| Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero" | |
|---|---|
| Ubicazione | |
| Stato | |
| Regione | |
| Città | Catania |
| Indirizzo | Via Biblioteca, 13 |
| Caratteristiche | |
| Tipo | Pubblica; comunale[1] |
| ISIL | IT-CT0063 |
| Specialistica | Libri, stampe, atti e documenti su Catania e la Sicilia |
| Numero opere | Oltre 270.000 volumi[2] |
| Stile | Tardo-barocco; neoclassico |
| Architetto | Giovan Battista Vaccarini |
| Costruzione | 1702-1866 Monastero dei benedettini di San Nicolò l'Arena di Catania |
| Apertura | 11 maggio 1931 |
| Sito web | |
| Modifica dati su Wikidata ·Manuale | |
LeBiblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero" nascono nel1931 dalla fusione della Biblioteca Civica diCatania[3] con la Biblioteca del baroneAntonio Ursino Recupero.[2]



Le Biblioteche occupano parte dell'ala nord del monumentale settecentescoex-Monastero dei benedettini, che accoglie anche ilSacrario dei caduti e lachiesa di San Nicolò. Il complesso monastico è sede anche del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università degli Studi di Catania. Le biblioteche riunite occupano i locali originali dellaLibreriabenedettina, i locali dell'ex Museo benedettino, la "Sala Guttadauro", il Refettorio piccolo detto anche "Sala rotonda", il cosiddetto "Corridoio dell'Elefante", ilCellerario[4] nella zona Nord del Monastero per complessivi 1540 m² al netto delle murature.
La fondazione dell'istituzione sotto la denominazione di «Biblioteca Civica» di Catania nacque da una fusione: venivano assorbite la Biblioteca benedettina o Libreria dei PP. Cassinesi dell'Abbazia Cassinese di San Nicolò l'Arena, unmonasterobenedettino, le Librerie delle soppresse Congregazioni religiose catanesi, la Biblioteca-MuseoMario Rapisardi.
La Biblioteca Civica di Catania deve il maggior numero di volumi soprattutto dall'ex libreria dei padri benedettini.
L'ordine di San Benedetto –presente in Catania già dal1115[5][6][7], con la fondazione delpiccolo monastero femminile[8], fondato dalvescovo Angerio[fonte ignota, invenzione o libertà letteraria?] –, prevedeva tra i suoi precetti anche la raccolta del patrimonio letterario per preservarne la memoria, cui si aggiungeva l'attività di copistiamanuensi.
LaLibreria cassinese di Catania, probabilmente, viene iniziata intorno all'anno1578[9], cioè da quando i monaci si trasferirono daNicolosi al plesso (ancora in costruzione) nel «quartiere della Cipriana», portando in processione la reliquia del Santo Chiodo il 9 febbraio 1578. Questa collezione, sorta forse da un primo nucleo di libri provenienti dalcenobio nicolosita, si arricchì di nuove acquisizioni fino alsisma del 1693, quando venne persa una parte dei volumi. Notevole sviluppo dellaLibreria rifondata si ha nel corso delSettecento. La Biblioteca benedettina venne incamerata dal nuovoRegno d'Italia nel1866,insieme a tutti i beni ecclesiastici.
La struttura divenne di proprietà comunale nel1869[10]. Nel1893 fu nominato "bibliotecario onorario",Federico De Roberto, che scrisse molte pagine del suo romanzoI Viceré, da uno scrittoio a schiena d'asino, ancora custodito nella Sala Guttadauro della Biblioteca. Nel 1925Giuseppe Villaroel ebbe dal comune l'incarico della risistemazione del museo o "Antiquarium comunale" e della Biblioteca[11].
Insieme allaLibreria furono annesse le collezioni delle altre congregazioni religiosi catanesi soppresse nel1866, incamerate tra i beni del nascente Regno d'Italia, costituendo la prima biblioteca civica da un nucleo di volumi di provenienza religiosa.
L'altra principale collezione costituente la biblioteca civica, la Biblioteca-Museo di Mario Rapisardi, fu invece frutto di raccolta privata, acquisita nel1914[12].
