Il territorio comunale si posiziona nel contesto morfologico dellaPianura lombarda caratterizzata da morfologie legate a deposizione fluvioglaciale e fluviale/alluvionale dietà quaternaria. Il territorio è morfologicamente collinare, a seguito dall'intenso livellamento di una superficie originaria leggermente più ondulata per scopi agricoli; infatti, a grande scala si possono presentare delle blande ondulazioni, interpretabili come paleo-alvei, che sono la testimonianza delle antiche divagazioni dei corsi d'acqua che hanno attraversato e costruito tale paesaggio. Il territorio è attualmente attraversato da un fitto reticolo idrografico composto da corsi d'acqua naturali.
Il comune di Civate è classificato in zona sismica 3. Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da Vs30 superiori a 800 m/sec, eventualmente comprendenti in superficie uno strato di alterazione, con spessore massimo pari a3 m. Superficie pianeggiante, pendii e rilievi isolati con inclinazione media i 15°.
Il clima civatese è una via di mezzo tra il clima alpino e il clima padano, con estati non troppo afose e con inverni non troppo rigidi.Nel mese di gennaio, che è il mese più secco dell'anno, la precipitazione raggiunge i61 mm mentre nel mese di giugno la piovosità è in media di120 mm. La temperatura media del mese di luglio raggiunge i22,2 °C, mentre in gennaio si raggiunge la temperatura più bassa dell'anno che è di2,1 °C di media. Le temperature medie variano di20,1 °C durante l'anno.
Le più antiche tracce umane sul territorio civatese risalgono all'età del rame, con la presenza di insediamenti umani presso il cosiddetto "Buco della sabbia", caverna funeraria con resti d'ossa, utensili e graffiti.
Successivamente, quando i Romani si impadronirono dellaGallia Cisalpina (196 a.C.), anche il territorio civatese fu soggetto all'opera di riorganizzazione militare-difensiva a cui furono sottoposti i territori collinari e della pianura, per creare una protezione in previsione di eventuali incursioni o invasioni provenienti dalleAlpi. Il passaggio obbligato all'incrocio con la via proveniente daAquileia, assegnò la denominazione diClavis ("chiave") alla località, per indicarne la necessità del transito. Furono, poi, iLongobardi a variare la voce latina in Clavate (col suffisso –ate già presente in epoca etrusca), da cuiCiavate oCiauate per arrivare all'odiernaCivate. Ciò che importa, comunque, è che i Romani, presenti con forze massicce nelcastello di Lecco, fossero anche stanziati nel punto chiave di passaggio, laddove sorgevano il ponte sul Rio Torto e un piccolo luogo di culto, denominato "La Santa", dove oggi sorge l'oratorio dei SantiNazario e Celso.
Nel 476 d. C, allacaduta dell'Impero romano d'Occidente, iGoti assunsero il dominio sui territori della penisola italica: anche sul territorio sono rimaste tracce, come ilBuco della sabbia, visibili del loro passaggio, in particolare sulmonte Barro, dove oggi i resti di una fortezza testimoniano la volontà di aumentare il controllo sulla zona del transito obbligato de "La Santa".
In seguito iLongobardi ebbero un ruolo decisivo nella storia di Civate, non solo a livello militare, ma anche per fattori di carattere religioso e culturale, dal momento che, durante l'ultima parte del loro regno, sorgerà il monastero diSan Pietro al Monte. Tutti i documenti che ricordano la fondazione del monastero pedemontano rimarcano la sua origine longobarda, affidandone l'idea della realizzazione aDesiderio, l'ultimo re dei Longobardi.[4] La storia di Civate sarà per secoli indissolubilmente legata alle vicende del monastero, ai rapporti con gli abati, all'Impero germanico e agli arcivescovi milanesi. In particolare allo scoppio del conflitto tra Milano e l'imperatoreFederico Barbarossa, Algiso, l'allora abate di Civate, si schierò dalla parte del Barbarossa offrendo un appoggio sicuramente non solo spirituale. Distrutta Milano nel 1162, Federico concesse ad Algiso, suo fedelissimo, il diploma che confermava i possessi dell'abbazia civatese. L'illusione di aver ottenuto libertà e indipendenza fu, però, di breve durata perché poco tempo dopo l'Arcivescovo milanese reclamò e ottenne l'autorità sul monastero e i suoi beni.
