| Cesare Vincenzo Orsenigo arcivescovo della Chiesa cattolica | |
|---|---|
| Dominus illuminatio mea | |
| Incarichi ricoperti | |
| Nascita | 13 dicembre1873 aVilla San Carlo |
| Ordinazione sacerdotale | 5 luglio1896 dalcardinaleAndrea Carlo Ferrari |
| Nomina ad arcivescovo | 23 giugno1922 dapapa Pio XI |
| Consacrazione ad arcivescovo | 25 giugno1922 dalcardinalePietro Gasparri |
| Morte | 1º aprile1946 (72 anni) adEichstätt |
| Manuale | |
Cesare Vincenzo Orsenigo (Villa San Carlo,13 dicembre1873 –Eichstätt,1º aprile1946) è stato unarcivescovo cattolico ediplomaticoitaliano, a servizio dellaSanta Sede.
Nacque aVilla San Carlo, frazione diValgreghentino, da una famiglia di estrazione borghese che si occupava difilatoi diseta. Fu ordinato sacerdote il 5 luglio1896 dalcardinaleAndrea Carlo Ferrari e svolse la sua attività pastorale prevalentemente nella parrocchia diSan Fedele aMilano, dove rimase fino al1922. Si occupò in modo particolare dei giovani della parrocchia e dell'Associazione degli studenti diSan Stanislao. Insegnò presso l'Istituto Alfieri di Milano, scuola privata per le figlie dell'aristocrazia e della borghesia milanese.
Nel frattempo svolse numerosi incarichi extra-parrocchiali su mandato del cardinale Ferrari: divenne censore ecclesiastico edesaminatore sinodale, rappresentante al consiglio di amministrazione dell'Opera degli Asili Infantili Raggruppati della città di Milano.Fece parte anche dei Consigli dellaProvvidenza materna, dellaPro orfani infanti e dell'Opera Bonomelli.
Operò molto in campo caritativo, dirigendo laSocietà delle Dame di San Vincenzo e fondando la branca giovanile delle Allieve della carità. Si distinse soprattutto per la fondazione dell'Opera Pia Catena, avvenuta nel1902, che si occupava di inviare gratuitamente malati aSalsomaggiore per le cure salso-bromo-jodiche. A tal scopo costruì l'Ospizio Catena, un'imponente struttura capace di ospitare fino a 1000 malati l'anno.
Nel1912, all'età di trentanove anni, venne nominato canonico ordinario dellacattedrale di Milano. La sua opera si estese anche fuori Milano e nel1921 venne incaricato della sovrintendenza dell'Opera dei Cappellani dell'emigrazione diRoma.
Nel1922 Achille Ratti salì al soglio pontificio con il nome diPio XI. Ricordatosi delle qualità di monsignor Orsenigo, il 23 giugno1922 lo nominòarcivescovo titolare diTolemaide di Libia enunzio apostolico inOlanda. Dovette scegliere in fretta il motto e l'arme: scelseDominus illuminatio mea ("Il Signore è mia luce"), e come scudo un orso legato a una fortezza.[1] Fu consacrato arcivescovo il 25 giugno seguente per l'imposizione delle mani del cardinalePietro Gasparri. Dal punto di vista ecclesiastico, Orsenigo operò per una romanizzazione della Chiesa olandese; i rapporti con lo Stato olandese non furono dei migliori, tanto che, nonostante i suoi sforzi, nel 1925 il governo ritirò la sua legazione presso la Santa Sede e nel contempo il partito cattolico uscì dal governo.[2]
Nella primavera del1925 fu promossonunzio apostolico inUngheria, il suo incarico diplomatico più felice, con il mandato di ricondurre alla stretta osservanza romana la Chiesa magiara che storicamente aveva una notevole autonomia.[2]Il suo insediamento venne accolto molto affettuosamente sia dal popolo che dalle autorità civili e religiose magiare. Venne insignito anche di una croce al merito[senza fonte].

