Presentò il suoidealismo come «storicismo assoluto», giacché «la filosofia non può essere altro che "filosofia dellospirito" [...] e lafilosofia dello spirito non può essere altro che "pensiero storico"», ossia «pensiero che ha come contenuto la storia», che rifugge ognimetafisica, la quale è «filosofia di una realtà immutabile trascendente lo spirito».[2] In funzione anti-positivistica, nella filosofia crociana, lascienza diventa la misuratrice della realtà, sottomessa alla filosofia, che invece comprende e spiega il reale.
Alcune riserve sulla suaestetica, sulla critica letteraria (in particolare sulla sua definizione di «poesia») e sulla superiorità attribuita alla filosofia rispetto alle scienze nell'ambito dellalogica, tuttavia, sono state espresse in tempi successivi.[4]
D'altra parte, il pensiero di Croce, specialmente quello politico, ha goduto di apprezzamenti più recenti e di una "riscoperta" anche al di fuori dell'Italia, inEuropa e nelmondo anglosassone (specialmente gliStati Uniti d'America), dov'è riconosciuto, al pari di pensatori comeKarl Popper, come uno dei più eminenti teorici del liberalismo europeo e un autorevole oppositore di ognitotalitarismo.[7]
Illiberalismo politico crociano distinto dalliberismo economico fu causa di disaccordo con un altro importante esponente del liberalismo italiano comeLuigi Einaudi.[8]
«... e su questo terreno, traballante a ogni passo, dobbiamo fare il meglio che possiamo per vivere degnamente, da uomini, pensando, operando, coltivando gli affetti gentili; e tenerci sempre pronti alle rinunzie senza per esse disanimarci»
(Benedetto Croce daiTaccuini (marzo 1944) inScritti e discorsi politici, Vol. I, pp. 276-277)
Croce nacque aPescasseroli, inprovincia dell'Aquila, il 25 febbraio del1866. I genitori appartenevano a due abbienti e facoltose famiglieabruzzesi: la famigliaSipari, quella materna, originaria della stessa Pescasseroli ma radicatasi anche inCapitanata eTerra di Lavoro, particolarmente legata agli idealiliberali, e l'altra, quella paterna, originaria diMontenerodomo (inprovincia di Chieti) ma trapiantata aNapoli, legata invece ad una mentalità di stampo borbonico,[10] poiché il nonno «Benedetto "il Vecchio"» era «un alto magistrato delRegno delle Due Sicilie».[11] Croce crebbe in un ambiente profondamentecattolico, dal quale però, ancora adolescente, si distaccò, non riaccostandosi più per tutta la vita alla religiosità tradizionale.
A diciassette anni perse i genitori, Pasquale Croce e Luisa Sipari, e la sorella Maria, periti il 28 luglio del1883, durante ilterremoto di Casamicciola, nell'isola d'Ischia, dove Croce si trovava in vacanza con la famiglia. Un terremoto durato non più di 90 secondi ma dalla potenza devastatrice enorme - e per questo rimasto come esempio terribile di distruzione nel modo di dire delle popolazioni coinvolte - dove lo stesso Benedetto rimase «sepolto per parecchie ore sotto le macerie e fracassato in più parti del corpo».[12]
Il "problema del male", in sottofondo alla sua filosofiaottimistica sul progresso, rimarrà insoluto, se non addirittura negato, e dietro le quinte del suo pensiero, influenzato da questi eventi giovanili come evidenziato dalle meditazioni private deiTaccuini personali.[13]
«Quegli anni furono i miei più dolorosi e cupi: i soli nei quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al mattino, e mi siano sorti persino pensieri di suicidio.[14]»
Fra i primi ad accorrere in suo aiuto fu il cugino Paolo Petroni, la cui famiglia lo assisté affettuosamente nei mesi seguenti nella loro residenza di campagna aSan Cipriano Picentino,[15] paese non troppo distante daSalerno. In seguito a questo tragico episodio fu affidato, assieme al fratello superstite Alfonso (1867-1948), alla tutela del cuginoSilvio Spaventa, figlio della prozia Maria Anna Croce e fratello del filosofoBertrando Spaventa, che, mettendo da parte dei dissapori storici che aveva con la famiglia Croce, lo accolse nella propria casa aRoma, dove il giovane Benedetto trascorse gli anni dell'adolescenza ed ebbe modo di formarsi culturalmente[16] fino all'età di vent'anni.[17]
Nel circoloculturale nella casa dello zio Silvio, Croce ebbe modo di frequentare importanti uomini politici eintellettuali tra cuiLabriola che lo inizierà almarxismo, da cui poi si distaccherà come si è detto, entrando in polemica con lo stesso Labriola. Pur essendo iscritto alla facoltà digiurisprudenza dell'Università di Napoli, Croce frequentò le lezioni difilosofia morale aRoma tenute dal Labriola. Non terminò mai i suoi studi universitari, ma si appassionò a studi eruditi e filosofici, trascurando il pensierohegeliano, di cui criticava la forma incomprensibile.
Lasciata la Roma troppo accesa di passioni politiche, Croce nel 1886 tornò a Napoli, dove acquistò, per abitarvi, la casa dove aveva trascorso la sua vitaGiambattista Vico, il filosofo napoletano amato da Croce per la concezione filosofica anticipatrice, per certi aspetti, della sua. Nel 1890 fu tra i fondatori dellaSocietà dei Nove Musi, un cenacolo di intellettuali.
Foto di gruppo con il giovane Benedetto Croce (terzo da sinistra, in piedi)
Compì numerosi viaggi inSpagna,Germania,Francia eRegno Unito mentre nella sua formazione culturale cresceva l'interesse per gli studi storici e letterari, in particolare per la poesia diGiosuè Carducci, e per le opere diFrancesco De Sanctis. Nel 1895, attraversoAntonio Labriola con cui era rimasto in contatto, si interessò almarxismo, di cui però criticava come astorica la visione che dava delcapitalismo. DaMarx risalì alla filosofiahegeliana che cominciò ad apprezzare e ad approfondire. Pur apprezzando la poesialaica del massone Carducci, Croce ha polemizzato con laMassoneria, ricevendo una secca risposta del Gran MaestroErnesto Nathan.[18]
«Ardenti e vivacissime furono in quei dieci mesi le polemiche tra «interventisti» e «neutralisti», come erano chiamati. [...] non si può dire che [gli interventisti] avessero torto, come non si può dire che l'avessero i loro oppositori, perché dissidî di questa sorta non sono materia, nonché di tribunali, neppure di critica scientifica, e hanno questo carattere entrambe le tesi, appassionatamente difese, sono necessarie per l'effetto politico e, come suona il motto, che, se una delle due opposizioni non ci fosse, converrebbe inventarla. Più di un cosiddetto «neutralista» si sentiva talvolta scosso dalla tesi avversaria e inclinava ad accoglierla, e il medesimo accadeva a più di un «interventista».»
( Benedetto Croce,Storia d'Italia dal 1871 al 1915, Bari,Laterza, 1943.)
Il filosofo, nella scelta tra le due posizioni,neutralismo o interventismo allaprima guerra mondiale, si rivolse alla prima; ma il suo era un neutralismo che contemperava le posizioni liberali con la possibilità dell'intervento (rimase comunque poco favorevole alla guerra, e, non obbligato ad arruolarsi, per limiti di età - 49 anni -, non andò mai al fronte a differenza di altri intellettuali comeD'Annunzio, volontario a 52 anni).[20] Scriveva a Henry Bigot nel 1914, che era:
«pronto ad accettare quella guerra che saremo costretti a fare, quale che sia, anche contro la Germania, ad accettarla come una dolorosa necessità, risoluto a non provocarla per ragioni antinazionali e settarie»
(B. Croce,Epistolario, vol. I, Napoli 1967, p. 3.)
Nel 1915 insieme ad altri intellettuali del tempo comeGabriele D'Annunzio e il cugino, il deputatoErminio Sipari, richiamò l'attenzione dell'opinione pubblica verso la tragedia delterremoto di Avezzano che provocò oltre 30.000 morti e gravissimi danni nellaMarsica e nelle province dell'Italia centrale.[21][22]
Inizialmente Croce fu vicino al fascismo.[25] Ascoltò e applaudì il discorso di Mussolini alteatro San Carlo di Napoli del 24 ottobre 1922, durante l'adunata preparatoria per lamarcia su Roma.[26]
In occasione delle votazioni al Senato del 24 giugno 1924, successive all'uccisione del deputato socialistaGiacomo Matteotti (10 giugno 1924), Croce fu tra i 225 senatori che votarono la fiducia algoverno Mussolini, insieme aGiovanni Gentile eVincenzo Morello.[27] In seguito Croce spiegò in un'intervista che il suo non era stato un voto fascista, aveva votato a favore del regime perché pensava che Mussolini, se sostenuto, poteva esser sottratto all'estremismo fascista a cui Croce faceva risalire la responsabilità del delitto Matteotti. In questa evidente confusione spirituale e morale il filosofo cercava nel fondatore dei fasci di combattimento un alleato che ostacolasse la deriva dittatoriale del fascismo al potere. Come mostra il passo seguente egli credeva ancora di poter ricattare Mussolini attraverso il voto del parlamento. Un parlamento che aveva contribuito a svuotare d'autorità grazie ai listoni tra fascisti e liberali che ne riempivano le aule.[28]
«Abbiamo deciso di dare il voto di fiducia. Ma, intendiamoci, fiducia condizionata. Nell'ordine del giorno che abbiamo redatto è detto esplicitamente che il Senato si aspetta che il Governo restauri la legalità e la giustizia, come del resto Mussolini ha promesso nel suo discorso. A questo modo noi lo teniamo prigioniero, pronti a negargli la fiducia se non tiene fede alla parola data. Vedete: il fascismo è stato un bene; adesso è divenuto un male, e bisogna che se ne vada. Ma deve andarsene senza scosse, nel momento opportuno, e questo momento potremo sceglierlo noi, giacché la permanenza di Mussolini al potere è condizionata al nostro beneplacito.[29]»
Croce scrisse suIl Giornale d'Italia del 9 luglio 1924 che il regime mussoliniano «non poteva e non doveva essere altro che un ponte di passaggio per la restaurazione di un più severo regime liberale».
