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Calogero Vizzini

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«Calogero Vizzini con abilità di un genio alzò le sorti del distinto casato, operando sempre il bene e si fece un nome apprezzato in Italia e fuori. Fu un galantuomo.»

(dal Manifesto funebre di Calogero Vizzini[1])

Calogero Vizzini

Calogero Vizzini, soprannominatoDon Calò[2] (Villalba,24 luglio1877Villalba,12 luglio1954), è stato unmafiosoitaliano, legato aCosa nostra e considerato il «capo dei capi» dalla pubblicisticaitaliana dell'epoca. Secondo il collaboratore di giustiziaAntonino Calderone, neglianni cinquanta Vizzini era il rappresentante mafioso dellaprovincia di Caltanissetta[3].

Foto segnaletica di Calogero Vizzini all'età di 58 anni

Biografia

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I primi anni

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Calogero Vizzini nacque aVillalba, inprovincia di Caltanissetta, da Beniamino e Salvatrice Scarlata. Il padre era un contadino, mentre i suoi fratelli Giovanni e Salvatore diventarono entrambi preti e un suo parente fuvescovo: lo zio materno, monsignorGiuseppe Scarlata, vescovo diMuro Lucano, inBasilicata. Diversamente da loro, Calogero non completò lescuole elementari, rimanendo dunque un semianalfabeta, e si unì allacosca del bandito Francesco Paolo Varsalona, che operava nelle campagne traCammarata eCastronovo di Sicilia, dove esercitava il furto e il contrabbando di bestiame e imponeva il pagamento della "protezione" ai proprietari terrieri, che si servivano della banda di Varsalona come intermediari per reprimere le rivendicazioni dei contadini[4][5].

Nel1902 venne arrestato e imputato per una rapina, ma il processo terminò con una assoluzione perinsufficienza di prove. Stessa sorte toccò al processo che lo vide, l'anno successivo, imputato perassociazione a delinquere insieme ad altri uomini della banda Varsalona[5]. Nel1904 venne fatta ritrovare soltanto la testa mozzata del bandito Varsalona, probabilmente perché diventato troppo scomodo per la mafia locale, che se ne sbarazzò[4].

Nel1908 Vizzini acquistò una parte del locale feudo Belici, negoziando un accordo tra il proprietario, Ruggiero Thomas de Barbarin[6], e la localecassa rurale, il cui presidente era un suo zio[7]; nel1919 divenne uno dei principali azionisti dellasolfara Gessolungo, nei pressi diCaltanissetta, e nello stesso periodo anche dellaminiera Gibellini, sita traMontedoro eRacalmuto[8][9]. Durante laprima guerra mondiale, Vizzini fece fortuna con i furti di bestiame che veniva poi rivenduto alla Commissione militare che requisivacavalli edasini per esigenze belliche e per questo venne denunciato alTribunale militare di Palermo perfrode ma assolto un'ennesima volta perinsufficienza di prove.[10][5][2]

Nel 1922, come rappresentante di un consorzio di gestori diminiere di zolfo, Vizzini partecipò a riunioni ad alto livello aRoma eLondra in materia di sovvenzioni e tariffe governative, accanto a personalità del calibro diGuido Donegani, amministratore dellaMontecatini, eGuido Jung, futuro ministro delle Finanze delgoverno Mussolini.[6] Come riportato da diverse fonti, Vizzini finanziò il viaggio deglisquadristi siciliani che parteciparono allamarcia su Roma pianificata da Mussolini[11][5][12].

Nel1931, durante il regimefascista, fu inviato al confino aChianciano, dalprefettoCesare Mori[13], per i suoi legami con lamafia, facendo ritorno nella sua terra solo nel1937. Durante il periodo di esilio, riuscì comunque a gestire i propri affari aVillalba, consistenti soprattutto nella compravendita irregolare di bestiame.[2][11]

Lo sbarco degli Alleati e il separatismo

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Lo stesso argomento in dettaglio:Sbarco in Sicilia e Movimento per l'Indipendenza della Sicilia.

