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Bozorg Alavi

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Bozorg Alavi

Bozorg Alavi (Teheran,2 febbraio1904Berlino,18 febbraio1997) è stato unpolitico,scrittore etraduttoreiraniano. Uno dei maggiori esponenti dellaletteratura persiana del XX secolo, di cui è considerato uno dei principali prosatori, visse la maggior parte della propria vita in esilio, in quanto oppositore prima delloScià e poi degliAyatollah.[1]

Proveniente da una famiglia di forte orientamento socialista, Alavi studiò in Germania e fu tra i principali fondatori del comunismo persiano. Rientrato in Iran, divenne rapidamente uno dei maggiori esponenti del mondo socioculturale persiano, ma nel 1937 fu incarcerato dal governo repressivo diReza Shah Pahlavi con l'accusa di diffondere il marxismo e fu coinvolto nelprocesso dei 53. Liberato nel 1941, fu tra i fondatori delPartito Iraniano del Tudeh, ma nuovi rivolgimenti politici lo costrinsero infine all'esilio perpetuo nel 1953. Rifugiatosi inGermania Est, da lì continuò a scrivere opere divulgative in tedesco e di narrativa in persiano. Dopo la caduta dello Scià e larivoluzione iraniana del 1979, scelse di non rientrare in Iran, prendendo le distanze anche dal nuovo governo islamico e scampando così ad una nuova repressione. Morì nel 1997.

Biografia

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Origini e formazione

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Bozorg Alavi nacque aTeheran nel 1904, terzo di sei figli diAbul Hassan Alavi, influente commerciante ed editore che dal 1906 avrebbe partecipato allarivoluzione costituzionale persiana.[2][3] Data la turbolenza dell'Iran post-rivoluzionario, il padre fuggì inGermania, e dopo alcuni anni riuscì a far emigrare anche la famiglia.[1] Nel 1922, com'era uso per le famiglie iraniane più ricche e influenti,[4] assieme al fratello maggioreMorteza Bozorg iniziò a studiare inEuropa, accasandosi aBerlino.[1][2] Nella capitale tedesca stabilì proficui contatti socioculturali con la locale comunità persiana, mantenendosi come traduttore daltedesco alpersiano.[3][5][6][7]

Durante il soggiorno berlinese conobbeSadegh Hedayat, che influenzò molto il suo stile letterario, e a sua volta Alavi lo influenzò;[3] altra conoscenza fu l'ideologoTaqi Arani, che lo avrebbe avvicinato all'ideologia diKarl Marx.[7] Negli anni successivi il padre andò in bancarotta e si suicidò nel 1927;[1] mancando ulteriore sostegno economico, i figli lasciarono la Germania. Il fratello Morteza si trasferì inUnione Sovietica, finendo vittima dellegrandi purghe e morendo in ungulag[6] nonostante fosse comunista convinto e avesse rappresentato gli studenti iraniani all'Internazionale Comunista,[2] rimanendo uno dei principali punti di riferimento del comunismo persiano prima dellaseconda guerra mondiale.[1][7]

