Tuttavia, la conoscenza del subcontinente indiano e del suo commercio venne preservata nei libri dei bizantini ed è probabile che la corte imperiale tenesse ancora qualche forma di relazione diplomatica con la regione perlomeno fino al regno diCostantino VII, vedendoci un alleato contro l'influenza sempre crescente degli stati islamici in Medio Oriente e in Persia, come testimonia un'opera sui cerimoniali chiamataDe Ceremoniis[44].
Iturchi ottomani conquistaronoCostantinopoli nel XV secolo (1453), segnando l'inizio del controllo turco sulle rotte commerciali più dirette tra Europa e Asia[45]. Gli ottomani inizialmente interruppero totalmente il commercio orientale con l'Europa, spingendo quindi gli europei a cercare una via marittima che circumnavigasse l'Africa, portando all'Età delle scoperte europee e successivamente alla crescita delmercantilismo e delcolonialismo.
Jiayao An,When Glass Was Treasured in China, in Annette L. Juliano and Judith A. Lerner (a cura di),Silk Road Studies VII: Nomads, Traders, and Holy Men Along China's Silk Road, Brepols Publishers, 2002, pp. 79-94,ISBN 2-503-52178-9.
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