Avalokiteśvara (tib.sPyan-ras-gzigs dbang-phyug) nella tradizione tibetana. Questo Avalokiteśvara è dipinto comeṢaḍakṣarin (Signore delle sei sillabe:Ṣaḍ-akṣara) ovvero delmantraOṃ Maṇi Padme Hūṃ. In qualità diṢaḍakṣarin, Avalokiteśvara sta seduto a gambe incrociate (padmāsana). Con le quattro mani regge: con la destra un rosario (Akṣamālā, in genere composto da 108 grani, ma in questo dipinto è composto dal sottomultiplo di 54) dove per ogni grano recita il mantra; con la sinistra regge un fiore diloto (padma) simbolo della purezza; con la coppia delle mani centrali, Avalokiteśvara regge una pietra preziosa denominatacintāmaṇi (pietra preziosa del pensiero) pronta ad esaudire ogni desiderio e qui rappresentata da un cristallo ovale di colore azzurro.Avalokiteśvara comeKhasarpaṇa Lokeśvara (Nālandā, India, IX secolo).Khasarpaṇa Lokeśvara ovvero "Signore del mondo che viene dal cielo". La mano destra è nel "gesto di garanzia" per esaudire i desideri (varadamudrā), la mano sinistra regge invece un fiore di loto (padma) simbolo della purezza.
Avalokiteśvara (sanscrito, devanagari अवलोकितेश्वर, ancheLokeśvara;cinese 觀音GuānyīnWade-GilesKuan-yin anche 觀世音 Guānshìyīn,Wade-GilesKuan-shih-yin;giapponese 観音Kannon,Kwannon, o Kwannon bosatsu, anche 観世音Kanzeon;coreano 관음Gwan-eum anche 관세음Gwan-se-eum;vietnamitaQuán Âm [daQuán Thế Âm];tibetano སྤྱན་རས་གཟིགས།Chenrezig Wangchug;mongolo Мэгжид Жанрайсиг,megjid janraisig, letto ca."meghgit gianrèsik") è, nelBuddhismo Mahāyāna, ilbodhisattva della grande compassione.
Se è indubbio che la figura delbodhisattva Avalokiteśvara, ilbodhisattva della compassione, sia al centro di numerose pratiche religiose, meditative e di studio dell'intera Asia buddhistamahāyāna e non solo, l'origine di questa figura religiosa e del suo stesso nome è tutt'oggi controversa.
La maggioranza degli studiosi[1] ritiene oggi che questa figura origini dalle comunità buddhiste collocate ai confini nordoccidentali dell'India. Precedenti illustri sono rappresentati dalla studiosaMarie-Thérèse de Mallmann[2] che collegò questobodhisattva buddhista persino alla tradizione religiosa iranica, mentreGiuseppe Tucci[3] lo ritenne una personificazione della qualità compassionevole delBuddha Śākyamuni.
Ma, più semplicemente, secondoRaoul Birnaum[4] nelle tradizioni mahāyāna Avalokiteśvara è:
«uno tra i molti esseri con una storia umana che furono guidati dalla dedizione e dallo sviluppo spirituale alla completa realizzazione come bodhisattva.[5]»
Sono numerosi i nomi e gli epiteti con cui viene indicato Avalokiteśvara nelle varie lingue asiatiche:
sanscrito:Avalokiteśvara, daAvalokita (colui che guarda)iśvara (signore): "Signore che guarda". Reso daXuánzàng (玄奘, 602-664), il famoso pellegrino e traduttore cinese, come 觀自在 (Guānzìzài, giapp.Kanjizai) ovvero come "Signore che guarda"[6].
Avalokitasvara è invece una diversa grafia sanscrita già presente in alcuni manoscritti risalenti al V secolo ed è all'origine di un'altra resa in cinese come 觀音 (Guānyīn, giapp.Kannon) ovvero come "Colui che ascolta il suono"[7].
Lokeśvara, daloka («mondo») eiśvara («signore»): "Signore del mondo".
cinese: Oltre i termini già riportati di 觀自在 (Guānzìzài) e 觀音 (Guānyīn, questo è oggi il più diffuso) vanno ricordati i termini 觀世音 (Guānshìyīn utilizzato per la prima volta daSaṃghavarman nel 252 e ripreso daKumārajīva nel 404, vedi più oltre) e 光世音 (Guāngshìyīn, utilizzato daDharmarakṣa nel III secolo). Da questi termini derivano termini analoghi inlingua giapponese,coreana evietnamita.
tibetano:sPyan-ras-gzigs dbang-phyug (pr.: "Chenrezig Wangchug"): "Signore dallo sguardo compassionevole".
mongolo:Nidubarüĵekči: "Colui che guarda con gli occhi".
