
Benito Albino Dalser (Milano,11 novembre1915 –Mombello di Limbiate,26 agosto1942) è stato unmilitareitaliano, noto anche con i cognomiMussolini[1] eBernardi (dal nome del padreadottivo etutore), fu figlio diIda Irene Dalser e diBenito Mussolini[2].
Secondo la ricostruzione del giornalista Marco Zeni, basata su documenti riguardanti la Dalser, il bambino venne riconosciuto aMilano dal padre l'11 gennaio del 1916, con atto del notaio Giuseppe Buffoli diMonza, così come riportato da annotazione trascritta l'8 aprile 1916 nel registro delle nascite del Comune di Milano[3]. Tuttavia l'atto di riconoscimento non è mai stato trovato[4][5].

Nel 1925 Benito Mussolini, da circa tre annicapo del governo, nello stesso anno del suo matrimonio religioso conRachele Guidi, avrebbe assegnato al piccolo Benito Albino unadote di centomila lire inBuoni del Tesoro[6] ma, al di fuori di questa elargizione, non si occupò direttamente del bambino. I rapporti con Benito Albino furono invece tenuti dal fratello del Duce,Arnaldo, che ebbe nei confronti del nipote un comportamento affettuoso.
Benito Albino visse con la madre in varie località fino al 1926, quando la donna, che non aveva rinunciato a proclamarsilegittima consorte del capo delfascismo, fu internata nelmanicomio di Pergine Valsugana e, successivamente, in quello diSan Clemente nellalaguna veneziana. Dopo il primo ricovero coatto della madre, il bambino fu mandato in collegio prima aMoncalieri daipadri Barnabiti poi, dopo la morte improvvisa dello zio Arnaldo, nel 1931, in un collegio di minore prestigio. Nel 1932 fu adottato, su ordine di Mussolini, da Giulio Bernardi,commissario prefettizio diSopramonte, che ne divenne anche il tutore[7]. Benito Albino non riuscì mai più a rivedere la madre e, secondo Zeni, sarebbe vissuto nel desiderio costante di essere riconosciuto dal padre.
Dopo aver frequentato il corso ditelegrafia[8] aLa Spezia, insieme a Giacomo Minella, nipote del padre adottivo, si arruolò nellaRegia Marina e si imbarcò con il compagno sull'esploratore Quarto, in navigazione verso laCina. Secondo le testimonianze di Minella, Benito Albino manifestò più volte ai commilitoni la sua stretta parentela con il Duce. Fatto rimpatriare nel 1935 con uno stratagemma, fu anch'egli fatto rinchiudere come la madre in un istituto psichiatrico aMombello diLimbiate (l'alloramanicomio provinciale di Milano), dove morì nel 1942. La morte del giovane, secondo le cartelle cliniche ritrovate, sarebbe da imputare alle ripetuteiniezioni diinsulina, che lo mandarono ripetutamente incoma, sino a provocarne il decesso.[9]. Nel 2006 quotidianoLa Repubblica ha definito la sua scomparsa, studiata dal giornalistaAlfredo Pieroni delCorriere della Sera, "un delitto di regime".[10]
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