Le briofite sono generalmente caratterizzate da tessuti vascolari non lignificati: l'assorbimento ed il trasporto dell'acqua e dei soluti necessari avviene generalmente percapillarità e interessa tutta la superficie della pianta. In alcune specie sono presenti dei cordoni dicellule con funzione conduttrice: queste strutture non sono molto efficaci e sono prive di funzione di sostegno[2]. La mancanza di un sistema di conduzione impedisce lo sviluppo in altezza: le briofite sono piante di dimensioni piuttosto ridotte e con crescita generalmente orizzontale.
I particolari adattamenti sviluppati dalle briofite sia a livello vegetativo che a livello riproduttivo sono di grande interesse per comprendere lo studio dell'evoluzione delle piante terrestri[3].
Le briofite differiscono dallepiante vascolari (Tracheophyta) perché mancano di strutture vascolari completamente differenziate elignificate[4][5]. La mancanza di tessuti di trasporto limita le dimensioni delle briofite: l'altezza è inferiore nella maggior parte delle specie a 6 centimetri. La più grande briofita conosciuta è un muschio dell'Australia e dellaNuova Zelanda:Dawsonia superba. Questa specie raggiunge i 75 centimetri di altezza. Le più piccole briofite hanno invece dimensioni inferiori al millimetro.
L'assorbimento e il trasporto dell'acqua e dei soluti avvengono soprattutto percapillarità e interessano tutta la superficie della pianta. In alcune specie sono presenti delle strutture per il trasporto dell'acqua, note comeidroidi eleptoidi, analoghe ai tessuti vascolarixilema efloema ma comunque mai lignificati (quindi privi di funzione di sostegno) e meno efficaci nel trasporto idrico.[4]
Al pari delle tracheofite, i muschi sono dotati difoglie, in genere composte da un unico strato di cellule, dotate dicloroplasti, disposte radialmente attorno a unfusticino.[4]
I muschi possono essere divisi per forma di crescita in due grandi gruppi:acrocarpi epleurocarpi. La distinzione è basata principalmente sulla posizione dellosporofito: nei muschi acrocarpi gli sporofiti sono terminali, ossia, portati all'estremità dei fusticini. Nei pleurocarpi gli sporofiti sono su brevi rametti laterali. Inoltre le colonie di muschi acrocarpi sono generalmente poco ramificate e i singoligametofiti hanno portamento eretto mentre i pleurocarpi hanno fusticini molto ramificati e con portamento per lo più strisciante.
I muschi possono essere distinti dalle epatiche (Marchantiophyta) e dalle antocerote (Anthocerotophyta) per una serie di caratteristichegametofitiche esporofitiche.[4] Il ciclo ontogenetico delle briofite èaplodiplonte, caratterizzato cioè dall'alternanza di due fasi, unaaploide, ilgametofito, che produce igameti, ed unadiploide, losporofito, che produce lespore. Lo sporofito non è autonomo ma vive a spese del gametofitofotosintetizzante. Da unaspora unicellulareaploide (meiospora) si sviluppa lo stadio giovanile della pianta, ilprotonema, con dimensioni diverse a seconda delle specie. Sul protonema, aploide, si formano delle gemme da cui si sviluppano i gametofiti che a maturità portano igametangi (archegoni e anteridi) che contengono rispettivamente igameti femminili e maschili. Grazie alla presenza di acqua i gameti maschili raggiungono il gamete femminile rimasto all'interno dell'archegonio. Qui avviene lagamia con conseguente sviluppo dell'embrionediploide. Dall'embrione, contenuto e nutrito nell'archegonio (che fa parte del gametofito) si sviluppa lo sporofito adulto di norma non autonomo.
Sullo sporofito, all'interno dello sporangio, avviene lameiosi, con dimezzamento del numerocromosomico, e si originano le meiospore. In ambiente adatto le spore arrivano agerminazione, dando il via al ripetersi del ciclo vitale.