La rottura e ilManifesto degli intellettuali antifascisti
«Contaminare politica e letteratura, politica e scienza è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stampa, non può dirsi nemmeno un errore generoso. E non è nemmeno, quello degli intellettuali fascisti, un atto che risplende di molto delicato sentire verso la patria, i cui travagli non è lecito sottoporre al giudizio degli stranieri, incuranti (come, del resto, è naturale) di guardarli fuori dei diversi e particolari interessi politici delle proprie nazioni. [...]
In che mai consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova religione, la nuova fede, non si riesce a intendere dalle parole delverboso manifesto; e, d'altra parte, il fatto pratico, nella sua muta eloquenza, mostra allo spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli all'autorità e di demagogismo, di proclamata riverenza alle leggi e di violazione delle leggi, di concetti ultramoderni e di vecchiumi muffiti, di atteggiamenti assolutistici e di tendenze bolsceviche, di miscredenza e di corteggiamenti alla Chiesa cattolica, di aborrimenti della cultura e di conati sterili verso una cultura priva delle sue premesse, di sdilinquimenti mistici e di cinismo. [...] Per questa caotica e inafferrabile "religione" noi non ci sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è stata l'anima dell'Italia che risorgeva, dell'Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento.»
SecondoNorberto Bobbio, ilManifesto degli intellettuali antifascisti sancì l'assunzione da parte di Croce del ruolo di «coscienza morale dell'antifascismo italiano» e di «filosofo della libertà».[31] Lo scritto segnò inoltre la rottura dell'amicizia con Gentile, a causa delle ormai inconciliabili divergenze filosofiche e politiche. In seguito Croce fu l'unica voce fuori dal coro tollerata dal regime.[32]
Il ruolo di Croce come coscienza dell'antifascismo è testimoniato, tra gli altri, daPrimo Levi, che nel 1975 ricordò che negli anni del fascismo e della guerra, segnati per gli antifascisti da smarrimento morale, isolamento e incertezze, solo «La Bibbia, Croce, la geometria, la fisica, ci apparivano fonti di certezza».[33]Stefan Zweig che lo visitò a Napoli ammirò l'energia e freschezza spirituale in un uomo che pur apparendo già vecchio commentò: «Nulla è di danno all'intelletto quanto la mancanza di opposizione... Ora sono costretto a ringiovanire me stesso».[34]
«Il mio liberalismo è cosa che porto nel sangue, come figlio morale degli uomini che fecero ilRisorgimento italiano, figlio diFrancesco De Sanctis e degli altri che ho salutato sempre miei maestri di vita. La storia mi metterà tra i vincitori o mi getterà tra i vinti. Ciò non mi riguarda. Io sento che ho quel posto da difendere, che pel bene dell'Italia quel posto dev'essere difeso da qualcuno, e che tra i qualcuni sono chiamato anch'io a quell'ufficio. Ecco tutto.»
Rifiutò di entrare nell'Accademia d'Italia, fondata nel 1929, e dopo un breve appoggio al movimentoantifascistaAlleanza Nazionale per la Libertà (1930), fondato dal poetaLauro De Bosis, si allontanò dalla vita politica,[35] continuando peraltro a esprimere liberamente le sue idee politiche, senza che il regime fascista lo censurasse, almeno esplicitamente.[36]
L'unico atto di ostilità violenta ed esplicita compiuto dal fascismo verso Croce fu la devastazione della sua casa napoletana avvenuta nel novembre del 1926.[37] Negli anni successivi, quelli della sua affermazione e del cosiddetto “consenso”, il fascismo ritenne Croce un avversario poco temibile, sostenitore com'era della tesi di un fascismo inteso come "malattia morale" inevitabilmente superata dal progresso dellastoria. Inoltre la fama di Croce presso l'opinione pubblica europea lo proteggeva da interventi oppressivi da parte del regime. Ebbe altresì blandi rapporti culturali con intellettuali in qualche modo vicini al regime, anche se marginali, come un carteggio epistolare con iltradizionalistaJulius Evola, a cui espresse l'apprezzamento formale per due opere, da pubblicare presso Laterza con il benestare dello stesso Croce,Saggi sull'idealismo magico,Teoria dell'individuo assoluto e, successivamente,La tradizione ermetica.[38][39][40]
Nel 1931 il governo fascista richiese ai docenti delle università italiane un atto di formale adesione al regime in base all'articolo 18 delregio decreto n. 1227 del 28 agosto 1931[41] (il cosiddettogiuramento di fedeltà al fascismo). A seguito di tale provvedimento, i docenti avrebbero dovuto giurare di essere fedeli non solo "alla patria", secondo quanto già imposto dal regolamento generale universitario del 1924, ma anche al regime fascista.[42]
In quell'occasione, Croce incoraggiò professori comeGuido Calogero eLuigi Einaudi a rimanere all'università, «per continuare il filo dell'insegnamento secondo l'idea di libertà».[43]
Se la sua figura fu importante per l'area politica del liberalismo, la sua scuola ebbe durante tutto il ventennio fascista una platea assai più ampia di allievi:[44] del resto, già prima dalle sue idee avevano tratto alcuni elementi di critica, che andavano in senso contrario a quello indicato fino ad ora, autori comeAntonio Gramsci[45] e il gruppocomunista deL'Ordine Nuovo. In questi scritti 'dal carcere' Gramsci analizza il sistema dottrinale e filosofico, che consentì l'ascesa del fascismo e la conseguente dittatura. La filosofia del Croce, che assieme a quella di Gentile, costituì il vertice del pensiero filosofico italiano fino al 1922, aveva, con la sua irresolutezza e ambiguità intellettuale definita 'dialettica dei contrari' nell'opera citata del Gramsci, dato man forte e sostentamento spirituale alle squadre fasciste che repressero i moti del 1920-21, non riuscendo a fare altro che giudicare lo stesso fenomeno come vuoto e transitorio all'indomani della presa del potere statale. Dimostrando con ciò la propria inettitudinee mancando di quell'azione pratica, che spinse poi il Gentile a distaccarsi definitivamente dalle posizioni moderate del Croce e diventare egli stesso uno dei più fanatici sostenitori del nuovo assetto istituzionale, coerentemente alla sua filosofia dell'attualismo.[46]
La mancata adesione di Croce al fascismo parve messa in discussione dal gesto compiuto nel 1935 durante laGuerra d'Etiopia, quando il filosofo, in occasione della "Giornata della fede" (in cui gli italiani furono chiamati a offrire il proprio oro alla patria) donò la propria medaglietta da senatore accompagnandola con questa secca lettera al presidente del Senato:
«Eccellenza, quantunque io non approvi la politica del Governo, ho accolto in omaggio al nome della Patria, l'invito dell'E.V., e ho rimesso alla questura del Senato la mia medaglia, che ha la data del 1910[47]»
Il gesto «suscitò negli ambienti dell'antifascismo italiano, in patria e all'estero, sorpresa, dolore e polemiche» che colpirono dolorosamente Croce. Al termine di un drammatico colloquio conBianca Ceva, inviata a sostenere il punto di vista degli antifascisti, dopo un iniziale tentativo di giustificazione, Croce affermò: «dica che io sono sempre lo stesso, che sono sempre con loro...».[48]
Nel 1938 il regime varòla legislazioneantisemita (Croce non era presente nell'aula del Senato, quale forma di protesta; egli fu uno dei pochi a esprimersi contro di esse a livello pubblico). Il governo inviò a tutti i professori universitari e i membri delle accademie un questionario da compilare ai fini della classificazione "razziale". Tutti gli interpellati risposero. L'unico intellettuale non ebreo che rifiutò di compilare il questionario fu Croce.
«L'unico effetto della richiesta dichiarazione sarebbe di farmi arrossire, costringendo me, che ho per cognome CROCE, all'atto odioso e ridicolo insieme di protestare che non sono ebreo, proprio quando questa gente è perseguitata.[49]»
«Gentilissimo collega, ricevo oggi qui il questionario che avrei dovuto rimandare prima del 20. In ogni caso, io non l'avrei riempito, preferendo di farmi escludere come supposto ebreo. Ha senso domandare a un uomo che ha circa sessant'anni di attività letteraria e ha partecipato alla vita politica del suo paese, dove e quando esso sia nato e altre simili cose?»
(Benedetto Croce a Luigi Messedaglia, Presidente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Venezia, 21 settembre 1938, in A. CAPRISTO,L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane, Torino, Zamorani, 2003, p. 38.)
