LaBenetton Formula (pronuncia italiana:benettón/benetˈton/[1]) è stata una scuderia anglo-italiana diFormula 1, di proprietà dell'omonima azienda tessile trevigiana, attiva dal 1986 al 2001.
«Quando la Benetton è entrata in Formula 1 mi sono detto che qualcosa stava cambiando. All'improvviso sono comparsi dei colori, tanti colori. E si è creata un'atmosfera mondana e di festa che ha fatto bene a tutti, costringendo anche gli altri a cambiare. È stata questa la grande rivoluzione che la Benetton ha portato. Ma non sarebbe stata credibile se poi non fossero arrivate le vittorie e i titoli mondiali a suggellare un impegno che era anche tecnico e industriale. Nelle corse, come nella vita, non si vince mai per caso.»
All'inizio degli anni 80 iBenetton, famiglia di imprenditoritrevigiani attivi nel campo della moda, decisero di impegnarsi in variesponsorizzazioni sportive attraverso i propri marchi di abbigliamento,Benetton eSisley, con un'operazione «sociale» che mirava a supportare perlopiù realtà del proprio territorio comepallacanestro (Pall. Treviso),pallavolo (Treviso) erugby (Benetton).[5] La sola eccezione a questa filosofia locale fu rappresentata fin dal principio dallaFormula 1, in quanto vista «come unico veicolopubblicitario a carattere universale»:[5] l'automobilismo era infatti ritenuto uno strumento ideale per propalare i valori di gioventù e dinamismo connaturati alle strategie dimarketing del gruppo.
Il marchio debuttò quindi nelcircus nel1983 come sponsor principale dellaTyrrell,[2] ripellicolando di conseguenza nel verdeaziendale Benetton le due monoposto011 diMichele Alboreto eDanny Sullivan. Nonostante una più che soddisfacente stagione, in cui arrivò con Alboreto anche una vittoria nelGran Premio degli Stati Uniti d'America-Est –a posteriori l'ultima nella storia del team britannico oltreché per il longevo propulsoreFord Cosworth DFV –, l'accordo commerciale durò solo un anno giacché nel1984 il gruppo italiano andò ad associare il proprio marchio alla scuderiaEuroracing, la squadra corse semiufficiale dell'Alfa Romeo, versante in condizioni economiche deficitarie.[2] Gli ingenti investimenti diLuciano Benetton non furono comunque sufficienti a dare maggior competitività al team lombardo,[6] eccezione fatta per il terzo posto colto daRiccardo Patrese nelGran Premio d'Italia 1984,[2] sicché anche questa sponsorizzazione, «alquanto deludente»,[6] ebbe vita breve risolvendosi nel1985.[2]
Guardando oltre la fallimentare relazione con la Euroracing, i Benetton optarono per legarsi anche a un'altra squadra, stavolta giovane e in ascesa, ovvero laToleman che nel 1984 aveva fatto debuttare nella massima categoria motoristica il promettente brasilianoAyrton Senna e poteva vantare una struttura tecnica solida e competente, guidata dal giovane ma già valido progettista sudafricanoRory Byrne.[2]
Nel 1985 la Toleman motorizzataHart poté quindi contare sulla munifica sponsorizzazione trevigiana, che nel giro di pochi mesi[7] si risolse nella completa acquisizione della scuderia,[8] poi fusasi con laSpirit (team appena ritiratosi dal mondiale)[2] per andare così ad assumere la denominazione diBenetton Formula:[6] per la prima volta un marchio non legato al mondo delle auto dava il proprio nome a una monoposto da Gran Premi.[2]
Benetton corse con licenza automobilisticabritannica fino al 1995 e con licenzaitaliana dal 1996;[9] la sede operativa rimase comunque sempre inInghilterra, aWitney fino al 1991 e aEnstone dal 1992.