Gli anni in Iran

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Dopo il suicidio del padre Bozorg Alavi lavorò per un breve periodo all'ambasciata iraniana a Berlino, poi per mancanza di fondi rientrò in Iran,[1] insegnando tedesco prima aShiraz e poi al College Industriale della capitale e avvicinandosi ai circolisocialisti persiani, di cui presto divenne uno dei maggiori esponenti.[2][8] Pur criticando anche aspramente il governo repressivo diReza Shah Pahlavi, in seguito gli riconobbe il merito di aver promosso in quegli anni la creazione di una moderna letteratura nazionale, di cui lo stesso Alavi sarebbe stato un notevole esponente.[8] Nel 1928 tornò brevemente in Germania per laurearsi inpsicologia all'Università di Monaco;[1] nello stesso anno cominciò la traduzione in persiano deLa Pulzella d'Orléans diFriedrich Schiller, edito nel 1933 con prefazione dell'amico Hedayat.[1] In questi anni mantenne frequenti contatti soprattutto con Taqi Arani, con cui lesse a fondoIl Capitale di Marx, divenendo a sua volta comunista convinto.[7] Assieme ad Arani nel 1933 fondò il giornaleDonyā, di orientamento marxista, dove pubblicò brani tradotti diStefan Zweig.[1] A causa delle precarie condizioni economiche, Alavi spesso non rifiutava anche incarichi come semplice interprete, come quando nel 1934 guidò un ricercatore tedesco nella regione diGilan; da quest'esperienza trasse uno dei suoi più famosi racconti,Gilamard ("L'uomo di Gilan").[1] Neglianni 1930 fece il suo esordio letterario, pubblicando brevi racconti di ispirazioneromantica sulla rivistaParvareš; essi, considerati da Alavi come prove troppo acerbe, non furono poi mai più ripubblicati.[1] Continuò anche la sua attività di traduttore, trasponendo in persianoLa professione della signora Warren diGeorge Bernard Shaw e alcuni saggi sull'epica iraniana diTheodor Nöldeke.[1] Nel 1936 sposò la prima moglie, Gita, che tuttavia avrebbe chiesto e ottenuto il divorzio durante la sua prigionia nel 1939.[1]

Temendo la sua influenza, Alavi fu tra le 53 personalità arrestate nel 1937 dalla polizia diReza Shah Pahlavi con l'accusa di diffondere ilcomunismo.[1][3][5][6] A imitazione dellegrandi purghe staliniane del periodo, i 53furono processati assieme e pubblicamente nel novembre 1938.[9] Fu condannato a sette anni di carcere, ma fu rilasciato anticipatamente nel 1941 dopo l'invasione anglo-sovietica dell'Iran (mentre l'amico e maestro Arani era morto in prigionia nel 1940, forse assassinato dalla polizia dello Scià).[1][3] Durante la prigionia tenne un memoriale,Panjāh va seh nafar ("I 53"), dove descriveva la vita quotidiana da reclusi di sé e dei suoi compagni e che fu pubblicato subito dopo il suo rilascio.[1][2][10] Derivata dalla stessa esperienza fu anche la raccolta di raccontiVaraq-pārahā-yē zendān.[3][5] Buona parte dei suoi scritti risalenti al periodo della prigionia furono poi raccolti nel lavoro biograficoThe Prison Papers of Bozorg Alavi: A Literary Odyssey (1985).[3][5] Dopo la scarcerazione, sposò la cugina Fatima Alavi, che gli diede l'unico figlio Mani.[1]

Durante l'occupazione anglo-sovietica dell'Iran Alavi si avvicinò ai russi, fondando con altri ilPartito Iraniano del Tudeh di orientamentomarxista-leninista e filo-sovietico.[2][3][6][11] Disilluso tuttavia dalla vita politica, già nel 1942 abbandonò la direzione del Tudeh per dedicarsi a un'intensa attività di giornalismo e propaganda, impiegato dall'ambiasciata britannica di Teheran e dalla Società Culturale Sovietico-Persiana.[1] Per un periodo fu l'editore diMardom, il giornale ufficiale del partito.[3] Ricevette quindi il permesso di visitare l'Unione Sovietica, nella fattispecie laRepubblica Socialista Sovietica Uzbeka, esperienza che descrisse nel resocontoGli Uzbechi.[1][5] Nel 1946 organizzò il primo Congresso degli Scrittori iraniani,[4][6][8] per poi dedicarsi alla traduzione in persiano di svariati autori comeJohn Boynton Priestley,Anton Čechov eMaksim Gor'kij. Nel 1948 completò e pubblicò la prima traduzione completa del trattato sull'epica iranianaDas Iranische Nationalepos diTheodor Nöldeke, lavoro che lo teneva impegnato fin dai primi anni 1930.[1] Nel 1949 il Partito del Tudeh fu messo fuorilegge dal nuovo governo fedele allo Scià e i suoi capi arrestati; Alavi riuscì a fuggire e rimase latitante per un certo tempo, venendo comunque condannato a una nuova lunga pena detentiva incontumacia.[12] Nonostante la turbolenta vita politica, tra la fine deglianni 1940 e l'inizio deglianni 1950 divenne uno dei principali letterati iraniani, pubblicando nel 1952 la seconda raccolta di racconti,Nāmahʾhā ("Lettere"), e poco dopo il romanzoI suoi occhi, la sua opera più nota.[3][5][6] Il romanzo riscosse molto successo ma, paradossalmente, fu criticato dai conservatori per il forte sottotono filo-comunista e dai comunisti per la presenza di troppi personaggi positivi non appartenenti al proletariato.[1]