NelXIII secolo, durante le dispute che videro contrapposti iVisconti aiTorriani, il castello di Civate andò completamente distrutto.[4]
Tornando alle vicende del monastero, nel 1470 morì l'ultimo benedettino rimasto. In seguito alla nascita degliordini mendicanti, il monastero diventò commenda di numerosi cardinali, tra i qualiAscanio Maria Sforza Visconti eAntonio Trivulzio.[4] I monaci tornarono a Civate solo nel 1566 quando l'allora abate commendatario, Niccolò Sfondrati, futuropapa Gregorio XIV, convinse gliOlivetani ad abitare il monastero, dando alla fede nuovo fervore.
Nel 1571 venne a Civate il cardinaleCarlo Borromeo in visita pastorale. Sotto il suo pontificato si pose la questione sia della nomina di un parroco scelto tra il clero secolare sia delrito romano, con cui da sempre si celebrava a Civate. Col passare degli anni, la brianzola Civate, continuò a professare il rito romano per onorare la basilica sovrastante il paese.
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con DPR del 22 novembre 1979.[5]
«D'argento, allostambecco di nero, attraversato da una bandain divisa verde, caricata da tre stelle d'argento, raggiate di sei.»
La banda potrebbe essere un riferimento all'ipotesi che il toponimo Civate derivi dal latinoclivus, "declivio". Il gonfalone è un drappo partito di bianco e di verde.
La facciata a capanna presenta delle monofore inserite negli anni quaranta del Novecento.In origine la chiesa si presentava divisa in tre navate di uguale lunghezza terminanti con abside semicircolare. Lungo le pareti della navata centrale della chiesa si sviluppa un ciclo di affreschi, disposto su due registri e realizzato tra l'XI e il XII secolo, che rappresenta episodi dell'Antico Testamento. Il presbiterio è sopraelevato e sotto vi è la cripta tripartita da colonne.
La struttura odierna della chiesa di S. Nazaro presenta caratteristiche tipicamente settecentesche. La facciata, sulla quale possiamo osservare il timpano triangolare sorretto da lesene, si eleva nella parte centrale terminando a cuspide. Alla parte centrale della facciata sono affiancati due corpi laterali, due cappelle, originariamente concepite come ossari, coperte da un tetto a falde che poggia su una linea di voluta, che si interpone ad ammorbidire l’angolosità del passaggio tra i due livelli, raccordandole al corpo principale. Il portone di ingresso, realizzato in pietra, è sormontato da una lunetta ad arco ribassato, in cui è inserita una nicchia creata per il posizionamento della statua dellaMadonna o diS. Nazaro. In asse con la porta, al di sotto della cornice, vi è una finestra che trova un richiamo nelle altre due presenti nelle cappelle. Internamente questa finestra si apre sopra la cornice, nell'arco di lunetta sotto la volta, lo stesso avviene per le finestre che si aprono a sud. Il campanile, a pianta quadrata, presenta in altezza quattro cornici ed è collocato nel punto di incontro tra il corpo della navata e la casa del custode. Internamente la chiesa presenta un'unica navata lunga 21 m e stretta 5 m, che si apre nelle due cappelle, una a destra ed una a sinistra, alle quali si accede appena superato l’ingresso principale, tramite due porticine in legno, che se chiuse nascondono completamente la loro presenza. La navata è suddivisa in quattro campate con volta a botte, con il presbitero rialzato. Dietro il presbitero è collocata la sacrestia attraverso la quale si può accedere direttamente al campanile e alla casa del custode.
La chiesa è di modeste dimensioni, con una facciata a capanna delimitata dai due spioventi della copertura lignea. Una semplice ma elegante decorazione realizzata sul timpano conclude il prospetto principale che conduce ed accoglie all’interno dell'edificio. Esso si presenta ad unica navata con una volta a botte ribassata, definita e sottolineata da una cornice in aggetto che delimita tutte la pareti perimetrali. Una balaustra in pietra arenaria sobriamente lavorata delimita la zona del presbiterio, della stessa larghezza dell’aula, dove è collocato l’altare maggiore in marmo, realizzato nel 1759. Sopra quest’ultimo, in una nicchia, è conservato un prezioso bassorilievo in pietra raffigurante unaMadonna con Bambino ed i santi Pietro ed Andrea, cui è dedicata la piccola chiesa. Sono inoltre presenti alcuni interessanti lacerti di affreschi, resi visibili grazie all’ultimo restauro, dove si possono individuare la raffigurazione della sommità di un baldacchino o di un panneggio e due angeli ai lati, realizzati con particolare cura stilistica ed esecutiva, di cui si possono apprezzare gli effetti cromatici ben conservati.