Nel1986 la Benetton, ormai desiderosa «di agire in prima persona» nelle decisioni della squadra,[8] fece dunque il suo esordio in Formula 1 come costruttore, con una struttura guidata dall'amministratore delegatoDavide Paolini[6] e dal direttore sportivo Peter Collins; la monopostoB186, spinta dal motore 4 cilindriturbo diBMW ed equipaggiata con pneumaticiPirelli ereditati dalla Spirit,[7] era affidata all'italianoTeo Fabi e dell'austriacoGerhard Berger.[10] La debuttante squadra anglo-trevigiana si fece notarein primis per la sua insolitalivrea multicolore[2][10][11] – fantasia che si estenderà finanche alle spalle degli pneumatici in occasione delGran Premio degli Stati Uniti d'America[10][11] –, spiccando immediatamente in mezzo alle altre vetture della griglia.[2]
Dopo un inizio convincente, segnato dall'ottenimento di 8 punti nelle prime tre gare e culminato nel primo podio grazie alla terza piazza colta da Berger aImola,[10] il team ebbe una lunga crisi di risultati, incappando in molti ritiri soprattutto a causa di cedimenti meccanici.
La stagione si chiuse però in crescendo: dapprima Fabi ottenne duepole position consecutive all'Österreichring e aMonza,[2][10] e infine Berger, anche grazie alla migliore resa del propulsore tedesco e delle coperture italiane sulle alture centro-americane rispetto ai concorrenti,[12] colse il primo successo della storia Benetton nelGran Premio del Messico,[10] consentendo alla squadra di terminare sesta nel mondiale costruttori.
Nel 1987 iniziò la collaborazione con il motorista statunitenseFord, attraverso la consociata britannicaCosworth,[13] che durerà con profitto per le successive otto stagioni. I piloti erano il confermato Fabi e il belgaThierry Boutsen, arrivato a sostituire il promettente Berger migrato inFerrari, mentre la vetturaB187 era equipaggiata da un nuovomotore V6 turbo, il Ford GBA, potente ma poi rivelatosi molto poco affidabile nel corso del campionato.[2] L'anno terminò con 28 punti, due podi e il quinto posto fra i costruttori.
Nel 1988 il team, passato sotto la presidenza diAlessandro Benetton,[3] secondogenito delpatron Luciano, che manterrà la carica per i dieci anni seguenti, abbandonò anticipatamente i propulsori turbocompressi (destinati a essere comunque banditi dall'anno successivo) in favore di unV8 aspirato, il Ford DFR.[2] Le monopostoB188 guidate da Boutsen e dall'italianoAlessandro Nannini ottennero diversi podi e il terzo posto complessivo nella classifica costruttori con 39 punti, dietro alla Ferrari e allaMcLaren, quest'ultima dominatrice assoluta del campionato.[2]
Il 1989 vide l'arrivo al muretto del direttore esecutivoFlavio Briatore,[14] uomo di fiducia della famiglia Benetton ea posteriori punto di svolta nell'ascesa del team.[2] Frattanto la monopostoB189 segnò il rafforzamento della collaborazione tecnica con Ford, che ora equipaggiava in esclusiva la squadra anglo-italiana attraverso la nuova serie di motori HBA.
La seconda vettura era stata inizialmente affidata al giovane britannicoJohnny Herbert, sponsorizzato daldiesse Collins e ancora convalescente dopo un grave incidente occorsogli inFormula 3000 nel 1988.[15] Già dopo pochi Gran Premi sorsero però contrasti all'interno del box tra il nuovo arrivato Briatore e Collins,[2] a seguito dei quali sia quest'ultimo sia il suo pupillo Herbert lasciarono Witney;[15][16] al pilota britannico subentrò l'italianoEmanuele Pirro per la seconda parte di stagione.[2]