Storici responsabili dell'intero patrimonio furono dall'11 luglio1872 il canonico Giuseppe Coco Zanghì e dal1878 il canonicoFrancesco Fisichella e nel1902 Carmelo Ardizzoni, che ricoprì il ruolo di archivista comunale. Successivamente ne fu direttore dal1907 al1923 Vincenzo Finocchiaro.

Il Fondo librario originario delle Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero", apparteneva all'ex-Monastero benedettino di San Nicolò l'Arena e si inquadra nel movimento di rinnovamento promosso a Catania daGiacomo De Soris, abate del suddetto monastero nelXIV secolo[13]. In seguito alleleggi eversive del1866, la Biblioteca benedettina divenne Biblioteca comunale e destinataria dei 20.000 volumi delle disciolte congregazioni religiose catanesi (1868)[12]. Ma, sfrattati gli ultimi 46 monaci nel1867, il patrimonio librario rimase in preda all'umido ed ai vandali fino al1872, anno della rinascita della Biblioteca.
Nel1578 i monaci benedettini si trasferirono aCatania dal lorocenobio sull'Etna[14], occupandosi della Biblioteca con grande impegno. Nel1593 l'abateRomano Giordano, pose la prima pietra[15], e l'opera fu completata nel1629 per le cure dell'abate Gregorio Motta[15], risultando così grande da superare ogni altra biblioteca di Catania. Passati appena quindici giorni dal catastrofico terremoto del1693, i monaci realizzaronoun abituro[16] in legno per riporvi i libri e dare un luogo dilettura agli studiosi sopravvissuti. Nella successiva opera di ricostruzione del monastero, la Biblioteca fu una delle principali attività dei benedettini catanesi: dopo una serie di scelte non proprio felici, venne alloggiata in quella che è oggi chiamata "Sala Vaccarini", dal nome dell'autore del suo progetto, l'architettoGiovan Battista Vaccarini, inaugurata nel1773. Fondatore della Biblioteca fu il ricco monaco Niccolò Riccioli e Paternò (1695-1783), che nel monastero insegnòfilosofia eteologia morale, e, per quaranta anni tenne una cattedra diteologia nell'Università degli studi catanese. Non risparmiò spese per l'allestimento della Sala, e, soprattutto,"per fornirla di ogni specie di libri"[17], come scrive Francesco di Paola Bertucci nella sua"Guida del Monastero dei PP. cassinesi di Catania" (1846).
Della precedente consistenza della Biblioteca, abbiamo notizia daVito Maria Amico e Statella (1697-1762), storico e abate dello stesso monastero, il quale documenta che nel 1733 contava 4.600 volumi attinenti a varie scienze, 600 dei quali erano stati donati dall'abate Anselmo Daniele[18]. Molti deivecchissimi manoscritti che facevano parte dei fondi del precedente monastero erano invece scomparsi tra le rovine del terremoto del 1693.
Oltre al Riccioli, all'Amico e al Daniele, figura cardine per la formazione e lo sviluppo della Biblioteca del Monastero di San Nicolò nei decenni centrali del Settecento, fu il priorePlacido Scammacca (1700 -1787), che ad essa insieme al museo, dislocato nelle stanze vicine, dedicò tutte le sue cure. L'interesse rivolto dalpriore al museo e alla biblioteca è ben rappresentato nel suo ritratto, custodito nel Museo Civico delCastello Ursino, in cui abbraccia, per così dire, unapelike magnogreca (apula per l'esattezza) e, alle sue spalle due scaffali colmi di volumiin folio. Scammacca contribuì in due modi alla fioritura della Biblioteca del Monastero. In primo luogo, nel corso della sua permanenza romana negli anni quaranta del Settecento, provvide all'acquisto dicodici miniati,manoscritti eincunaboli, che, giunti a Catania destarono subito l'ammirazione di tutti i visitatori, accrescendo così il prestigio del Monastero com'era nei desideri di tutti i monaci. Tra i codici miniati di particolare valore la Bibbia latina del XIII-XIV secolo attribuita a Pietro Cavallini, che Scammacca scovò presso uno dei tantivenditores librorum presenti nella Roma settecentesca, e loOfficium Beatae Mariae Virginis del XV secolo, sul cui foglio di guardia si legge il nome del monastero catanese, quello del priore e la data dall'acquisto:"Romae1750". L'altro modo in cui Scammacca contribuì alla crescita della Biblioteca fu meno appariscente, ma forse anche più significativo, se si pensa agli studi e alle ricerche dei monaci, specialmente nel campo dell'antiquariato. A lui risale infatti l'acquisto, con fondi del monastero, s'intende, di tante opere, come, per dare solo un esempio, dei tre volumi di Giovan Battista PasseriPicturae Etruscorum in vasculis (1767-1775), indispensabili per lo studio delle collezioni di antichità conservate nel museo benedettino. Molto probabilmente dovette allora essere proprio Scammacca a far trasferire, con grande lungimiranza, dalla Biblioteca alla quinta stanza del museo i libri necessari per lo studio degli antichi manufatti, libri che ancora negli anni quaranta dell'Ottocento in cui Bertucci scrisse la suaGuida vi facevano bella mostra di sé.