I principali e più antichisūtra mahāyāna che trattano questa figura sono sostanzialmente tre:
Sukhāvatīvyūhasūtra (Sutra degli ornamenti della terra beata):sūtra dedicato albuddhaAmitābha conservato nelCanone buddhista cinese con il titolo di 無量壽經 (Wúliángshòu jīng, giapp. Muryōju kyō) alT.D. 360 (sezioneBǎojībù); e conservato nelCanone tibetano con il titolo diOd-dpag-med-kyi bkod-pa'i mdo nella raccoltabKa'-'gyur (Kanjur), sezionedKon-br-tegs (n.5).
Labodhisattva (菩薩) Guānyīn (觀音), rappresentata come "Guānyīn del mare meridionale" (南海观音). Questa statua, collocata sul versante meridionale, delMonte Pǔtuó (普陀山), rivolta verso il mare, è alta complessivamente 35 metri e fu costruita nel 1988 in bronzo, marmo e oro. Ha un valore profondamente religioso in quanto ilMonte Pǔtuó è una delle quattro montagnesacre dell'odiernoBuddhismo cinese. Questa statua rappresenta Guānyīn come protettrice dei marinai. La sua mano destra è sollevata nell'abhyamudrā, il "gesto di incoraggiamento" per invitare ad avvicinarsi; la sinistra è invece nell'avakśamudrā, il "gesto di rilassamento" e sorregge ildharmacakra.
In tutte le lingue, che derivano questo termine dalCanone buddhista cinese,Guānyīn (觀音, primo termine) è un'abbreviazione diGuānshìyīn (觀世音, secondo termine), quindi nel suo significato di:
guān (觀): termine cinese che rende il sanscritovipaśyanā nel significato meditativo di osservare, ascoltare, comprendere;
shì (世): termine cinese che rende il sanscritoloka quindi la "Terra", ma originariamente riportava anche il significato diyuga (ciclo cosmico) e quindi rende anche il terminesaṃsāra, il ciclo sofferente delle nascite e la "mondanità" che provoca questo ciclo;
yīn (音): termine cinese che rende numerosi termini sanscriti (comeghoṣa,ruta,śabda,svara,udāhāra) che significano suono, voce, melodia, rumore e termini simili. Accanto ashì (世), il dolorososaṃsāra,yīn (音) acquisisce il significato di "suono del dolorososaṃsāra" quindi di lamento, espressione della sofferenza.
QuindiGuānshìyīn (觀世音): "Colui che ascolta i lamenti del mondo", ilbodhisattva della misericordia.
Guānshìyīn è infatti indicata come 菩薩 (púsà, giapp.bosatsu) quindi nella resa del terminesanscrito dibodhisattva.
Deve tuttavia la sua popolarità alla larga diffusione della traduzione delSutra del Loto, operata daKumārajīva (344-413) nel 406 con il titoloMiàofǎ Liánhuā Jīng (妙法蓮華經, giapp.Myōhō Renge Kyō,T.D. 262, 9.1c-62b), dove compare sempre come resa del nomesanscrito delbodhisattva Avalokiteśvara.
Il capitoloGuānshìyīn Púsà pǔmén pǐn (觀世音菩薩普門品,T.D. 262.9.56c2, La porta universale del bodhisattva Guānshìyīn)venticinquesimo capitolo delSutra del Loto spiega così il nome di Guānshìyīn (sanscrito Avalokiteśvara):
«In seguito il bodhisattva Wújìnyì (無盡意,sanscrito Akṣayamati, Mente indistruttibile) si alzò dal suo seggio, scoprì la spalla destra e giungendo le mani rivolto al Buddha disse:
"Per quale ragione, o Beato, ilbodhisattva Guānshìyīn è chiamato Guānshìyīn?" Il Buddha rispose a Wújìnyì: "Uomo devoto, se l'insieme delle numerose infinite miriadi di esseri che in questo momento stanno soffrendo udisse il nome delbodhisattva Guānshìyīn e invocasse il suo nome sarebbero liberi da ogni sofferenza"»
L'adozione del nomeGuānyīn (觀音) al posto diGuānshìyīn (觀世音) fu imposta dall'imperatoreGāozōng (高宗, conosciuto anche come Lǐzhì, 李治, regno: 649-83) che emise un editto in base alla normativa suinomi proibiti (避諱bìhuì) ordinando di omettere il carattere 世 (shì) dal nome della bodhisattva[9]. Tuttavia le altre forme continuarono ad essere comunque utilizzate.