Dopo losbarco degli Alleati in Sicilia, fu imposto come sindaco di Villalba dall'AMGOT, il governo militare alleato dei territori occupati diretto dal colonnelloCharles Poletti, che era alla ricerca di antifascisti da sostituire alle autorità locali fasciste[14]. Lo studiosoMichele Pantaleone formulò l'ipotesi (apparsa per la prima volta in alcuni suoi articoli pubblicati sul quotidianoL’Ora di Palermo nell'ottobre 1958[15][16] e poi ripresa con più fortuna nel suo famoso best sellerMafia e politica)[17] secondo cui Vizzini venne arruolato insieme al suo associatoGiuseppe Genco Russo (boss diMussomeli) dalle truppe statunitensi su proposta delmafioso italo-americanoCharles "Lucky" Luciano per facilitare losbarco alleato: Pantaleone affermò che diversi testimoni videro, alla vigilia dell'invasione, un aereo americano che avrebbe lanciato un messaggio diretto a Vizzini consistente in unfoulard giallo con una «L» stampata sopra (simbolo di Lucky Luciano) e uncarro armato statunitense avrebbe poi prelevato l'anziano capomafia alle porte di Villalba per pianificare i movimenti delle truppe sul territorio nisseno. Oggi la maggioranza degli storici liquidano questa storia come un mito[18][19]. Lo storico localeLuigi Lumia (che fu sindaco di Villalba per ilP.C.I.) riporta una versione dei fatti opposta a quella presentata da Pantaleone: Vizzini si sarebbe limitato a guidare una delegazione di concittadini che accolse le truppe statunitensi al loro arrivo, facendo poi circolare la falsa voce di un suo contributo agli eventi bellici[20][7]. Lo storicoJohn Dickie afferma che i documenti provano che i contatti di Vizzini con le truppe alleate si svolsero soltanto durante la fase dell'AMGOT in quanto venne utilizzato come informatore dall'OSS (precursore dellaCIA) con il nome in codice «Bull Frog».[21][7]

Nel 1972 laCommissione parlamentare antimafia acquisì un dispaccio rimasto fino ad allora segreto e redatto il 21 novembre1944 dal console generale statunitense a Palermo, Alfred T. Nester, indirizzato alsegretario di Stato americano. Oggetto del rapporto: «Incontro dei capi della Mafia col generale Castellano e costituzione di un gruppo favorevole all'autonomia»:«Eccellenza, ho l'onore di riferire che il 18 novembre 1944 il generaleGiuseppe Castellano, insieme a capi della Mafia tra cui Calogero Vizzini, ha avuto un colloquio conVirgilio Nasi, capo della notissima famiglia Nasi di Trapani, e gli ha chiesto di assumere la direzione di un movimento per l'autonomia siciliana sostenuta dalla Mafia. [...] Come da me riferito nel dispaccio del 18 novembre 1944, i maggiori esponenti della Mafia si sono incontrati a Palermo [...]».[22]

Nello stesso periodo Vizzini aderì alMovimento Indipendentista Siciliano e il 6 dicembre1943 partecipò al primo convegno regionale clandestino dei separatisti aCatania[23]. Acceso sostenitore diAndrea Finocchiaro Aprile eLucio Tasca, Vizzini partecipò anche al progetto dell'EVIS, assoldando diverse bande di briganti operanti nel nisseno[5]. La prima cosa che fecero i banditi al servizio di Vizzini fu uccidere nella piazza di Villalba ilmaresciallo dei carabinieriPietro Purpi, che aveva cercato di far rispettare la legge in quel territorio.[24][5]

L'attentato di Villalba

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Il 16 settembre1944, il nome di Vizzini ottenne una triste ribalta nazionale a causa di una tentata strage, considerata una delle prime azioni violente a sfondo politico nell'Italia liberata: mentre nella piazza principale di Villalba si teneva un comizio (inizialmente permesso da don Calò e dal sindaco Beniamino Farina, nipote del boss) diGirolamo Li Causi, esponente nazionale delPCI, un attentato mafioso messo in atto dagli uomini di Vizzini con colpi dipistola e il lancio di alcunebombe a mano provocò quattordici feriti, tra cui lo stesso Li Causi e l'attivista locale delPSIMichele Pantaleone, avversario storico di Vizzini.[25] Il processo fu trasferito perlegittima suspicione dalla Corte di Assise di Caltanissetta a quella diCosenza. Laparte civile venne rappresentata in dibattimento degli avvocati ex ministriFausto Gullo ePietro Mancini e dal senatoreMario Berlinguer (padre diEnrico), mentre Vizzini e gli altri imputati furono difesi dagli avvocati onorevoliGirolamo Bellavista eAldo Casalinuovo.[26] Il processo si trascinò per quattordici anni ed ebbe la singolarità di presentareMichele Pantaleone nella duplice veste di parte lesa e di imputato perché rispose al fuoco dei mafiosi[27]. Alla fine Vizzini venne condannato ma non scontò un solo giorno di carcere perché ottenne lagrazia dalPresidente della RepubblicaGiovanni Gronchi.[5]

