Padre diPaolo e nonno diDaniel, da giocatore fu unabandiera delMilan, club con il quale disputò più di 400 incontri; a lungocapitano del club milanese, indossò la fascia anche innazionale, con cui totalizzò 14 presenze e prese parte alcampionato del mondo 1962.
Nato nel rione triestino diServola[3] da genitori di originislovene,[4] Albino Maldini e Maria Voteb,[5] il 26 giugno 1962 sposò Marialuisa (1935-2016);[6] la coppia ebbe sei figli (dapprima tre femmine e poi tre maschi),[7] tra cuiPaolo, il quale seguirà con successo le orme paterne nel mondo del calcio.[8] Sul finire degli anni 90, Maldini divenne noto alle nuove generazioni anche grazie all'imitazione che ne propose l'amicoTeo Teocoli.[9]
Morì la notte tra il 2 e il 3 aprile 2016 nella sua casa di Milano, all'età di 84 anni;[10] il giorno stesso, in suo ricordo, venne osservato un minuto di silenzio su tutti i campi dellaSerie A, mentre il Milan giocò con il lutto al braccio la trasferta di Bergamo contro l'Atalanta.[11] È sepolto nelcimitero monumentale di Milano.
Il 27 maggio seguente, un parco nei pressi dellostadio Giuseppe Meazza di Milano è stato intitolato congiuntamente alla memoria di Cesare Maldini e diGiacinto Facchetti.[12][13] Nel settembre dello stesso anno, la municipalità milanese ha deciso che il suo nome venga iscritto nelFamedio del cimitero monumentale.[14]
Protagonista di una parabola che sarebbe stata replicata anni dopo dal figlioPaolo,[15] Cesare Maldini salì alla ribalta cometerzino,[16] impiegato indifferentemente sia sulla fascia sinistra sia su quella destra,[17] per poi andare a ricoprire stabilmente negli anni conclusivi il ruolo dilibero:[15] «e giocar da libero mi ha allungato la carriera».[17] Calciatore che aveva nella duttilità uno dei suoi punti di forza,[16] ben si disimpegnò quando schierato dacentromediano in un sistema di giocometodista,[7] o ancora comestopper,[16] in questo caso penultimo baluardo della squadra davanti al solo portiere.[7]
Considerato uno dei migliori difensori italiani della sua generazione,[16] fu descritto dai giornali dell'epoca come un atleta dall'ottimo fisico, abile di testa, con un buon tocco di palla – «la sua tecnica è sopraffina, preferisce il fioretto alla clava» seppur, per sua stessa ammissione, a volte «mi scappava la randellata» – nonché abile a leggere i tempi dell'azione:[7] «io m'inserivo, dialogavo anche stretto, non avevo paura di passare la metà campo».[17] Personalità molto carismatica, fin dalla giovane età emerse comeleader dello spogliatoio[7] –Nereo Rocco soleva uscirsene con un «parlé col mio capitano» quando voleva chiudere una discussione[18] –, tanto che tecnici e compagni di squadra fecero sovente affidamento a lui come allenatore in campo; fu esemplare quanto avvenne nellafinale della Coppa dei Campioni 1962-1963, in cui a gara in corso si assunse la responsabilità di cambiare marcatore al fuoriclasse delBenfica,Eusébio, decisione che ribaltò le sorti della gara in favore dell'undici milanista.[19]
Tra le sue pecche, talvolta eccedeva in sicurezza e leziosità, incappando in amnesie difensive che fecero nascere nel gergo calcistico del tempo il neologismo dimaldinate.[7]
Tatticamente, allenando l'Italia, Maldini puntò sull'utilizzo dellamarcatura a uomo e del libero, anche se a volte provò la difesa a quattro in linea.[20] In avanti era solito impiegare due punte tra loro complementari, affiancando a un centravanti di peso unpartner tecnico e rapido; si affidava al «tridente» solo in rare occasioni.[21]
Maldini e l'allenatoreNereo Rocco (in piedi, al centro) nella Triestina della stagione 1953-1954
Iniziò a giocare a calcio da bambino nelricreatorio del rione diServola.[3] Qui, all'età di tredici anni, impressionò favorevolmente il massaggiatore dellaTriestina, il quale lo fece provinare presso la società alabardata, dove all'interno della stessa compì poi tutta la trafila delle formazioni giovanili, superando in quegli anni anche l'ostacolo fisico di unapleurite che rischiava di precludergli la futura carriera calcistica.[17]