Dopo la morte di Scammacca nel1787, s'individua un deciso calo nell'acquisto di volumi di antiquariato da parte dei monaci, sostituiti da testi pertinenti alle scienze naturali, in sintonia con i mutamenti culturali dell'illuminismo. Figura emblematica di una tale trasformazione può essere ritenuta quella del già citato Emiliano Guttadauro per il quale, secondo quanto scrive ancora il Bertucci, "la botanica era la scienza che formava tutta la sua applicazione, e lo special diletto"[19]. Il dotto monaco pertanto, non solo si adoperò per dotare il monastero di"un orto [...] ove potrebbe viemmeglio fare le sue osservazioni"[19], ma riuscì anche ad indirizzare gli acquisti della Biblioteca verso le opere di scienze naturali che poi custodiva nel suo gabinetto.
Non sorprende allora che il monastero possedesse quasi tutte le opere delLinneo (1707-1778), varie edizioni delle"Species plantarum alSystema naturae allaFlora Suecica", e possedesse ancora nelle più, varie edizioni delle opere di botanici e scienziati come,Ferrante Imperato,Fabio Colonna,Francesco Cupani,Paolo Silvio Boccone,Giovanni Alfonso Borelli,Giovanni Battista Ferrari,Filippo Arena,Filippo Ingrassia, o le opere a stampa diPietro Andrea Mattioli eAthanasius Kircher. A loro vanno aggiunti i due erbari diLiberato Sabbati – uno con essiccata (cioè che comprende tra le tavole una versione appunto essiccata delle piante che descrive): la "Collectio nonnullarum plantarum quae in horto medico Sapientiae Romanae luxuriantur", 1740-1751, in cinque volumi e l'altro a stampa,"Hortus Romanus", 1772-1793, in otto volumi che furono fatti arrivare a Catania da Placido Scammacca, e, con molta probabilità, con le loro tavole e i loro esemplari essiccati, furono all'origine della passionebotanica di Guttadauro. Una passione questa che venne perseguita nel monastero soprattutto daFrancesco Tornabene (1813-1897), il quale nel 1843 ottenne la cattedra di botanica nell'Università degli studi catanese e successivamente vi avrebbe creato l'Orto Botanico. Ma Tornabene al monastero fu anche bibliotecario in un momento di rapida crescita delle acquisizioni che seppe adeguatamente fronteggiare, senza tralasciare la valorizzazione del patrimonio librario affidatogli. Scrisse infatti, tra l'altro, sugli incunaboli e sui codici botanici posseduti dalla biblioteca. Il 25 ottobre 1866 in seguito alleleggi eversive ebbe fine la vita del monastero di San Nicolò l'Arena[20].
Al momento del passaggio in mano pubblica del monastero, venne acquisita, insieme all'archivio e al museo, anche la biblioteca, ricca ormai di 80.000 volumi, tra cui le donazioni di monaci dediti al sapere come Anselmo Daniele, Vito Maria Amico, Emiliano Guttadauro. Divenuta la componente fondamentale delle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero”, la Biblioteca del Monastero di San Nicolò l'Arena, con la sua ricca collezione libraria, assume il ruolo di testimonianza concreta dell'evoluzione culturale della città. Tra le personalità illustri che frequentarono e consultarono la biblioteca cassinese si ha notizia diGoethe,Wagner,Liszt e lo ZarAlessandro II di Russia.