Gli ultimi anni

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Nel1945, per affrontare il duplice pericolo del banditismo e dell'agitazione dei contadini, la Principessa di Trabia,Giulia Lanza nata Florio, nominò Vizzini comegabellotto del feudo Micciché, dandogli subito l'incarico di riscuotere i canoni d'affitto del feudo, che ammontavano a 7 milioni dilire all'anno[5]. Nel1948 Vizzini abbandonò la causa separatista ed, in occasione delleimminenti elezioni politiche, partecipò insieme aGiuseppe Genco Russo al pranzo elettorale dellaDemocrazia Cristiana tenutosi aVilla Igiea aPalermo, a cui era presente anche l'onorevoleCalogero Volpe[7].

Nel1949 Vizzini era uno degli intestatari di una fabbrica diconfetti e dolciumi aPalermo fondata daLucky Luciano, che la intestò ad un cugino, la quale riuscì ad esportare confetti inGermania,Francia,Irlanda,Canada,Messico eStati Uniti; però l'11 aprile1954, sulla scia del clamore suscitato dalloscandalo Montesi, il quotidianoAvanti! pubblicò inprima pagina unarticolo scritto daMichele Pantaleone in cui si denunciava che nei confetti prodotti nella fabbrica di Luciano e Vizzini «due o tre grammi dieroina potevano prendere il posto dellamandorla»[10][5]. Quella notte stessa, la fabbrica venne chiusa e i macchinari smontati e portati via[5].

Nel 1950 il giornalistaIndro Montanelli lo intervistò per ilCorriere della Sera e Vizzini spiegò chiaramente il suo ruolo da capomafia: «Il fatto è che in ogni società, ci deve essere una categoria di persone che aggiustano le situazioni, quando si fanno complicate. In genere sono i funzionari dello Stato. Là dove lo Stato non c’è, o non ne ha la forza sufficiente, ci sono dei privati».[28][29] Anche il giornalista e politicoLuigi Barzini lo incontrò e ne fece un ritratto per il suo libroThe Italians (1964), in cui presentava la mentalità italiana al pubblico statunitense.[30]

Vizzini morì nel 1954, all'età di settantasei anni. La notizia fu annunciata addirittura dalNew York Times e l'amministrazione comunale di Villalba proclamò illutto cittadino.[31] Al suo funerale partecipò tutta la popolazione villalbese e numerosi boss mafiosi arrivati da ogni parte della Sicilia.[10] I giornali dell'epoca scrissero che il suo successore come capo supremo della mafia fosseGiuseppe Genco Russo[11] ma oggi gli storici ritengono che questa carica non sia mai esistita e che Vizzini non fu il «capo dei capi» ma soltanto una figura carismatica all'interno dell'organizzazione.[6][7]