Nel1930 venne trasferito alla più prestigiosanunziatura di Berlino, succedendo alcardinaleEugenio Pacelli che era stato chiamato da Pio XI allaSegreteria di Stato; su richiesta irrituale dei diplomatici inglesi e vaticani venne anche eletto dai colleghi del Corpo Diplomatico loro decano, cioè capo e rappresentante di tutti loro presso il Governo tedesco.[3] Suo compito era proseguire l'opera di Pacelli nella romanizzazione della Chiesa locale, anche se probabilmente il neosegretario di Stato continuava a seguire la situazione tedesca.[2] LaRepubblica di Weimar stava per collassare, mentreAdolf Hitler stava guadagnando sempre più consenso. Orsenigo aveva una certa simpatia verso fascismo e nazismo, con cui riteneva potesse essere rafforzata la libertà della Chiesa[3], tanto che scelse come proprio assistente un sacerdote iscritto alPartito Nazista, Eduard Gehrmann[4], già segretario di Pacelli[3].
Assistette all'ascesa diAdolf Hitler verso il Cancellierato e alla firma del Concordato tra Santa Sede e Germania, che però fu gestito direttamente da Pacelli[3]. Orsenigo cominciò ben presto a presentarsi al Ministero degli Esteri tedesco con delle note di protesta riguardo al varo di provvedimenti restrittivi nei confronti dei cattolici, senza mai ottenere risultati degni di nota anche per la sua debolezza.[3] Anche nel1937, in occasione dell'enciclica di denuncia del nazismo di Pio XIMit brennender Sorge, si limitò alla sua diffusione tra i vescovi, senza prendere parte attiva.

Dopo l'elezione di Pacelli apapa Pio XII, la situazione si incancrenì ancora di più. Orsenigo probabilmente rimase nunzio perché Pio XII temeva che non sarebbe stato possibile nominare un successore; in effetti il regime hitleriano non lo riconobbe neppure come nunzio per i territori conquistati nei primi anni di guerra.[2]. Orsenigo inviò numerosissimi rapporti alla Santa Sede: nei soli anni 1933 e 1934 partirono 340 documenti dalla sede di Berlino alla volta delVaticano[5], e il corpus completo dovrebbe contenere 4000 note.[3] Tali rapporti però tendevano spesso a essere inconsistenti o incompleti, accettando acriticamente la versione nazista degli eventi o cercando comunque di sminuire il loro coinvolgimento.[2] Le numerose note da lui scritte al Reich non furono mai prese in seria considerazione: in una lettera scritta al capo della cancelleria del ReichHans Lammers,Joachim von Ribbentrop si vantava di aver «riempito un intero protocollo con ogni specie di note del Vaticano lasciate senza risposta.»[6] D'altra parte, gli alti gerarchi nazisti erano convinti del suo antinazismo: per Goebbels Orsenigo aveva "un grande odio per il Fùhrer e il Reich", mentre Heydrich lo accusò di sostenere i traditori del Reich.[3]
Tipicamente la sua preoccupazione maggiore fu per la sorte dei cattolici nel Reich e nei territori occupati; Orsenigo si rifiutò ripetutamente di intervenire in qualità di nunzio apostolico in favore degli ebrei e spesso mancò di inoltrare a Roma rapporti che descrivevano o criticavano l'Olocausto. Alla vigilia dellaSeconda guerra mondiale, Orsenigo invierà al Vaticano un memorandum con scritto: "I quattro milioni di ebrei certamente faranno di tutto per eccitare gli animi degli altri e per aiutarli a combattere contro la Germania, ma essi [...] non combatteranno, perché l'ebreo è egoista e non ama combattere".[7] Un'eccezione fu l'opporsi alla deportazione di ebrei sposati con cristiani, ma anche in quel caso la sua preoccupazione principale era per le spose cattoliche ("quando al nunzio venne ordinato dalla Santa Sede di discutere con i gerarchi nazisti gli incidenti che coinvolgevano gli ebrei, egli lo fece con imbarazzo e freddezza").[8]
Nel 1941, Orsenigo fu contattato da Kurt Gerstein, un ufficiale protestante delle SS che voleva informare il Vaticano delle persecuzioni degli ebrei in qualità di testimone diretto. Informato del motivo della visita di Gerstein, Orsenigo si rifiutò di incontrarlo. Il messaggio di Gerstein venne infine inoltrato al Vaticano dal vescovo ausiliare diBerlino, e non dall'ufficio del nunzio, dove le informazioni rimasero lettera morta.[8]. È considerato pressoché certo che Orsenigo sapesse almeno in parte della Soluzione Finale.[3]
Durante la guerra tentò ripetutamente passi, presso il Governo tedesco, in favore dei colpiti dalle persecuzioni — polacchi, ebrei, francesi, belgi — ma quasi ogni richiesta venne respinta o ignorata.[9] Negli ultimi anni del conflitto si impegnò in favore dei prigionieri di guerra italiani, coordinandosi con l’Ufficio informazioni Vaticano per i prigionieri di guerra.[2].Dopo l'armistizio dell'8 settembre1943, si occupò dei militari italiani internati, fornendo di nascosto, per aggirare la proibizione nazista, a sacerdoti suoi collaboratori materiale liturgico, medicinali, cibo, vestiti; riuscì così a salvare molte migliaia di connazionali dalla morte per denutrizione.[senza fonte]
Finita la guerra, diresse la Missione Pontificia che si occupò del rimpatrio dei prigionieri italiani.Morì per le conseguenze di una peritonite[2] adEichstätt, dove si era trasferito dopo la distruzione della Nunziatura a causa di un bombardamento, il 1º aprile1946 all'età di 72 anni.