Dal1914[12], dopo la morte diMario Rapisardi, inizia a custodire i beni del poeta, passati di mano al Consiglio direttivo della Seconda Esposizione Agricola Siciliana direttamente prelevati dagli eredi, per donarli al Comune, preservando non solo libri ma anche cimeli. Una raccolta di 3.565 volumi ed opuscoli comprese le sei librerie a vetri che li contenevano, e un corpus di 3.800 lettere costituenti un nutritocarteggio; accanto ai manoscritti del poeta, allo scrittoio, alla sua poltrona, ai mobili ed agli oggetti affettivi che formavano il suo studio, sono conservati anche alcuni quadri ad olio.
La raccolta di Mario Rapisardi, fatta confluire dall'Amministrazione Comunale nella biblioteca Civica, riunisce armonicamente le opere più importanti, non solo della letteratura italiana, delle letterature antiche e moderne, ma anche le opere più notevoli relative agli studi filosofici, religiosi e politico-sociali che il poeta raccolse e custodì con amore, nonché altre opere inviategli in omaggio dagli autori con dediche autografe, tra le quali si trovano quelli dei maggiori letterati e scienziati del tempo.
Nella Biblioteca di Mario Rapisardi non figura alcun testo didiritto, pur essendo stato suo padre un uomo colto e preparato che esercitò la professione di procuratore legale. Nel1944, dal 25 al 27 febbraio, le Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero", hanno esposto una parte del materiale della "Biblioteca-Museo di Mario Rapisardi" in una mostra dedicata al poeta, nel primo centenario della sua nascita. Il Museo ospitato nella sala fronteggiante l'ex-museo benedettino, oggi ingresso della Biblioteca, costituisce un'importante sezione delle Biblioteche Riunite, sia per il valore dei libri rari e pregevoli, per l'epistolario inedito, che per le memorie del passato cittadino che essi custodiscono.
Tra le edizioni rare, moderne e antiche, ricordiamo le opere latine delPetrarca, stampate a Venezia nel1503 daSimone da Pavia, detto Bevilacqua, e contenente infine il "Bucolicum Carmen", impresso anch'esso a Venezia daMarco Horigano, con la data errata del 1416, che, probabilmente, va letta1496. Del Petrarca, inoltre, vi sono tre pregevoli edizioni cinquecentine diSonetti e Canzoni, con l'esposizione del Vellutello, edita a Venezia nel1563, delle opere stampate aBasilea nel1581 e la bellissima edizione diSonetti e Canzoni con l'esposizione di G. A. Gesualdo, edita a Venezia nel1533. Delle altre rare edizioni vi sono le opere diMachiavelli, stampate a Roma nel1550, laGerusalemme Liberata delTasso nelle edizioni di Napoli1582 e di Genova del1590, leRime e leSatire diAriosto stampate a Venezia da G. Giolitto de Ferrari nel1567. L'Orlando Furioso, stampato pure a Venezia dalValgrisi nel1580, e la rarissima edizione delPontano, stampata a Basilea nel1530, in 3 volumi; l'Opus macaronium delFolengo, stampata ad Amsterdam nel 1768[21] e i due volumi Della Famosissima Compagnia della lesina, stampati aVenezia nel1767.
Tra i classici latini e greci spiccano treincunaboli, stampati a Venezia, le opere diOvidio perCristoforo de Pensis del1498, laFarsaglia diLucano stampata con i caratteri tipografici del Bevilacqua del1493, e le opere diOrazio col commento diCristoforo Landino del1493. Tra lecinquecentine citiamo le opere diCicerone, in caratterialdini, l'Argonauta diValerio Flacco edito a Venezia nel1501, leNoctes Atticae delGallio (Aulo Gellio), stampate da Sebastiano Grifo nel1550, le opere diPlatone interpretate daMarsilio Ficino edite aLugduni nel1557, e poi ancora "Rerum gestarum libri" diAmmiano Marcellino nella edizione di Parigi del1554, leVite diPlutarco impresse a Basilea nel1549, "le Opere" diGiovenale annotate dalPoliziano a Milano nel1514, leHistoriae diTito Livio uscite daitorchi dell'officina Frobenia diBasilea nel1535 e ancora altri.