All'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, unica accademia che lo mantenne socio, alla fine della guerra Croce riconoscerà il merito di non averlo espulso durante il regime fascista.[50]
Dopo aver denunciato la persecuzione degli ebrei, Croce però critica anche gli atteggiamenti degli ebrei stessi, sia quelli che avevano aderito al fascismo, sia quelli che vivevano "separati", ritenendo la specificità ebraica come pericolosa per gli ebrei stessi:
«Quando s'iniziò l'infame persecuzione contro gli ebrei, io ebbi, con un brivido di orrore, la piena rivelazione della sostanziale delinquenza che era nel fascismo, come chi fosse costretto ad assistere allo sgozzamento a freddo di un innocente e mi misi di lancio dalla loro parte con tutto l'esser mio per fare quello [...] che per loro si poteva a lenire o diminuire il loro strazio [...] Molti danni e molte iniquità compiute dal fascismo non si possono ora riparare per essi come per altri italiani che le soffersero, né essi vorranno chiedere privilegi o preferenze, e anzi il loro studio dovrebbe essere di fondersi sempre meglio con gli altri italiani; procurando di cancellare quella distinzione e divisione nella quale hanno persistito nei secoli e che, come ha dato occasione e pretesto in passato alle persecuzioni, è da temere ne dia ancora in avvenire... [l'idea di] popolo eletto, che è tanto poco saggia che la fece suaHitler, il quale, purtroppo, aveva a suo uso i mezzi che lo resero ardito a tentarne la folle attuazione... [essi] disconoscono le premesse storiche (Grecia, Roma, Cristianità) della civiltà di cui dovrebbero venire a fare parte.»
Dopo la caduta del regime Croce rientrò in politica, accettando la nomina a presidente delPartito Liberale Italiano. Durante laResistenza cercò dimediare tra i vari partiti antifascisti e nel 1944 fu Ministro senza portafoglio nelsecondo governo Badoglio, benché non stimasse né il Maresciallo né il reVittorio Emanuele III, a causa della loro compromissione col fascismo.[54] Subito dopo la liberazione diRoma (giugno 1944) entrò a far parte delsecondo governo Bonomi, sempre come ministro senza portafoglio, ma diede le dimissioni qualche mese dopo, il 27 luglio. Egli avrebbe preferito l'abdicazione diretta del sovrano in favore del piccoloVittorio Emanuele (con rinuncia diUmberto al trono), la reggenza a Badoglio e l'incarico di capo del governo aCarlo Sforza, ma i rappresentanti del Regno Unito si opposero.[55] Alreferendum sulla forma dello Stato (2 giugno 1946) votò per la monarchia,[56] inducendo tuttavia il Partito Liberale (di cui rimane presidente fino al 30 novembre 1947) a non schierarsi, per far sì che prevalesse sulla questione piena ed effettiva libertà di scelta, e dichiarando in seguito: «il buon senso fece considerare a quei milioni di votanti favorevoli alla monarchia, che, se anche essi avessero riportato la maggioranza legale, una monarchia con debole maggioranza non avrebbe avuto il prestigio e l'autorità necessaria, e perciò meglio valeva accettare la forma nuova della Repubblica e procurar di farla vivere nel miglior modo, apportandovi lealmente il contributo delle proprie forze».[57]
Concetti che Croce aveva, nella loro sostanza, già espresso; ben prima che Umberto II, nel messaggio del 13 giugno 1946, ribadisse tale indicazione.[58] Eletto all'Assemblea Costituente, non accettò la proposta di essere candidato aCapo provvisorio dello Stato, così come in seguito rifiutò la proposta, avanzata daLuigi Einaudi, di nomina asenatore a vita.[59] Si oppose strenuamente alla firma delTrattato di pace, con un accorato e famoso intervento all'Assemblea costituente, ritenendolo indecoroso per la nuova Repubblica.
«Divideste lo Spirito in quattro spicchi che altri rimpastò in uno: donde ripicchi, faide nel gregge degli yesmen professionali. Vivete in pace nell'eterno: foste giusto senza saperlo, senza volerlo.»
(Eugenio Montale,A un grande filosofo [1972], in Id.,Diario del '71 e del '72, vv. 5-8[61])
Per unictus cerebrale, sopravvenuto nel 1949, rimase semiparalizzato e si ritirò in casa continuando a studiare: morì seduto in poltrona nella sua biblioteca il 20 novembre 1952, all'età di 86 anni. I funerali solenni si tennero nella sua Napoli e le sue spoglie tumulate nella tomba di famiglia alCimitero di Poggioreale.[62]
«Pure filosofo quale sono [...] io stimo che il più profondo rivolgimento spirituale compiuto dall'umanità sia stato il cristianesimo, e il cristianesimo ho ricevuto e serbo, lievito perpetuo, nella mia anima[63]»
Il rapporto di Croce con la cultura cattolica variò nel corso del tempo. Agli inizi delNovecento i filosofi idealisti, come Croce eGentile, avevano esercitato assieme alla cultura cattolica una comune critica alpositivismo ottocentesco. Alla fine deglianni venti vi era stato un progressivo allontanamento della cultura laica e idealistica dalla cultura cattolica. Croce, pur non essendo unanticlericale militante, riteneva importante laseparazione liberale tra Chiesa e Stato, propugnata daCavour.[64]
L'11 febbraio 1929 la Chiesa con iPatti Lateranensi aveva ormai raggiunto un rapporto equilibrato con le istituzioni statali italiane distaccandosi quindi dalle posizioni politiche antifasciste dell'idealismo crociano. Croce fu contrario alConcordato e dichiarò apertamente in Senato che «accanto o di fronte ad uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri per i quali l'ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi, perché è affare di coscienza.»[65]
Mussolini gli rispose dichiarandolo «un imboscato della storia», e accusando il filosofo dipassatismo e di viltà di fronte al progresso storico.[66] Quando Croce scrisse laStoria d'Europa nel secolo decimonono, ilVaticano criticò aspramente l'autore che difendeva le filosofie esaltanti una religione della libertà senza Dio. IlSant'Uffizio pose all'Indice nel 1932 questo libro ma, non ottenendo negli anni successivi da Croce un qualsiasi ripensamento, nel 1934 inserì nell'elenco dei libri proibiti tutti i suoi scritti.[67]
La polemica anti-concordataria crociana vide l'adesione del giovane filosofononviolento eliberalsocialistaAldo Capitini che nell'autunno del 1936 a Firenze, a casa diLuigi Russo, aveva avuto modo di conoscere Croce, a cui aveva consegnato un pacco di dattiloscritti che il filosofo napoletano aveva apprezzato e fatto pubblicare nel gennaio dell'anno seguente presso l'editore Laterza di Bari con il titoloElementi di un'esperienza religiosa. In poco tempo gliElementi diventarono uno tra i principali riferimenti letterari della gioventù antifascista.[68]
La posizione personale di Croce nei confronti della religione cattolica è ben espressa nel suo saggioPerché non possiamo non dirci "cristiani", scritto nel 1942. Il termine "cristiani" inserito nel titolo tra virgolette non voleva indicare l'adesione a un credo confessionale, bensì la consapevolezza di un'inevitabile appartenenza culturale rappresentata nella sua particolare prospettiva dal fenomeno del cristianesimo: non si trattava di una professione di fede cristiana dovuta a un rinnegamento dell'agnosticismo[69] come volle fare intendere la propaganda fascista,[70] ma di riconoscere il valore storico e di «rivolgimento spirituale»:
«Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non maraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. Tutte, non escluse quelle che la Grecia fece della poesia, dell'arte, della filosofia, della libertà politica, e Roma del diritto: per la capacità dei princìpi cristiani di contrastare ilneopaganesimo e l'ateismo propagandati dalnazismo e dalcomunismo sovietico[71]:»
«...sono profondamente convinto e persuaso che il pensiero e la civiltà moderna sono cristiani, prosecuzione dell'impulso dato da Gesù e da Paolo. Su di ciò ho scritto una breve nota, di carattere storico, che pubblicherò appena ne avrò lo spazio disponibile. Del resto non sente Ella che in questa terribile guerra mondiale ciò che è in contrasto è una concezione ancora cristiana della vita con un'altra che potrebbe risalire all'età precristiana, e anzi pre-ellenica e pre-orientale, e riattaccare quella anteriore alla civiltà, la barbarica violenza dell'orda?[72]»
Croce, in sintesi, vede nel cristianesimo il fondamento storico della civiltà occidentale ma non ripudia l'immanentismo radicale del suo pensiero che vede nella religione un momento della realizzazione storica dello spirito che si avvia, superandolo, ad una più alta sintesi.[73]
All'Assemblea Costituente lotterà contro l'inserimento, voluto dallaDC, e dal comunista Togliatti,[74] dei Patti Lateranensi nel secondo comma dell'articolo 7 dellaCostituzione della Repubblica Italiana, giudicandolo come "sfacciata prepotenza pretesca".[64] In vista delle elezioni politiche del 1948, tuttavia, si accordò con il segretario dellaDemocrazia Cristiana,Alcide De Gasperi, per dare vita a un manifesto comune,Europa, cultura e libertà, contro i totalitarismi passati e presenti. A seguito della vittoria della DC, replicò severamente ai laici benpensanti schierati colFronte Popolare che sbeffeggiavano il ceto umile e contadino di cui era composto in prevalenza l'elettorato cattolico:
«Beneditele quellebeghine di cui ridete, perché senza il loro voto e il loro impegno oggi non saremmo liberi.[75]»
Nel 1950, lasciando disposizioni per la sua morte (che avverrà tre anni dopo) scriverà invece che la sensibilità religiosa della moglie cattolica le consentirà di evitare che un sacerdote tenti di "redimerlo" all'ultimo minuto, perché è "cosa orrenda profittare delle infermità per strappare a un uomo una parola che sano egli non avrebbe mai detta".[64]
Dal 1893 al 1913 Croce fu legato sentimentalmente e convisse conAngelina Zampanelli, fino alla morte di lei.[76][77][78] Nel 1911 la coppia prese alloggio aPalazzo Filomarino, aNapoli. Il 25 settembre 1913 Angelina, sofferente di cuore, morì poco più che quarantenne aRaiano, dove soggiornava spesso insieme a Croce, presso il Palazzo Rossi-Sagaria, ospite della cugina del filosofo, Maria Teresa Petroni, moglie del possidente Valentino Rossi.[79]
«Il filosofo, oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo.»