Nella sua evoluzione di significati, tuttavia, Guānyīn ha acquisito delle peculiarità tradizionali tipiche del popolo cinese e degli altri popoli dell'Estremo Oriente in cui il culto di questobodhisattva si è diffuso. Se, ad esempio, Avalokiteśvara veniva prevalentemente rappresentato in India[11] nelle sembianze maschili, inCina esso è stato progressivamente raffigurato come una donna[12].
Sempre in Estremo Oriente, Guānyīn è rappresentato in trentatré differenti forme seguendo in questo l'elenco presentato nel venticinquesimo capitoloSutra del Loto.
In una di queste forme, Guānyīn viene raffigurata con una lunga veste bianca (insanscrito, questa forma viene denominataPāṇḍaravāsinī-Avalokitêśvara, Avalokitêśvara vestito di bianco, in cinese 白衣觀音Báiyī Guānyīn), sostenuta da un loto dello stesso colore. Spesso con una collana delle famiglie realiindocinesi.
Nella mano destra può reggere un vaso o una brocca (kalaśa) contenente il nettare dell'immortalità (amṛta cin. 甘露 gānlòu) che rappresenta ilnirvāṇa.
In un'altra forma, nella mano sinistra regge un ramo disalice (in quest'ultimo caso viene denominata 楊柳觀音Yángliǔ Guānyīn) simbolo della sua volontà di 'piegarsi' alle richieste degli esseri viventi.
La corona generalmente riporta un'immagine delbuddha cosmicoAmitābha (阿彌陀Āmítuó, giapp.Amida) il maestro spirituale di Guānyīn prima che divenisse unbodhisattva oppure ritenendo Guānyīn un'emanazione compassionevole e diretta del potere di Amitābha.
A volte Guānyīn è accompagnata dai suoi due discepoli: Lóngnǚ (龍女,sanscrito Nāgakanyā, principessa deiNāga) e Shàncái (善財,sanscrito Sudhana).
Il bodhisattva dalle mille braccia e dagli undici volti
Guānyīn con undici teste (十一面shíyī miàn) e mille braccia (千手qiānshǒu).
Una delle forme più diffuse, non solo inCina, delbodhisattva Avalokiteśvara-Guānyīn è nella sua forma diSahasrabujia (sanscrito, cin. 千手觀音Qiānshǒu Guānyīn, giapp.Senshu Kannon) ovvero con mille braccia (quattro in evidenza e miriadi di braccia sullo sfondo) le cui mani contengono un occhio. Ci sono diversi sutra che trattano di questa figura tra cui ilNīlakaṇṭha-dhāraṇī (tra le versioni il 千手千眼觀世音菩薩大悲心陀羅尼,Qiānshǒu qiānyǎn guānshìyīn púsà dàbēixīn tuóluóní) per lo più conservati nelMìjiàobù (T.D. dal 1057 al 1064). Il significato di questa rappresentazione (molteplicità degli occhi e delle braccia) inerisce al ruolo dimahākaruṇā (sanscrito, cin. 大悲dàbēi, Grande compassione) rappresentato da questo bodhisattva pronto a raccogliere le richieste di aiuto di tutti gli esseri.
Questa rappresentazione è accompagnata ad un'altra che vuole Guānyīn con undici volti (sans.Ekādaśa-mukha Avalokiteśvara, cin. 十一面觀音 Shíyī miàn Guānyīn). Anche in questo caso vi sono molti sutra dedicati come ilAvalokitêśvara-ekadaśamukha-dhāraṇī (十一面觀世音神呪經Shíyīmiàn guānshìyīn shénzhòu jīng,T.D. 1070.20.149-152). Il significato di questa rappresentazione appartiene per lo più alBuddhismo esoterico, ma alcune leggende vogliono che alla vista delle sofferenze degli esseri confinati negli inferni, Guānyīn si spaccò la testa dal dolore in undici parti. Amitābha tramutò questi frammenti in singole teste di cui la decima è demoniaca (per spaventare i demòni) mentre l'undicesima è il volto dello stesso Amithāba di cui Guānyīn è un'emanazione. Un'interpretazione simbolica meno leggendaria vuole che i dieci volti collocati insieme al volto di Guānyīn indichino i dieci stadi (sans.daśa-bhūmi, cin. 十住shízhù) del percorso del bodhisattva che si concludono con lo stadio dellabuddhità (indicato come 灌頂住guàndǐng zhù).