La Biblioteca "Ursino Recupero" rispecchia gli interessi politico-letterari del barone e conserva testi siciliani ed in particolare catanesi, dalla fine delXVIII secolo agli inizi delXIX. Molti di questi testi furono donati personalmente dal barone e quindi sono autografi.
Il fondo del baroneAntonio Ursino Recupero è ricco di noveincunaboli e 316cinquecentine, fra le quali ricordiamo"De successione feudalium" del Cumia, al quale si deve l'introduzione della stampa a Catania. Tra le opere moderne ricordiamoIl Duomo di Monreale del Gravina con le sue meravigliose tavole a colori eI Carbonari della montagna diGiovanni Verga, stampati a Catania tra il 1861 ed il 1862, in quattro volumi, dalla Tipografia Galatola. Oltre ai circa 19.000 opuscoli, alla raccolta di giornali catanesi e siciliani, ai fogli volanti, notevole importanza per la storia locale sono i 621 manoscritti inventariati dal Casagrandi e tra i quali figurano quelli di Alessandro Recupero,Vito Coco,Domenico Tempio,Venerando Gangi, Giuseppe e Francesco Bertuccio, Vincenzo Bondice, Pasquale Castorina,Francesco Strano, Domenico Strano,Carlo Gemmellaro, ecc.
Una pregevole collezione di questa Biblioteca, è costituita infine dalla raccolta dei libretti delle opere liriche italiane rappresentate a Catania nei primi decenni dell'Ottocento, nello scomparso Teatro Comunale G. Coppola.

Le Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero"[22] nascono quindi dalla fusione della Biblioteca Civica con la Biblioteca del baroneAntonio Ursino Recupero, in relazione al suo testamento del 27 marzo1924, comprendente circa 41.000 pezzi di carattere siciliano, nonché con i libri e i fondi che perverranno all'Ente stesso in dono o per acquisto dopo tale data. Le due biblioteche vennero costituite nel 1931[23] – data in cui ne fu approvato lo statuto comeEnte Morale, e modificato nel 1958[24]; quindi successivamente abrogato e sostituito dal nuovo Statuto nel 1969[25] –, e riunite di fatto sul finire del1933 con il trasferimento della "Ursino Recupero" presso la Comunale. Ultimati i lavori direstauro e di arredo degli ambienti[26], la biblioteca venne finalmente inaugurata il 28 ottobre1934. Oggi raccoglie prevalentemente pubblicazioni e materiale bibliografico di interesse locale e siciliano[27], per oltre 270.000 volumi[2]. Sono patrimonio della biblioteca, inoltre, codici miniati, manoscritti, pergamene, incunaboli, cinquecentine, erbari (secchi, dipinti, e a stampa), fogli volanti, disegni, giornali e periodici, fotografie, cartoline illustrate e altre forme di stampa. La Biblioteca si trova ubicata presso un edificio, l'ex complesso monastico di San Nicolò l'Arena, incluso tra i complessi monumentali della città, riconosciuto dall'UNESCO qualePatrimonio dell'Umanità, ed è fulcro della vita culturale di Catania. Furono Direttori delle biblioteche riunite dal maggio 1931 al 1950, Orazio Viola, già bibliotecario della Biblioteca universitaria, dal1951 al1956 Filippo Di Benedetto, dal 1956 al1968 Elvira Ursino, dal 1968 al1998 Maria Alessandra Salmeri e dal 1998 è attualmente Rita Angela Carbonaro.
Le due biblioteche oggi offrono, oltre agli spazi dedicati alla lettura, una serie di servizi tra i quali informazioni bibliografiche, visite guidate, tirocini e stage, manifestazioni culturali di vario genere, convegni, eventi espositivi e altre attività legate alla valorizzazione dei beni librari e in generale culturali.

Il patrimonio delle Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero" è costituito da oltre 270.000 volumi ed è particolarmente diversificato, in quanto costituito da codici e libri che coprono i più svariati campi del sapere biblico,patristico,liturgico, giuridico, letterario, artistico, scientifico, musicale e conserva una notevole collezione dipergamenemedievali,corali,incunaboli,cinquecentine,erbari secchi[28] e dipinti del Settecento, lettere e carteggi, stampe e fogli volanti, periodici e giornali, disegni, fotografie e altre forme di stampa.