Sul piano sportivo Nannini riportò la Benetton alla vittoria inGiappone (anche grazie alla squalifica diAyrton Senna)[2] ma per la prima volta il team perse una posizione tra i costruttori, piazzandosi quarto dietro anche allaWilliams. Ciò fu imputato essenzialmente alla B189, monoposto non rivelatasi capace di proseguire iltrend crescente della scuderia;[17] a pagare fu Byrne, che chiuse con un licenziamento la sua prima fase in seno a Witney.[17]
Già alla fine del 1989 la Benetton si era assicurata per l'anno successivo le prestazioni del tre volte iridatoNelson Piquet, strappato a unanobile decaduta quale laLotus,[2] e del progettistaJohn Barnard, transfuga dalla Ferrari, in sostituzione di Byrne.[2][17] L'ancora giovane team, pur non potendo vantare l'esperienza e la tradizione dei grandi marchi dell'automobilismo,[3] stava infatti iniziando a farsi un nome all'interno delcircus: in pochi anni la famiglia Benetton aveva portato in Formula 1 nuovi stili di comunicazione e metodi manageriali, cominciando a impensierire sul piano sportivo le scuderie storicamente protagoniste della categoria e inimicandosene altre sul fronte politico.[3]
Nel campionato1990 Piquet, nonostante fosse ormai nella fase calante della propria carriera, si rese ancora protagonista di buone prestazioni: anche grazie alle vittorie nelle ultime due gare della stagione, inGiappone e inAustralia, il brasiliano chiuse al terzo posto la classifica piloti.[2] Lo stesso piazzamento venne conseguito dalla squadra tra i costruttori.[2] Verso la fine della stagione, tuttavia, la Benetton dovette affrontare il dramma di Nannini, vittima di un grave incidente in elicottero, per i postumi del quale fu costretto a chiudere la sua carriera in Formula 1;[2] al suo posto venne chiamatoRoberto Moreno[2] il quale, con il secondo posto colto aSuzuka dietro al connazionale Piquet, diede peraltro alla scuderia la primadoppietta della sua storia.[18]
In vista del campionato1991 la squadra, che nel frattempo stava cercando di ampliare il propriobudget in modo da non dover più dipendere solo dal sostegno diretto della famiglia Benetton,[3] ottenne la munifica sponsorizzazione dellaR. J. Reynolds Tobacco Company che ne divennetitle sponsor attraverso il marchioCamel: le vetture anglo-trevigiane abbandonarono pertanto la caratteristica livrea policroma con cui avevano corso nel precedente quinquennio,[19] venendo ripellicolate nel giallo aziendale del succitatobrand di sigarette.
LaB191 del1991, prima monoposto ad abbandonare i colori Benetton in favore di untitle sponsor.
La nuova monoposto, laB191, fu la prima tra quelle deitop team dell'epoca ad adottare la filosofia progettuale del muso alto; una soluzione che era stata portata al debutto l'anno prima dallaTyrrell 019.[20] Alla guida erano stati inizialmente confermati sia Piquet, giunto alla sua ultima stagione di attività, sia Moreno. In occasione delGran Premio del Belgio, tuttavia, Briatore rimase colpito dalle prestazioni del debuttanteMichael Schumacher,[2] frettolosamente chiamato dallaJordan a sostituire l'indisponibileBertrand Gachot: anticipando il resto delcircus e, con una buona dose di azzardo, preferendolo agli allora più promettentiHeinz-Harald Frentzen eKarl Wendlinger,[14][21] Briatore arrivò a un accordo conEddie Jordan a decorrere dalla successiva gara diMonza, portando Schumacher in Benetton e facendo compiere percorso inverso (e con ingaggio pagato) a Moreno.[21] L'annata vide Piquet conquistare una fortunosa vittoria inCanada, giovando dei problemi occorsi alla Williams diNigel Mansell proprio nell'ultimo giro, e due terzi posti, mentre Moreno e Schumacher ottennero tre piazzamenti a punti a testa; la Benetton chiuse infine il campionato costruttori al quarto posto con 38,5 lunghezze.
