Bibracte | |
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Civiltà | Galli,Edui e Antichi Romani |
Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Località | Nièvre /Saona e Loira |
Dimensioni | |
Superficie | 2 000 m² |
Amministrazione | |
Ente | Bibracte EPCC |
Responsabile | Vincent Guichard |
Sito web | www.bibracte.fr |
Mappa di localizzazione | |
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Modifica dati su Wikidata ·Manuale |
Bibracte era unoppidumgallico ocittà fortificata, capitale degliEdui dalla fine delII alla fine delI secolo a.C., e una delle più importantifortificazioni sommitali dellaGallia. La cultura materiale espressa dal suo popolamento corrisponde a unafaciesprotostorica dellaTarda Età del Ferro, nota tra gli studiosi comeCultura di La Tène.
Centro nevralgico del potere dell'aristocrazia edua, era anche un importante centro artigianale e commerciale dove, su una superficie di quasi 135 ettari, coabitavano minatori, fabbri econiatori dimoneta.
Questo notevole sito è situato nei pressi diAutun, inBorgogna, nelcomune diSaint-Léger-sous-Beuvray (Saona e Loira) sulla sommità delMont Beuvray, nelmassiccio del Morvan.
La sua posizione la vede strategicamente collocata alla confluenza deibacini idrografici dellaSaona, dell'Yonne, dellaSenna e dellaLoira. IlBeuvray è composto da tre cime: ilTheurot de laWivre con la sua roccia, ilTheurot de la Roche e ilPorrey che è la vetta culminante.
Il sito ospita il museo della civiltà celtica, dove si ripercorre la vita di questa città dai 5 ai 10 000 abitanti all'interno di unoppidum fortificato che gliscavi archeologici delMont Beuvray stanno gradualmente rivelando. La conservazione e la gestione del sito sono portate avanti da unasocietà anonima a capitale misto, con maggioranza di capitale pubblico nazionale,eponima del luogo, e trasformata nel 2007, in unétablissement public,persona giuridica didiritto pubblico.
Il 12 dicembre 2007, il sito di Bibracte ha ricevuto il riconoscimento «Grand site de France».
L'origine delnomeBibracte non è ancora ben compresa. Questo termine potrebbe derivare dalcelticobiber (castoro) o dal latinobiffractus (doppiamente fortificato).[1] Quest'ultima etimologia è tuttavia la più incerta, tanto da un punto di vista strategico che storico. In effetti è molto difficile proteggere un muro di sostegno su più chilometri e l'utilizzo di una doppia cinta non è dunque giustificato. Inoltre, la cinta muraria della cittadella è stata ridotta dopo che misure di datazione hanno permesso di mostrare l'anteriorità del terrapieno esterno rispetto a quello interno (si veda la pianta). Il paramento in pietra della cinta esterna è stato quindi sicuramente riutilizzato per la costruzione del secondo muro. Non è dunque certo che Bibracte abbia avuto due muri di cinta in contemporanea.
Una spiegazione completamente diversa è suggerita da treiscrizioni, con dedica a unadivinità celticaBibracte, rinvenute aAutun nelXVII secolo. Malauguratamente, due delle iscrizioni, incise su pietra, sono sparite; l'autenticità della terza, impressa su un medaglione in ottone, è invece controversa. In effetti, antichequerelle sulla localizzazione di Bibracte potrebbero aver indotto alcuni eruditi dell'epoca a produrre dei falsi per giustificare la dislocazione dell'oppidum eduo sul sito diAutun (l'anticaAugustodunum) che divenne effettivamente la capitale del popolo eduo nelI secolo a.C.[2] Qualunque interpretazione gli si voglia dare, il mistero sull'origine del toponimoBibracte rimane intatto.
La prima menzione di Bibracte nella storia è stata fatta daCesare nei suoiCommentarii sulle guerre galliche concernenti l'anno58 a.C. Viene di nuovo menzionata quando, nel52 a.C., Cesare si interroga sulle intenzioni dei suoi alleatiedui che si sono uniti alla rivolta e hanno incoronatoVercingetorige a re deiGalli a Bibracte. Dopo questa non riceve altre menzioni. Delle iscrizioni d'epoca augustea proclamano che la capitale edua ha ricevuto il nome diAugustodunum (la cittadella diAugusto); questo nome darà origine a quello dell'attualeAutun.