Insieme alBuddhismo, il culto di Guānyīn fu introdotto inCina agli inizi del I secolo d.C., e raggiunse ilGiappone attraverso laCorea subito dopo essersi stabilito nel Paese alla metà del VII secolo. Le rappresentazioni del bodhisattva in Cina prima delladinastia Song erano maschili; immagini successive mostravano attributi di entrambi i sessi e ciò in accordo con ilventicinquesimo capitolo delSutra del Loto dove Avalokiteśvara ha il potere di assumere ogni forma o sesso al fine di alleviare le sofferenze degliesseri senzienti:
«Se essi [gli esseri viventi] hanno bisogno di un monaco o di una monaca, di un credente laico o di una credente laica per essere salvati, egli [Guānshìyīn] diviene immediatamente un monaco o una monaca, un credente laico o una credente laica e predica la dottrina.»
(Guānshìyīn Púsà pǔmén pǐn 觀世音菩薩普門品)
e può essere invocato/a per ottenere dei figli:
«Se una donna desidera generare un figlio maschio, dovrebbe tributare rispetto e offerte a Guānshìyīn; potrà così dare alla luce un figlio dotato di meriti, virtù e saggezza. Se invece desidera generare una figlia, darà alla luce una bambina dotata di grazia e avvenenza, una fanciulla che in passato ha piantato radici di virtù ed è amata e rispettata da tutti.»
(Guānshìyīn Púsà pǔmén pǐn 觀世音菩薩普門品)
per questo il bodhisattva è considerato la personificazione di compassione e bontà, un bodhisattva-madre e patrona delle madri e dei marinai.
Le rappresentazioni in Cina divennero tutte femminili intorno al XII secolo.
In età moderna, Guānyīn è spesso rappresentata come una donna bellissima con una veste bianca.
Avalokiteśvara nella tradizione del Canone buddhista tibetano
Il culto di Avalokiteśvara nella tradizione delCanone buddhista tibetano, nel suo aspetto maschile, si diffonde sia inNepal che inTibet a partire dal VII secolo. In Tibet, Avalokiteśvara/Chenrezig diventa rapidamente il protettore del paese e il reSongtsen Gampo verrà considerato una sua emanazione. Le storie leggendarie delMani bka'-'bum ("Le centomila parole del gioiello"), un'opera "terma" (tib. gTer-ma; opera a carattere esoterico) che racconta le origini del popolo tibetano nato dall'amore fra una demonessa e una scimmia (che altri non è che un'emanazione di Avalokiteśvara), sono in parte all'origine di tanto fervore.
In seguito numerosi maestri, in Tibet, verranno considerati sue emanazioni; ad esempio ilDalai Lama (capo politico del Tibet indipendente, nonché guida spirituale della scuolagelugpa delbuddhismo tibetano) e ilKarmapa (capo del lignaggioKarma Kagyü della scuolakagyupa), in tutte le lororeincarnazioni, sono considerati emanazioni di Chenrezig.
Avalokiteśvara è considerato ilbodhisattva che agisce per il bene degli esseri senzienti nel periodo compreso tra ilparinirvāṇa del Buddha Sakyamuni e l'avvento del BuddhaMaitreya.
La Bodhisattva Guanyin nel romanzo cinese Il viaggio in Occidente
Nel romanzo cineseIl viaggio in Occidente, parodia delle gerarchie dei potenti dell'Impero Cinese pubblicato anonimo per sfuggire alla censura nel1590, la Bodhisattva Avalokitesvara compare come personaggio col suo nome cinese Guanyin, dove è una delle consigliere dell'Imperatore di Giada, ma il ritratto non è dei migliori dato che viene descritta come una vecchia rompiscatole e ficcanaso; sarà lei a consigliare all'Imperatore di Giada il personaggio delloScimmiotto di Pietra come adatto ad accompagnare ilmonaco buddista Sanzang che lei stessa ha incaricato di viaggiare verso l'India (da cui il titolo dell'opera) per recuperare itesti canonici religiosi non disponibili inCina.
^«Mahayana scriptural traditions simply hold that Avalokitesvara is one among many beings having human history whose dedication and spiritual development has led to successful fruition as a bodhisattva.»
^Il baroneAlexander Von Staël-Holstein (1877-1937), ritenne, in un'opera del 1936, che l'origine del nome deriverebbe invece dal pāliApalokitam che rimanda adapalokitāgami(n) il cui significato è "che conduce al Nirvana", dando quindi al nome il significato de "Il Liberatore". Cfr. A. Von Staël-Holstein, "Avalokita and Apalokita" inHarvard Journal of Asiatic Studies, vol 1 n 3/4 (nov. 1936) pagg. 350-362.