Lo sporofito è generalmente formato da unpiede, da unaseta e da unacapsula:[4][5]
Ilpiede è una struttura inserita nel ventre dell'archegonio: la sua funzione è quella di permettere il passaggio delle sostanze nutrienti.
Laseta è un peduncolo non ramificato che consente lo sviluppo in altezza dello sporofito, favorendo la dispersione delle spore.
Lacapsula è costituita essenzialmente dallosporangio, al cui interno si formano le spore aploidi. Nei muschi la capsula può contenere qualche milione di spore. A maturità la capsula si apre con meccanismi a controllo generalmenteigroscopico, rilasciando le spore da cui avrà inizio la successiva generazione. Lo sporangio è avvolto da una guaina protettiva dettacaliptra, originante dal ventre dell'archegonio, che si distacca quando lo sporangio è maturo, favorendo il rilascio delle spore. All'apice dello sporangio è presente unopercolo, che a maturità si distacca esponendo ilperistoma, una struttura formata da due anelli concentrici di denti che facilitano la dispersione delle spore. Sulla parete dello sporangio sono presenti deglistomi, strutture cellulari in grado di regolare gli scambi gassosi e limitare latraspirazione, presenti anche nelle piante superiori.
Anche se di struttura molto semplice, le briofite hanno sviluppato notevolistrategie adattative che hanno permesso loro di colonizzare i più disparatihabitat e sopravvivere nelle condizioni più estreme. Sono diffuse dagli ambienti fortemente illuminati a quelli in piena ombra, dagli ambienti aridi a quelli acquatici, con alcune specie che vivono sommerse, inacqua dolce, anche a profondità notevoli. Neiclimi alpini epolari, assieme ailicheni, costituiscono la vegetazione dominante. Nellezone temperate sono una componente fondamentale delsottobosco delleforeste, ma è nelleforeste tropicali che si osserva la maggiorebiodiversità. Neiclimi aridi e semiaridi le specie crescono in zone dove si creanomicroclimi più favorevoli, come le fessure delle rocce o luoghi generalmente ombreggiati.
Requisito fondamentale per la crescita delle briofite è la presenza diacqua o comunque di condizioni diumidità . Alcune specie resistono in maniera particolare al disseccamento e alle alte temperature grazie ad una serie diadattamenti che consentono di ridurre l'evaporazione dell'acqua.
Le briofite sonoorganismi pionieri in grado di colonizzare nuovi habitat, essendo capaci di crescere su substrati rocciosi nudi, avviando il processo di formazione delsuolo. Alcune specie, come le specie del genereFunaria, sono in grado di crescere su terreni bruciati dagliincendi.
Ilsubstrato di crescita preferito è rappresentato dal terreno, dove spesso le briofite crescono sui resti di loro precedenti generazioni o di altre piante; altri substrati comuni sono le rocce nude (epilitiche), tronchi e rami di albero (epifite), la superficie delle foglie (epifille).
La fase dominante del ciclo vitale delle briofite è rappresentata dalgametofito. Questo è in grado di svolgere lafotosintesi clorofilliana ed è quindi indipendente da un punto di vista nutrizionale. Losporofito può invece essere fotosintetico o meno: in ogni caso è sempre dipendente dal gametofito e rimane stabilmente attaccato ad esso.
Lo sporofito produce permeiosi dellespore unicellulariaploidi (meiospore). Queste spore possono restarequiescenti per lungo tempo prima in attesa delle condizioni ottimali per la germinazione. Al momento della germinazione dalle spore si sviluppa una struttura filamentosa e scarsamente differenziata dettaprotonema. Successivamente dal protonema si sviluppa il gametofito adulto. Sul gametofito sono presenti delle strutture piliformi, uni- o pluricellulari, dette rizoidi. La funzione dei rizoidi è quella di ancorare il gametofilo al substrato. In molte specie i gametofiti sonomicorrizzati[6].