L'esilio in Germania

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La salita al potere del nazionalistaMohammed Mossadeq, che rinnegò parte delle politiche repressive volute dallo Scià,[13] permise ad Alavi di tornare a far parte della vita politica senza rischiare il carcere.[14] A seguito delcolpo di Stato in Iran del 1953 e la deposizione del governo nazionalista di Mossadeq appoggiata dallo Scià,[15] Alavi, che allora si trovava in visita inGermania Est, decise di non rientrare in patria e di andare in esilio volontario, divenendo professore all'Università Humboldt di Berlino.[1][3][5][6] Fu nuovamente colpito da condanne in contumacia, e per i successivi decenni non poté quindi rientrare in patria; non lasciò mai la Germania, compiendo solamente un viaggio aMosca nel 1957.[1] Nel 1956 si sposò per la terza e ultima volta con la tedesca Gertrude Kapoetke.[1]

Il ritorno in Europa fu fondamentale per la sua maturazione artistica, poiché in questi anni approfondì lo studio dellapsicanalisi e delle opere diSigmund Freud, a cui era già stato introdotto dai suoi amici Hedayat e Arani.[1] Nel 1964 pubblicò quindi la raccolta di raccontiChamadān ("Il bagaglio"), dove gli influssi freudiani sul suo stile erano piuttosto evidenti; la raccolta era stata già edita nel 1936 in Iran, ma aveva subito forti rimaneggiamenti.[3] Negli stessi anni scrisse anche opere divulgative in tedesco sull'Iran e sulla sua storia, contribuendo anche alla stesura del primo vocabolario onnicomprensivo tedesco-persiano, edito nel 1965.[1][5][6] Nel 1969 si ritirò dall'insegnamento e andò in pensione.[1] Nel mentre in patria le sue opere furono bandite dal nuovo governo dello Scià, e rimasero fuorilegge fino al 1979.[1]

Nonostante la lontananza dalla patria, le sue opere continuarono a diffondersi clandestinamente in Iran, tanto che nel 1978 vi fu edito un nuovo romanzo,Salariha, e una nuova raccolta di racconti,Mirza.[3] Continuò a risiedere in Germania fino allarivoluzione iraniana del 1979, quando poté brevemente tornare in patria. Il rapido avvento del governo repressivo degliAyatollah spinse tuttavia Alavi a tornare nuovamente in esilio, rimanendo in Germania fino alla propria morte nel 1997.[3][5][6] Negli ultimi anni si prodigò nel diffondere in Germania l'opera di Hedayat e divenne anche redattore dell'Encyclopædia Iranica.[1]

Pensiero politico

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Le principali influenze sul pensiero politico di Bozorg Alavi giunsero dal padre Abul Hassan,socialista, e poi soprattutto dal fratelloMorteza e dall'amicoTaqi Arani, comunisti convinti.[1] Pur aderendo all'ideologia comunista (anche se non necessariamente allostalinismo dominante della prima metà del Novecento) Alavi esprimeva spesso ideenazionaliste (influenzato in questo indirettamente daReza Shah Pahlavi, che pure avversava),[8] propugnando la sovranità iraniana contro le ingerenze straniere, specialmente delRegno Unito, all'epoca molto interessato ad assoggettare informalmente l'Iran,[1] e soprattutto le convinzionimaterialiste già espresse da Arani.[1] Nei suoi ultimi anni tuttavia Alavi rinnegò del tutto il passato nazionalismo (si distingue per questo il raccontoDiv... div...)[8] e si rimproverò l'eccessivo zelo politico, ritenendo che esso avesse in parte sminuito le sue capacità letterarie («Non mi portò da nessuna parte... Mi intralciò nell'essere scrittore»).[1]

