Brunhilde Pomsel (Berlino,11 gennaio1911 –Monaco di Baviera,27 gennaio2017) fu la segretaria personale delMinistro della propagandaJoseph Goebbels durante gli ultimi anni dellaseconda guerra mondiale.
È stata una delle ultime testimoni ancora in vita del regime nazista[1].
Nata a Berlino nel 1911, Pomsel lavorò per alcuni anni come segretaria e stenografa per un avvocato ebreo e per un membro del partito nazista, prima di ottenere un lavoro come segretaria per il dipartimento dell'informazione del neonatoTerzo Reich nel 1933[2]. Nel 1942, su raccomandazione di un amico, fu trasferita alReichsministerium für Volksaufklärung und Propaganda, dove divenne la segretaria personale diJoseph Goebbels fino alla morte di questi nel 1945[3]. La donna tuttavia ha sempre negato categoricamente di essere stata a conoscenza dell'esistenza deicampi di concentramento nazisti e dell'olocausto. Pomsel trascorse gli ultimi giorni di guerra con il suo datore di lavoro nel bunker in cuiHitler si suicidò, così come fece lo stesso Goebbels dopo aver ucciso i sei figli e la moglie[4][5]. Dopo lacaduta di Berlino la donna fu arrestata dalCommissariato del popolo per gli affari interni e passò i successivi cinque anni come prigioniera nelcampo di concentramento di Buchenwald, alGedenkstätte Berlin-Hohenschönhausen e nelcampo di concentramento di Sachsenhausen, prima di essere rilasciata nel 1950[6].
Dopo la liberazione, Pomsel si trasferì nellaGermania Ovest e tornò a lavorare come segretaria, prima aBaden-Baden e poi per l'ARD aMonaco, dove rimase fino al pensionamento nel 1971. In occasione del suo centesimo compleanno nel 2011 la Pomsel, una delle ultime testimoni delregime nazista, parlò per la prima volta apertamente contro Goebbels e cinque anni dopo un documentario sulle sue esperienze con il regime, intitolatoA German Life, fu presentato al Filmfest München[1]. Oltre ad aver sempre negato di aver svolto una qualsiasi parte nel compimento dellashoah, dichiarandosi più volte completamente all'oscuro di quanto stesse succedendo, Brunhilde Pomsel ha spesso dichiarato anche di non provare sensi di colpa o rimorso per quanto accadde, ritenendo di essere tanto colpevole quanto il resto del popolo tedesco[7][8][9].