A partire dalXVI secolo, si diffuse una specie di infatuazione tra gli studiosi, gli aristocratici e gli uomini di chiesa, sul passato locale che condusse a porsi la questione della localizzazione di Bibracte.[3] Due tesi si fronteggiano da allora: una vorrebbe situare Bibracte ad Autun, con la città gallica sulla posizione di quella gallo-romana; l'altra tesi vorrebbe la città sulle pendici delBeuvrect oBevrect, l'odiernomont Beuvray. Quest'ultima tesi si fonda su tre argomentazioni principali. Innanzitutto, vi è un'assonanza tra i terminiBibracte eBeuvrect. Inoltre, questa ipotesi invoca una tradizione trasmessa dallacronachistica medievale che poneva la città sulBeuvrect. Ciò è confortato dall'esistenza di unafiera annuale il primo mercoledì, giovedì e venerdì di maggio e la cui antichità era già affermata da testi delXIII secolo. Infine, vanno in questa stessa direzione i ritrovamenti ceramici, le monete e leobservations du curé de Saint-Léger-sous-Beuvray del1725.[3]
In realtà, è l'ipotesi legata ad Autun a ricevere all'inizio la maggiore approvazione. D'altronde, dopo laRivoluzione francese, Autun sarà ribattezzata Bibracte e manterrà per un po' di tempo questa denominazione.[3] Bisognerà attendere ilXIX secolo e le ricerche diJacques Gabriel Bulliot perché la situazione cambi in favore dell'ipotesi delMont Beuvray.
Nel1851, Bulliot decide di scrivere una comunicazione alCongrès de la société française d'Archéologie su un'antica cappella (lachappelle di Saint Martin auMont Beuvray), che verteva sul tema dellacristianizzazione della nazione edua.[2]
Per questo motivo egli ritorna al Beuvray per delle nuove osservazioni. Sulla sommità del monte, vicino alla cappella, scopre qualcosa che egli interpreta allora come uncampo romano, ma che si rivelerà in realtà unnemeton, un recinto sacro della religione celtica.
Intraprende così una serie di ricerche sulleGuerre galliche e su varie cronachemedievali. È così che, contro l'opinione unanime dellaSociété éduenne, prende in considerazione la possibilità di collocare Bibracte sulBeuvray e non aAutun.
In seguito a questi studi dà alle stampe il suoEssai sur le système défensif des Romains dans le pays éduen entre la Saône et la Loire (Saggio sul sistema difensivo dei Romani nel territorio eduo tra la Saona e la Loira); le sue convinzioni gli fanno guadagnare appena il sorriso dei membri della società di archeologia.
Sarà l'interesse dell'imperatoreNapoleone III per le battaglie delleGuerre galliche ad accelerare le cose. Infatti, Bulliot riceve la visita di un ufficiale, di nome Stoffel, incaricato dall'imperatore di effettuare delle ricerche sullavittoria romana contro gliElvezi. Bulliot lo mette a conoscenza delle sue convinzionieterodosse sulla collocazione di Bibracte. L'ufficiale si mostra un po' interessato alla cosa, ma affida a un altro membro dellaSociété éduenne, Xavier Garenne, il compito di effettuare dei sondaggi di scavo sulBeuvray.[2] In contemporanea, il visconte d'Aboville, proprietario dei terreni, dà inizio anch'egli delle ricerche e ne mostra i risultati all'arcivescovo di Reims, anch'egli membro dellaSociété éduenne, nonché amico di Bulliot, nonostante le divergenze che li dividevano sulla questione di Bibracte. Interessato da questi scavi, l'arcivescovo decide di portarne a conoscenza l'imperatore. È così che, nel1867,Napoleone III commissiona a Bulliot delle ricerche sulBeuvray, assegnandogli dei fondi.[2]
Bulliot scaverà il sito dal1867 al1905, fugando ogni dubbio sulla localizzazione di Bibracte. Suo nipote,Joseph Déchelette, da lui stesso iniziato alla pratica degli scavi, continuerà i lavori fino al1907 confrontando Bibracte a altri sitieuropei come l'oppidum diStrakonice inBoemia, quello diManching inBaviera e quello diVelem-Zenst-Vid inUngheria, un'intuizione che farà di lui uno dei precursori di una visione dell'unità culturale delmondo celtico e della civiltà deglioppida.[4]
Il lavoro di scavo non si limitava al recupero di materiali ma comportava anche l'estensione di note e appunti che saranno in seguito debitamente pubblicati[5] nella sua opera del1899 dal titoloFouilles du Mont-Beuvray (ancienne Bibracte) de 1867 à 1895 (Gli scavi al Mont-Beuvray (antica Bibracte) dal 1867 al 1895).
