Statua delBuddha Shakyamuni situata nel monastero di Baolian, (isola diLantau, Hong Kong, Cina). Inaugurata il 29 dicembre 1993, alta oltre 26 metri, è una delle più grandi al mondo. La sua mano destra è sollevata nell'abhyamudrā, il "gesto di incoraggiamento" per invitare ad avvicinarsi; la mano sinistra è invece nelvaradamudrā, il "gesto di esaudimento", ovvero la disponibilità ad esaudire i desideri dei fedeli[1].Labandiera buddista.Ildharmacakra, simbolo dellareligione buddista.
Ilbuddismo obuddhismo (in sanscritoबुद्ध शासन,buddha-śāsana)[2][3][4][5] è una dellefilosofie religiose più antiche e diffuse al mondo. Originato dagli insegnamenti dell'asceta itinerante indianoSiddhārtha Gautama (VI,V sec. a.C.), comunemente si riassume nelle dottrine fondate sullequattro nobili verità (sanscrito:Catvāri-ārya-satyāni). Nel mondo ha tra i 350 e i 550 milioni di fedeli.
Con il terminebuddismo si indica quell'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato[6][7].
Sorto nel VI-V secolo a.C. come disciplina spirituale assunse nei secoli successivi i caratteri di dottrina filosofica e, secondo alcuni autori, di religione "ateistica"[8], intendendo con quest'ultimo termine non la negazione dell'esistenza degli dei (deva), quanto piuttosto il fatto che la devozione ad essi, fatto comunque considerato positivo, non condurrebbe alla liberazione ultima. Altri considerano i libri sacri buddisti (Canone pāli, Canone cinese e Canone tibetano) testi che non divinizzano SiddhārthaGautama Buddha sakyamuni maAdi-Buddha oBuddha eterno[9], concetti buddisti equivalenti aDio; tuttavia non è una concezione affine a quella della divinità in senso occidentale, quanto, nelbuddismoMahāyāna, il principio dellabuddhità, raffigurato a volte nelle figure deiBuddha comeVairocana oAmitabha, manifestatosi storicamente come Gautama.[10][11][12] Il Mahāyāna venera anche ibodhisattva, esseri vicini all'illuminazione.A partire dall'India il buddismo si diffuse nei secoli successivi soprattutto nelSud-est asiatico e inEstremo Oriente, giungendo, a partire dalXIX secolo, anche inOccidente.
Di seguito la classifica dei praticanti Buddisti per singolo paese:[13]
La parola buddismo fu introdotta inEuropa nelXIX secolo[14] per riferirsi a ciò che è correlabile agli insegnamenti diSiddhārtha Gautama in quantoBuddha. In realtà un'unica parola per esprimere questo concetto non esiste in nessuno dei paesi asiatici originari di tale tradizione religiosa.[15].
Originariamente "l'insegnamento del Buddha" si denominava comedharmaVinaya (pālidhamma-vinaya, cinese 法律fǎlǜ, giapponesehōritsu, tibetanochos 'dul ba, coreano 법률pŏmnyul, vietnamitaphật pháp), ma questa denominazione non ha avuto quella diffusione nelle lingue asiatiche diverse dalsanscrito quanto invece la denominazionebuddha-śāsana.
Altri termini sanscriti con cui viene indicato il buddismo, nella sua accezione di religione esposta dalBuddha Shakyamuni, sono:buddhânuśāsana,jinaśāsana,tathāgataśāsana,dharma,buddhânuśāsti,śāsana,śāstuḥ ma anchebuddha-dharma ebuddha-vacana.
Proselitismo buddista al tempo del reAśoka (260-218 a.C.), così come descritto dai suoi editti.
La storia del buddismo inizia nel VI-V secolo a.C., con la predicazione diSiddhārtha Gautama. Nel lungo periodo della sua esistenza, la religione si è evoluta adattandosi ai vari Paesi, epoche e culture che ha attraversato, aggiungendo alla sua originale improntaindiana elementi culturaliellenistici, dell'Asia Centrale, dell'Estremo Oriente e delSud-Est Asiatico; la sua diffusione geografica fu considerevole al punto da aver influenzato in diverse epoche storiche gran parte delcontinente asiatico. La storia del buddismo, come quella delle maggiori religioni, è anche caratterizzata da numerose correnti di pensiero e divisioni, con la formazione di varie scuole; tra queste, le più importanti esistenti sono la scuolaTheravāda, le scuole delMahāyāna e le scuoleVajrayāna.