Sul gametofito si differenziano gli organi sessuali ogametangi. Il gametangio femminile è dettoarchegonio mentre quello maschile è chiamatoanteridio. Esistono briofiteomotalliche omonoiche e briofiteeterotalliche odioiche. Nelle prime i gametofiti portano archegoni e anteridi sullo stesso individuo; nelle seconde esistono individui che portano l'archegonio ed altre che portano gli anteridi.
Nell'archegonio è contenuta una sola cellula uovo. L'archegonio ha la forma di un fiasco, con un collo allungato ed una base rigonfia dettaventre: è in questa parte che è conservata la cellula uovo.
Nell'anteridio sono prodotti un grande numero digameti maschili dotati di due flagelli. Alla maturità, i gameti maschili sono liberati e, sfruttando un velo d'acqua, raggiungono l'archegonio, attratti da stimoli di natura chimica. La necessità della presenza di un velo d'acqua per consentire la sopravvivenza del gamete maschile fuori dell'anteridio e durante il suo percorso fino all'archegonio è uno dei fattori che limitano la diffusione delle briofite ad ambienti umidi. Una volta giunti all'archegonio, i gameti maschili penetrano al suo interno attraverso il collo: il loro ingresso determina la produzione di una sostanza gelatinosa. Questa sostanza permette l'arrivo del gamete maschile nel ventre, dove ha luogo lafecondazione.
Lozigote risultante dalla fecondazione ed il successivoembrione crescono nell'archegonio. Dall'embrione si sviluppa quindi lo sporofito adulto.
Di alcune specie di briofite non si conosce lo sporofito: si tratta probabilmente di specie che hanno perso la capacità di riprodursi per via sessuata.
Nelle briofite ogni gametofito è aploide: ogni anno forma quindi gameti concorredo genetico sempre identico. Nelle briofite omotalliche è molto probabile inoltre che i gameti maschili fecondino archegoni del medesimo gametofito generando sporofitiomozigotici. Queste condizioni determinano una grande limitazione nella possibilità di insorgenza di nuovi caratteri: in questi casi l'unica possibilità di comparsa di nuovi caratteri è legata amutazioni spontanee.
Le briofite possono riprodursi anche pervia asessuata (o agamica) per frammentazione del tallo o attraverso legemme. Queste ultime sono contenute, in alcune specie, in apposite strutture a forma di piccola scodella disposte sulla superficie del gametofito.
Le testimonianze fossili riconducibili alle Briofite sono molto povere[7]. Una delle difficoltà maggiori nel riconoscimento delle briofite nei fossili è la mancata conservazione degli sporofiti e la somiglianza dei gametofiti ad alcune piante vascolari. Le prime testimonianze di muschi risalgono alPermiano (299-251 Ma).La maggior parte dei fossili di briofite è riconducibile all'Eocene (55,8-33,9 Ma). Si tratta di piante conservate in ambra con strutture molto simili a quelle attuali, tanto da permettere il riconoscimento di molte delle specie conservate. Analogo discorso per le briofite fossili risalenti alPaleogene e all'Neogene: anche in questo caso è possibile il riconoscimento della maggior parte delle specie[8]. Le linee evolutive interne alle briofite sono quindi nate e stabilizzate in epoca molto antica.
La classificazione tradizionale includeva nella divisioneBryophyta (sensu lato):
i muschi propriamente detti (classeBryopsida), con oltre 11.000 specie, sono il gruppo più diffuso. Hannotallocormoide con fusticino e foglioline spesso pluristratificate
le epatiche (classeMarchantiopsida), con oltre 7.000 specie, con predilezione per gli ambienti umidi. Mancano del protonema, hanno rizoidi unicellulari, capsula più semplice senza columella, tra le meiospore sviluppo degli elateri per favorire la dispersione delle spore.
le antocerote (classeAnthocerotopsida), con circa 200 specie. Hannotallo rugoso gametifitico, formato da sottili lamine, gametofito con cloroplasto e stomi, con piede che fora lo sporofito, non completamente autonomo.