Oltre all'avversione per il governo autoritario dello Scià, Alavi, pur dicendosimusulmano sciita, diffidò sempre degliAyatollah fin dalla sua entrata in politica neglianni 1930, opponendosi agli eccessi del tradizionalismo e del fanatismo religioso.[8] Mentre la maggior parte dei comunisti iraniani supportò l'alleanza con gli Ayatollah e gli islamisti dopo la rivoluzione del 1979, Alavi si mantenne molto più cauto e non rientrò in Iran che per breve tempo, intuendo la deriva autoritaria e sanguinaria che avrebbe preso il governo diRuhollah Khomeini e scegliendo quindi di rimanere in esilio in Germania, scampando così alla dura repressione islamista che avrebbe finito con l'eliminare molti dei restanti imputati delprocesso dei 53.[8]

Stile e temi

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Nelle sue opere, come ad esempio il suo romanzo più notoI suoi occhi, Alavi spesso tratta della società borghese iraniana, classe sociale a cui lui stesso apparteneva e che quindi ben conosceva.[4] Non disdegna nemmeno di riportare esperienze vissute in prima persona, come gli anni della prigionia e il successivo viaggio inUzbekistan.[5] Nel primo caso Alavi è anche l'iniziatore della modernaletteratura carceraria iraniana,[10] anche se la sua opera è spesso criticata per l'eccessiva esaltazione e mitizzazione dei capi politici comunisti.[1]

Alavi usa un linguaggio serio ed elegante, ricco di figure retoriche comemetafore eparagoni.[4] Spesso ilpunto di vista delle sue storie non è fisso né monopolizzato da un narratore onnisciente, bensì suddiviso tra i vari personaggi, spesso narratori inaffidabili, aggiungendo quindi un ulteriore livello di complessità.[1] Nel suo stile, soprattutto quello più maturo, sono presenti forti influssi delle teorie psicanalitiche diSigmund Freud, che Alavi ebbe l'occasione di leggere e apprezzare nell'originale tedesco.[3] Altre influenze dellaletteratura tedesca sullo stile di Alavi furono senza dubbio quelle diFranz Kafka, di cui si colgono alcuni richiami soprattutto nelle opere autobiografiche come gli scritti carcerari,[10] così come quelle delromanticismo tedesco, tra i primi suoi interessi letterari dopo il primo trasferimento in Germania.[1] Tra i suoi conterranei,Sadegh Hedayat fu quello che lo influenzò maggiormente, soprattutto per l'amicizia che legava i due scrittori,[3] che li portò ad animare negli anni 1930 un vitale circolo letterario che mirava a integrare la letteratura occidentale con quella persiana al fine di modernizzarla, svincolandola così dalla pomposa solennità del passato.[1]

Opere

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Romanzi

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Memoriali

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Raccolte di racconti

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Opere divulgative

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Note

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  1. ^abcdefghijklmnopqrstuvwxyzaaabacadaeafagahaiajak(EN) Ḥasan Mirʿābedini,Alavi, Bozorg, inEncyclopædia Iranica, 2009.
  2. ^abcdefAbrahamian 1982, p. 313.
  3. ^abcdefghijklmnop(EN)Bozorg Alavi, suiranchamber.com.
  4. ^abcd Sandro Frera,‘I suoi occhi’ di Bozorg ‘Alavi: cosa c’è dietro a una misteriosa signora ritratta da un pittore iraniano. Un romanzo riuscito, supiazzalevante.it, 8 febbraio 2024.
  5. ^abcdefghij(EN)Bozorg Alavi, subritannica.com.
  6. ^abcdefghiBozorg 'Alavi, suponte33.it.
  7. ^abcdMirsepassi 2021.
  8. ^abcdefgDehdarian 2014.
  9. ^Abrahamian 1999, p. 48.
  10. ^abcAbrahamian 1999, p. 14.
  11. ^Abrahamian 2008, p. 134.
  12. ^Abrahamian 1982, p. 318.
  13. ^Abrahamian 2008, p. 139.
  14. ^Abrahamian 1982, pp. 318-319.
  15. ^Abrahamian 2008, pp. 144-148.

Bibliografia

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