Questo è, sempre secondo la tradizione, il primo discorso delBuddha, tenuto nel parco delle gazzelle nei pressi diSarnath vicinoVaranasi (detta ancheBenares) nel528 a.C. ai suoiprimi cinque discepoli, all'età di 35 anni, dopo che nei pressi del villaggio diBodhgaya, nell'odierno Stato delBihar, aveva raggiunto il risveglio spirituale.
Questo discorso è quindi anche detto il "Discorso di Benares", fondamentale per il buddismo, che da esso prende le mosse, tanto da essere considerato l'evento che dà inizio aldharma, ossia la dottrina buddista. La ricorrenza di questo evento è celebrata nei paesi di tradizionetheravāda con la festa diĀsāḷha Pūjā. Da altri è invece considerato il punto d'inizio della primacomunità buddista, formata proprio da quei cinque asceti che lo avevano abbandonato anni prima sfiduciati, dopo essere stati a lungo suoi discepoli.
In questo discorso si identifica il buddismo come "la via di mezzo" (sanscritomadhyamā pratipadā,pālimajjhimā pāṭipadā) in cui si riconosce che la retta condotta risiede nella linea mediana di condotta di vita evitando tanto gli eccessi e gli assolutismi, quanto il lassismo e l'individualismo.
Nell'esposizione di questo insegnamento ilBuddha enuncia lequattro nobili verità, frutto del proprio risveglio spirituale testé raggiunto, che contemplano l'aspetto pratico della condotta di vita e della pratica spirituale buddista nel cosiddettoNobile ottuplice sentiero, che costituisce il secondo cardine dottrinale del buddismo.
I punti salienti della visione buddista della "realtà percettiva" indirizzata dall'insegnamento del Buddha, sono:
La dottrina della sofferenza oduḥkha (sans.,dukkha, pāli), ossia che tutti gli aggregati (fisici o mentali) sono causa di sofferenza qualora li si voglia trattenere ed essi cessino, oppure si voglia separarsene ed essi permangano.
La dottrina dell'impermanenza oanitya (sans.,anicca, pāli), ossia che tutto quanto è composto di aggregati (fisici o mentali) è soggetto alla nascita ed è quindi soggetto a decadenza ed estinzione con la decadenza ed estinzione degli aggregati che lo sostengono;
La dottrina dell'assenza di unio eterno e immutabile, la cosiddetta dottrina dell'anātman (sans.,anattā, pāli) come conseguenza di unariflessione sui due punti precedenti.
Tale visione è integrata nella:
Dottrina dellacoproduzione condizionata (sans.pratītyasamutpāda, pālipaṭiccasamuppāda), ossia del meccanismo di causa ed effetto che lega gli esseri alle illusioni e agli attaccamenti che costituiscono la base della sofferenza esistenziale;
Dottrina dellavacuità (sans.śunyātā, pāli:suññatā) che insiste sull'inesistenza di una proprietà intrinseca nei composti e nei processi che formano la realtà e sulla strettainterdipendenza degli stessi.