(Benedetto Croce,Lettere aVittorio Enzo Alfieri (1925-1952), Sicilia Nuova Editrice, Milazzo 1976, pp. X-XI.)
L'opera di Croce può essere suddivisa in tre periodi: quello degli studi storici, letterari e il dialogo con ilmarxismo, quello della maturità e delle operefilosofiche sistematiche e quello dell'approfondimento teorico e revisione dellafilosofia dello spirito in chiavestoricista.[83] Comeidealista, ritiene che la realtà sia quella che viene concepita dal soggetto, in quanto riflesso della sua idea e interiorità, ed è convinto che larazionalità e lalibertà emergano nella storia, pur tra immani difficoltà. La filosofia idealista riconduce totalmente l'essere alpensiero, negando esistenza autonoma alla realtàfenomenica, ritenuta il riflesso di un'attività interna al soggetto; l'idealismo, come inHegel, implica una concezione etica fortemente rigorosa, come ad esempio nel pensiero diFichte che è incentrato sul dovere morale dell'uomo di ricondurre il mondo al principio ideale da cui esso ha origine; in Croce questo ideale è la libertà umana.[84][85]
Definito daGramsci "papa laico della cultura italiana",[86] la sua filosofia ha goduto di enorme credito nella cultura italiana delXX secolo, perlomeno fino aglianni settanta eottanta, in cui si sono levate molte critiche verso il suo approccio, ritenuto superato.[7] Croce fu un intellettuale rispettato anche al di fuori dell'Italia: la rivistaTime gli dedicò la copertina negli anni '30,[7] e negli anni 2000, contestualmente alla rivalutazione del pensiero crociano, si è registrato l'interesse dellacollana editoriale dell'Università di Stanford, mentre la rivista statunitense di politica internazionaleForeign Affairs lo inserì nel 2012 tra i pensatori più attuali tra quelli del '900, accanto a intellettuali comeIsaiah Berlin,Francis Fukuyama eLev Trotsky.[7]
Parallelamente allo studio del marxismo, Croce approfondisce anche ilpensiero di Hegel; secondo entrambi la realtà si dà come spirito che continuamente si determina e, in un certo senso, si produce. Lo spirito è quindi la forza animatrice della realtà, che si auto-organizza dinamicamente divenendo storia secondo un processo razionale. Da Hegel egli recupera soprattutto il carattere razionalistico edialettico in sedegnoseologica: la conoscenza si produrrebbe allora attraverso processi di mediazione dal particolare all'universale, dal concreto all'astratto, per cui Croce afferma che la conoscenza è data dal giudizio storico, nel quale universale e particolare si fondono recuperando lasintesia priori diKant e lostoricismo diGiambattista Vico, suo altro filosofo di riferimento.[83]
Ildivenire e lalogica della dialettica, in Hegel e inMarx, è esso stesso verità in movimento; anche per Croce la verità è dialettica, ma occorre esprimere ungiudizio storico ed esistono delle regole che arginano la pretesa giustificativa di ogni fenomeno: in Croce lo Spirito - in quanto intelletto umano - si realizza nella storia ma nel rispetto dellalibertà. Per questo ogni fatto è quindi calato nella realtà storica, ma questo non può giustificare, con la scusa del divenire e del progresso, aspetti deplorevoli come, ad esempio, iltotalitarismofascista ocomunista, il primo come necessario (concezione diGiovanni Gentile e della sua idea di realtà comeatto puro di pensare e agire) e il secondo come fase storica obbligata (seguendo il concetto marxiano delladittatura del proletariato, di cui il filosofo tedesco parla nella sua teoria "razionalista" delmaterialismo storico). Quindi ilmaterialismo dialettico di Engels e quello storico di Marx sono da ritenersi errati. In questo, il suo storicismo si differenzia dal pensiero di un altro filosofo liberale,Karl Popper, secondo cui dialettica e storicismo finiscono invece per generare quasi sempre totalitarismo (concezione assai diffusa nel pensiero del liberalismo novecentesco).[87] Al contrario di Popper eHannah Arendt, per Croce la radice totalitaria è proprio nell'antistoricismo, cioè nel rifiuto dello storicismo stesso.[88]
Verso glianni '40, ilneoidealismo entrò in crisi, sostituito da nuove filosofie come l'esistenzialismo e lafenomenologia; sempre in nome del libertà e dell'umanesimo, Croce critica l'esistenzialistaMartin Heidegger, divenuto poi anti-umanistico e colpevole di accondiscendenza verso ilnazismo, definendolo anche "un Gentile più dotto e più acuto, ma sostanzialmente della stessa pasta morale";[89] esprime così nel 1939 un tagliente giudizio sul filosofo diEssere e tempo:
«Scrittore di generiche sottigliezze, arieggiante a unProust cattedratico, egli che, nei suoi libri non ha dato mai segno di prendere alcun interesse o di avere alcuna conoscenza della storia, dell'etica, della politica, della poesia, dell'arte, della concreta vita spirituale nelle sue varie forme - quale decadenza a fronte dei filosofi, veri filosofi tedeschi di un tempo, dei Kant, degliSchelling, degli Hegel! -, oggi si sprofonda di colpo nel gorgo del più falso storicismo, in quello, che la storia nega, per il quale il moto della storia viene rozzamente e materialisticamente concepito come asserzione di etnicismi e di razzismi, come celebrazione delle gesta di lupi e volpi, leoni e sciacalli, assente l'unico e vero attore, l'umanità. [...] E così si appresta o si offre a rendere servigi filosofico-politici: che è certamente un modo di prostituire la filosofia.»
(Conversazioni Critiche, Serie Quinta, Bari, Laterza, 1939, p. 362)
L'asserzione di Hegel che "la storia sia storia di libertà" viene da Croce inquadrata nella sua concezione dialettica della libertà vista nel suo iniziale nascere, nel successivo crescere e infine nel raggiungimento di uno stadio finale e definitivo di maturità.[84]
Croce fa proprio questo detto hegeliano chiarendo però che non si vuole «assegnare alla storia il tema del formarsi di una libertà che prima non era e che un giorno sarà, ma per affermare la libertà come l'eterna formatrice della storia, soggetto stesso di ogni storia. Come tale essa è per un verso, il principio esplicativo del corso storico e, per l'altro, l'ideale morale dell'umanità». I popoli e gli individui anelano sempre alla libertà, e come dice Hegel «ciò che è razionale è reale» (cioè la ragione concepisce quello che può diventare reale) e «ciò che è reale è razionale» (cioè esiste un'intrinseca razionalità, anche minima, in ogni fenomeno storico, anche se non tutto il reale è ovviamente razionale).[84][90]
Croce negli ultimi anni di vita (circa 1950)
Alcuni storici, senza ben rendersi conto di quello che scrivono, sostengono che ormai la libertà ha abbandonato la scena della storia. Ma affermare che la libertà è morta vorrebbe dire che è morta la vita. Non esiste nella storia un ideale che possa sostituire quello della libertà «che è l'unica che faccia battere il cuore dell'uomo, nella sua qualità di uomo». Ciò significa che la libertà non è una fase di presa di coscienza che conduce alloStato etico o alsocialismo, venendo superata, ma è essa stessa la verità nel divenire, non una fase.[84]
Egli critica Hegel, poiché secondo lui il filosofo ha concepito la dialettica in modo riduttivo, ovvero semplicemente come dialettica degliopposti, mentre secondo Croce sussiste anche unalogica dei distinti: non ogni negazione è infatti opposizione, ma può essere semplice distinzione. Ciò significa che certi atti ed eventi devono essere sempre considerati appunto distinti rispetto ad altri ordini di atti ed eventi, e non ad essi opposti. Elabora, quindi, un vero e propriosistema, da lui denominato lafilosofia dello spirito. Inoltre, la prima importante differenza con Hegel è che nel sistema crociano non vi rientra né la religione, né la natura. La religione sarebbe infatti un complesso miscuglio di elementi poetici, morali e filosofici che le impediscono di presentarsi come forma autonoma dello Spirito. La natura poi non è altro che l'oggetto "mascherato" dell'attività economica, è il frutto della considerazione economica diretta al mondo.[83]
Qui la realtà in quanto attività (ovvero produzione dello spirito o della storia) è articolata in quattro forme fondamentali, suddivise per modo (teoretico opratico) e grado (particolare o universale):estetica (teoretica - particolare),logica (teoretica-universale),economia (pratica - particolare),etica (pratica - universale). La relazione tra queste quattro forme opera la suddetta logica dei distinti, mentre all'interno di ognuna di esse si ha la dialettica degli opposti.[83] All'interno dell'estetica infatti si ha opposizione dialettica tra bello e brutto, all'interno della logica, l'opposizione è tra vero e falso; nella economia tra utile e inutile e infine nell'etica tra bene e male.
Croce scrisse anche importanti opere di critica letteraria (saggi suGoethe (1917),Ariosto,Shakespeare eCorneille (1920), "La letteratura della nuova Italia" e "La poesia diDante"). Egli si mosse nell'ambito della sua teoria estetica che mirava alla scoperta delle motivazioni profonde dell'ispirazione artistica. Quest'ultima era ritenuta tanto più valida quanto più coerente con le categorie di bello-brutto.[83]
La prima parte della teoria estetica la ritroviamo in opere comeEstetica come scienza dell'espressione elinguistica generale (1902),Breviario di estetica (1913) eAesthetica in nuce (1928).[91] In seguito modificò questa iniziale teoria stabilendo per la storia un nesso con lafilosofia. L'estetica, dal significato originario del termineaisthesis (sensazione), si configura in primo luogo come attività teoretica relativa al sensibile, si riferisce alle rappresentazioni e alleintuizioni che noi abbiamo della realtà.