Grazie all'interessamento delle autorità americane, la sua salma venne trasportata inItalia pochi giorni dopo e il 24 aprile, dopo una solenne cerimonia funebre presieduta dalcardinale Schuster, venne tumulato nella tomba di famiglia adOlginate.
Il personaggio di Cesare Orsenigo compare brevemente nel monumentale film sovieticoLa caduta di Berlino (1949): nella pellicola il nunzio, presente ad un ricevimento in onore di Hitler, si congratula col Führer per i successi dell'Operazione Barbarossa, al che il dittatore tedesco gli risponde: "Mi piacerebbe vederti sul trono diSan Pietro, cardinal Orsenigo. Tu sei un vero nazista, sotto l'abito corale hai la divisa militare"[10].
Orsenigo non si distinse però solo per le opere di carità o per lo zelo pastorale, ma anche per la sua attività letteraria.Recandosi spesso per consultazioni alla Biblioteca Ambrosiana, vi conobbemonsignor Achille Ratti. Questa amicizia generò una collaborazione molto proficua dal punto di vista letterario, che sfociò nella pubblicazione del periodicoSan Carlo Borromeo nel terzo centenario della canonizzazione (1610-1910). Orsenigo vi pubblicò unaVita di San Carlo a puntate, raccolta poi in volume dal titoloVita di San Carlo Borromeo il quale vide varie riedizioni e traduzioni in molte lingue.
La produzione letteraria di Orsenigo non si limitò alla vita diSan Carlo Borromeo: scrisse tra l'altro la biografia diFrédéric Ozanam, delle opere supadre Lacordaire, compilò manuali a sfondo caritativo o letterario, collaborò conLa Scuola Cattolica, curò traduzioni dall'olandese di opere educative.
Altri progetti
| Predecessore | Vescovo titolare di Tolemaide di Libia (titolo personale di arcivescovo) | Successore | |
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| Raffaele Virili | 23 giugno1922 - 1º aprile1946 | Carlo Angeleri |
| Predecessore | Internunzio apostolico neiPaesi Bassi | Successore | |
|---|---|---|---|
| Roberto Vicentini | 23 giugno1922 - 2 giugno1925 | Lorenzo Schioppa |
| Predecessore | Nunzio apostolico inUngheria | Successore | |
|---|---|---|---|
| Lorenzo Schioppa | 2 giugno1925 - 18 marzo1930 | Angelo Rotta |
| Predecessore | Nunzio apostolico inPrussia | Successore | |
|---|---|---|---|
| Eugenio Pacelli | 18 marzo1930 - 30 gennaio1934 | - |
| Predecessore | Nunzio apostolico nellaRepubblica di Weimar | Successore | |
|---|---|---|---|
| Eugenio Pacelli | 18 marzo1930 - 30 gennaio1934 | - |
| Predecessore | Nunzio apostolico inGermania | Successore | |
|---|---|---|---|
| - | 30 gennaio1934 - 1º aprile1946 | Aloysius Joseph Muench |
| Controllo di autorità | VIAF(EN) 804504 ·ISNI(EN) 0000 0001 0862 0755 ·SBNLO1V044508 ·BAV495/141816 ·LCCN(EN) nr98031435 ·GND(DE) 118590294 ·BNF(FR) cb144024798(data) ·J9U(EN, HE) 987009899359005171 |
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