Colonia Iulia Turris Libisonis | |
---|---|
![]() | |
Cronologia | |
Fondazione | 46 a.C. |
Amministrazione | |
Dipendente da | Gens Iulia |
Territorio e popolazione | |
Nome abitanti | Turritani |
Localizzazione | |
Stato attuale | ![]() |
Località | Porto Torres |
Coordinate | 40°50′17.07″N 8°23′48.47″E40°50′17.07″N,8°23′48.47″E |
Cartografia | |
Modifica dati su Wikidata ·Manuale |
Colonia Iulia Turris Libisonis era l'antica città diPorto Torres diepoca romana nella provincia diSardinia et Corsica. Essa fu assieme al piccolo insediamento diUsellus la primacolonia pienamente romana dellaSardegna.[1]
Nata sulla foce delRiu Mannu in una posizione marittima strategica[1] già sfruttata daiFenici in epoca più remota, fu un importante approdo portuale collegato direttamente conRoma. La città rimase di grande importanza fino alXIII secolo, quando venne sostituita daSassari nella funzione di centro urbano di riferimento.
L'antico centro storico cittadino corrisponde all'attualeParco archeologico Turris Libisonis adiacente al museo dell'Antiquarium turritano.
Il nome diTurris Libisonis compare per la prima volta nellaNaturalis Historia diPlinio il Vecchio[2].
La neonata urbe venne battezzata con il nome diTurris Libisonis, toponimo composto dalla forma singolareTurris, che si tratterebbe di una rideterminazione latina di un precedente elemento lessicale e toponomastico mediterraneotyrsis, da cui sarebbe a sua volta derivato perpoligenesi, forse attraverso l’etrusco, ilgrecotúrsis, illatinoturris e l’oscotiurrí. Per la scelta di questo nome non va escluso un qualche collegamento con l’esistenza di unnuraghe-torre presso la foce delRio Mannu[3] oppure anche una qualche allusione alla vicina altura preistorica diMonte d’Accoddi. Il secondo elemento del nome,Libisonis, risulterebbe ben più radicato nella toponomasticaprotosarda; in questo caso è sicura una connessione con la denominazione antica delNord Africa (Libya), regione che ha avuto fin da età preistorica una rilevante continuità di rapporti con laSardegna. Il titolo dicolonia Iulia deriva dalla sua fondazione puramente romana e dal nome dellagens romana di appartenenza.
La città venne fondata tra il 46 ed il 41 a.C. daGiulio Cesare[3] o dal figlio adottivoOttaviano Augusto[6]. Ipotesi principale non confermata è che Cesare scelse personalmente questo luogo dopo averne apprezzato la posizione favorevole per il commercio marittimo e la fertilità delle terre durante il suo soggiorno inSardegna mentre ritornava dall'Africa a seguito dellabattaglia di Tapso. La sua nascita rappresenta un evento del tutto nuovo per questo settore dell'isola che, fino alla metà delI secolo a.C., non aveva sostanzialmente ancora conosciuto il fenomeno urbano già affermatosi nella Sardegna sudoccidentale da ormai quasi otto secoli.Plinio il vecchio la cita come unicacittà di fondazione romana in Sardegna[7]. La sua fondazione servì a ricollocare parte della popolazione diRoma, allora in forte crescita.[8] Il termine "colonia" infatti indicava un luogo in cui un gruppo di cittadini romani si insediava vivendo in stretta alleanza con Roma. A Turris Libisonis infatti gli abitanti avevano tutticittadinanza romana e l'amministrazione cittadina era direttamente sotto il controllo della stessa Roma. Il Riu Mannu mantenne nel corso di tutta l'età imperiale una funzione di vitale importanza, con la presenza sulla riva orientale di fornaci per la produzione diceramica e strutture per lo stoccaggio delle merci (la parte occidentale invece venne destinata ad area funeraria a partire dalII sec. d.C).[3]