Come conoscenza del particolare l'intuizione estetica è la prima forma della vita delloSpirito. Primalogicamente e noncronologicamente poiché tutte le forme sono presenti insieme nello spirito. L'arte, come aspetto dell'Estetica, è una forma della vita spirituale che consiste nella conoscenza, intuizione del particolare che:[83]
come forma dello spirito, comecreativitànon èsensazione, conoscenza sensibile che è un aspetto passivo dello spirito rispetto ad una materia oscura e ad esso estranea;
come conoscenza (prima forma dell'attivitàteoretica) non ha a che fare con la vita pratica. Bisogna quindi respingere tutte le estetiche che abbiano finiedonistici,sentimentali emoralistici; quale espressione di un valore autonomo dello spirito, l'arte non può né deve essere giudicata secondo criteri diverità,moralità o godimento;
L'arte può essere definita quindi come intuizione-espressione, due termini inscindibili per cui non è possibile intuire senza esprimere né è possibile espressione senza intuizione. Ciò che l'artista intuisce è la stessaimmagine (pittorica, letteraria, musicale ecc.) che egli perispirazione crea da una considerazione del reale, nel senso che l'opera artistica èl'unità indifferenziata dellapercezione del reale e della semplice immagine del possibile.[83]
La distinzione tra arte e non arte risiede nel grado di intensità dell'intuizione-espressione. Tutti noi intuiamo ed esprimiamo: ma l'artista è tale perché ha un'intuizione più forte, ricca e profonda a cui sa far corrispondere un'espressione adeguata. Coloro che sostengono di essere artisti potenziali poiché hanno delle intense intuizioni ma che non sono capaci di tradurre in espressioni, non si rendono conto che in realtà non hanno alcuna intuizione poiché se la possedessero veramente essa si tradurrebbe in espressione.[83]
L'arte non è aggiunta di unaforma ad un contenuto maespressione, che non vuol direcomunicare, estrinsecare, ma è un fattospirituale, interiore come l'atto inscindibile da questa che è l'intuizione. Nell'estetica dobbiamo far rientrare anche quella forma dell'espressione che è illinguaggio che nella sua natura spirituale fa tutt'uno con lapoesia. L'estetica quindi come una «linguistica in generale». Dall'estetica deriva la critica letteraria crociana, espressa in molti saggi.[83]
Dellalogica, Croce tratta essenzialmente nellaLogica come scienza del concetto puro);[93] essa corrisponde al momento in cui l'attività teoretica non è più affidata alla sola intuizione (all'ambito estetico), ma partecipa dell'elemento razionale, che attinge dalla sfera dell'universale. Il punto di arrivo di questa attività è l'elaborazione del concetto puro, universale e concreto che esprime la verità universale di una determinazione. La logica crociana è anche storica, nella misura in cui essa deve analizzare lagenesi e lo sviluppo (storico) degli oggetti di cui si occupa.[83]
Il termine logica in Benedetto Croce assume quindi un significato più vicino al terminedialettica ovveroricerca storiografica. In genere, laLogica di Croce è lontana da criteri scientifico-razionali, e si ispira ai metodi dell'immaginazione artistica e dell'eleganza estetico-letteraria, nei quali il filosofo raggiunge risultati eccellenti. Di carattere decisamente diverso è invece la filosofia delle scienze fisiche, matematiche e naturali delle quali Croce non si occupa affatto nei suoi studi. Del resto, come segnalaLudovico Geymonat nel suoCorso di filosofia - immagini dell'uomo, «la vera indubbia grandezza di Croce va cercata assai più nella sua opera di storiografo, di critico letterario, ecc., che non nella sua opera di filosofo».[83]
In ogni caso lalogica e lafilosofia della scienza è stata sviluppata in Italia da altre correnti di pensiero contemporaneo a quello crociano, con studiosi fra qualiGiuseppe Peano (1858-1932) e lo stesso Geymonat (1908-1991). Un orientamento parzialmente diverso ebbe inveceGiovanni Gentile che, pur criticando gli eccessi del positivismo, intrattenne anche rapporti con matematici e fisici italiani e cercò di instaurare un rapporto costruttivo con la cultura scientifica. Invece Croce ebbe con la logica e la scienza un rapporto difficile. La sua posizione portò in Italia nella prima metà del Novecento ad uno scontro dialettico fra due culture contrapposte: quellaartistico-letteraria e quellatecnico-scientifica.[83]
Il rapporto conflittuale con le scienze matematiche e sperimentali
Un caso emblematico del giudizio di Benedetto Croce nei confronti della matematica e delle scienze sperimentali è la sua nota diatriba con il matematico e filosofo della scienzaFederigo Enriques, avvenuta il 6 aprile 1911 in seno al congresso dellaSocietà Filosofica Italiana, fondata e presieduta dallo stesso Enriques. Questi sosteneva che una filosofia degna di una nazione progredita non potesse ignorare gli apporti delle più recenti scoperte scientifiche. La visione di Enriques mal si confaceva a quella idealistica di Croce e Gentile, come pure a gran parte degli esponenti della filosofia italiana di allora, per lo più formata da idealisti crociani.
Croce, in particolare, rispose ad Enriques,[94] liquidando in modo deciso - "antifilosofico" secondo Enriques - la proposta di considerare la scienza come un valido apporto alle problematiche filosofiche e sostenendo, anzi, che matematica e scienza non sono vere forme di conoscenza, adatte solo agli «ingegni minuti» degli scienziati e dei tecnici, contrapponendovi le «menti universali», vale a dire quelle dei filosofi idealisti, come Croce medesimo. I concetti scientifici non sono veri e propri concetti puri ma deglipseudoconcetti, falsi concetti, degli strumenti pratici di costituzione fittizia.
«La realtà è storia e solo storicamente la si conosce, e le scienze la misurano bensì e la classificano come è pur necessario, ma non propriamente la conoscono né loro ufficio è di conoscerla nell'intrinseco».[95] Sul tema Benedetto Croce sostenne, tra l'altro, che:
«Gli uomini di scienza [...] sono l'incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla sostituzione degli schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all'organismo filosofico-storico.»
(Benedetto Croce daIl risveglio filosofico e la cultura italiana, n. 6, 1908, pp. 161-168)
«I nuovi congegni [della logica matematica] sono stati offerti sul mercato: e tutti, sempre, li hanno stimati troppo costosi e complicati, cosicché non sono finora entrati né punto né poco nell'uso. Vi entreranno nell'avvenire? La cosa non sembra probabile e, ad ogni modo, è fuori della competenza della filosofia e appartiene a quella della pratica riuscita: da raccomandarsi, se mai, ai commessi viaggiatori che persuadano dell'utilità della nuova merce e le acquistino clienti e mercati. Se molti o alcuni adotteranno i nuovi congegni logici, questi avranno provato la loro grande o piccola utilità. Ma la loro nullità filosofica rimane, sin da ora, pienamente provata.»
(Benedetto Croce daLogica come scienza del concetto puro,(1909))
Anni dopo, ancora scriveva che:
«Le scienze naturali e le discipline matematiche, di buona grazia, hanno ceduto alla filosofia il privilegio della verità, ed esse rassegnatamente, o addirittura sorridendo, confessano che i loro concetti sono concetti di comodo e di pratica utilità, che non hanno niente da vedere con la meditazione del vero.»
(Benedetto Croce daIndagini su Hegel e schiarimenti filosofici (1952))
e ribadiva come:
«Le finzioni delle scienze naturali e matematiche postulano di necessità l'idea di un'idea che non sia finta. La logica, come scienza del conoscere, non può essere, nel suo oggetto proprio, scienza di finzioni e di nomi, ma scienza della scienza vera e perciò del concetto filosofico e quindi filosofia della filosofia.»
(Benedetto Croce daIndagini su Hegel e schiarimenti filosofici (1952))
Tuttavia ebbe altresì un cordiale e rispettoso scambio epistolare conAlbert Einstein.[96]
Secondo diversi storici e filosofi (es.Giulio Giorello nel 1992,[4]Enrico Bellone,[97]Armando Massarenti),[98] l'influenza antiscientifica di Croce e di Gentile[99] sarebbe stata fortemente deleteria sia sul piano dell'istituzione scolastica per gli orientamenti pedagogici della scuola italiana, che si sarebbe indirizzata prevalentemente agli studi umanistici considerando quelli scientifici di secondo piano, sia per la formazione di una classe politica e dirigente che attribuisse importanza alla scienza e alla tecnica e portando, per conseguenza, ad un ritardo dello sviluppotecnologico e scientifico nazionale.