Frattanto, a metà stagione Barnard aveva lasciato la squadra causa un mancatofeeling sia in pista sia in azienda.[17] Il reparto progetti fu così riaffidato a Byrne, reduce dal fallito sbarcoReynard nella massima formula[2][17] e che, nel frattempo, aveva ricucito i rapporti con il team anglo-trevigiano;[17] inoltre il contemporaneo arrivo a Enstone diTom Walkinshaw, colui dietro ai successiJaguar nel mondiale sportprototipi,[17] aprì le porte della direzione tecnica al promettenteRoss Brawn, fattosi notare grazie al suo lavoro col plurivittorioso prototipoXJR-14.[2][17] Il binomio Brawn-Byrne sarà destinato a scrivere un importante pezzo di storia della Formula 1 negli anni seguenti, grazie a monoposto molto raffinate sia a livello meccanico sia aerodinamico,[2] facendo la fortuna dapprima della stessa Benetton e poi, ancor più, della Ferrari.[17]
Ritiratosi Piquet, per il1992 la Benetton confermò il talentuoso Schumacher, promosso a prima guida nonostante la giovane età e a conti fatti designato a uomo su cui puntare per la rincorsa al mondiale,[21] affiancandogli il più esperto britannicoMartin Brundle.[2] Arrivò una vittoria inBelgio, aSpa-Francorchamps, la prima in carriera per Schumacher;[2] in generale, a riprova di unaB192 non altop velocisticamente ma estremamente affidabile,[2] con almeno una delle due monoposto la scuderia anglo-italiana chiuse tutte le gare in zona punti – all'epoca ristretta ai soli primi sei al traguardo. La stagione finì con 91 punti in cascina e il terzo posto tra i costruttori.[2]
Nel1993 la Benetton si mantenne sui livelli della stagione precedente. LaB193 era concettualmente la prosecuzione della monoposto precedente, ma i progressi tecnici furono particolarmente lenti (ilcontrollo di trazione non fu introdotto che da metà stagione[22]) sicché nella prima parte di campionato le prestazioni ne risultarono frenate, impedendo un reale confronto con la Williams punto di riferimento della griglia.[2]
Schumacher si confermò, vincendo ilGran Premio del Portogallo e facendo suo nettamente il confronto interno con il compagno di squadra,[2] l'esperto italianoRiccardo Patrese,[23] alla sua ultima stagione in Formula 1.
Nell'inverno precedente alla stagione1994 gli organi di governo della Formula 1 si adoperarono per tentare di arginare l'escalation di prestazioni delle monoposto nonché per ridurre il vantaggio tecnologico accumulato dalla Williams che, nel precedente biennio, aveva messo in pista macchine nettamente superiori alla concorrenza. L'intento era duplice: spingere i costruttori a realizzare monoposto meno performanti – e dunque teoricamente più sicure –, e restituire maggiore spettacolarità al campionato.[24]
LaFederazione Internazionale dell'Automobile (FIA) pertanto intervenne fortemente sul regolamento, bandendo o comunque limitando tutti quegli aiuti elettronici alla guida[24] – come ad esempio i sistemi dilaunch etraction control o diantilock braking, o lesospensioni attive – che avevano fatto la fortuna del team diDidcot;[25] venne inoltre reintrodotto dopoundici anni il rifornimento di carburante neipit stop, onde inserire un ulteriore elemento tattico e rendere più spettacolari alcune fasi di gara.[25]
In casa Benetton, stante il ritiro della Camel dalle sponsorizzazione sportive, ci si accordò con la concorrenteJapan Tobacco:[26] la nuovaB194 venne dunque ripellicolata nella livrea bianco-blu-azzurra del marchioMild Seven, che accompagnerà la scuderia per il resto della sua storia.[27] La monoposto, dal disegno molto razionale, vantava notevole efficienza aerodinamica e affidabilità meccanica. Non andò però in porto il tentativo di cambiare motorista,[28] sicché venne confermato il legame con Cosworth, che nell'occasione portò al debutto il nuovo propulsoreFord Zetec-R, globalmente più avanzato rispetto agli HBA usati in precedenza, ma comunque prestazionalmente inferiore rispetto alV10Renault montato dalla Williams campione uscente[29][30] e alV12Ferrari; l'architettura V8 lo rendeva tuttavia più leggero dei concorrenti, facile nella messa a punto e, cosa più importante, estremamente solido.
Schumacher a bordo della sua Benetton nel fine settimana delGran Premio di Gran Bretagna 1994, dove il tedesco incappò nella prima delle quattro gare di squalifica comminategli in stagione, fatto che esacerbò la lotta mondiale con la Williams.