Il fondo più ricco e prezioso è tuttora quello dei padri benedettini di San Nicolò l'Arena, cui appartengono unaBibbiaminiata latina dei secoliXIII -XIV attribuita aPietro Cavallini, unOfficium B.M.V. (Beata Vergine Maria) delXV secolo, unSalterio del XIII secolo, unMartirologio del XIII secolo, unCalendario in caratteri ebraici del Rabbino Emmanuel del XIII secolo, unDe Priapea del XV secolo redatto in scrittura crittografica. Al Fondo Ursino Recupero appartiene laMiscellanea datata1478 di contenuto prevalentemente musicale, fra cuiBoethius,De musica,Modarius iuxta regulas artis musicae secundum Guidonem,Marchettus de Padua,Lucidarium,Prosdocimus de Beldemandis.
Le due biblioteche possiedono inoltre oltre 7.000 testate giornalistiche, in parte siciliane, e accolgono parecchi fondi privati, tra i quali ilFondo Ursino Recupero e quello dellaBiblioteca-Museo Mario Rapisardi. Dal 1931 ad oggi moltissimi altri fondi hanno arricchito le Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero": le collezioniVincenzo Giuffrida, Ursino Trombatore, Geraci,Saverio Fiducia, il Fallico, Galante, Scammacca,Giuseppe Perrotta, G. Mirone, D'Alessandro Falzone, S. Lo Presti,Lorenzo Vigo-Fazio,Francesco Granata, Giacomini, F. Pezzino, il carteggioVincenzo Casagrandi, i disegni diCarlo Sada, le carte rapisardiane di A. Tomaselli, C. Maugeri, E. Ferrante, il fondo musicale del maestro S. Santonocito, G. Di Marco, G. Benzoni, ecc.
La Sala Vaccarini o Libreria dei PP. Cassinesi (Libreria dei monaci benedettini) progettata daGiovanni Battista Vaccarini a piantaovale e arricchita da un pavimento inmaiolica diVietri e da un soffitto affrescato, è completamente arredata con scaffali contenenti libri rari e di pregio dei secoli XVII- XIX. La sequenza degli spazi vaccariniani, dal corridoio del Noviziato alla grande Biblioteca, è uno dei pochi esempi dell'architettura del Settecento catanese in cui la libertà dalle rigide regole trattatistiche, dallasimmetria e dalla staticità, trovano espressione.
In questo vastissimo ambiente rettangolare la luce che penetra dalle finestre laterali illumina uniformemente le pareti, lungo le quali si distendono gli scaffali lignei sui quali sono disposti i libri. Al ballatoio, pure in legno, che corre lungo l'ordine superiore degli scaffali, separati l'uno dall'altro da comode panche, si accede con una scaletta di legno situata sulla destra dell'ingresso. Al di sopra della cornice, che chiude in alto le librerie, corre una serie di dodici medaglioni incorniciati contenenti ritratti dei Santi Padri della Chiesa. Un cornicionepolicromo determina la volta, ripartita in grandi riquadri affrescati daGiovanni Battista Piparo che vi rappresentò leallegorie delle Virtù, delle Arti e delle Scienze. L'arredo della Sala è completato dal pavimento d'epoca realizzato in ceramica napoletana.
L'impianto originario, sia per esigenze funzionali che per modesti adattamenti dei committenti, si articolava in spazi segregati, cucina e museo, e in sequenze con cerniera nell'antirefettorio[29]. Le mutate destinazioni d'uso hanno portato ad una fruizione dinamica e articolata che coinvolge tutti gli spazi.
La Sala Vaccarini è l'unico ambiente del monastero che si conserva pressoché integro nella configurazione originaria[30]. Oltre la conservazione degli elementi connotativi dello spazio si conserva ancora il ricco e raro patrimonio librario. Agli scaffali curvi nei quattro angoli della sala è affidato il compito di fare scivolare lo sguardo da una parete all'altra conferendo dinamicità a tutto l'impianto.
Altri progetti
| Controllo di autorità | VIAF(EN) 132276717 |
|---|