Nei primi anni 50 ebbe modo di conoscere per la prima voltaNereo Rocco, destinato a diventare una figura ricorrente della carriera e ancor più della vita di Maldini. Proprio ilparòn decise in quegli anni di aggregarlo stabilmente alla prima squadra, seppur l'esordio da professionista avvenne poi agli ordini diMario Perazzolo il 24 maggio 1953, all'età di ventuno anni, per la sfida diSerie A sul campo delPalermo (0-0).[3] La stagione dopo divenne titolare[7] e, nonostante la giovane età, elettocapitano della formazione giuliana, tornata dopo tre anni nelle mani di Rocco.[22]
Maldini (in piedi, secondo da sinistra) nell'undici milanista vincitore dellaCoppa Latina 1956
Messosi definitivamente in luce nell'annata 1953-1954, nell'estate seguente l'allenatoreBéla Guttmann ne avallò l'acquisto da parte delMilan – «questo ragazzo è da Milan e nel Milan giocherà» –,[7] club in cui Maldini militò per le successive dodici stagioni. Approdato in rossonero inizialmente come riserva di elementi qualiBergamaschi,Silvestri,Tognon eZagatti, proprio approfittando di un doppio infortunio occorso a Tognon ePedroni ebbe modo di esordire in una sfida interna all'Arena Civica contro ilVenezia, rimanendo da allora stabilmente nell'undici titolare.[17]
Impiegato dal tecnico magiaro come centromediano, in seguito alla fine degli anni 50, sotto la guida diGipo Viani, sperimentò brevemente ladifesa a zona, giocando in linea con un giovaneSalvadore[17] – con il quale ben presto emerse un dualismo al centro della difesa meneghina, dato che «i due si somigliavano parecchio, come stile e modo di giocare», e che alla fine vide il più esperto Maldini prevalere[23] –, mentre all'inizio del decennio seguente puntellò una retroguardia che lo vide stavolta giostrare da libero traDavid eTrebbi.[15]
Il 1961 fu un anno importante dal punto di vista professionale e umano, in quanto da una parte ottenne la fascia di capitano del sodalizio rossonero, e dall'altra ritrovò come allenatore il suo «padre putativo»,[16] Nereo Rocco; proprio Maldini, divenuto nel frattempo una delle voci più autorevoli dello spogliatoio milanista, risultò decisivo nel convincere uno sfiduciatoparòn a proseguire l'avventura meneghina dopo i difficili primi mesi, facendo così le fortune dei due triestini nonché della squadra lombarda.[3][7]
Negli anni a Milano il difensore mise in bacheca quattroscudetti, unaCoppa Latina e, soprattutto, laCoppa dei Campioni alzata il22 maggio 1963 aWembley, dopo aver battuto in finale ilBenfica diEusébio:[15] si trattò di un successo storico, il primo dei rossoneri nonché di un club italiano, che ruppe la fin lì egemonia iberica nell'albo d'oro della manifestazione.[24] Lasciò il Milan dopo aver disputato nelle sue file 347 partite in campionato e segnato 3 gol; nella sua ultima stagione agonistica, 1966-1967, andò a difendere i colori delTorino, ancora agli ordini di Rocco.[22]
Disputò 14 partite nellanazionale italiana, con cui esordì il 6 gennaio 1960 nella sfida diCoppa Internazionale contro laSvizzera (3-0). Prese poi parte alcampionato del mondo 1962 in Cile, scendendo in campo in due occasioni. Fu inoltre capitano della rappresentativa italiana nel biennio 1962-1963, non ottenendo tuttavia risultati di rilievo in maglia azzurra, anche per via dello scadimento tecnico del calcio italiano che perdurò dal secondo dopoguerra fino ai primi anni 60.[15]
Al termine dell'attività agonistica, inizialmente Maldini rimase in seno alMilan, lavorando dal 1967[16] come assistente diNereo Rocco[25] – il quale lo prese sotto la sua ala protettiva[16] assieme aGigi Radice eGiovanni Trapattoni, gli «allievi» che più vedeva come suoi eredi in panchina[25] –, per poi intraprendere dal 1971 la carriera di allenatore. In tale anno divenne il vice delparòn in rossonero, subentrando poi l'anno dopo da tecnico in prima,[16] affiancando Rocco, passato nel frattempo al ruolo didirettore tecnico.