Le novità regolamentari e il pacchetto vettura-pilota, nella persona di uno Schumacher chiamato al definitivo salto di qualità, resero la Benetton la principale candidata[29][31] a insidiare la Williams che, pur a fronte del ritiro del campione uscenteAlain Prost, restava la favorita d'obbligo avendo affidato il volante al tre volte iridato Senna.[32][24]
La scelta del team anglo-trevigiano di puntare tutto su Schumacher, costruendo la vettura in funzione esclusiva del suo stile di guida, si rivelò vincente: il tedesco colse 8 successi, andando a podio tutte le volte che riuscì a vedere la bandiera a scacchi e, anche complice le difficoltà patite dalla concorrenza,in primis da una Williams che dovette affrontare la morte di Senna aImola e la discontinuità di rendimento della seconda guidaDamon Hill (quest'ultimo, comunque, l'unico capace di rivaleggiare contro Schumacher per l'iride fino all'ultima gara[33]), si garantì il suo primo titolo mondiale.[33]
Non altrettanto fortunata fu la corsa all'alloro costruttori, che rimase appannaggio della scuderia diFrank Williams per soli quindici punti: i tre piloti che si alternarono durante la stagione alla guida della seconda B194 – dapprima il giovane collaudatoreJos Verstappen, sostituto dell'infortunato e titolareJJ Lehto, e infine Herbert, quest'ultimo di ritorno in squadra dopo un lustro – non seppero infatti portarla allo stesso livello cui la spingeva Schumacher, il quale a sua volta si ritrovò frenato da varie squalifiche nel corso del campionato: dapprima una bandiera nera inGran Bretagna, poi la revoca della vittoria inBelgio per l'eccessivo consumo del pattino del fondo della vettura, e infine l'impossibilità di prendere parte agli appuntamenti d'Italia ePortogallo per via di un'ulteriore sanzione relativa alla succitata condotta irregolare di Silverstone.[34]
LaBenetton B194 campione del mondo piloti 1994 con Schumacher
La stagione non fu inoltre esente da polemiche. Anzitutto la discrepanza di rendimento tra Schumacher e i compagni di squadra fece sorgere dubbi in merito alla regolarità della vettura guidata dal tedesco,[25] in particolare riguardo ai sistemi informatici di bordo, accusati di contenere programmi volti ad aggirare iban FIA e massimizzare le prestazioni della B194.[25][35] Egualmente fonte di discussioni furono le pompe benzina, realizzate dal fornitore unico Intertechnique per tutta lapit lane e successivamente modificate dalla Benetton onde velocizzare, ma anche rendere più rischiosa, l'operazione:[25] ciò fu palese allorché la monoposto di Verstappen, durante unpit stop aHockenheim, prese fuoco senza però causare conseguenze significative al pilota o ai meccanici.[25] Nessuna di tali circostanze venne tuttavia giudicata irregolare dagli organi di governo della Formula 1: dalle indagini FIA non emerse l'utilizzo di software illegali da parte del team, mentre nel caso delle pompe di rifornimento la squadra, pur non negando l'accaduto, presentò una solida tesi difensiva che la mise al riparo da sanzioni.[36]
Nondimeno oggetto di critiche fu lo stile di guida di Schumacher, il quale, al di là della sospensione dalle gare patita a metà campionato, dovuta anche alle indicazioni dategli dal muretto, fu sospettato di avere provocato scientemente l'incidente che, nell'ultimo e decisivo Gran Premio stagionale adAdelaide, mise fuori gioco sia lui che Hill, garantendogli la conquista del titolo iridato.[33] Anche in questo caso, tuttavia, una successiva inchiesta FIA si risolse in favore del neocampione del mondo.[33][37]
LaBenetton B195 che permise al campione uscente Schumacher di riconfermarsi iridato nel1995
Nel maggio 1994, con una manovra prettamente politica, ilteam principal Briatore aveva acquisito la maggioranza della concorrenteLigier, versante in gravi difficoltà economiche.[38] L'operazione, volta a portare la Benetton allo stesso livello prestazionale della rivale Williams, mirava essenzialmente a trasferire a Enstone la fornitura di V10 Renault che equipaggiava le monoposto francesi,[38] una motorizzazione che la scuderia anglo-italiana inseguiva ormai da un paio d'anni;[28] si andò così ad aggirare il veto di Didcot che, da par suo, dal 1993 aveva instaurato una solidapartnership tecnica con Ligier onde ostacolare un possibile accordo tra la Benetton e lafactory diViry-Châtillon.[38] In attesa della formalizzazione dell'accordo, nel dicembre 1994 il neoiridato Schumacher poté così prendere confidenza coi propulsori francesi compiendo un test all'Estoril su unaJS39.[38] Poco dopo Briatore cederà la Ligier all'exbenettoniano Walkinshaw.[38]
