IlDeep Sea Drilling Project (DSDP) è stato un progetto scientifico diperforazione oceanica realizzato dal 1968 al 1983. Alla conclusione del progetto i dati provenienti dalla ricerca sono ora conservati presso laTexas A&M University, anche se il programma originariamente fu coordinato dalloScripps Institution of Oceanography presso l'Università della California, San Diego.
Il DSDP ha fornito dati cruciali a supporto di quella che era l'ipotesi dell'espansione dei fondali marini e ha contribuito a confermare la teoria dellatettonica a placche. Il DSDP è stato il primo di tre programmi scientifici internazionali di perforazione oceanica, che si sono succeduti nel tempo, per un lasso di tempo operativo da oltre 40 anni. Al DSDP seguì l'Ocean Drilling Program (ODP) nel 1985, quindi l'Integrated Ocean Drilling Program nel 2004 e infine l'International Ocean Discovery Program iniziato nel 2013.[1]
Il DSDP nacque da un contratto tra laNational Science Foundation (NSF) e l'Università della California firmato il 24 giugno 1966. Questo contratto diede inizio alla prima fase del DSDP, che ebbe sede a San Diego presso lo Scripps Institution of Oceanography dell'Università della California. Le operazioni di perforazione furono eseguite dalla società Global Marine, Inc., al tempo una delle maggiori offshore drilling company. La Levingston Shipbuilding Company costruì e varò laGlomar Challenger il 18 ottobre 1967 adOrange, inTexas[2]; dopo il varo la nave navigò lungo il fiumeSabine fino alGolfo del Messico e, dopo un periodo di collaudo, il DSDP prese possesso della nave l'11 agosto 1968.[1]
La NSF sostenne la struttura di consulenza scientifica per il progetto e finanziò le indagini geofisiche del siti preliminari alla perforazione attraverso contratti con la Joint Oceanographic Institutions (JOI). La pianificazione scientifica fu condotta sotto gli auspici delJoint Oceanographic Institutions for Deep Earth Sampling (JOIDES), il cui gruppo consultivo era composto da 250 illustri scienziati provenienti da istituzioni accademiche, da agenzie governative e dall'industria privata di tutto il mondo. Nei successivi 30 mesi, la seconda fase consistette in perforazioni ecarotaggi negli oceaniAtlantico,Pacifico eIndiano, nonché nelMediterraneo e nelMar Rosso. Questa seconda fase del DSDP si concluse l'11 agosto 1972.[3]
Il successo di queste attività di ricerca fu quasi immediato. In uno dei siti con una profondità d'acqua di 1 067 m (3 501 piedi), i campioni dicarotaggio rivelarono l'esistenza didiapiri salini. Le compagnie petrolifere ricevettero i campioni delle rocce solo dopo aver concordato di pubblicare i risultati delle loro analisi. Tutt'ora il potenziale del petrolio che si trova al di sotto di questi diapiri degli oceani profondi rimane un'importante risorsa per lo sviluppo commerciale.[4][1]
Per quanto riguarda l'esplorazione scientifica, una delle scoperte più importanti avvenne quando furono perforati 17 pozzi in 10 siti diversi lungo ladorsale oceanica tra ilSud America e l'Africa. I campioni di carote recuperati fornirono una forte prova delladeriva dei continenti e del rinnovamento delfondale marino nelle zone di rift.[5] Questa conferma della teoria della deriva dei continenti diAlfred Wegener rafforzò l'ipotesi dell'esistenza nel passato di un'unica, antica massa continentale, chiamataPangea. I campioni fornirono ulteriori prove a sostegno dellateoria della tettonica a placche, che all'epoca iniziava a spiegare laformazione delle catene montuose, deiterremoti e dellefosse oceaniche.[6] Un'altra scoperta fu lo scoprire quanto sia giovane ilfondale oceanico rispetto alla storia geologica della Terra: dopo l'analisi dei campioni, gli scienziati conclusero che il fondale oceanico probabilmente non è più vecchio di 200 milioni di anni[7][1]; questo dato è da confrontare con l'età di 4,5 miliardi di anni della Terra .