«[La scuola] sarà caratterizzata dal primato dell'umanesimo letterario e in particolare dell'umanesimo classico. Tutte le istituzioni culturali saranno improntate al primato delle lettere, della filosofia e della storia.[100]»
Giorello nel quarantennale della morte di Croce ha scritto che "predicò la religione della libertà e per questo gli siamo riconoscenti. Ma la sua condanna della scienza e la sua estetica hanno causato danni gravissimi alla nostra cultura. Che ora esige riparazione".[101] Lo stesso Giorello però ha in parte ritrattato l'affermazione nel 2012, negando che sia da attribuire a Croce il mancato sviluppo scientifico italiano, adducendo che quelle che lui considerava una "colpa" sarebbero da accreditare maggiormente alla Chiesa, agli scienziati stessi e alla classe politica, più che all'idealismo, che trascura le scienze ma nemmeno le ostacola, definendo la filosofia di Croce «interessante sotto altri profili, ma poco interessante, quando si parla di scienza».[102]
Croce fu spesso accusato di aver sbarrato la strada allo sviluppo, in Italia, dellescienze umane e sociali,[103] ritenendole utili per lo studio dei fenomeni umani solo come raccolta di dati empirici, negandogli fondatezza sotto il profilo logico e gnoseologico. Scriveva ad esempio nel 1938 inLa storia come pensiero e come azione "Così nell'età che succedette a quella dei generosi ardimenti filosofici, dei grandi sogni poetici e delle lotte per la libertà e per l'indipendenza dei popoli, nell'età in cui prevalsero il positivismo e l'industrialismo, soverchiatori entrambi della vita intima e religiosa, incontrarono favore le biografie e le storie psicologiche, e con esse le fisiologiche, patologiche, psichiatriche, etnologiche, antropogeografiche, cioè sempre, in ultima analisi, associazionistiche e deterministiche e psicologiche" (ed. 1966, p. 198); o più tardi inFilosofia e storiografia (Bari, Laterza, 1949, p. 198): "la natura o la realtà si mostra tutta vivente nelle forme pure del conoscere, nella poesia e nella filosofia, ma meccanica е morta nella forma delle scienze, che classificano, fissano leggi e misure, e sono deterministiche e matematiche".[104]
«La legge morale [...] è la suprema forza della vita e la realtà della Realtà.»
(Filosofia della pratica. Etica ed economica [1908], Laterza, Bari 1963, II, 1, p. 219)
Economia ed etica vengono trattate inFilosofia della pratica. Economica ed etica del 1909. Croce dà molto rilievo alla volizione individuale che è poi l'economia, avendo egli un forte senso della realtà e delle pulsioni che regolano la vita umana. L'utile, che è razionale, non sempre è identico a quello degli altri: nascono allora degli utili sociali che organizzano la vita degli individui. Ildiritto, nascendo in questo modo, è in un certo qual senso amorale, poiché i suoi obiettivi non coincidono con quelli della morale vera e propria. Egualmente autonoma è la sferapolitica, che è intesa come luogo di incontro-scontro tra interessi differenti, ovvero essenzialmente conflitto, quello stesso conflitto che caratterizza il vivere in generale.[83]
Croce critica anche l'idea diStato etico elaborata daHegel ed estremizzata da Gentile: lo Stato non ha nessun valore filosofico e morale, è semplicemente l'aggregazione diindividui in cui si organizzano relazionigiuridiche epolitiche.L'etica è poi concepita come l'espressione della volizione universale, propria dello spirito; non vi è un'etica naturale o un'etica formale, e dunque non vi sono contenuti eterni propri dell'etica, ma semplicemente essa è l'attuazione dello spirito, che manifesta in modo razionale atti e comportamenti particolari. Questo avviene sempre in quell'orizzonte di continuo miglioramento umano.[83]
Come si evince anche daTeoria e storia della storiografia (1917) la filosofia di Croce, ispirata soprattutto aGiambattista Vico, è fortemente storicista. Per ciò, se volessimo riassumere con una formula la filosofia di Croce, questa sarebbestoricismo assoluto, ossia la convinzione che tutto è storia, affermando che tutta la realtà èspirito e che questo si dispiega nella sua interezza all'interno della storia. La storia non è dunque una sequela capricciosa di eventi, ma l'attuazione della Ragione. La conoscenza storica ci illumina a proposito delle genesi dei fatti, è una comprensione dei fatti che li giustifica con il suo dispiegarsi.[83]
Si delinea in quest'ottica il compito dello storico: egli, partendo dalle fonti storiche, deve superare ogni forma di emotività nei confronti dell'oggetto studiato e presentarlo in forma di conoscenza. In questo modo la storia perde la sua passionalità e diviene visione logica della realtà. Quanto appena affermato si può evincere dalla celebre frase «la storia non è giustiziera, ma giustificatrice». Con questo afferma che lo storico non giudica e non fa riferimento al bene o al male. Quest'ultimo delinea, inoltre, come la storia abbia anche un preciso orizzonte gnoseologico, poiché in primo luogo èconoscenza, e conoscenza contemporanea, ovvero la storia non è passata, ma viva in quanto il suo studio è motivato da interessi del presente.[83]
«Il bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio storico, conferisce a ogni storia il carattere di "storia contemporanea", perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla situazione presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni.[105]»
Lastoriografia è in seconda istanza utile per comprendere l'intima razionalità del processo dello spirito, e in terzo luogo essa è conoscenza non astratta, ma basata su fatti ed esperienze ben precise. Anche se subisce l'influsso dello storicismo diVoltaire, Croce critica gliilluministi e in generale tutti coloro che pretendono di individuare degliassoluti che regolino la storia o latrascendano: invece la realtà è storia nella sua totalità, e la storia è la vita stessa che si svolge autonomamente, secondo i propri ritmi e le proprie ragioni.
La storia è un camminoprogressivo per cui «Nulla c'è al di fuori dello spirito che diviene e progredisce incessantemente: nulla c'è al di fuori della storia che è per l'appunto questo progresso e questo divenire».[106] Ma il positivo destinato a superare storicamente la negatività dei periodi bui della storia non è una certezza su cui adagiarsi: questa consapevolezza del progresso storico deve essere confermata da un impegno costante degli uomini in azioni i cui risultati non sono mai scontati né prevedibili.[83]
La storia diviene, allora, anche storia di libertà, dei modi in cui l'uomo promuove e realizza al meglio la propria esistenza. La libertà si traduce, sul piano politico, inliberalismo: una sorta direligione della libertà o di metodo interpretativo della storia e di orientamento dell'azione, che è imprescindibile nel processo del progresso storico-politico, come si evince dal volume del 1938La storia come pensiero e come azione.[83] Per Croce la libertà può essere apprezzata solo difendendola costantemente in maniera dialettica, poiché la storia è necessariamente contrasto:
«Chi desideri in breve persuadersi che la libertà non può vivere diversamente da come è vissuta e vivrà sempre nella storia, di vita pericolosa e combattente, pensi per un istante a un mondo di libertà senza contrasti, senza minacce e senza oppressioni di nessuna sorta; e subito se ne ritrarrà inorridito come dall'immagine, peggio che della morte, della noia infinita.»
(La storia come pensiero e come azione, pp. 50-51)
Ciò però non vuol dire che Croce giustifichi la violenza come necessaria; nello stesso saggio ammonisce infatti che«la violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla».
La concezione storica crociana ebbe grande seguito in Italia per molto tempo ed ebbe notevole influenza anche all'estero, ad esempio per quanto riguarda la formazione del maggior storico americano del nazismo,George Mosse.[107]
Il Croce critico letterario, specie quello diPoesia e non poesia, esercitò molta influenza successiva, quasi una "dittatura intellettuale"[108] sulla cultura italiana, ma ricevette anche critiche: ad esempio furono ritenute scorrette, "pseudoconcetti" (riprendendo una parola usata da Croce),[4] poiché non presentate come opinione personale ma come veri canoni estetici, varie tesi, come la sua opposizione alle novità letterarie europee, esemplificate dalle stroncature verso gran parte dell'opera diGabriele D'Annunzio,Giovanni Pascoli (di cui apprezzò solo alcune parti diMyricae e deiCanti di Castelvecchio criticando i saggi e le poesie civili), delcrepuscolarismo e diGiacomo Leopardi: di quest'ultimo salvò, neiCanti, gli idilli e i canti pisano-recanatesi, ma criticò le poesie "dottrinali" e polemiche (in particolare iParalipomeni della Batracomiomachia e laPalinodia al marchese Gino Capponi) e le opere filosofiche (apprezzò solo una minima parte delleOperette morali), affermando che quella leopardiana non era vera filosofia, ma solo uno sfogo poetico in prosa, inferiore comunque alle liriche, dovuto esclusivamente alle condizioni fisiche e psicologiche del poeta recanatese.[109][110]
Croce non considera Leopardi un vero filosofo, comeSchopenhauer, a cui invece riconosce dignità filosofica ma che non apprezza come individuo poiché ritenuto cinico e indifferente, ma solo un pensatore, il cui pensiero è essenzialmente al servizio della sua poesia. Sulla scorta diFrancesco de Sanctis, esprime simpatia umana al poeta recanatese per lo spirito civile, l'impegno e la lotta eroica contro le sofferenze fisiche, come espresso nella poesiaLa Ginestra.[111]
Egli fu grande ammiratore soprattutto del Carducci, in quantoclassicista,razionale esentimentale al tempo stesso, ma senza scadere nelsentimentalismoirrazionale, e, a proposito deldecadentismo e degli autori di questo movimento, scrisse, inDel carattere della più recente letteratura italiana: «Nel passare daGiosuè Carducci a questi tre,[112] sembra, a volte, come di passare da un uomo sano a tre malati di nervi».[113] La polemica contro il decadentismo è figlia di quella contro il positivismo: Croce sostiene che ilmisticismo decadente, che egli disapprova come sintomo di vuoto spirituale e filosofico (Croce èrazionalista eidealista al tempo stesso), è figlio delloscientismo positivistico e dellepseudoscienze da esso generate (come lospiritismo): «Di qua il positivismo, di fronte il misticismo; perché questo è figlio di quello: un positivista dopo la gelatina dei gabinetti, non credo abbia altro di più caro che l'inconoscibile, cioè la gelatina dove si coltiva il microbio del misticismo».[114]
Noti i suoi scontri (e quelli dei suoi allievi) con l'anglistaMario Praz. Questi sosteneva la povertà della cultura letteraria italiana nel periodo delRisorgimento, mentre Croce lo accusava di confondereromanticismo edecadentismo e non amava il suo stile estetico e critico, improntato allametafora e all'evocazioni di immagini e dettagli, più che al tecnicismo e alla descrizione.[115]
Le opere di Benedetto Croce spaziano dalla filosofia, alla storiografia, all'aneddotica, alla critica letteraria e all'erudizione storica. Qui si indicano le più importanti.
