Ilcaliffato omayyade alla sua massima espansione geopolitica (metà VII-metà VIII secolo)
Espansione sotto Maometto, 622-632
Espansione durante il califfato dei Rāshidūn, 632-661
Espansione durante il califfato Omayyade, 661-750
Ilcaliffo (inaraboخليفة,khalīfa, ossia «vicario, reggente, facente funzione, successore, sostituto») è il nome dato a unsovranomusulmano che governa un regno chiamatocaliffato, cioè un monarca che pretende di essere il successore politico come «vice», il titolo cheAbū Bakr assunse quando succedette aMaometto come leader del dominio arabo musulmano nel 632.[1]
Costituisce la massima magistratura islamica (con una rilevanza eminentemente politica, anche se non esente da risvolti spirituali), ma non è prevista nelCorano e neanche nellaSunna di Maometto. Fu infatti realizzata in modo del tutto originale da alcuni fra i primissimicompagni di Maometto nella stessa giornata della sua morte, l'otto giugno632 (corrispondente al 13rabīʿ I dell'11 dell'egira).[2]
La parolakhalīfa compare con altro significato nellaSūra II ("al-baqara",versetto 28), che dice:
«Quando il tuo Signore disse agli angeli "in verità io sto per costituire in terra un vicario (khalīfa)", gli angeli risposero "costituirai tu in essa uno che porterà corruzione su di essa e spargerà il sangue, mentre noi celebriamo le tue lodi e esaltiamo la tua santità?"; Dio rispose "io in verità so ciò che voi non sapete".»
Anche in altra occasione la parola è usata, riferita al profetaDāwūd (XXXVIII:26):
«O David! Noi t'abbiam costruito Vicario sulla terra»
In entrambi i casi è del tutto evidente che il significato del terminekhalīfa è qui quello di "Vicario, luogotenente", non quello di "successore". Sarebbe considerato infatti assolutamente blasfemo nell'Islam che Maometto possa mai avere un suo successore nella profezia.[3]
Per evitare probabilmente che imusulmani diMedina (Anṣār) scegliessero come successore politico di Maometto uno tra di loro, un gruppo di musulmanimeccani (i cosiddetti "Emigranti"), che era giunto in città con l'egira, fra cuiAbū Bakr,ʿUmar b. al-Khaṭṭāb eAbū ʿUbayda b. al-Jarrāḥ, riuscì a far sì che a essere prescelto fosse Abū Bakr che - per essere stato il miglior amico di Maometto (di cui era quasi coetaneo) e verosimilmente il primo uomo convertitosi all'Islam - era generalmente assai apprezzato e che garantiva perciò una linea di comportamento in linea con quella messa in atto dal Profeta. L'espressione usata per indicarlo fu quindi "khalīfat rasūl Allāh" (vicario, o successore, dell'Inviato di Dio).
I primi quattro "successori dell'Inviato di Dio" sono detti i "ben guidati" dall'islam (il termine arabo è quello dirāshidūn). Essi regnarono daMedina e furono:
Abū Bakr, dettoal-Ṣiddīq, "Il grandemente veritiero" (632 -634)
I califfi successivi, della dinastiaomayyade-sufyanide diDamasco, debbono il loro nome al loro clan meccano di provenienza, quello dei Banū Umayya, e allakunya del padre del loro primo esponente. Essi furono:
Ufficialmente il califfatosunnita finì nel1258 quando iMongoli distrusseroBaghdad e misero a morte l'ultimo abbaside. Ufficiosamente il califfato continuò con i califfi della dinastiaabbaside delCairo, sotto il controllo deiMamelucchi, che furono:
Sulla questione del califfato (istituzione non contemplata dalCorano e dallaSunna), sulle sue prerogative e sulle condizioni necessarie per ricoprire quella che a tutti gli effetti è stata considerata, finché è esistita, la magistratura suprema islamica, sono stati scritti, fino a tutta l'età abbaside, vari trattati giuridici, dovuti (tra gli altri) alla penna di ʿAbd Allāh ibn Mubārak (m. 797), diMālik b. Anas, delQāḍī al-quḍāt (Gran Qadi)kufanoAbū Yūsuf (m. 798), da Abū ʿUbayd al-Qāsim ibn Sallām (m. 838), delQāḍī al-Nuʿmān (m. 974), delmalikitaIbn Abī Zayd al-Qayrawānī (m. 996), delhanbalitaIbn Baṭṭā (m. 997) o delhanafita al-Qudūrī (m. 1037).