Esistono due probabili ipotesi sulla storiaevolutiva delle piante terrestri:[senza fonte]
Secondo la prima ipotesi, leepatiche furono le prime a divergere, seguite dalleantocerote, mentre i muschi sono relativamente più vicini al gruppo dellepolisporangiate. Nel secondo schema sono invece le antocerote a divergere per prima, seguite dallepiante vascolari, mentre muschi ed epatiche sono filogeneticamente più vicini.
Secondo le più recenti check-list[10][11] la flora italiana comprende 1130 briofite. La particolare ricchezza di questa flora è evidente se si considera che in Europa sono segnalate 1690 briofite[12]. La particolare ricchezza della flora briologica italiana è dovuta alla sua posizione geografica ed alla variabilità dei suoi ambienti.
Esiste (o esisteva) il reliquato di unaspecie fossile, presente sino all'ultima glaciazione: laPaludella squarrosa, nella palude diSanta Caterina di Valfurva. Sino ai primianni ottanta essa era presente su una superficie di qualche metro quadrato, in mezzo aglisfagni. Da quegli anni non se ne ha più notizia, ma l'edilizia turistica che è avanzata occupando lapalude può aver ormai cancellato definitivamente la sua esistenza.[13]
^Questi cordoni sono formati da cellule mancanti a maturità di protoplasma e circondate da altre cellule con nuclei degenerati e pareti trasversali perforate.
^abcdef(EN)Bryophyta, suIntroduction to Bryophytes, University of British Columbia.URL consultato il 2 aprile 2024.
^abc Dia M.G, Aiello P.,Generalità sulle briofite, inGuida illustrata ai muschi della Sicilia, Palermo, Epos, 2000, p. 17,ISBN978-8883021428.
^Per approfondire la relazione funghi/briofite vedi: Pressel S., Bidartondo M. I., Ligrone R. & J. G. Duckett, 2009: Fungal symbyoses in bryophytes: New insights in the Twenty First Century. Phytotaxa 9: 238-253. Consultabile all'indirizzo:http://www.mapress.com/phytotaxa/content/2010/f/pt00009p253.pdf (Verificato il 4 dicembre 2011).
^Smoot E. L. & T. N. Tayolor, 1986:Structurally preserved fossil plants from Antarctica: II. A Permian moss from the Transantartic Mountains. American Journal of Botany 73 (12): 1683-1691. Consultabile all'indirizzo:Copia archiviata (PDF), supaleobotany.bio.ku.edu.URL consultato il 3 dicembre 2011(archiviato dall'url originale il 18 giugno 2010). (Verificato il 4 dicembre 2011).
^Aleffi M. & R. Schumacher, 1995:Check-list and red-list of the liveworths (Marchantiophyta) and hornworts (Anthrocerotophyta) of Italy. Flora Mediterranea 5: 73-161.
^Cortini Pedrotti C., 2001:New Check-list of the Mosses of Italy. Flora Mediterranea 11: 23-107. Consultabile all'indirizzo:http://www.herbmedit.org/flora/11-023.pdf (verificato il 2 dicembre 2011).
(EN)A Classification of the Bryophytes, suThe Bryophyte Nomenclator - A comprehensive classification for 114,097 bryophyte names.URL consultato il 10 febbraio 2024.
(EN)Introduction to Bryophytes, sublogs.ubc.ca, University of British Columbia, Canada.URL consultato il 22 febbraio 2024.
Glime J. M., 2006:Bryophyte Ecology. Volume 1. Physiological Ecology. Sponsored by Michigan Technological University;Botanical Society of America, International Association of Bryologists. Published on-line:http://www.bryoecol.mtu.edu/ (verificato il 2 dicembre 2011).
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Konrat M. von, Shaw A. J. & K. S. Renzaglia (eds), 2010:Bryophytes: The closest living relatives of early land plants. Phytotaxa 9: 1-278. Consultabile all'indirizzo:http://www.mapress.com/phytotaxa/content/2010/pt00009.htm (Verificato il 4 dicembre 2011).