Per un elenco completo si vedaL'opera di Benedetto Croce, bibliografia a cura di S. Borsari, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1964. I principi dell'estetica crociana, oltre ad essere formulati in opere organiche, trovarono anche applicazione critica in prefazioni e curatele di opere altrui. Tale è, ad esempio, la prefazione all'opera diTommaso Parodi,Poesia e letteratura: conquista di anime e studi di critica, pubblicata postuma nel 1916 da Laterza, a cura del Croce. Dal 1º gennaio 2023 le opere di Benedetto Croce sono diventate dipubblico dominio.[116]
I teatri di Napoli. Secolo XV-XVIII, 2 voll., Napoli, Pierro, 1891;I teatri di Napoli. Dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo, Bari, Laterza, 1916; 1926; 1947.
Studi storici sulla rivoluzione napoletana del 1799, Roma, Loescher, 1897.
Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari, Laterza, 1911; 1924; 1948.
Storia d'Italia dal 1871 al 1915, Bari, Laterza, 1928; 1929; 1934; 1939; 1942; 1943; 1947.
Storia dell'età barocca in Italia. Pensiero, poesia e letteratura, vita morale, Bari, Laterza, 1928.
Isabella di Morra e Diego Sandoval de Castro, Bari, Laterza, 1929.
Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari, Laterza, 1931; 1949.
Storia d'Europa nel secolo decimonono, Bari, Laterza, 1931; 1932; 1938; 1942; 1943; 1948.
Conversazioni critiche. Serie terza, Bari, Laterza, 1932; 1951.
Conversazioni critiche. Serie quarta, Bari, Laterza, 1932; 1951.
Poesia popolare e poesia d'arte. Studi sulla poesia italiana dal Tre al Cinquecento, Bari, Laterza, 1933; 1946.
Varietà di storia letteraria e civile. Serie prima, Bari, Laterza, 1935; 1949.
Vite di avventure, di fede e di passione. Filippo di Fiandra, il conte di Campobasso, il marchese di Vico, Isabella di Morra, Diego duque de Estrada, Carlo Lauberg, Bari, Laterza, 1936; 1947.
Conversazioni critiche. Serie quinta, Bari, Laterza, 1939; 1951.
Poesia antica e moderna. Interpretazioni, Bari, Laterza, 1941; 1943; 1950.
Aneddoti di varia letteratura, 4 voll., Napoli, Ricciardi, 1942; Bari, Laterza, 1953-1954.
Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento, Bari, Laterza, 1945.
La letteratura italiana del Settecento. Note critiche, Bari, Laterza, 1949.
Varietà di storia letteraria e civile. Serie seconda, Bari, Laterza, 1949.
Letture di poeti e riflessioni sulla teoria e la critica della poesia, Bari, Laterza, 1950.
^Sulla questione dell'antimarxismo di Croce esiste una notevole letteratura che, partendo dal testo citato, potrà soddisfare tutte le curiosità dei lettori.
^Einaudi infatti sosteneva che «il liberismo non è né punto né poco "un principio economico", non è qualcosa che si contrapponga al liberalismo etico; è una "soluzione concreta" che talvolta e, diciamo pure, abbastanza sovente, gli economisti danno al problema, ad essi affidato, di cercare con l’osservazione e il ragionamento quale sia la via più adatta, lo strumento più perfetto per raggiungere quel fine o quei fini, materiali o spirituali che il politico o il filosofo, od il politico guidato da una certa filosofia della vita ha graduato per ordine di importanza subordinandoli tutti al raggiungimento della massima elevazione umana.» (in Luigi Einaudi, Il buongoverno. Saggi di economia politica, 1897-1954, a cura di Ernesto Rossi, 1° vol., 1954, 1973, p. 202)
^Il filosofo, rispettivamente nel 1919 e nel 1922, dedicò ai paesi degli avi, sia paterni sia materni, due monografie:Montenerodomo: storia di un comune e due famiglie ePescasseroli, uscite perLaterza e in seguito collocate in appendice allaStoria del Regno di Napoli (Laterza, Bari 1925 e ss.).
^ Domenico Romano,Storia d'Italia. Ovvero come nacque il neoidealismo dallo spirito del liberalismo., Torino, Amazon Italia Logistica S. r. l., 2021, p. 64,ISBN9798455838552.
^È noto, a tal proposito, l'aneddoto narrato in un testo coevo, secondo il quale il padre del filosofo, prima di morire tra le macerie, avrebbe detto al figlio «offri centomila lire a chi ti salva». Cfr. C. Del Balzo,Cronaca del tremuoto di Casamicciola, Tip. De Blasio e C., Napoli 1883, pp. 14-15. Un'analisi di quella traumatica esperienza anche in relazione all'opera di Croce è in S. Cingari,Il giovane Croce. Una biografia etico-politica,Rubbettino, Soveria Mannelli 2000, pp. 31-40
^Benedetto Croce,Memorie della mia vita, Istituto italiano per gli studi storici, Napoli 1966.
^"Il superstite è accolto allora nella casa romana del politico Silvio Spaventa, cugino del padre e fratello del filosofo Bertrando. Il lutto, lo spaesamento, l’adolescenza: non stupisce che questa miscela abbia precipitato il giovane in una crisi d’ipocondria; e l’ostentato contegno olimpico dell’adulto deriva forse da questo periodo oscuro. «Quegli anni», confessa l’autore delContributo, furono «i soli nei quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al mattino». Nella Roma del trasformismo, Benedetto si chiude in biblioteca. Ma a scuoterlo è Antonio Labriola, che con le lezioni sull’etica diHerbart gli offre un appiglio cui aggrapparsi nel naufragio della fede. Croce ricorda di averne recitato più volte i capisaldi sotto le coperte, come una preghiera": v.A cento anni dal “Contributo” di Croce, di Matteo Marchesini, Sole 24 ore, 10 maggio 2015.
^Storia d'Italia. Come nacque il neoidealismo dallo spirito del liberalismo. Già cit.
^Giugno 1924; citato in G. Levi Della Vida, Fantasmi ritrovati, Venezia, 1966
^Salvatore Guglielmino, Hermann Grosser,Il sistema letterario / Guida alla storia letteraria e all'analisi testuale / Novecento, cit. p. 347, Casa Editrice G. Principato S.p.A., 1989.
^Salvatore Guglielmino/Hermann Grosser, op. cit. p. 350.
^Sambugar, Salà,Letteratura italiana, Croce e il manifesto antifascista.
^Primo Levi,Potassio, inIl sistema periodico, poi inOpere, Torino, Einaudi, 1987, vol. I, p. 475.
^Citato in Stefan Zweig,Il mondo di ieri, traduzione di Lavinia Mazzuchetti, Mondadori, p. 292.
^«La più efficace difesa della civiltà e della cultura [...] si è avuta in Italia, per opera di Benedetto Croce. Se da noi solo una frazione della classe colta ha capitolato di fronte al nemico [...] a differenza di quel che è avvenuto in Germania, moltissimo è dovuto al Croce.» (Guido De Ruggiero)OsservaNicola Abbagnano nella suaStoria della filosofia: «Il regime fascista, certo per costituirsi un alibi di fronte agli ambienti internazionali della cultura, consentì tacitamente a Croce una certa libertà di critica politica; e Croce si avvalse di questa possibilità [...] per una difesa degli ideali di libertà... Negli anni del fascismo e della seconda guerra mondiale la figura di Croce ha assunto perciò, agli occhi degli italiani, il valore di un simbolo della loro aspirazione alla libertà, e a un mondo in cui lo spirito prevalga sulla violenza. E tale si mantiene a distanza di anni».
^Il terzo volume del carteggio tra Benedetto Croce eGiovanni Laterza (l'editore delle opere crociane) offre una grande quantità di esempi delle difficoltà di mantenersi in equilibrio “tra l'opposizione concreta e organizzata al fascismo, e l'adesione o la cinica indifferenza”. Esempi “quasi tutti orientati però verso una precisa direzione: quella dell'autocensura, a volte praticata, altre volte orgogliosamente respinta... Tra i molti casi che potrebbero essere citati a illustrazione di questo atteggiamento, è notevole quello sorto attorno alla dedica apposta daPaolo Treves, nel libro sulla filosofia diTommaso Campanella, al padreClaudio, scrittore e parlamentare socialista, famigerato tra i fascisti soprattutto per il celebreduello ingaggiato nel 1915 con Mussolini.La dedica recitava: “A mio padre, che mi additò con l'esempio la dignità della vita”. Il 16 aprile 1930 Laterza scrive a Croce accostando, con diplomatica sottigliezza, la lettura di un volgare trafiletto anticrociano e antilaterziano sul “Lavoro fascista” alla questione della dedica, che egli propone al Treves di limitare “alle prime tre parole essenziali, non essendo opportuno motivarla allo stato attuale delle cose”. Alla lettera Croce risponde il giorno dopo, tranquillizzando Laterza sulla “purezza” del lavoro storico del Treves e sull'assenza in esso di riferimenti al presente, e aggiungendo, con maliziosa e retorica ingenuità: “ma veramente non capisco perché vi abbia fatto senso quella dedica affettuosa di un figlio al padre. O che la dignità della vita (il corsivo è ovviamente di Croce) è un fatto politico del giorno?”. Comunque sia, la dedica uscì poi nella versione “purgata”. Maurizio Tarantino, recensione a Benedetto Croce-Giovanni Laterza,Carteggio 1921-1930, a c. di Antonella Pompilio, Napoli, Roma-Bari, Istituto italiano per gli studi storici, Laterza, 2006, “L'indice”, aprile 2007
^L'episodio è narrato con dovizia di particolari in una lettera diFausto Nicolini a Giovanni Gentile riportata daGennaro Sasso inPer invigilare me stesso, Bologna, Il mulino, 1989, pp. 139-40
^Alessandro Barbera (a cura di),La biblioteca esoterica. Carteggi editoriali Evola-Croce-Laterza 1925-1959, Roma, Fondazione Julius Evola, 1997, p. 40.