La neonata città venne pianificata in totale armonia con le condizioni morfologiche del luogo, ovvero edificando sul settore pianeggiante ad ovest del Riu Mannu e sulle pendici settentrionali dell'attuale colle del Faro senza compromettere l'assetto paesaggistico nel suo complesso.[3][4] Nella sua prima fase di fondazione il centro abitato era delineato sul versante occidentale dal corso delRiu Mannu e dal dislivello dell'odierno[9]colle del faro, tratteggiato dall'attuale via Fontana Vecchia. Sul lato settentrionale invece il confine veniva definito dalla costa, mentre invece sul lato orientale e meridionale cosa disegnasse l'effettivo confine cittadino rimane dibattuto.[3] L'importanza di Turris nel contesto sardo risiedeva nel fatto che essa fungesse da collettore di tutte le materie agropastorali (principalmenteprodotti cerealìcoli dalle zone agricole dell'attualeSassari eSorso), minerarie (argento epiombo dell'Argentiera e diCanaglia) e prodotti ittici (tonno egarum di produzione locale) ottenute in Sardegna, che grazie al ben strutturato porto riuscivano ad arrivare nei principali centri di raccolta e smistamento affacciati sulMare nostrum (ben consolidate furono le rotte commerciali con leprovince della Gallia, dellapenisola iberica, dellacosta magrebina e dellacosta tirrenica che resero in poco tempo la colonia laboriosa e prospera).[4][10][11][12][13][14][15]
La città antica si caratterizzava dalla presenza di due porti: uno fluviale e uno marittimo (con un assetto molto simile a quello diOstia antica). Ipotesi precedenti ora smentite[3] ritenevano che il primo dei due venne già abbandonato inepoca tiberiana dopo la costruzione delponte romano. Invero è consolidata ormai l'ipotesi che i due porti vennero utilizzati simultaneamente almeno fino alIII secolo d.C. poiché il porto fluviale era probabilmente ubicato oltre il ponte, e di conseguenza i natanti passassero dal fiume al mare navigando sotto le arcate più alte.
Turris Libisonis rimase il centro urbano di riferimento del nord Sardegna fino alV secolo d.C., periodo nel quale l'isola venne invasa daiVandali. Fu a partire da quest'epoca infatti che l'antica colonia romana iniziò il suo progressivo spopolamento nel quale i suoi cittadini migrarono nell'entroterra nelle zone dell'odiernaSassari, che raggiunse il suo assetto di centro urbano stabile già nelXI secolo d.C.[16][17] A causa proprio delle probabili devastazioni vandaliche il processo di regressione dell'impianto urbano della colonia iniziato già nelIII secolo d.C. subì una marcata impennata, con il completo stravolgimento del centro cittadino.[3][18]
La sovrapposizione dellacittà moderna con quella antica e le informazioni tuttora incomplete ricavate dagli scavi archeologici non consentono di ricostruire con esattezza l'impianto urbanistico della colonia. Si conosce ad esempio la presenza di unacinta muraria di probabileepoca severiana[3] inopera quadrata, ma non è dato sapere con assoluta certezza il perimetro esatto di essa.[21] Altre informazioni come l'estensione esatta della città e l'ubicazione del porto fluviale sono sconosciute[22][23]. Dai relativamente pochi rinvenimenti[8] si può ricostruire una città incentrata principalmente sulle attività delporto e particolarmente ricca dal punto di vista economico e culturale.[10]
L'impianto urbanistico di Turris Libisonis sembra dai reperti rinvenuti corrispondere ad un modellopienamente romano. Anche se non individuati, dovevano essere certamente presenti tutte le costruzioni tipiche delle città romane come il foro, la curia, il tabularium, gli edifici per gli spettacoli ed i templi. Da un'iscrizione rinvenuta datata 244 d.C., ad esempio, si sa con certezza la presenza del Tempio della Fortuna e di una Basilica (un luogo che ospitava riunioni pubbliche, da non confondere con labasilica di san Gavino).[10]
Inepoca severiana, dove la colonia arrivò al suo massimo splendore,[24] l'assetto urbanistico subì importanti modifiche con un importante sviluppo dell'edilizia privata[25]. In questo periodo verranno realizzate anche importantiopere pubbliche, come leTerme centrali e leTerme di Pallotino. L'espansione urbanistica verso oriente nei pressi del fiume porterà alla dismissione parziale dell'area ipogeica, che verrà soppressa per fare spazio ai nuovi quartieri abitativi. Durante questa fase venne sviluppata di conseguenza la rete stradale, con la realizzazione di importanti assi viari e svariate fontane pubbliche monumentali caratterizzate da soluzioni tecnico-ingegneristiche di primo livello.[4]