Un elemento importante del buddismo, riportato in tutti iCanoni, è la conferma dell'esistenza delle divinità come già proclamate dalla letteraturareligiosa vedica (ideva, tuttavia, nel buddismo sono sottomessi alla legge delkarma e la loro esistenza è condizionata dalsaṃsāra). Così nelMajjhima Nikāya 100 II-212[19] dove al brahmano Sangarava che gli chiedeva se esistessero iDeva, il Buddha storico rispose: «I Deva esistono! È questo un fatto che io ho riconosciuto e su cui tutto il mondo è d'accordo». Sempre nei testi che raccolgono i suoi insegnamenti, testi riconosciuti tra i più antichi in assoluto e conservati sia nelCanone pāli che nelCanone cinese e che la storiografia contemporanea inquadra nel termineĀgama-Nikāya, il Buddha storico consiglia a duebrāhmaṇa che, dopo aver dato da mangiare a uomini santi, si debba dedicare questa azione alle divinità (deva) locali che restituiranno l'onore concesso loro assicurando il benessere dell'individuo (Digha-nikāya, 2,88-89[20]). È evidente, a partire da questi due antichi brani, la certezza da parte del Buddha storico che le divinità esistessero e andassero onorate. A differenza, tuttavia, delle altre correnti religiose dell'epoca, il Buddha ritiene che le divinità non possano offrire all'uomo la salvezza dalsaṃsāra, né un significato ultimo della propria esistenza. Va precisato, peraltro, che non esiste, né è mai esistita alcuna scuola buddista al mondo che affermi, o abbia affermato, l'inesistenza delle divinità. Tuttavia la totale mancanza di centralità delle divinità nelle pratiche religiose e nelle dottrine buddiste di tutte le epoche ha fatto considerare, da parte di alcuni studiosi contemporanei, il buddismo come una religione 'atea'[21].
A questo quadro dottrinario, proprio delbuddismo dei Nikāya e delbuddismoTheravāda, ilbuddismoMahāyāna aggiunge le dottrine esposte neiPrajñāpāramitā sūtra e nelSutra del loto. All'interno di questi insegnamenti la dottrina dellavacuità (sans.śunyātā) acquisisce un ruolo assolutamente centrale in quanto rende correlate, nella Realtà assoluta, tutte le altre realtà e dottrine. Questa unificazione nellavacuità, ovvero di privazione di sostanzialità inerente, fa dichiarare al patriarca del Mahāyāna,Nāgārjuna:
(sanscrito) «na saṃsārasya nirvāṇāt kiṃcid asti viśeṣaṇam na nirvāṇasya saṃsārāt kiṃcid asti viśeṣaṇam nirvāṇasya ca yā koṭiḥ koṭiḥ saṃsaraṇasya ca na tayor antaraṃ kiṃcit susūkṣmam api vidyate»
(italiano) «Ilsaṃsāra è in nulla differente dalnirvāṇa. Il nirvāṇa è in nulla differente dal saṃsāra. I confini del nirvāṇa sono i confini del saṃsāra. Tra questi due non c'è alcuna differenza.»
«A beneficio di chi cercava di diventare unascoltatore della voce, il Buddha rispondeva esponendo la Legge delle Quattro Nobili Verità così che potesse trascendere nascita, vecchiaia, malattia e morte e ottenere il nirvana. A beneficio di chi cercava di diventarepratyekabuddha rispondeva la Legge delladodecupla catena di causalità. A beneficio delbodhisattva rispondeva esponendo le seipāramitā, facendo ottenere loro l'anuttarā-samyak-saṃbodhi e acquisire la saggezza onnicomprensiva[22].»
Questa presentazione dellequattro nobili verità nella parte più antica delSutra del Loto indica che, secondo le dottrine esposte in questo Sutra e attribuite da questo testo allo stessoBuddha Śākyamuni, tale dottrina non esaurisce l'insegnamento buddista il quale deve invece mirare all'anuttara-samyak-sambodhi ovvero all'illuminazione profonda e non limitarsi alnirvāṇa generato dalla comprensione delle quattro nobili verità. Nel suo complesso anche ilSutra del Loto non insiste sulle dottrine delduḥkha (la sofferenza, la prima delle quattro nobili verità) e dell'anitya (impermanenza dei fenomeni) quanto piuttosto su quelle dell'anātman e dellośūnyatā (assenza di sostanzialità inerente a tutti i fenomeni). IlDharma esposto nei primi 14 capitoli del Sutra del Loto corrisponde alla verità dell'apparire dei fenomeni secondo la causazione che segue le dieci condizioni (o "talità",sanscritotathata) descritte nelII capitolo delSutra. IlDharma profondo è quindi nella comprensione della causa dei fenomeni; la realizzazione spirituale, labodhi profonda (l'anuttarā-samyak-saṃbodhi), consiste nel comprendere questa "causa" dell'esistere, mentre la verità della sofferenza (duḥkha), come anche la dottrina dell'anitya, implica solo un giudizio. NelSutra del Loto non viene quindi enfatizzata la verità della sofferenza contenuta nelle quattro nobili verità. Ecco perché quando il Buddha è sollecitato a insegnare la Legge "profonda" (nel II capitolo) non la esprime con la dottrina delle quattro nobili verità (considerata nelSutra come dottrinahīnayāna) ma la esprime secondo le dieci talità (o condizioni,sanscritotathātā, dottrinamahāyāna)[23].