^Cfr. la prefazione del testoLettere di Julius Evola a Benedetto Croce (1925-1933), pubblicato dalla Fondazione Evola nel 1995.
^Regio Decreto Legge del 28/8/1931, n.1227,Disposizioni sull'istruzione superiore (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia dell'8/10/1931, n.233)
^Flavio Fiorani, Francesca Tacchi,Storia illustrata del fascismo, Giunti Editore, 2000, p. 91
^Giuseppe Giarrizzo rivendicò con una punta di orgoglio l'essere annoverato tra i “nipotini” di Croce (se, nel corso di uno sgradevole scontro, sono stato perErnesto De Martino un «basco verde diPalazzo Filomarino»): Giarrizzo, Giuseppe,Di Benedetto Croce e del filosofare sine titulo, Archivio di storia della cultura, XXVI, 2013, Napoli: Liguori, 2013.
^si veda: Antonio Gramsci,Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce
^D. Romano,Storia d'Italia. Ovvero come nacque il neoidealismo dallo spirito del liberalismo. Già cit., pp. 69-70.
^B. Croce,Epistolario, I, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1967, p. 187
^La vicenda è descritta e analizzata da Gennaro Sasso,La guerra d'Etiopia e la “patria”, inPer invigilare me stesso, Bologna, Il mulino, 1989, pp. 283-9
^Pierluigi Battista,Corriere della Sera, 17 dicembre 2008
^B. Croce,Taccuini di lavoro, V, 1944-1945, Napoli 1987, pp 28.
^Michele Sarfatti,Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale, pag. 111
^Peter Tompkins,L'altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista, Il Saggiatore, 2009, pag. 61: «Croce rimase fermo sulle sue posizioni: l'unica condizione alla quale i partiti antifascisti dell'opposizione avrebbero accettato di entrare nel governo di Badoglio era l'abdicazione di Vittorio Emanuele III. Era stato il re, disse Croce, ad aprire le porte al fascismo, favorendolo, appoggiandolo e servendolo per vent'anni».
^Piero Operti,Lettera aperta a Benedetto Croce, Torino, Lattes, 1946
^Giuseppe Mazzini (1948), poi inScritti e discorsi politici, II, Bari, Laterza, 1963, p. 451; sulle caratteristiche "affettive" del pronunciamento di Croce al referendum, vediFulvio Tessitore,Il percorso psicologico dalla monarchia alla repubblica attraverso iTaccuini di lavoro di Benedetto Croce, inBenedetto Croce e la nascita della Repubblica. Atti del convegno tenutosi presso il Senato della Repubblica il 20 novembre 2002, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003, pp. 57-66
^"non sono veri liberali...coloro che si fregiano, come ora taluni hanno preso a fare, del nome di monarchici, perché il liberalismo non ha altro fine che quello di garantire la libertà" e se "la forma Repubblicana gli offre questa...garanzia quando non gliene offre sicura la monarchia, sarà anche eventualmente repubblicano" (Taccuini di lavoro, 18 dicembre 1943); "se il tentativo [la duplice abdicazione di Vittorio Emanuele III e di Umberto II] fallisse, noi sosterremo il partito della Repubblica, adoperandoci a farla sorgere temperata e non sfrenata, sennata e non dissennata" (Taccuini di lavoro, 25 ottobre 1945)
^«Benedetto Croce, mai nominato, formalmente rifiutò prima ancora che la sua ventilata nomina potesse concretizzarsi.» (In Davide Galliani,Il Capo dello Stato e le leggi, Volume 1, Giuffrè Editore, 2011, p.366, nota 28
^B. Croce, Maria Curtopassi,Dialogo su Dio: carteggio 1941-1952, Archinto, 2007, p. 11. Il carteggio fra Croce e Maria Curtopassi è stato pubblicato presso la casa editrice Archinto da Giovanni Russo, autore anche della nota introduttiva (pp. 11-33).
^Benedetto Croce,Perché non possiamo non dirci anticoncordatari. Discorso contro i patti lateranensi, tratto da: Benedetto Croce,Discorsi parlamentari, Bardi editore, Roma 1983, pp. 167-175
^Atti parlamentari della Camera: 1929, vol. 1, pag. 201-209
^Guido Verucci,Idealisti all'Indice. Croce, Gentile e la condanna del Sant'Uffizio, Laterza, 2006
^Aldo Capitini,La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, Milano, 1966, p. 131.
^La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce, 1, 1903 p.372
^Ilministro dell'educazione nazionale,Giuseppe Bottai alluse ironicamente all'operetta crociana con un articolo intitolatoBenedetto Croce rincristianito per dispetto (In Ruggiero Romano,Paese Italia: venti secoli di identità, Donzelli Editore, 1997 p.3)
^B. Croce,Perché non possiamo non dirci "cristiani, inLa Critica, 20 novembre 1942; poi inDiscorsi di varia filosofia, Laterza, Bari 1945
^B. Croce, M. Curtopassi,Dialogo su Dio. Carteggio 1941-1952, op.cit.ibidem.
^F. Focher, Rc. a F. Capanna,La religione in Benedetto Croce. Il momento della fede nella vita dello spirito e la filosofia come religione, Bari 1965, inRivista di studi crociati, a. II, f. II. aprile-giugno 1965, pp.212-215
^Sandro Magister,Colloquio con Vittorio Foa (Dal'Espresso, Documenti del 20 marzo 1997)
^InVittorio Messori,Pensare la storia: una lettura cattolica dell'avventura umana, Paoline, 1992, p. 500.
^Ottaviano Giannangeli,Benedetto Croce a Raiano, in "L'Osservatore politico letterario", Milano-Roma, n. 10, ottobre 1964; poi inOperatori letterari abruzzesi, Lanciano, Itinerari, 1969
^Per questo motivo Croce della Divina Commedia diDante apprezza la prima cantica dell'Inferno in quanto risultato di una forte e sentita intuizione-espressione, mentre apprezza meno la cantica del Paradiso dove Dante mescolerebbe poesia e filosofia
^Nella premessa datata «novembre 1908» Croce scrive di aver trattato l'argomento nello scritto intitolatoLineamenti di una logica come scienza del concetto puro pubblicato negliAtti dell’Accademia pontaniana nel 1905. In effetti però avverte Croce che il volume del 1909 «È una seconda edizione del mio pensiero, piuttosto che del mio libro» (B. Croce,Logica, 1996, p. 7
^«L'arretratezza dell'Italia in campo scientifico è il risultato di cattive scelte dei politici da una parte e di resistenze culturali e di incapacità degli scienziati stessi a comunicare dall'altra e che quindi risultano indipendenti dall'idealismo crociano. A livello culturale, casomai, esistono altre forze che potrebbero essere imputate del ritardo scientifico, si veda per esempio la nefasta influenza della Chiesa in merito ad alcuni aspetti delle ricerche bioetiche. La mia perplessità nei confronti di Croce non riguarda le pretese conseguenze della sua filosofia sullo sviluppo tecnico-scientifico del nostro Paese. Mi sembra che sia una polemica datata e ormai superata. Non credo che dalle posizioni antiscientifiche di Croce derivi un ritardo della società italiana nei confronti della scienza. [...] Quella di Croce è una filosofia interessante sotto altri profili, ma poco interessante, quando si parla di scienza e quindi è deficitaria sotto il profilo di una seria trattazione del problema della conoscenza.» (Giulio Giorello), inÈ vero che Croce odiava la scienza? - Dialogo tra Giulio Giorello e Corrado Ocone, 19 novembre 2012
^Claudio Cesa,Benedetto Croce, inIl Contributo italiano alla storia del Pensiero. Storia e Politica, Roma, Treccani, 2013
^Sul tema si veda Antonino Bruno,Croce e le scienze politico sociali, Firenze, La Nuova Italia, 1975, Marina Cedronio,Croce, Gentile, la storia e le scienze sociali, "Mélanges de l'école française de Rome" (1981), pp.361-400, o il più recente libro di Salvatore Cingari,Benedetto Croce e la crisi della civiltà europea, 2 voll., Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003. Esemplare, sotto questo profilo, il controverso rapporto del filosofo conErnesto De Martino su cui si vedano l'introduzione diCesare Cases e i testi (con la recensione di Croce) in appendice a E. De Martino,Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Milano, Boringhieri, 1973. Più recenti i contributi diGennaro Sasso,Ernesto De Martino. Fra religione e filosofia, Napoli, Bibliopolis, 2001 (e anche larecensione diAntonio Gnoli su "Repubblica", 16 giugno 2002),Carlo Ginzburg,De Martino, Gentile, Croce. Su una pagina de Il mondo magico, "La Ricerca Folklorica" (2013), pp. 13-20; Roberto Gronda,Civiltà e mondo magico: Croce e De Martino, Roma, Treccani, 2016
^Riportato in Mario Pazzaglia,Letteratura italiana III
^Benedetto Croce,Del carattere della più recente letteratura italiana (1907), inLetteratura della nuova Italia, vol IV (1915), Bari, 1954, pagg. 203-204
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