Verso la fine delIII secolo d.C. la struttura urbanistica della colonia subirà nuovamente una rivoluzione con una nuova distribuzione delle aree funzionali. Nei quartieri orientali ed estremo occidentali molti edifici verranno infatti abbandonati e lasciati nel degrado poiché vennero a mancare le risorse finanziare per la loro manutenzione, ed alcune di quelle che prima furono importanti arterie viarie vennero dismesse.[26] Vaste aree cimiteriali dei settori periurbani progressivamente entreranno in quelli urbani, occupando quegli stessi edifici in disuso e sovrapponendosi alle vecchie strade ormai abbandonate. Con l'avvento delcristianesimo ed un conseguente rinnovato interesse verso ilrito dell’inumazione[27] presso la popolazione locale aumentò notevolmente l'esigenza di nuove aree cimiteriali, con conseguente espansione territoriale a macchia d'olio delle suddette le quali vennero utilizzate intensamente e con continuità fino alVII secolo d.C. in maniera mista (sovrapponendo cioè il rito cristiano a quellopagano, che non venne mai completamente abbandonato) .[4] Gli ambienti ipogei in epoca cristiana arrivarono a svilupparsi fino ad occupare completamente ilcolle di Monte Angellu ed espandendosi territorialmente giungendo alla rocca disan Gavino a mare, dove proprio qui vennero sepolti imartiri turritani appena dopo il loromartirio.[24]
Turris Libisonis era collegata agli altri insediamenti dell'isola grazie ad una fitta rete di strade sia costiere che interne. La principale era la cosiddettaKaralibus Turrem (in epoca più remota chiamataaTurrem Karalis[3]) che, come suggerisce il nome, collegava la città di Turris con Karalis, città costiera del sud Sardegna corrispondente all'odiernaCagliari. La Karalibus Turrem è stata per secoli il principale asse viario sardo, tanto da far sì che parte dell'attualeSS-131 ne ricalchi il percorso. Nella zona pressoSu crucifissu mannu è ancora presente un tratto originale della suddetta strada[28]. All'altezza dell'attualeBonorva la strada principale si diramava nella cosiddettaKaralibus Olbiam per consentire di raggiungereOlbia. Con lo scopo di consentire un facile accesso ai campi di frumento dellaNurra e alle vicine aree minerarie venne costruito unponte a sette arcate per attraversare ilFlumen Turritanum[29], ovvero l'attualeRiu Mannu.[10]
Le strade presenti nel contesto urbano invece si compongono in direttrici nord-est, nord-ovest e sud-ovest dal vertice di una Y. La tecnica costruttiva risulta quella tipica delle pregiateviae stratae tipicamente romane, con un basolato intrachite scolpita in forma quadrangolare con faccia superiore e inferiore levigata inserita tra i margini della sede carrabile entro i cosiddetti umbones[30], anche essi in trachite lavorata. La larghezza dell'area carrabile varia a seconda della via in questione: si passa da una dimensione della sede rotabile di 12piedi fino a circa 17 piedi per quelle di maggior transito. Le principali arterie sono caratterizzate da un sistema dismaltimento e di deflusso delle acque costituito da un collettore di scarico edificato sotto il piano stradale al centro della carreggiata, con una sezione lievemente concava avente un dorso leggermente impluviato.[4][10]
Turris Libisonis era una città riccamente fornita di impianti termali, fontane pubbliche e, in alcuni casi, acqua corrente nelle abitazioni private più sfarzose. Un lungo acquedotto rettilineo di 30 Km (ad oggi quasi completamente perduto ed in pessimo stato di conservazione[31]) portava l'acqua potabile in città partendo dalle fonti naturali presenti nella zona attorno all'odiernaSassari. La canalizzazione artificiale dell'acqua avveniva sia sopra terra in strutture rialzate in muratura piena sorrette da delle arcate, sia grazie a cunicoli sotterranei con un percorso parallelo alla vicina strada Karalibus Turrem.[10]