Favorita dalla presenza di resti gallo-romani di facile individuazione, l'estensione della ricerca toccherà anche l'area interna alle fortificazioni, uno spazio solitamente negletto dalle ricerche del tempo.[5] Grazie a questa impronta metodologica, Bibracte rimarrà, per un quarto di secolo, l'unico sito a beneficiare di un'esplorazione sistematica accompagnata dalla pubblicazione di resoconti di scavo.[6]
Attualmente importanti scavi vi sono condotti da collaborazioni internazionali diteam provenienti dalle università di Sheffield, Kiel, Budapest, Vienna e Lipsia.
Gli scavi dellaPorte du Rebout hanno permesso di scoprire una successione di cinque interventi il più vecchio dei quali attesta la frequentazione umana del monte fin dalNeolitico.[7] Le tecniche di datazione hanno comunque rivelato che l'oppidum non fu fondato se non verso la fine delII secolo a.C., su una superficie di 200 ettari protetta dal muro di contenimento esterno. Un secondo muro interno fu costruito in seguito per ragioni ancora non ben comprese.[8]
Gli Edui avevano ottenuto lostatus diamici del popolo romano, mentre i contatti con commercianti romani risalivano probabilmente a prima dellaconquista della Gallia da parte di Cesare. Questo status privilegiato fece sì che Bibracte risentirà appena del conflitto: nel58 a.C.,25 km a sud della città, aMontmort, lelegioni di Giulio Cesare otterranno la vittoria sul popolo migrante degliElvezi (battaglia di Bibracte),[9] forzandone il ripiegamento nell'originariaSvizzera dove saranno gradualmente incorporati in quello che sarà l'Impero romano. Malgrado l'adesione alla rivolta diVercingetorige del52 a.C., quando un'assemblea dei popoli gallici riuniti a Bibracte gli conferirà il comando supremo degli eserciti gallici,[10][11] Cesare trattò con riguardo la città dopo la suavittoria ad Alesia. Vi soggiorno durante l'inverno52/51 a.C.[12] per redigervi i suoiCommentarii, quegli stessi che consegneranno alla storia i nomi di alcuni altolocati personaggi dell'aristocrazia edua, come ilvergobretoDumnorige, e ildruidoDiviziaco, suo fratello.
La città conoscerà poi il suo più pieno sviluppo nei decenni successivi allaguerra di conquista romana. Il geografoStrabone, che scrive una generazione dopo Cesare, segnala ancora Bibracte come piazzaforte degli Edui.[13]
Dopo la fondazione diAutun (Augustodunum) all'incirca nel15 a.C., sotto il regno diAugusto, a25 km, Bibracte fu gradualmente abbandonato dai suoi abitanti. Sopravvissero tuttavia alcuni culti, nei templi e presso le sorgenti, mentre le residenze aristocratiche continuarono ad essere mantenute. Sono state avanzate due ipotesi rispetto all'abbandono progressivo del sito, realizzatosi in qualche decennio. La migrazione degli abitanti potrebbe rispondere ad esigenze economiche o a una volontà diintegrazione almodello romano; una parte della classe dominante edua, già filoromana durante leguerre galliche, avrebbe preso coscienza dell'importanza strategica della nuova città, situata sui principali assi di comunicazione volendo altresì adattarsi al modello romano della città di pianura, mentre una popolazione più ancorata alla tradizione rimaneva ancora nell'antico sito.[14]
Alcuni testi delXIII secolo ci rivelano della sopravvivenza di una fiera, con inizio ogni primo mercoledì di maggio, localizzata sull'antico centro.[3]. NelXV eXVI secolo, si insediò sul Beuvray ilconvento deiCordiglieri.[11]. Oggi il convento è abbandonato, ma la tradizione della fiera sopravvive ancora.
Oltre alla creazione, ad opera diGabriel de Mortillet, deltipo beuvraisien,[15] nella classificazione delle popolazioni antiche, termine oggi in disuso perché non corrispondente ad alcuna realtà storica, la potenza della capitale edua è riferita neiCommentarii di Cesare, che sottolineano la rete di alleanze che gli Edui intrattenevano con i popoli circostanti.Cesare menziona anche i conflitti che opposero gli Edui agliArverni e aiSequani per l'egemonia su una gran parte dellaGallia. Queste menzioni non sono del tutto inoffensive, visto cheRoma è l'alleata degliEdui, «fratelli di sangue»[16] dei Romani, almeno fin dalII secolo a.C. Essi intrattengono d'altronde legami commerciali e alleanze militari: Roma soccorre gli Edui nelII secolo a.C. debellando l'esercitoarverno e risponde nuovamente al loro appello in occasione della migrazione degliElvezi inGallia centrale, l'evento scatenante dellaconquista romana della Gallia.