La terza grande corrente del buddismo esistente in epoca contemporanea, la correnteVajrayāna (Veicolo del diamante), è essa stessa uno sviluppo delbuddismo Mahāyāna. Alle dottrine proprie delMahāyāna quali ad esempio lavacuità (śunyātā),karuṇā, labodhicitta ilVajrayāna aggiunge, allo scopo di poter realizzare "in questo corpo e in questa vita" l'"illuminazione profonda", alcuni insegnamenti "segreti" denominati cometantra e riportati nella propria letteratura religiosa.
Fra i testi più antichi del buddismo si annoverano i cosiddetticanoni: ilCanone pāli (oPāli Tipitaka), ilCanone cinese (incinese:大藏經T, Dàzàng jīngP), e ilCanone tibetano (composto dalKangyur e dalTenjur) così denominati in base alla lingua degli scritti.
Ilmonaco buddista tibetano Geshe Konchog Wangdu legge dei sutra da una vecchia edizione xilografica del Kanjur.
IlCanone pāli è proprio delbuddismo Theravāda, e si compone di trepiṭaka, o canestri successivamente raccolti in 57 volumi: ilVinaya Piṭaka, o canestro della disciplina, con le regole di vita dei monaci; ilSutta Piṭaka o canestro della dottrina, con i sermoni del Buddha; infine l'Abhidhamma Piṭaka o canestro dellafenomenologia in ambito cosmologico, psicologico e metafisico, che raccoglie gli approfondimenti alla dottrina esposta nelSutta Piṭaka.
IlCanone cinese si compone di 2.184 testi a cui vanno aggiunti 3.136 supplementi tutti raccolti successivamente in una edizione in 85 volumi.
IlCanone tibetano si suddivide in due raccolte, ilKangyur (composto da 600 testi, in 98 volumi, riporta discorsi attribuiti alBuddha Shakyamuni) e ilTanjur (Raccolta, in 224 volumi, di 3.626 testi tra commentari e insegnamenti).
Parte dei Canoni cinese e tibetano si rifanno ad un precedente Canone tradotto insanscrito ibrido sotto l'Impero Kushan e poi andato in buona parte perduto. Questi due Canoni furono adottati dalla tradizioneMahāyāna che prevalse sia in Cina che in Tibet. IlCanone sanscrito riportava tutti i testi delle differenti antiche scuole e dei differenti insegnamenti presenti nell'Impero Kushan. La traduzione di tutte queste opere dalle originali lingue pracritiche a quella sanscrita (una sorta di lingua dotta 'internazionale' come lo fu il latino nel Medioevo europeo) fu voluta dagli stessi imperatorikushan. Buona parte di questi testi furono successivamente trasferiti in Tibet e in Cina sia da missionari kushani (ma anche persiani,sogdiani ekhotanesi), sia riportati in patria da pellegrini. Da segnalare che le regole monastiche (Vinaya) delle scuole presenti in Tibet e in Cina derivano da due antichissime scuole indiane (vedibuddismo dei Nikāya), rispettivamente dallaMūlasarvāstivāda e dallaDharmaguptaka.