Numerose sono le testimonianze che evidenziano il rapporto fra Turris Libisonis eRoma attraverso il porto diOstia fino al 300 d.C.[10]
Alcuni mosaici rinvenuti, assieme ad alcune scritture, testimoniano la presenza presso Turris di svariate maestranze provenienti dalla stessa Roma e da Ostia. Nell'attuale porto commerciale è stata ritrovata un'iscrizione in marmo che testimonia la costruzione nel 211-212 d.C. di una struttura di protezione (un molo o una diga) per salvaguardare il porto dall'Aquilo, ovvero un forte vento di nord est o settentrionale.[10]
Data la centralità di Turris nei rapporti commerciali è testimoniata una larga diffusione di culti religiosi stranieri, soprattutto egizi.[32] Il culto egizio più radicato in città era quello diBubastis (dea delle partorienti, rappresentata con l'aspetto di ungatto). Altri culti sentiti dalla popolazione furono quelli diIside, diGiove Ammone e diMitra.[10]
Nella prima metà delXIX secolo venne ritrovata nell'area nei pressi delPalazzo di Re Barbaro e delRiu Mannu una lapide che fa riferimento alla presenza nella colonia di Tito Flavio Giustino, illustre personaggio che di tasca propria pagò con 35 milasesterzi la costruzione di una nuovacisterna idrica di importanza critica per la città.[33]
Nel biennio 1941-42Massimo Pallotino condusse una serie di scavi che riportarono alla luce le omonime terme.[34]
Nel corso di una lunga campagna di scavo vennero alla luce diversi repertialtomedievali rinvenuti al disotto dell'atrio Comita dellaBasilica di san Gavino.[35]
Uno scavo stratigrafico nella necropoli occidentale ha riportato alla luce 11 sepolture, una moneta antica e qualche sporadico materiale ceramico di marginale importanza.[4]
Dopo la demolizione di una vecchia palazzina per far spazio a un condominio privato, in via Libio 53 venne scoperto casualmente un complesso ipogeico. Tali rinvenimenti, non ancora del tutto studiati e riapprofonditi solamente con una nuova campagna di scavo ufficiale nel2016, rientrano nel più ampio complesso ipogeico dell'antica città romana.[36]
Nei lavori di demolizione del molo del faro per l'adeguamento strutturale delporto moderno, è emersa nel 2006 una struttura in calce, malta, conci di calcare e lastre di trachite mista a monete in bronzo, frammenti di anfore da trasporto, porzioni di colonne, ceramica ed epigrafi in marmo con una datazione di età romana.[2]
Durante il 2008 nei pressi dell'attuale via Mazzini sono stati rinvenuti casualmente imponenti strutture murarie.[3][37]
Al seguito del rinnovato interesse per il polo archeologico dovuto ai precedenti ritrovamenti nel 2009 venne finanziata una campagna di scavo con lo scopo di approfondire le conoscenze relative alle già scoperte Terme di Pallotino.[38]
Al seguito del ritrovamento casuale nel2020[39] di nuove vestigia romane è stata finanziata una nuova campagna di scavo. Tale missione archeologica iniziata ufficialmente solo a gennaio 2022 ha portato alla luce nuovi reperti fino a quel momento inediti nel panorama archeologico locale. È stata riscoperta una domus con pavimento mosaicato con adiacente un ampio vano risalente alIII secolo d.C. ed assieme ad esso un ulteriore vano a pianta irregolare con pavimento mosaicato che, data la presenza di numerose sedute lungo tutti i lati, è stato ipotizzato come il probabileapodyterium (una sorta dispogliatoio) del vicino impianto termale[40].
Ulteriormente alle opere architettoniche sono stati rinvenuti resti di intonaco finemente elaborati e svariate ceramiche che, stando agli studi, risalgono ad un periodo compreso fra ilIV ed ilV secolo d.C.; testimoniando quindi il fatto che le strutture ritrovate siano state utilizzate anche in tale periodo.[41]
Altri progetti