Nella stagione 1972-1973 conquistò undouble continentale, vincendoCoppa Italia eCoppa delle Coppe, superando in finale, rispettivamente,Juventus eLeeds Utd, ma incappò suo malgrado anche nellaFatalVerona, ovvero l'inaspettata sconfitta sul campo degli scaligeri che, all'ultimo turno, costò al Milan il possibile scudetto dellastella: un passo falso rimasto nellastoria del calcio italiano e che, a posteriori, finì per precludergli un prosieguo di carriera ad alti livelli sulle panchine delle squadre di club.[15][16] Dopo tre annate a Milano, nella seconda metà degli anni 70 passò infatti con alterni risultati[16] alla guida diprovinciali qualiFoggia,Ternana e infineParma, squadra, quest'ultima, che Maldini riportò nel 1979 inSerie B dopo un vittorioso spareggio-promozione contro la "sua"Triestina,[26] contribuendo inoltre in Emilia alla crescita di un giovaneCarlo Ancelotti.
Maldini (a sinistra) vice diEnzo Bearzot sulla panchina della nazionale nella prima metà degli anni 80; sullo sfondo, il medico socialeLeonardo Vecchiet
Per il successivo decennio assunse quindi l'incarico di CT dell'Italia under 21,[28] con cui negli anni 90 si laureò per tre edizioni consecutivecampione europeo.[29] Nel dicembre del 1996 venne promosso alla guida della rappresentativa maggiore in vista delcampionato del mondo 1998,[17] sostituendoArrigo Sacchi e ritrovandosi nella più unica che rara situazione di allenare una nazionale capitanata dal figlioPaolo.[8] Rispetto alla gestione precedente, introdusse una marcatura a uomo imperniata sulla figura dellibero e reintegrò giocatori su cui Sacchi aveva smesso di puntare, qualiRoberto Baggio eGianluca Pagliuca, o da tempo lontani dal giro azzurro, comeGiuseppe Bergomi;[30] fece inoltre debuttare le future stelleGianluigi Buffon,[31]Fabio Cannavaro,[32]Filippo Inzaghi[33] eChristian Vieri,[34] tutti già parte della sua Under-21. Lasciò l'incarico nel luglio 1998, dopo l'eliminazione subìta ai quarti di finale del campionato del mondo, aitiri di rigore, a opera dellaFrancia padrona di casa e futura vincitrice del torneo.[35]
Maldini (a destra) CT della nazionale nel 1997, in posa nel ritiro diCoverciano conRoberto Baggio
Il 2 febbraio 1999 assunse il ruolo di capo e coordinatore degli osservatori del Milan.[36][37] Il 14 marzo 2001 andò a sedere temporaneamente sulla panchina della prima squadra rossonera come direttore tecnico, affiancando l'allenatoreMauro Tassotti in sostituzione dell'esoneratoAlberto Zaccheroni:[38] durante i soli tre mesi della loro gestione, di rilevanza fu la storica vittoria 6-0 nelderby di Milano dell'11 maggio.[39] Il 17 giugno, alla fine di un campionato concluso al sesto posto, ritornò inizialmente al suo ruolo dirigenziale, sostituito daFatih Terim;[40] tuttavia il 19 giugno gli venne assegnato l'incarico di consigliere tecnico dell'allenatore turco.[41][42]
Il 27 dicembre 2001 diventò commissario tecnico delParaguay in vista delcampionato del mondo 2002 in Corea del Sud e Giappone.[43][44] Riuscì a qualificare la nazionale sudamericana per la fase finale della rassegna iridata, divenendo il più anziano allenatore del torneo all'età di 70 anni (record poi battuto di un anno, nel 2010, daOtto Rehhagel); si dimise il 15 giugno 2002, dopo l'eliminazione agli ottavi di finale contro i futuri finalisti dellaGermania.[45]