Oltre alla forte alleanza con Roma, gli edui facevano anche parte di una confederazione ditribu celtiche:
Grazie a queste alleanze, l'influenza degliEdui si poteva dispiegare su una buona parte delterritorio gallico.
Infine, non deve essere trascurato l'aspetto demografico, visto che gliarcheologi stimano la popolazione delBeuvray tra i 5000 e i 10 000 abitanti, nel periodo di pieno sviluppo.[2]
Nella suaHistoire de la Gaule,[17] lo storicoCamille Jullian dedica qualche riga agli Edui: «Bibracte, sicuramente, fu il punto di partenza e il più sicuro garante della loro potenza. Intorno a Bibracte passavano delle vie di comunicazione troppo importanti, che univano i tre grandibacini dellaFrancia.»
In questo modo, i prodotti romani che risalivano lavalle del Rodano (le vie fluviali erano all'epoca le più agevoli e rapide) per imboccare laSaône, laLoira o l'Allier, passavano in territorio eduo prima di ricongiungersi al bacino dellaLoira e dellaSenna. Gli Edui si trovavano nel bel mezzo in un importante crocevia commerciale tra Roma e ilmondo celtico, tanto più che ilBeuvray domina a ovest lavalle della Loira e ad est la valle dellaSaona. In questo modo, gli Edui avevano consentito la diffusione dei prodotti romani attraverso la Gallia fin dalII secolo a.C., permettendo ai loro alleati della confederazione di trarre profitto dal commercio conRoma e sicuramente con lecolonie greche come la cittàfocea diMassalia. Questo commercio è attestato dalle grandi quantità dianfore e di ceramiche provenienti dall'Italia, ritrovate nelle discariche e sotto il pavimento delle abitazioni.
Inoltre, gli Edui avevano installato un sistema didogane che imponeva undazio ai prodotti che transitavano sul loro territorio, per accrescere la ricchezza come sembrano testimoniare i testi diCesare:
(Giulio Cesare,De bello Gallico,I, 18.)
D'altronde,Edui eSequani, si fronteggiavno per il controllo dell'Arar (l'attualeSaona) visto che il controllo del fiume permetteva di tassare l'insieme dei prodotti romani e celtici che passavano nel crocevia per le vie fluviali.
Il sistema politico degliEdui è stato ricostruito essenzialmente grazie alle indicazioni disseminate neiCommentarii di Cesare. A capo dello comunità edua sedeva unsenato cui prendeva parte un solo membro di ciascuna famiglia aristocratica edua. Quello che oggi chiamiamopotere esecutivo era in mano di una figura chiamatavergobreto, una forma dimagistratura suprema, che esercitava le sue funzioni per un anno. Durante questo periodo gli era però interdetto di oltrepassare le frontiere del territorio, cosa che gli impediva di guidare l'esercito all'esterno dei limiti territoriali.[18] Questa misura, insieme a quella che autorizzava un solo seggio senatoriale per famiglia aristocratica, mirava sicuramente ad impedire la concentrazione di potere nelle mani di un solo individuo o di una famiglia. Il vergobreto era eletto pubblicamente da un consiglio composto dadruidi. Presso gli Edui, sembra che il vergobret esercitasse anche un ruolo giudiziario visto che Cesare riporta che egli aveva «diritto di vita o di morte sui suoi concittadini». Infine, si pensa che il vergobret fosse responsabile dell'amministrazione del territorio.[18] Cesare precisa che sono idruidi ad esserne investiti. Riferendosi alla loro dottrina:
(Giulio Cesare.De bello Gallico,VI, 14)
Nessuna indagine archeologica è riuscita finora a restituire uno di tali atti, i cui supporti, in legno ricoperto di cera, erano estremamente deperibili.
Si sa pure che i druidi erano investiti di alte funzioni: un esempio ci è fornito dal druidoDiviziaco,[19] fratello diDumnorige, che si recò a Roma per perorare, davanti alsenato romano, la causa degli Edui quando essi erano minacciati dall'invasionegermanica guidata daAriovisto, su istigazione deiSequani.[20] Nel57 a.C., Diviziaco diresse anche la cavalleria edua contro iBellovaci, durante la guerra di Gallia, lasciando quindi supporre che i druidi potessero assumere alte cariche militari.