Tra essi, quello considerato più autorevole, è il libro dial-Mawardi (m. 1058) degliAḥkām al-sulṭaniyya (Gli ordinamenti del potere). Secondo tale autore, le condizioni richieste per poter validamente accedere al califfato sono:
Appartenenza al sesso maschile
Pubertà del candidato
Sanità di mente e di corpo
Integrità morale, tale da rendere il candidato un testimonio valido secondo ildiritto islamico
Conoscenza media della legislazione coranica esciaraitica, pur senza eccellere rispetto agli specialisti
Tra gli obblighi cogenti vi è innanzi tutto la tutela dell'Islam in tutti i suoi aspetti (si parla dell'obbligo di garantire l'ʿibāda della comunità dei fedeli guidata dal califfo, cioè la doverosa venerazione dellaUmma all'unico Dio -Allāh-, e l'adozione di misure atte ad agevolarne e garantirne il culto e l'applicazione dellaLegge islamica a tutti i sudditi, musulmani o "protetti"). Un altro obbligo, da assolvere quando le condizioni lo consentano, è quello di organizzare e guidare (di persona, o per il tramite di suoi delegati) iljihād, sia difensivo (inDār al-Islām), sia offensivo (inDār al-Ḥarb), che, secondo Mawardī, può legittimare una conquista avvenuta senza autorizzazione, per il quale egli parla dell'imārat al-istīlāʾ.
Da notare che, per losciismo, iljihād per essere legalmente valido, deve essere sempre guidato dall'Imam della Comunità. Dal momento che, tanto per lo sciismoduodecimano, quanto per quelloismailitasettimano, l'Imam si è occultato agli occhi del mondo nelIX secolo, per manifestarsi solo in occasione della fine dei tempi, iljihād non ha quindi più alcuna possibilità di essere validamente proclamato (e tanto meno condotto) in contesto sciita duodecimano,[4] mentre le prerogative di quellofatimide coincidono con quellesunnite.[5],
Un califfato di grande importanza, antagonistico di quelli abbaside e omayyade andaluso, fu quello deiFatimidi, anche se i loro leader preferirono farsi chiamareimam (guida), in accordo anche con la tradizione dellosciismo cui appartenevano. In minor misura si può considerare califfato anche quello degliAlmohadi, che si facevano infatti chiamareamīr al-muʾminīn.
A spingerlo a una tale presa di posizione, palesemente in contrasto con la realtà dei fatti (che faceva invece giudicare perfettamente legittimo il "califfato ottomano" da gran parte del mondo islamicomaghrebino evicino-orientale), fu la recente conquista italiana dellaTripolitania e dellaCirenaicaottomane. Per rafforzare ulteriormente la corretta distinzione, da lui già fatta in un articolo, tra la figura del "Califfo" e quella del "Papa", al fine di convincere le autorità italiane dell'inopportunità di consentire alle popolazioni conquistate di seguitare a rivolgere nellemoschee la lorokhuṭba dellapreghiera del mezzodì del venerdì (jumūʿa) in onore delSultano ottomano, il cui titolo califfale era con goffo equivoco assimilato da Roma alla figura puramente religiosa del Pontefice romano, Nallino volle sottolineare come fosse illegittimo quel titolo califfale, senza voler tenere nel minimo conto il fatto che l'arabicità dei califfi fosse qualcosa da preferire, senza peraltro costituire un'ineludibile condizione (sharṭ) per ricoprire la dignità califfale,[7] come d'altronde precisato da chi - primo fra tuttial-Mawardi - si era occupato di descrivere le condizioni giuridiche e morali di unmusulmano per poter validamente assumere quella carica in base alla tradizione giuridica islamica.
L'ultimo califfo ottomano fu dichiarato decaduto da un'apposita Assemblea tenutasi ad Ankara il 3 marzo1924 su disposizione diMustafa Kemal Atatürk.
Nonostante la mobilitazione internazionale in difesa del califfato dell'Impero ottomano (che interessò ancheGandhi, allora alleato delMovimento Khalifat), laTurchia infatti aveva ormai imboccato la strada della costruzione di uno stato repubblicano laico.
In seguito all'abolizione delCaliffato da parte dellaTurchia moderna, una parte del mondo islamico sunnita pensò di poter riconoscere erede del Califfato islamico la Casa Reale egiziana, discendente diMehmet Ali (almeno finché essa ebbe voce in capitolo inArabia), mentre un'altra parte (basandosi sul fatto che la Famiglia Reale saudita rivendica il titolo onorifico di Custode delle due Città Sante di Mecca e Medina) giudica che un'eventuale rivendicazione saudita sarebbe perfettamente legittima. Esiste infine una corrente di pensiero che ritiene la famigliahascemita diGiordania e quella reale delMarocco siano in grado di rivendicare validamente la suprema dignità califfale, essendo i monarchi giordani discendenti delProfeta attraverso suo nipoteal-Husayn, mentre i sovrani marocchini lo sono attraverso l'altro nipoteal-Hasan. Quasi nessuno riconosce invece ormai plausibile l'ipotetico Califfato dei successori diAbdul Mejid II, di cui l'attuale pretendente èHarun Osman.