La International Phase of Ocean Drilling (IPOD) iniziò nel 1975 quando laRepubblica Federale di Germania, ilGiappone, ilRegno Unito, l'Unione Sovietica e laFrancia si unirono agliStati Uniti nel lavoro sul campo a bordo delGlomar Challenger e nella ricerca scientifica post-crociera.[8] La nave Glomar Challenger compì l'ultima operazione del DSDP nel novembre 1983, prima di essere smantellata. Componenti della nave, come il sistema di posizionamento dinamico, il telegrafo del motore e la console dei propulsori, sono ad oggi conservate presso loSmithsonian Institution diWashington, DC. Con l'avvento di nuove navi da perforazione più grandi e avanzate, laJOIDES Resolution sostituì laGlomar Challenger nel gennaio 1985. Il nuovo programma di esplorazione oceanica, denominatoOcean Drilling Program (ODP), continuò l'esplorazione dal 1985 al 2003, anno in cui fu sostituito dall'Integrated Ocean Drilling Program (IODP).[1]
L'attività dellaGlomar Challenger ha segnato notevoli progressi nelle perforazioni in acque profonde. Un problema risolto fu quello della sostituzione degli scalpelli di perforazione usurati.[2] alla testa della batteria di perforazione, considerando che la lunghezza delle aste di perforazione sospese dalla nave fino al fondo del mare avrebbe potuto essere lunga fino a 6 243 m (20 483 piedi). La profondità massima di crosta oceanica perforata, misurata a partire dal fondale oceanico è stata pari a 1 299 m (4 262 piedi). Per sostituire lo scalpello, è necessario sollevare fino alla superficie tutta la colonna di perforazione, applicare un nuovo scalpello e riavvitare la colonna delle aste di perforazione ridiscendendola al fondo; tuttavia, per fare questa manovra occorre, una volta che la batteria sia arrivata sul fondale marino, imboccare nuovamente con la batteria di perforazione il tratto dello stesso foro del pozzo già perforato. La tecnica per questo imbocco fu provata il 14 giugno 1970, nell'Oceano Atlantico a 3 000 m (10 000 piedi) di acqua al largo della costa diNew York. Il rientro nel foro fu effettuato trovando l'imboccatura con l'uso di apparecchiature di scansionesonar e di un cono di rientro che aveva un diametro di 5 m (16 piedi) e altezza di 4,3 m (14 piedi) posato sul fondale e centrato sul foro.[2]
Un importante progresso tecnologico è stato l'utilizzo scientifico, prolungato nel tempo, dei fori dopo la perforazione.[9] Durante e dopo la perforazione sono state effettuate misurazionigeofisiche egeochimiche e, occasionalmente, nei fori sono stati installati dispositivi di monitoraggiosismico a lungo termine; questo migliorò la comprensione dei processi dinamici coinvolti nellatettonica a placche del tempo. Un altro progresso tecnologico ha riguardato l'introduzione nel 1979 del carotiere a pistoneidraulico (HPC[10]), il quale ha permesso il recupero dicarote di sedimenti inconsolidati praticamente indisturbate.[11] Ciò ha migliorato notevolmente la capacità degli scienziati di studiare gli antichi ambienti oceanici.
Dall'11 agosto 1968 all'11 novembre 1983, il Glomar Challenger ha raggiunto i seguenti traguardi:
| Lunghezza totale perforata sotto il fondale marino | 325 548 m (1 068 071 piedi) |
| Lunghezza intervallo totale carotato | 170 043 m (557 884 piedi) |
| Lunghezza totale di frammenti di carote recuperati e immagazzinati | 97 056 m (318 425 piedi) |
| Percentuale di recupero di roccia carotata | 57% |
| Numero di carote recuperate | 19.119 |
| Numero di siti indagati | 624 |
| Numero di spedizioni completate | 96 |
| Penetrazione più profonda sotto il fondale oceanico | 1 741 m (5 712 piedi) |
| Massima penetrazione nella crosta basaltica | 1 080 m (3 540 piedi) |
| Profondità massima | 7 044 m (23 110 piedi) |
| Distanza percorsa totale | 375 632 miglia nautiche (695 670 km) |
La nave perforava per intervalli di carote lunghi 9,1 metri (30 ft) con un diametro di 6,4 cm (2,5 pollici). Questi campioni sono conservati in tre depositi negli Stati Uniti, in Germania e in Giappone. Una metà di ogni campione è chiamatametà archivio e viene conservata per usi futuri, mentre la metà operativa di ogni nucleo viene utilizzata per fornire campioni per la ricerca scientifica in corso.[9]
I risultati scientifici sono stati pubblicati in volumi come "Initial Reports of the Deep Sea Drilling Project", che contiene i risultati degli studi sul materiale del nucleo recuperato e le informazioni geofisiche associate dalle spedizioni dal 1968 al 1983.[12] Questi rapporti descrivono i materiali di base e i dati scientifici ottenuti in mare e nei laboratori a terra dopo la crociera. Questi volumi sono stati originariamente preparati per la NSF su contratto con loScripps Institution of Oceanography dell'Università della California. Nel 2007, i libri stampati sono stati scansionati e preparati per la presentazione elettronica dal College of Geosciences dellaTexas A&M University.[12]