Per la stagione1995 venne quindi messa in pista laB195, che riprendeva gran parte dei validi concetti visti sulla monoposto precedente.[39] Affidata a Schumacher e a un Herbert stavolta confermato in pianta stabile per tutta l'annata,[4] la nuova vettura incontrò alcune difficoltà in avvio di stagione, per via dell'adattamento al nuovo motore Renault che inficiava negativamente susetup e bilanciamento;[40] ma una volta risolti questi problemi di gioventù, la B195 permise alla Benetton di egemonizzare il campionato con 11 vittorie – passò agli annali quella diSpa-Francorchamps, dove Schumacher primeggiò pur partendo dal 16º posto in griglia, e dove, congommeslick su pista umida, battagliò alla pari contro la Williams di Hill dotata di coperture da bagnato[40] – su 17 corse (compresa unadoppietta aBarcellona), segnandoa posteriori il punto più alto nella storia del team.[4]
Johnny Herbert alla guida della B195 nelGran Premio del Canada 1995: le prestazioni della seconda guida sfociarono quell'anno nella doppietta mondiale per la Benetton, che fece suo anche il titolo costruttori.
Il campione in carica Schumacher, una volta superati i summenzionati imprevisti, dal Gran Premio spagnolo in poi domò abbastanza facilmente la resistenza di Hill[39] e si riconfermò iridato con nove successi totali, assicurandosi l'alloro già nel terz'ultimo appuntamento diAida,[41] mentre le buone prestazioni del secondo pilota Herbert,[15] il quale colse due affermazioni di prestigio aSilverstone eMonza, oltre a piazzarsi regolarmente a punti nel resto dell'anno, consentirono al team di issarsi a quota 137 punti e incamerare così, per la prima e unica volta, anche il titolo costruttori.[4]
Rimase questo il momento più glorioso della Benetton: infatti a fine campionato, quando era ormai divenuta la squadra di riferimento delcircus, perse le prestazioni di Schumacher il quale già dall'estate precedente, a mondiale virtualmente conquistato, aveva deciso di accettare l'ingaggio della Ferrari per il1996.[42]
Il1996 vide la Benetton passare a correre sotto la licenza italiana;[9] ciò non ebbe ripercussioni sulla logistica della squadra, che mantenne la propria sede operativa in Inghilterra. La nuovaB196 appariva perlopiù come una versione rivisitata e adattata ai nuovi regolamenti (vedi l'adozione delle protezioni laterali per l'abitacolo) della monoposto campione uscente, piuttosto che un progetto completamente nuovo, tant'è che ben presto si dimostrò prestazionalmente un gradino sotto la Williams di Damon Hill, finalmente campione come suo padreGraham, e quasi alla pari di una Ferrari rivitalizzata dall'ex Schumacher.
I due nuovi piloti,Jean Alesi eGerhard Berger,[9] quest'ultimo di ritorno sotto le insegne Benetton dopo un decennio, nonostante le dichiarazioni d'intenti della vigilia[9] non riuscirono a far rivivere i più recenti fasti e, per la prima volta dal 1988, il team concluse la stagione senza vittorie; tuttavia la coppia ottenne costanti piazzamenti a punti (14 volte su 16 gare) e numerosi podi, risultati che permisero di mantenersi ai piani alti dello schieramento e chiudere il campionato costruttori al terzo posto – dopo avere peraltro perso la virtuale seconda piazza solo nell'ultimo appuntamento inGiappone.
Ciò nonostante, nell'inverno 1996-1997 la Benetton dovette affrontare l'addio di due figure chiave nella propria ascesa, il direttore tecnico Brawn[43] e il progettista Byrne,[44] i quali raggiunsero Schumacher a Maranello. A questo si aggiunse un primo, parziale disimpegno dalla Formula 1 della famiglia Benetton, che spostò parte delle sue attenzioni verso una nuova avventura nelmotomondiale.[45] Una situazione che,a posteriori, chiuse definitivamente un'epoca nella storia della scuderia anglo-trevigiana.[46]
Nel1997 la Benetton presentò laB197. La vettura, che il nuovo direttore tecnicoNick Wirth si ritrovò in parte ereditata da Byrne,[46] era profondamente rivista rispetto alla precedente; l'unico vero problema risiedeva nel fatto che soffrisse di mancanza congenita di carico aerodinamico, patendo quindi in circuiti come l'Hungaroring, con lunghi tratti guidati o lenti, e al contrario trovandosi a proprio agio in tracciati come l'Hockenheimring, dalle alte velocità di punta.