^«An alternate spelling of this name—Avalokitasvara— also existed, as seen in some fifth-century Sanskrit manuscripts and as noted by learned Chinese exegetes such as Chengguan (eighth century). This led to the well-known Chinese translation Guanyin (“he who has perceivedsound”).» Raoul Birnaum.Op.cit, pag.704.
^Cfr. tra gli altri, JI Hai-long.Intercultural study of euphemisms in Chinese and English.Sino-US English Teaching. Aug. 2008, Volume 5, No.8 (Serial No.56), pag..56
^Da tener presente che questa resa, la più diffusa inCina e nei corrispettivi delle lingue estremo orientali, origina daKumārajīva ed è presente nella sua traduzione delSutra del Loto (cfr.T.D. 262.9.2a8).Dharmarakṣa lo rende invece come 光世音 (Guāngshìyīn, giapp.Kōseion, cfr.T.D. 263.9.63a24), mentreXuánzàng lo rende come 觀自在 (Guānzìzài, giapp.Kanjizai, cfr.T.D. 1579.30.729a19).
«Benché sappia che non esiste né la nascita né la morte,
Rinasce per mostrarsi a tutti Apparendo in molti paesi Come il sole è visto da ognuno. [...] Nel carattere, nelle fisionomie, Nella voce e nel portamento, Questo Bodhisattva impavido Si può mostrare simile a loro. Conosce i danni che fanno i demoni Ma appare come uno di loro Servendosi di saggi metodi opportuni Per sembrare a piacere simile a loro. O appare vecchio, malato e morente Per far comprendere agli esseri viventi Che tutte le cose non sono altro che un'illusione Per liberarli da tutti gli ostacoli. [...] Quando si ammalano o le epidemie Infieriscono, prepara erbe medicinali Perché essi le prendano per guarire La loro malattia o infezione. Quando regna la carestia Produce cibo e bevande Per salvarli dalla sete e dalla fame Prima di insegnar loro il Dharma. [...] In tutti i paesi Dove vi siano inferni Giunge inaspettatamente Per alleviare le loro sofferenze. [...] O appare come una prostituta Per attirare coloro che si abbandonano alla lussuria Dapprima usa la tentazione per prenderli all'amo E in seguito li conduce alla saggezza del Buddha. Appare come un magistrato del distretto, O come un capo della casta dei mercanti, Un precettore di stato o un alto ufficiale Per proteggere gli esseri viventi. Ai poveri e agli indigenti Appare con una borsa illimitata Per consigliarli e guidarli Finché non sviluppino la mente della bodhi. [...] O si mostra senza desideri e agisce Come un veggente con cinque poteri spirituali Per convertire gli esseri viventi insegnando loro La moralità, la pazienza e la compassione. A coloro che hanno bisogno di sostegno e aiuto Potrebbe mostrarsi come un servitore Per soddisfarli e persuaderli A coltivare la mente del Tao Provvedendoli di tutto ciò di cui necessitano Per entrare nel sentiero del Buddha; Servendosi così di metodi opportuni Per provvedere a tutti i loro bisogni.»
(DalVimalakīrti Nirdeśa sūtra (cinese 維摩經Wéimó jīng), VIII. Versione diKumārajīva (T.D. 475.14.537a-557b), tradotta dal cinese da Charles Luk. Edizione it.:Vimalakirti Nirdesa Sutra. Roma, Ubaldini Editore, 1982.)
^Sull'insegnamentomahāyāna rispetto alla non-differenza tra la figura maschile e femminile ovvero la loro equivalenza, così l'anticoŚūraṃgama-samādhi-sūtra (首楞嚴三昧經,Shǒulèngyán sānmèi jīng,T.D. 642.15.629-644), tradotto in cinese daKumārajīva tra il 402 e il 409:
«Dridamati chiese al devaputra Gopaka:
"Mediante quali azioni meritorie una donna può rinascere con un corpo di uomo" Gopaka rispose:"Dridamati colui che è nel mahāyāna non percepisce la differenza tra uomo e donna. Perché? Perché nel pensiero onnisciente (sanscrito:sarvajñā), che non si riscontra nel Triplice mondo, le nozioni di uomo e donna sono forgiate dall'immaginazione."»
Bajracharya, Ranjana.Bodhisattva Avalokitesvara and his symbolic mantra "Om mani padme hum", Kathmandu, Bajracharya, 2003.
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