Dal1865 al1895, Gabriel Bulliot, identificò dapprima Bibracte (1867), e vi iniziò degli scavi (specialmente il quartiere degli artigiani nelle vicinanze dellaPorte du Rebout), grazie ai fondi stanziati daNapoleone III.[2] In effetti, appassionato di storia, l'imperatore diede avvio a vaste campagne di scavo per identificare i siti delleguerre galliche allo scopo di redigere la suaHistoire de Jules César, pubblicata a Parigi, in tre volumi, tra il1865 e il1866. Il modesto «Hôtel des Gaules», che ospitò i ricercatori, è stato ricostruito in seguito.Joseph Déchelette, nipote di Bulliot, riprende i lavori dal1895 al1907. Ucciso durante ilprimo conflitto mondiale. Gli scavi cadono nell'oblio. Nel1984, gli scavi riprenderanno sotto la spinta diFrançois Mitterrand che proclamerà Bibracte sito d'interesse nazionale nel1985.[11]. Questo termine, inventato per l'occasione, permetterà al sito di essere sovvenzionato. Il marchio d'"interesse nazionale" proprio per designare delle esposizioni museali o dei siti destinatari di un programma di diffusione e apertura al pubblico sotto l'egida del ministero francese della Cultura. È ancora lui a dare impulso a un progetto di ricerca archeologica di portata europea, creando, nel1989, ilCentre archéologique européen du Mont Beuvray che raggruppa il sito, il museo e il centro di ricerca diGlux-en-Glenne. Viene inaugurato nel1995. Con decreto del 21 marzo 1995, il ministro della Cultura, su parere delConseil national de la recherche archéologique, conferma l'appartenenza alla lista dei siti archeologici di interesse nazionale, l'oppidum de Bibracte (Mont-Beuvray,Saint-Léger-sous-Beuvray;Saona e Loira;Glux-en-Glenne;Nièvre). Gli scavi sono attualmente condotti da Vincent Guichard e messi in opera da varieéquipe francesi e straniere; gli scavi si concentrano soprattutto sul quartiere gallico delRebout, sul vasto insieme gallo-romano delPascolo del Convento e sull'abitazione romana delParco dei Cavalli.
In questo modo, specialisti, ricercatori, professori e studenti di tutta Europa si affiancano ogni estate sul sito per esplorarne le diverse parti.[21] Vi si trovano tra le altre:
Ciascuna università effettua le sue ricerche attraverso progetti triennali, attualmente rivolti alla comprensione del modo di funzionamento di una città celtica delperiodo di la Tène. Il metodo di indagine si compone di un lavoro sul campo di qualche settimana, seguito da uno studio dettagliato degli scavi e dei ritrovamenti che saranno in seguito conservati presso il locale centro di ricerca.
La tecnica di prospezione utilizzata da Bulliot era rudimentale. Consisteva nell'osservare le asperità del terreno dal momento che il monte non ha praticamente subito alcuna evoluzione dall'epoca. Questo gli permetteva di rilevare una pianta delle mura quasi senza effettuare alcuno scavo. Impiegò questa tecnica alla scala del sito con l'aiuto ditopografi dell'esercito che realizzarono una serie di rilievi topografici del terreno. Di questi, solo quello del quartiere del Porrey si è conservato fino a i nostri giorni.[22]
È la medesima tecnica che è stata utilizzata, in questi ultimi anni, nello stesso quartiere del Porrey, ma con l'ausilio di apparecchiature più precise, come iteodoliti e il sistemaGPS. Infatti, la prospezione aerea o elettromagnetica è resa impossibile dalla natura stessa del sottosuolo e dalla vegetazione che ha rimboschito il monte da quando si sono fermati lapastorizia e gli scavi di Déchelette.[22] Una tecnica onerosa, ma più rapida, è in corso di sperimentazione dal2007; si tratta della metodologia dello scanner laser aerotrasportato, il cosiddettoLidar,[23] che permette di superare l'ostacolo della vegetazione e di rilevare, in pochi minuti, quello che richiederebbe abitualmente molte settimane di lavoro a livello del terreno. Si cercherà così di disegnare una mappa completa della città e di archiviare latopografia dei luoghi.