La coppia Alesi-Berger fu confermata, anche se l'austriaco annunciò che quella del 1997 sarebbe stata la sua ultima stagione prima del ritiro. Dopo una partenza di campionato tra alti e bassi (il ritiro di Alesi in Australia, poiché rimasto senza benzina e il secondo posto di Berger in Brasile, alle spalle di Villeneuve), il collaudatoreAlexander Wurz sostituì il connazionale Berger, assente per motivi personali dopo la morte del padre, per tre Gran Premi a centro stagione (Canada,Francia eGran Bretagna);[47] aSilverstone colse anche un terzo posto alle spalle del compagno di squadra Alesi, giunto secondo, e del vincitore Villeneuve che conquistò la centesima vittoria per la Williams.
Al successivoGran Premio di Germania, a fine luglio, Berger riprese il suo posto da titolare e immediatamente arrivò, dopo un 1996 avaro di soddisfazioni, un successo in gara con l'austriaco che riuscì a conquistare la sua ultima vittoria in carriera:[47] quello di Hockenheim rimarrà anche l'ultimo trionfo in Formula 1 per la Benetton,[46] colto, curiosamente, dallo stesso pilota cheundici anni prima aveva dato alla scuderia anglo-italiana la prima delle sue 27 affermazioni nelcircus.
A fine stagione la Benetton fu ancora terza nel campionato costruttori anche se, questa volta, più staccata dalla coppia Williams e Ferrari. Sul finire dell'estate, inoltre, dopo otto anni Briatore aveva lasciato il suo incarico, ufficialmente per mancanza di ulteriori stimoli (la stampa speculò circa sopravvenuti dissidi tra il manager e la proprietà, tuttavia mai confermati dai diretti interessati), venendo sostituito dall'esperto dirigente britannicoDavid Richards, arrivato dallaProdrive e dai successiSubaru nelcampionato del mondo rally, a sua volta coadiuvato dal giovane Rocco Benetton, quartogenito delpatron Luciano.[3]
L'anno successivo in Benetton si visse una stagione di transizione, dettata da un profondo svecchiamento dei ranghi in fabbrica[3] oltreché dalle contemporanee modifiche regolamentari: le carreggiate delle vetture si restrinsero, così come gli pneumatici passarono daslick a scanalati. La scuderia anglo-trevigiana andò a equipaggiare la suaB198 con le nuove copertureBridgestone[48] e rinverdì la sualine-up con la promozione a titolare di Wurz e l'acquisto dell'italianoGiancarlo Fisichella.[49] Si dovette inoltre affrontare il ritiro del motorista Renault dalla Formula 1: i propulsori 1997 di Viry-Châtillon vennero passati alla consociataMecachrome che li aggiornò per distribuirli nel 1998, oltre alla Williams campione uscente, anche alla stessa Benetton che da par suo decise di rinominarli inPlaylife per ragioni commerciali, onde promuovere l'omonimo marchio di moda del gruppo Benetton.[46]
La resa dei nuovi motori Mecachrome/Playlife non riuscì però a eguagliare quella dei precedenti Renault, inficiando negativamente sui risultati stagionali della squadra: dei due piloti il solo Fisichella mostrò qualche lampo, riuscendo a cogliere due secondi posti consecutivi nella prima parte di campionato, aMonaco e inCanada,[46] e firmando poi inAustria l'ultima partenza al palo della storia Benetton, mentre il compagno di box Wurz seppe raggiungere soltanto dei piazzamenti in zona punti. La scuderia battagliò comunque per tutto l'anno con Williams e Jordan per il terzo posto in classifica costruttori,[50] dietro alle inarrivabili McLaren e Ferrari, giungendo infine quinta.[46] Nell'ottobre del 1998 irruppe altresì l'ennesimo ribaltone ai vertici con le dimissioni di Richards, entrato in rotta con la proprietà circa i piani futuri del team,[51] sicché Rocco Benetton assunse la piena gestione a Enstone.[52]
Nella stagione1999 le vicende della squadra tornarono indirettamente a incrociarsi una prima volta con quelle di Briatore il quale, nel frattempo, tramite la sua aziendaSupertec si era accordato con la Mecachrome per distribuire i propulsori francesi, sotto il nuovo nome, a vari team di Formula 1:[53] oltre alla Benetton, anche la Wiliams e la neonataBAR si affidarono a queste unità, che la scuderia anglo-italiana continuò a ribattezzare Playlife.[46]
Neanche i nuovi motori Supertec/Playlife si dimostrarono all'altezza dei rivali e, unito ciò a una monopostoB199 poco competitiva, la squadra visse un'altra stagione travagliata, con l'unico sussulto della seconda piazza colta da Fisichella inCanada.[46] A fine campionato, stavolta, la Benetton si vide surclassata in classifica costruttori anche dallaStewart, chiudendo al sesto posto.