Il DSDP completò quattro programmi di perforazione: le tratte 28, 29, 35 e 36 attorno all'Antartide durante quattroestati australi, 1972/73, 1973/74, 1974/75 e 1975/76. Questi programmi si concentrarono su due obiettivi principali: i cambiamenti paleoclimatici globali delCenozoico e i movimenti tettonici delle placche attorno all'Antartide.[13][14][15] Furono perforati complessivamente 15 pozzi attorno al continente antartico, di cui 4 nelMare di Ross, 5 sui margini continentali, 2 nella pianura abissale e 4 lungo ladorsale indiana sud-orientale, tra cui il Sito 270 perforato alla latitudine più alta (77° 26.45′ S).[13][N 1] Le analisi dei dati raccolti con le perforazioni hanno prodotto i seguenti risultati:
Prima di questo programma di perforazione in acque profonde, l'età delbasalto oceanico era stimata in base alleanomalie magnetiche generate nel centro di espansione man mano che il fondale marino si allontanava. Poiché i sedimenti immediatamente sovrastanti il basalto dovrebbero avere età simili a quella delle bande magnetiche, furono carotati per determinarne l'età e questa fu confermata dalle analisimicropaleontologiche dei sedimenti basali campionati sopra i basalti penetrati. Queste analisi confermano inoltre che l'Australia si è separata dall'Antartide 85 milioni di anni fa.[16][17][13][N 2]
Sulla base di uno studio delpaleosuolo, lapiattaforma di Ross iniziò ad abbassarsi sotto il livello del mare circa 25 milioni di anni fa, nell'Oligocene; ciò suggerisce che i ghiacciai antartici avanzarono fino alla piattaforma del Mare di Ross.[18][19] Questa età è coerente con la datazione della superficie didiscordanza osservata nei profili sismici. Questa discordanza è stata attribuita all'erosione del ghiacciaio durante l'avanzamento verso la zona costiera. Anche lo sviluppo della corrente circumantartica ebbe inizio nell'Oligocene.[14][20] Inoltre, le perforazioni in terraferma attorno al Mare di Ross e sulla Penisola Antartica confermano che la calotta glaciale antartica esisteva già almeno dall’Oligocene.[21][22]
La presenza nei sedimenti marini pelagici di detriti rocciosi trasportati dal ghiaccio è un'indicazione della presenza diiceberg. Pertanto, il verificarsi di un evento precoce alle alte latitudini potrebbe rivelare l'inizio delleglaciazioni a livello del mare. Va sottolineato che vi sono fattori che influenzano la distribuzione dei detriti trasportati dai ghiacci, come lecorrenti oceaniche e le temperature dell'acqua del mare in prossimità della superficie; pertanto, nei siti campionati, il momento in cui si osserva il detrito più antico dovrebbe essere considerato come l'età minima per l'esistenza del rafting con ghiaccio. Le indagini sui detriti trasportati dal ghiaccio concludono ragionevolmente che la calotta glaciale antartica ha avuto inizio almeno 25 milioni di anni fa e si è accumulata a circa 4,5 milioni di anni fa, come dimostrato appunto dai detriti trasportati dal ghiaccio che si trovano più lontano dal continente.[14][N 3][N 4][N 5][23][24]
Questa interpretazione della storia della glaciazione antartica, basata sui sedimenti marini, è stata successivamente supportata dallo studio sulla terraferma della penisola antartica[25] e dai risultati dei carotaggi attorno alla piattaforma di ghiaccioMcMurdo.[26][27]
I datimicropaleontologici provenienti dai sedimenti dei fondali marini attorno al margine continentale antartico indicano che almeno dalla fine dell'Oligocene fino all'inizio delMiocene le acque superficiali erano relativamente fredde. Con il continuo trend di raffreddamento, la massa d'acqua fredda si espanse gradualmente verso nord fino all'inizio delPliocene, durante il quale un episodio di raffreddamento intensificato determinò un minimo di temperatura, come evidenziato dallo spostamento verso nord del confine tra facies silicea e carbonatica dei sedimenti pelagici. Questa deduzione è simile alla conclusione basata sugli studi sui detriti classificati come ghiaccio.[28][29]
Le temperature superficiali desunte dalle analisi degliisotopi di ossigeno ecarbonio deiforaminiferibentonici eplanctonici nei sedimenti marini ad alte latitudini mostrano un raffreddamento generale continuo fin dall'inizio dell'Eocene, con un calo significativo della temperatura al confine tra Oligocene ed Eocene. Questa temperatura superficiale dell'acqua sembra indicare che probabilmente a quel tempo la calotta glaciale antartica raggiungeva già la costa. I ghiacciai del continente ad altitudini più elevate, tuttavia, potrebbero aver iniziato a crescere fin dall'inizio dell'Eocene.[30]