Le ricerche condotte da Bulliot et Déchelette alla fine delXIX secolo e all'inizio delXX hanno rivelato un'organizzazione del sito in quartieri, le cui costruzioni seguono, nel loro insieme, una via centrale che va dallaPorte du Rebout alleGrandi Porte. Questa organizzazione si distingue da quella di altri oppida, come quello di Manching, nei quali si rinviene una trama urbana regolare; il motivo è legato all'altimetria del terreno e al fatto che la cinta muraria circonda tre rilievi con alcune pendenze relativamente scoscese.
Gli scavi successivi al1984 sembrano confermare a grandi linee le ipotesi di Déchelette et Bulliot aggiungendovi tuttavia alcune sfumature.
Bibracte era protetta da potenti contrafforti realizzati secondo la tipologia delmurus gallicus la cui storia gli scavi hanno permesso di ricostruire. La città ha visto succedersi due cinte differenti e almeno cinque rifacimenti della cinta interna, rivelate, tra l'altro, dallo studio dellaPorte du Rebout.[8] Sorprendentemte, la cinta interna è posteriore a quella esterna. L'insediamento ha dunque conosciuto una riduzione della superficie da 200 a 135 ettari.
La prima cinta (quella interna mostrata sulla mappa), scoperta da Bulliot è unmurus gallicus che delimita una superficie di 135 ettari per una lunghezza di5 km. Si stima così che la costruzione del muro ha richiesto quantità imponenti dimateriali da costruzione: più di 10 000metri steri di legno, tra i 10 000 e i 20 000 metri cubi di terra e una trentina di tonnellate di ferro.[24]
La seconda cinta, sorprendentemente anteriore alla prima, attorno a una superficie di 200 ettari, è stata oggetto di ricerche a partire dai primi sondaggi del1992. Queste ricerche hanno rivelato che il muro aveva un'altezza dai 4 ai 5 metri senza contare il coronamento, ancora sconosciuto allo stato attuale (palizzate, torri...?); si sviluppava in profondità per un'identica misura, ed era preceduto da un fossato largo dai 6 ai 10 metri e profondo da 2 a 4 metri. Uno studio avanzato è stato compiuto dal1995 al2002, con numerosi sondaggi realizzati sulla sua lunghezza dall'Università di Vienna. I ricercatori hanno potuto constatare che si trattava di unmurus gallicus che fu smantellato allo scopo di costruire il muro interno. La datazione, che rimane tuttavia incerta, risale alII secolo a.C. Gli stessi scavi hanno anche portato alla luce unaposterla al livello del Porrey, che è anche l'unico esempio di posterla che si conosca attualmente in fortificazioni del tipo delmurus gallicus.[8]
Il bastione è circondato da una quindicina di porte tra cui la famosaPorte du Rebout con la sua larghezza di20 m su una profondità di40 m. Primo luogo ad esser scavato da Bulliot, che vi operò per 9 settimane, laPorte du Rebout fu anche il primo cantiere dei nuovi scavi iniziati nel1984 e proseguiti fino al1986 con lo studio dei fossati attigui ai baluardi.[25]. Questi hanno rivelato l'esistenza di cinque differenti livelli di rifacimento tra cui una palizzata risalente alNeolitico, in base alladatazione al carbonio 14. Quest'ultima è stata oggetto di una ricostruzione dal1996 che segna ora l'ingresso nell'anticooppidum. Attualmente, le ricerche non hanno permesso di scoprire un sistema di chiusura della porta, né un dispositivo a sua difesa. Alcune ipotesi hanno proposto l'esistenza di una doppia porta sormontata da unatorre di guardia, del tipo riscontrato nell'oppidum di Manching, ma nulla può confermare attualmente una simile congettura.
Le ricerche sulle fortificazioni, si sono ultimamente concentrate, dal2005, su una linea di fortificazione a valle dellaPorte du Rebout, le cui datazioni sembrano indicare una realizzazione posteriore alla porta, a costituire così una fortificazione avanzata, che sarà studiata nelle prossime campagne di scavo. Parallelamente, sono stati trovati dei recinti di sepolture aristocratiche fra le due linee murarie.[23]
Gli scavi, ripresi dal2000 nei quartieri dettiCôme Chaudron eChamplain, presso laPorte du Rebout, hanno rivelato un quartiere consacrato allalavorazione dei metalli e all'alloggiamento degli artigiani. La lavorazione dei metalli sembrerebbe essere estremamente specializzata: vi si ritrovano infatti fabbri, bronzisti, smaltatori, i cui atelier erano già stati individuati da Gabriel Bulliot, ma senza dubbio anche orafi e coniatori di moneta.[26]Degli scavi sul sito del Beuvray, all'altezza dello Champlain, e sui massicci nei paraggi, cominciano a rivelare l'esistenza di miniere di estrazione di metalli come l'oro, il ferro e perfino dei minerali di stagno. Queste ricerche proseguiranno per tentare di individuare i laboratori di fusione dei metalli estratti all'esterno dell'oppidum. In effetti, vista la specializzazione dell'oppidum, sembrerebbe che i metalli vi giungessero già in forma di barre, che erano quindi fuse all'esterno.