Il buddismo nacque inIndia, paese d'origine, approssimativamente attorno al VI secolo a.C. Tuttavia, durante più di 1500 anni di storia il buddhismo indiano ha sviluppato indirizzi e interpretazioni diverse, anche estremamente complesse. Lo sviluppo di tale complessità si rese necessario con il continuo confronto dottrinale sia all'esterno delle Comunità monastiche con le scuolebrahmaniche ejaina, sia all'interno delle stesse per svelare progressivamente gli insegnamenti (soprattutto i cosiddetti "inesprimibili",sanscritoavyākṛtavastūni) contenuti negli antichiĀgama-Nikāya. Le scuole nate nel sub-continente indiano nel corso di questi 1500 anni di storia sono suddivisibili in tre gruppi:
buddismoMahāyāna o del «Grande Veicolo», sviluppatosi a partire da alcune comunità buddiste antiche ma con l'accoglimento degli insegnamenti riportati neiPrajñāpāramitā Sūtra e delSutra del Loto. Buona parte del buddismo indiano a partire dalII secolo fino alla sua scomparsa è rappresentato o influenzato da questa corrente, in seno alla quale meritano particolare menzione gli indirizziMadhyamaka,Cittamātra e ilbuddismoVajrayāna. La quasi totalità delle differenti scuole presenti in Estremo Oriente appartengono a questo Veicolo.
Ilbuddismo tantrico è anch'essoMahāyāna, e rappresenta la controparte buddista di un fenomeno più ampio nelle religioni dell'India, iltantrismo, che ha influenzato anche l'Induismo. Si sviluppò in seno alBuddismo Mahāyāna e ne influenzò profondamente la pratica, almeno dalVI secolo in poi. Anche noto comeMantrayāna, la sua forma più organizzata è più conosciuta comeBuddismo Vajrayāna o Veicolo del Diamante. Antiche cronache del buddismo come la "Storia dell'avvento del dharma in India" (tib.rGyar-gar chos-'byung) redatta nel 1608 dallo storico tibetanoTāranātha Kunga Nyingpo attestano che, almeno dalX secolo, i centri universitari buddisti inIndia dispensavano soprattutto insegnamentitantrici. Pressoché tutte le scuole tibetane, ma anche diverse scuole estremo-orientali come la giapponeseShingon, appartengono a questa tradizione.
^«Dal n. diBudda, lett. "lo svegliato, l'illuminato" (Buddháh, dal part. pass. sans. dibódhati), soprannome del fondatore del buddismo», termine presente in italiano già nel 1839 (Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Zanichelli) e preferibile alla grafia non adattata per i dizionariTreccani,Sabatini-Coletti,De Mauro,Garzanti,Gabrielli, Zingarelli 1995, Devoto-Oli 2006/2007. In alcune enciclopedie si trova invece "buddismo", fra queste la Zanichelli, l'Enciclopedia UTET/La Repubblica, l'Enciclopedia Rizzoli Larousse (che nella voce generalista inserisce ambedue, ma nei lemmi di approfondimento preferisce la grafia con l'h), l'Enciclopedia Einaudi, nonché nelle enciclopedie e dizionari specialistici della materia, come ilDizionario di Buddismo Milano, Bruno Mondadori, 2003;Dizionario della Saggezza Orientale Milano, Mondadori, 2007;Buddismo,Enciclopedia delle Religioni a cura di Mircea Eliade, Milano, Jaca Book, 2004;Buddismo Milano, Electa, 2005;Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche Roma, Rai;Enciclopedia di Filosofia Milano, Garzanti, 1985;Dizionario di Filosofia Milano, Rizzoli, 1976;Enciclopedia delle Religioni Milano, Garzanti, 1996;Dizionario delle Religioni orientali Milano, Vallardi, 1993;Dizionario di Sapienza orientale Roma, Edizioni Mediterranee, 1985;Dizionario del buddismo Milano, Garzanti, 1994;Dizionario delle Mitologie e Religioni Milano, Rizzoli, 1989;Immagini Buddiste, Dizionario iconografico del Buddismo Roma, Mediterranee, 1986;Dizionario buddista Roma, Ubaldini, 1981;Dizionario delle opere filosofiche Milano, Bruno Mondadori, 2000;Dizionario letterario Bompiani delle opere e dei personaggi di tutti i tempi Milano, Bompiani, 1947;Cronologia universale Torino, UTET, 2002;Enciclopedia Universale dell'Arte, Istituto per la Collaborazione Culturale, Venezia-Roma, parte editoriale a cura della Casa Editrice G. C. Sansoni, Firenze, 1958, quindi Casa Editrice Sadea, Firenze, 1971 e Roma, 1976, quindi Istituto Geografico De Agostini SpA, Novara, 1980; tranne ilDizionario del Buddismo, Esperia, Milano, 2006 e l'enciclopedia Treccani che riporta ambedue le grafie.