Va sottolineato che i fautori del ripristino del Califfato costituiscono un'esigua minoranza nel mondo islamico e gli stessi slogan lanciati in questo senso da alcune organizzazionifondamentaliste non hanno suscitato grande interesse e discussione a livello teoretico.[senza fonte]
Dal1969 i paesi musulmani fanno riferimento per la difesa dei valori dell'Islam all'associazioneOrganizzazione della cooperazione islamica (che alcuni considerano erede del califfato, con califfo il segretario generale).
Il 29 giugno2014 l'autoproclamatoStato Islamico ha riconosciutoAbu Bakr al-Baghdadi come suo velleitario califfo,[8] non riconosciuto come tale in alcuna istanza ufficiale dell'intero mondoislamico.
Il terminekhalīfa, nella sua accezione fondamentale di "vicario", è stato assai spesso impiegato per indicare i rappresentanti del sovrano in amministrazioni secondarie, identificando quella che cioè è la precipua funzione del "gerente" o del "deputato".
^L'espressioneKhalīfat rasūl Allāh ("successore dell'Inviato di Dio") lasciò il posto spesso in etàomayyade eabbaside a quella diKhalīfat Allāh, evidentemente nell'accezione non blasfema di "vicario di Dio", e fu impiegata nel corso dei secoli anche da altre dinastie islamiche.
^Claudio Lo Jacono,Storia del mondo islamico (VII-XVI secolo) 1.Il Vicino Oriente, Torino, Einaudi, 2002, pp. 39-40.
^Si vedaClaudio Lo Jacono,Storia del mondo islamico (VII-XVI secolo) I.Il Vicino oriente, Torino, Einaudi, 2003, p. 39.
^A. Morabia,Le Gihad dans l'Islam médiéval, p. 209.
^C. A. Nallino, "Appunti sulla natura del «Califfato» in genere e sul presunto «Califfato ottomano»", in: (a cura diMaria Nallino),Scritti editi e inediti, 6 voll., Roma,Istituto per l'Oriente, III, pp. 234–569.
^Non ultimo l'atteggiamento del grandegiurisperito eteologohanbalitaIbn Taymiyya (XIII secolo), che indicava come perfettamente plausibile e addirittura consigliabile che la dignità califfale fosse assegnata aiMamelucchi (di cui era suddito), che avevano sconfitto iMongoli nellabattaglia di Ayn Jalut, assolvendo alla condizione di condurre iljihād contro chi avesse aggredito laUmma islamica, come aveva in effetti fattoHulegu.
(AR) Abu al-Hasanal-Mawardi,Aḥkām al-sulṭaniyya wa l-wilāyat al-dīniyya. The Ordinances of Government, trad. Wafaa H. Wahba, Reading, Garret Publishing, 1996.
(AR)Ibn Taymiyya,al-Siyāsa al-sharʿiyya fī iṣlāḥ al-rāʿy wa l-raʿiyya, Il Cairo, Dār al-shaʿb, 1971.
(EN) Sir Thomas W. Arnold,The Caliphate, Oxford, 1924 (II ed. 1965, completata da Sylvia Haim).
(FR) Emile Tyan,Institutions du droit public musulman, I,Le califat, Parigi, 1954, II,Califat et sultanat, 1957.
(EN)W. M. Watt, "God's caliph. Qur'anic interpretation and Umayyad claims", in:Iran and Islam (ed.C. E. Bosworth), Edinburgh, 1971 pp. 565–74.
(EN)D. S. Margoliouth, "The sense of the title Khalifah", inA volume of oriental studies presented to E. G. Browne, ed. T. W. Arnold and R. A. Nicholson, Cambridge, 1922.
(FR) Rudi Paret, "Signification coranique dekhalīfa et d'autres derives de la racinekhalafa", inStudia islamica, xxxi, (1970), pp. 211–17
(EN)H. A. R. Gibb, "The heritage of Islam in the modern world", I, in:International Journal of Middle Eastern studies, 1 (1970), pp. 3–18.
(EN) --, "al-Mawardi's theory of the caliphate" in:Studies in the Civilization of Islam, ed. Stanford J. Shaw and William R. Polk, Boston, Beacon Press, 1962.
(EN)Patricia Crone -Martin Hinds,God's caliph. Religious Authority in the First Centuries of Islam, Cambridge, Cambridge University Press, 1986, pp. 157.