Un altro quartiere artigiano è stato trovato a livello di una delle cime del sito, presso la roccia dellaWivre, zona che era stata poco sondata dalle ricerche di Bulliot e Déchelette. Questo quartiere sarà l'oggetto di scavi futuri che cercheranno di determinarne il funzionamento.[23]
Costruita principalmente con legno e terra, la tipica abitazione gallica faceva un uso parsimonioso della pietra, consacrata piuttosto alle fortificazioni. Ma, a causa della deperibilità del legno, si sa ancora poco sulle loro strutture.
Si ritrova tuttavia qualche costruzione in pietra all'interno del quartiere dettoParco dei cavalli, sicuramente delle dimore aristocratiche, e un edificio a colonne, certamente pubblico, e a livello delPascolo del Convento.Si pensa che questi furono introdotti poco dopo laconquista romana della Gallia.[27]
Al centro del Mont-Beuvray, il pianoro dettoParc aux chevaux ospita diverse case in pietra alla romana che furono scavate dalXIX secolo. Vi si trova, in particolare, l'abitazione PC1[28] (chiamato così da Jacques Gabriel Bulliot) che è una vera miniera per i ricercatori. Infatti, essa si è evoluta da una costruzione in legno (d'ispirazione romana), a una vera e propriadomus con unatrio aimpluvium, dei portici e perfino delleterme riscaldate tramiteipocausto, oltre che di unafogna. Nella sua fase finale, l'abitazione misurava55 m ×67 m, sviluppandosi su una superficie di circa 3 500 m², ossia circa quattro volte la grandezza di una tipica abitazione diPompei. Si stima che vi fossero all'incirca una quindicina di abitazioni in questa zona, come, ad esempio, la PC2,[29] di taglia più piccola, che sta di fronte alla PC1 dall'altro lato della via centrale. Si sono ritrovati inoltre anche degli abitati del tipovilla rustica (le abitazioni rurali italiche) come la PC33.[30]. Tuttavia, non si sa ancora se si trattava di un quartiere residenziale riservato unicamente a un'élite, dal momento che gli scavi hanno rivelato anche la presenza difucine nei pressi delle abitazioni.[27]
Al centro della strada principale, all'altezza delpascolo del Convento, si erge questo bacino monumentale in granito rosa la cui orientazione trasversale corrisponde allevarsi delSole durante ilsolstizio d'inverno e al suotramonto durante ilsolstizio d'estate. L'evacuazione delle acque avveniva per l'imboccatura a nord, a cascata, proseguendo poi per una canalizzazione. L'approvvigionamento dell'acqua non è stato comunque ancora scoperto:
Il principio geometrico per la realizzazione della forma è conosciuto: si tratta dell'intersezione di due cerchi con gli esatti rapporti di lunghezza di untriangolo di Pitagora congiungente il centro del cerchio, il centro del bacino e un'estremità di questo.
Tuttavia, il suo uso non è ancora compreso: luogo sacro di fondazione della città? Culto delle acque? Inoltre, secondo alcuni specialisti,[31] questo modo di tagliare il granito è inusuale e si basa su principi di taglio del calcare utilizzati inambiente mediterraneo. GliEdui, senza dubbio, hanno fatto ricorso a degli stranieri per realizzare l'opera.Tutto ciò concorda nell'indicare questo bacino come un monumento fuori dal comune nell'architettura celtica.
Nelle vicinanze si trovano numerosi magazzini ipogei e degli edifici, certamente pubblici, per lo stoccaggio di grandi quantità di cereali[32] e di vini importati da paesi meridionali. Una di queste cantine in legno è stata recentemente ricostruita. È sicuramente in costruzioni come queste che gli Edui ammassavano i loro raccolti e le loro importazioni.