^Per quanto controversa la nozione direligione è ormai da decenni universalmente applicata al buddismo, anche se alcuni praticanti occidentali ne contestano l'attribuzione, ma come notaLionel Obadia:
«Dall'Ottocento agli inizi del Novecento uno dei tratti più costanti delle interpretazioni del buddismo consiste nel non riconoscergli lo statuto di religione. Questo argomento, uno dei temi classici dell'orientalismo erudito ottocentesco, si ripresenta con forza alla fine del Novecento per giustificare il successo del buddismo nelle società occidentali moderne. La sua trasfigurazione in una "non-religione" si spiega in primo luogo con la conoscenza parziale e selettiva che gli occidentali ne avevano (e ne hanno tuttora) [...].»
(Lionel Obadia.Il buddismo in Occidente. Bologna, Mulino, 2009, pag.45.)
^«La nozione di "buddismo" che poi raggruppa un insieme assai articolato d'indirizzi dottrinali in competizione tra loro, privilegia indebitamente ciò che li accomuna rispetto a ciò che costituisce la loro peculiarità, dando l'impressione erronea che si tratti di un movimento unitario piuttosto che di un fascio di numerose scuole divergenti (i cosiddetti nidāna, infelicemente resi con "sètte" nella letteratura corrente) come è invece il caso.» (M. Piantelli,Il buddismo indiano, inBuddismo, a cura di Giovanni Filoramo. Bari, Editori Laterza, 2007, pag.5)
^Frank E. Reynolds e Charles Hallisey, inBuddismo Enciclopedia delle Religioni, diretta da Mircea Eliade. Milano, Città Nuova-Jaca Book, 1986, pag. 67-68.
^Cfr. Hōseki Shinichi Hisamatsu,Una religione senza dio. Genova, il Melangolo, 1996.
^Michio T. Shinozaki.Op. cit. pag. 88-9; Yoshiro Tamura,The Lotus Sūtra, tr. ingl. di Gene Reeves, Michio T. Shinozaki, Chuo Koron shuppannsha, Tokyo, 1969, pag. 93
^Il primo a utilizzare il termine "buddismo" (bouddisme) fu lo storico francese Michel-Jean-François Ozeray (1764-1859) nellaRecherches sur Buddou ou Bouddou, instituteur religieux de l'Asie orientale, pubblicata nel 1817.
^«Il concetto di Buddismo fu creato circa tre secoli fa per indicare una tradizione religiosa panasiatica risalente a circa 2.500 anni fa.», Frank E. Reynolds e Charles Hallisey inBuddhism: An Overview,Encyclopedia of Religion, USA, Mc Millian References, 1994, anche Second Edition 2005, Vol. II pag. 1087.
^Vi sono molti termini sanscriti e pāli che indicano questo stato di "risveglio spirituale". Il più comune èbodhi (sia sanscrito che pāli). In cinese viene reso con 菩提pútí (giapp.bodai, cor.boje). Una resa ben più antica di questa è 道 (dào giapp.dō, cor.to, che significa anche "Via"). Successivo invece è 覺 (jué ojiǎo, giapp.kaku ogaku, cor.kak okyo). Da ricordare anche 三菩提 (sānpútí, che indica ilsanscritosaṃbodhi, giapp.sanbodai, cor.samboje tibetanordzogs par byang chub pa), Molto utilizzato nelle scuole delBuddismo Zen è 悟 (wù, giapp.satori ogo, cor.o) che attiene tuttavia maggiormente al significato di "comprensione della Realtà"; peraltro il termine giapponesesatori deriva dal verbosatoru che significa "conoscere", "comprendere". Sempre in questa scuola un utilizzo più vicino alsanscritobodhi è certamentekenshō (見性, cin.jiànxìng, cor.kyeonseong) nel suo significato di "guardare la propria natura di Buddha" (ovvero attualizzare la propria natura "illuminata"). Intibetanobodhi è reso conbyang chub.