Nel2000, stagione che vide l'avvicendamento tecnico tra Wirth eMike Gascoyne,[46] sembrò esserci una parziale ripresa, con un quarto posto nella classifica costruttori frutto anche dei buoni risultati colti da Fisichella nella prima parte di campionato, tra cui la piazza d'onore inBrasile (dopo la squalifica post-gara della McLaren diDavid Coulthard) e due terzi posti consecutivi traMonaco eCanada; una ripresa dovuta anche alle pessime prestazioni della rivale Jordan, più veloce ma decisamente meno affidabile della solidaB200. Fatto più importante, all'indomani della gara di apertura in Australia[54] la famiglia Benetton, alle prese con un team da anni in parabola discendente, sempre più in crisi di capitali[55] e che solo un paio di anni prima aveva rifiutato di vendere allaFord, stavolta accettò l'offerta della Renault,[54] casa intenzionata a tornare nelcircus non più come semplice motorista bensì come costruttore:[46] la nuova proprietà transalpina riportò immediatamente Briatore, nel frattempo divenuto molto influente nelle decisioni delreparto corse della losanga,[54] nel ruolo di direttore sportivo della scuderia.[56][46][57]
Il2001 fu l'ultimo anno di attività per la Benetton che, pur mantenendo formalmente ancora marchio, numero di telaio e licenza italiana per laB201, questa era ormai da considerarside facto una monoposto totalmente Renault:[46][58] la casa francese aveva infatti deciso di attendere ancora dodici mesi prima di ripresentarsi in forma ufficiale, motivando ciò con l'intento di sfruttare il 2001 come un anno di «assestamento»[57] e «messa a punto»[58] sia per questioni logistiche, onde coordinare il lavoro dei telaisti di Enstone con quello dei nuovi motoristi di Viry-Châtillon,[59] sia per le numerose innovazioni introdotte sulla monoposto,in primis un motore con un insolito angolo tra le bancate di ben 111 gradi[57][58] oltreché il passaggio aMichelin edElf, storicipartner Renault, per le forniture tecniche.[57]
Con simili premesse, l'ultima stagione Benetton in Formula 1 doveva essere dichiaratamente di transizione[59] e così fu. A causa della natura sperimentale del nuovo propulsore francese,[46] la squadra incappò in numerosi problemi di affidabilità soprattutto nella prima metà del campionato;[57] la B201 non ottenne piazzamenti di rilievo eccezion fatta per il terzo posto di Fisichella inBelgio, arrivato più che altro grazie alle mutevoli condizioni meteorologiche.[57] Compagno di squadra dell'italiano era il promettente britannicoJenson Button,[46][57][58] futuro campione del mondo, ma che in quella stagione colse solo due punti contribuendo marginalmente alla settima piazza tra i costruttori,[46] peggiore risultato di sempre del team.
Nel febbraio 2002 la proprietà francese rilevò la licenza della scuderia, riportando ufficialmente in pista la squadraRenault e ponendo così fine, dopo quindici anni e 260 Gran Premi, all'epopea Benetton.[46][55]