Influenza culturale

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Note

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  1. ^Fiorella Falci, Sessant'anni fa moriva don Calò Vizzini capomafia "contemporaneo";Il Fatto Nisseno p. 12-13 luglio 2014 Anno IV n. 31
  2. ^abcGIU' LE MANI, QUESTA È TUTTA ROBA DI DON CALO' daLa Repubblica del 17 agosto 1991
  3. ^Interrogatorio del collaboratore di giustizia Antonino Calderone (PDF), suarchiviopiolatorre.camera.it.
  4. ^abL' ULTIMO BRIGANTE VARSALONA, BANDITO E SEDUTTORE - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it.URL consultato il 20 marzo 2022.
  5. ^abcdefghijM. Pantaleone,Mafia e politica. 1943-1962, Torino, Einaudi, 1962.
  6. ^abcS. Lupo,Storia della mafia. Dalle origini ai nostri giorni, Roma, Donzelli, 1993.
  7. ^abcdeJ. Dickie,Cosa Nostra, Bari, Laterza, 2004.
  8. ^Memoriale trasmesso il 18 gennaio 1964 dalla federazione del PCI di Caltanissetta sulla mafia di Villalba e la mafia dei feudi - Documenti acquisiti dalla Commissione Parlamentare Antimafia VI LEGISLATURA (PDF).
  9. ^ Michele Curcuruto,I signori dello zolfo, Caltanissetta, Lussografica, 2001.
  10. ^abcM. Pantaleone,Il sasso in bocca, Bologna, Cappelli, 1970.
  11. ^abc Crescenzo Guarino,"Don Calò" capo della mafia e piantatore di lenticchie (PDF), inEpoca, 25 luglio 1954.URL consultato il 31 maggio 2023.
  12. ^ Giuseppe Speciale,La mafia ha tributato ieri a Villalba solenni onoranze funebri a don Calò Vizzini (PDF), sucultiemafie.uniroma2.it, L'Unità, 14 luglio 1954.URL consultato il 31 maggio 2023(archiviato dall'url originale il 2 novembre 2023).
  13. ^La mafia e la crociata del prefetto Mori Corriere della Sera 12 maggio 2001
  14. ^Puntata diLa Storia siamo noiArchiviato il 26 luglio 2011 inInternet Archive.
  15. ^Michele Pantaleone e Castrense Dadò (Nino Sorgi),Il generale mafia (Don Calò: vita di un “capo” inTutto sulla mafia, inchiesta a puntate),L’Ora, 17 ottobre 1958.
  16. ^Michele Pantaleone e Castrense Dadò (Nino Sorgi),E così fu fatto sindaco (Don Calò: vita di un “capo” inTutto sulla mafia, inchiesta a puntate),L'Ora, 20 ottobre 1958.
  17. ^DON CALO' E IL GENERALE PATTON - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 13 maggio 1992.URL consultato il 1º giugno 2023.
  18. ^La vera storia dello sbarco in Sicilia, suLa Stampa, 24 febbraio 2017.URL consultato il 25 marzo 2023.
  19. ^Mafia, suwww.treccani.it.URL consultato il 25 marzo 2023.
  20. ^Luigi Lumia, Villalba - Storia e memoria, Caltanissetta, Edizioni Lussografica, 1991.
  21. ^Qui l'anticrimine è Cosa nostra - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 24 febbraio 2003.URL consultato il 31 maggio 2023.
  22. ^Fotocopia del Rapporto Nester pubblicato sul« BORGHESE » N. 23 DEL 4 GIUGNO 1972 A PAGINA 327
  23. ^ Sen. Luigi Carraro,Capitolo I. La genesi della mafia (PDF), inRelazione conclusiva della Commissione Parlamentare Antimafia - VI LEGISLATURA.
  24. ^Page 75 - Notiziario 2019-4, suwww.carabinieri.it.URL consultato il 18 luglio 2023.
  25. ^Villalba e la «tentata strage» Pagina 35 diLa Sicilia del 5 agosto 2007
  26. ^Confermata la condanna ai mafiosi di Villalba (PDF), suarchivio.unita.news, L'Unità, 10 gennaio 1957.
  27. ^Villalba 1944 quando la mafia sparò su Li Causi e i suoi contadini - la Repubblica.it, suArchivio - la Repubblica.it, 16 settembre 2004.URL consultato il 31 maggio 2023.
  28. ^ Samuele Finetti,Dal primo giuramento del 1876 a Capaci, la storia di Cosa nostra attraverso l’archivio del «Corriere», suCorriere della Sera, 17 maggio 2022.URL consultato il 1º giugno 2023.
  29. ^I. Montanelli,Pantheon minore (Incontri), Milano, Longanesi, 1950.
  30. ^L. Barzini,Gli italiani. Virtù e vizi di un popolo, Milano, A. Mondadori, 1965.
  31. ^John Julius Norwich,Breve storia della Sicilia, Palermo,Sellerio, 2018.ISBN 978-88-389-3857-3.

Bibliografia

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