^Da tenere presente che i due testi appartengono a due scuole differenti delBuddismo dei Nikāya. Il primo appartiene alla scuola cingaleseTheravāda e proviene, probabilmente, dalla scuola indianaVibhajyavāda; il secondo appartiene invece alla scuolaMulasarvāstivāda che deriva a sua volta dalla scuolaSarvāstivāda.
^Hoseki Schinichi Hisamatsu,Una religione senza Dio. Satori e ateismo Roma, Il Nuovo Melangolo, 1996.
^Sutra del Loto ( tr. Burton Watson, Milano, Esperia, 1997), pag. 16
^Cfr., tra gli altri, John Ross Carter.Quattro nobili verità-Interpretazioni del Mahāyāna. InEncyclopedia of Religion, vol. 5. NY, MacMillan, 2004, pagg. 3179 e segg.
Giovanni Filoramo (a cura di), Mario Piantelli, Ramon N. Prats, Erich Zürcher, Pier Paolo Del Campana, Heinz Beckert,Martin Baumann,Buddhismo, Bari, Laterza, 2007,ISBN978-88-420-8363-4.
Richard H. Robinson, Willard L. Johnson,La religione buddhista, Roma, Ubaldini, 1998,ISBN88-340-1268-2.
Henri-Charles Puech (a cura di), Giuseppe Tucci, André Bareau, Anne Marie Blondeau, Paul Demiéville, Gaston Renondau, Bernard Frank, Pierre Bernard Lafont, Mauro Bergonzi,Storia del Buddhismo, Bari, Laterza, 1984.
Sono i testi ritenuti canonici da tutte le scuole buddhiste. Occorre ricordare che la scuolaTheravāda considera "canoniche" solo le opere contenute nelCanone pāli.
Nyanaponika Thera.Il cuore della meditazione buddhista, Roma, Ubaldini Editore, 1978.
La Rivelazione del Buddha - I testi antichi, Raniero Gnoli (a cura di), Milano, Mondadori, 2001,ISBN88-04-47898-5.
Contiene una selezione di scritti dalCanone pāli, dalCanone tibetano nonché unsūtra, loŚālistambasūtra, scoperto agli inizi dello scorso secolo nelGilgit.
Sutra del Loto, introduzione di Francesco Sferra, traduzione dal sanscrito e note di Luciana Meazza, Milano, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2001,ISBN978-88-17-12704-2.
IlSutra del Diamante, la cerca del paradiso, traduzione dal sanscrito, commento e note di Mauricio Y. Marassi, Genova-Milano, Marietti, 2011,ISBN978-88-211-6517-7.
I libri buddhisti della sapienza, introduzione di Edward Conze, Roma, Ubaldini, 1976.
Mauricio Y. Marassi, Gennaro Iorio,La via libera. Etica buddista e etica occidentale, Stella del Mattino editore, 2013,ISBN978-88-908401-0-4.
Mauricio Y. Marassi,Il Buddismo mahāyāna attraverso i luoghi, i tempi e le culture. L'India e cenni sul Tibet, Genova-Milano, Marietti, 2006,ISBN88-211-6549-3.
Mauricio Y. Marassi,Il Buddismo mahāyāna attraverso i luoghi, i tempi e le culture. La Cina, Genova-Milano, Marietti, 2009,ISBN978-88-211-6533-7.
Lama Ole Nydahl,Buddhismo della Via di Diamante, Mediterranee, 2000.
Giangiorgio Pasqualotto,Illuminismo e illuminazione. La ragione occidentale e gli insegnamenti del Buddha, Roma, Donzelli, 1997,ISBN88-7989-349-1.
Mario Piantelli,Il Buddhismo Indiano, inStoria delle religioni - 4. Religioni dell'India e dell'Estremo Oriente, Giovanni Filoramo (a cura di), Roma-Bari, Laterza, 1996, pp. 275-368.
(EN) Joseph M. Kitagawa, Hajime Nakamura, Donald S. Lopez, Frank E. Reynolds, Giuseppe Tucci e David Llewelyn Snellgrove,Buddhism, suEnciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.