Campagna romana | |
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Con lalocuzioneCampagna romana si indica la vastapianura delLazio, ondulata e intersecata da fossi omarrane, dellaprovincia di Roma, che si estende nel territorio circostante l'intera area della città diRoma fino adAnzio con il piano collinare prossimo, comprendente parte dell'Agro romano, fino al confine con l'Agro Pontino.
Il termine "Campagna" deriva dalla provincia di "Campania" istituita neltardo impero in sostituzione della preesistenteRegio I. Unaparetimologia la fa derivare invece dallatinocampus (volgare "campagna" nel senso di area rurale). Va notato che"Campagna Romana" non è sinonimo di"Agro Romano" - espressione, quest'ultima, utilizzata per indicare l'area di Campagna Romana nel distretto municipale di Roma.
Secondo Carocci e Vendittelli la struttura fondiaria e produttiva della Campagna Romana risale al tardo medioevo e si è conservata senza soluzione di continuo fino allariforma agraria a metà delXX secolo.
Le invasioni barbariche, laguerra greco-gotica e la definitivacaduta dell'Impero romano d'Occidente favorirono il generale spopolamento delle campagne, compresa quella romana, e i grandi latifondi imperiali passarono nelle mani della Chiesa, che aveva ereditato le funzioni assistenziali e di governo già assolte dai funzionari imperiali, e le esercitava nei limiti del possibile.
A partire dall'VIII secolo le aziende agricole (villae rusticae) di epoca imperiale si trasformarono - dove sopravvissero - indomuscultae, entità residenziali e produttive autosufficienti e fortificate, dipendenti da unadiocesi - o una chiesa, o un'abbazia - che deteneva la proprietà delle terre e le assegnava inenfiteusi ai contadini residenti. Questi spesso ne erano gli originali proprietari, ed avevano conferito la proprietà dei fondi alla Chiesa in cambio di un piccolo canone di affitto e dell'esenzione dalle tasse. Queste comunità godevano di completa autonomia, che implicava anche il diritto ad armarsi per autodifesa (da dove la costruzione di torri e torrette), e in alcuni casi giunsero anche a battere moneta.
Già dalX secolo, tuttavia, lafeudalizzazione costrinse i contadini ad aggregarsi attorno ai castelli deibaroni ai quali veniva man mano attribuito il possesso - a vario titolo - di molte proprietà ecclesiastiche, e la coltivazione della pianuraimpaludata emalarica fu abbandonata, col tempo, quasi completamente. Là dove si continuava a coltivare, questi nuovilatifondi ormai deserti, nei quali sorgevano sparsi casali fortificati, furono destinati a colture estensive dicereali e apascolo per l'allevamento di bestiame grande e piccolo. Il loro scarso panorama umano era costituito da pastori, bovari e cavallari, braccianti al tempo delle mietiture, briganti.
L'abbandono delle terre giunse a tal punto che con la conseguente scomparsa degli insediamenti urbani nel territorio circostante Roma attorno alle vieAppia eLatina, l'exLatium Vetus, venne ripartito in "casali", tenute agricole di centinaia diettari dedicato all'allevamento di bestiame, soprattuttoovini, e alla coltivazione dicereali, a cui erano addetti lavoratori salariati spesso stagionali. Questilatifondi in età rinascimentale e moderna divennero proprietà delle famiglie legate al papato. A seguito dello spopolamento delle terre pianeggianti ritornate a pascolo, si aggravò il grave problema dell'impaludamento e dellamalaria.
NelXVII secolo, dopo la redazione delCatasto Alessandrino[1], furono concessi ai contadini, ai piccoli proprietari e agli abitanti dei borghi l'uso civico dei terreni spopolati e abbandonati ed esenzioni fiscali (mentre venivano aggravate le imposizioni sui proprietari noncuranti), allo scopo di stimolare il ripopolamento di quelle campagne.
Il termine "Campagna" inetà medievale si riferiva alla pianura che circonda Roma delimitata, a partire dalmar Tirreno, dai rilievicollinari deiMonti della Tolfa, deimonti Sabatini, deimonti Cornicolani,Tiburtini, Prenestini e daiColli Albani. In altri termini, la pianura solcata dal bassoTevere, corrispondente al Lazio meridionale (provincia "Campagna e Marittima" in contrapposizione al "Patrimonio di san Pietro", che indicava laTuscia).
NelXVIII e nelXIX secolo il paesaggio della Campagna romana, rappresentato da vaste aree pressoché disabitate dove spesso era possibile imbattersi nelle vestigia di imponenti costruzioni romane in rovina, divenne un luogo comune, un simbolo della tramontata grandezza di Roma, insieme con l'immagine del quotidianopittoresco rappresentato daibriganti, daipastori e dai popolani diBartolomeo Pinelli e dei pittori europei delGrand Tour.
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