L'oppidum di Bibracte conta una decina di sorgenti e cinque fontane cittadine databili dall'epoca gallica a quella gallo-romana. La fontana Saint-Pierre era un luogo di culto e pellegrinaggio nel quale sono stati ritrovatipezzi monetali edex voto.[27]Alla sommità del monte, è stato portato alla luce uno spazio cultuale celtico di un ettaro, ilnemeton, circondato da una palizzata e da fossati concentrici.[33].Sotto l'attuale cappella delXIX secolo, gli scavi del1988 hanno scoperto, dal canto loro, un tempio gallo-romano.[34]Inoltre, l'abbandono della città prima dell'inizio dell'era cristiana non ha impedito il protrarsi per un lungo tempo di una tradizione di pellegrinaggi in questi stessi luoghi.
Situata sotto l'attuale parcheggio del museo, lanecropoli è stata oggetto di scavi di salvataggio all'epoca in cui fu costruita la struttura museale e deviata la stradadipartimentale. Sotto una superficie di 1,5 ettari, si sono ritrovati 70 recinti funerari con provvisti di un'entrata a oriente, costituiti da tombe aincinerazione. Il luogo in cui veniva effettuata la cremazione dei corpi è stato ritrovato più a sud.
Altre urne funerarie sono state scoperte più in basso dellaPorte du Rebout, sicuramente i resti di una famiglia aristocratica della città.[23]Altre necropoli dovevano trovarsi lungo le vie di accesso al luogo, come era d'uso all'epoca, ma non sono ancora state scavate.
Il sito archeologico ospita ilMuseo della civiltà celtica, realizzato daPierre-Louis Faloci e aperto al pubblico nel1996. Pierre-Louis Faloci è inoltre l'architetto che ha realizzato il centro europeo di ricerca archeologica di Bibracte, inaugurato nel1994. La stessa costruzione architettonica corrisponde agli stadi di evoluzione delle varie epoche dell'umanità: base in pietra intagliata, muro levigato di pradesh e tetto metallico. Quanto alle facciate, esse sono dei grandi spazi vetrati, una dei quali coperto dal muro di pradesh (lato valle) mentre quello che guarda verso il sito archeologico lascia libero spazio allo sguardo dei visitatori.
Il museo possiede poche collezioni proprie mentre numerosi oggetti esposti sono in prestito da altri musei: vi si è potuto così ammirare, in alcuni anni, ilcalendario di Coligny e ilCalderone di Gundestrup.
I2000 m² di esposizione del museo sono strutturati su due piani. Il primo piano (e il primo anche nella visita) ripercorre la storia della scoperta del sito e colloca Bibracte nel contesto globale della cultura celtica europea. Vi sono trattati la maggior parte dei soggetti: guerra, epoca degli oppida, commercio con ilMediterraneo, agricoltura.
Il pianterreno, costituito dal diverse alcove, ripercorre a sua volta la vita degliEdui a Bibracte. Oggetti della vita quotidiana, gioielli, urne funerarie, botteghe e laboratori artigiani vi sono ricostruiti ed esposti.
Il museo ospita anche delle esposizioni estive incentrate su specifici soggetti delmondo celtico:[35]
Situato a quattro chilometri dal Beuvray, nelcomune diGlux-en-Glenne (Nièvre), vi si trova una delle più importanti biblioteche sul mondo celtico, regolarmente rifornita da ricercatori europei che vi portano copie delle loro pubblicazioni. Vi si trova anche un deposito archeologico, l'amministrazione del parco archeologico, vari locali tecnici, una sala per seminari e, nel paese, un refettorio e diversi alloggi.
Malgrado l'unanimità dell'ambiente scientifico europeo nel collocare Bibracte sulBeuvray, bisogna dar conto delle controversie di alcuni storici amatoriali, i quali ritengono che il monte non abbia mai ospitato la capitale degliEdui.[36]
La vera Bibracte, secondo loro, sarebbe da ricercare sulMont-Saint-Vincent nellaSaona e Loira. Essi cercano di motivarlo, tra l'altro, con l'assenza dipezzi edui tra le monete ritrovate negli scavi e le pitture vascolari che corrispondono a motivi animali ed astratti di altri popoli celtici. Infine, la collocazione delBeuvray, a800 m d'altitudine, con un rilievo abbastanza scosceso, offrirebbe condizioni troppo sfavorevoli per installarvi una capitale.
Tuttavia, le sempre più scientifiche tecniche di scavo e di investigazione archeologica messe in atto dai ricercatori europei, confortano la localizzazione di Bibracte comunemente accettata in ambito scientifico.
Bibracte, capitale des Éduens, L'Archéologue-Archéologie nouvelle, 4, mars 1994, pp. 36–45 e 6, giugno 1994, pp. 62–72
Opere antiche:
Opere della collezione Bibracte sugli scavi archeologici
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