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Assoluto

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La ruota della creazione, dal testo ebraicoSefer Yetzirah, che illustra lo schema direlazioni sussistenti unicamente all'interno dell'Assoluto.

Nellastoria della filosofia, l'assoluto è una realtà la cui esistenza non dipende da nessun'altra, ma sussiste in sé e per sé.[1][2]

Etimologia e storia

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Etimologicamente il termineassoluto deriva dal compostolatinoab +solutus, che significa «sciolto da».[3]Platone ad esempio considerava il mondo delleidee oIperuranio come una realtà indipendente e autonoma, appunto perché "sciolta da" ogni altra, non relativa ad altro da sé. Viceversa il mondo sensibile esiste solo in relazione alle idee, in quanto cioè dipendeontologicamente da queste ultime.[4]

Il principio assoluto del cosmo assimilato alSole, in quanto brilla di luce propria.[5]

Alle Idee egli attribuiva così l'Essere di cui già parlavaParmenide, al vertice del quale pose ilBene assimilandolo alSole, la cuiluce spirituale rende possibile lavisione sovrasensibile, cioè ilpensare.[6] L'assoluto è infatti quel che ha l'essere in sé e per sé, essendocausa sui (causa di sé). Relativo è invece ciò che secondo Platone non ha l'essere, bensì soltanto l'esistenza, ovveroè unicamente a partire da qualcos'altro;esistenza vuol dire infatti propriamente, in senso etimologico, "essere da", cioè ricevere l'essere da un altro (dal latinoex +sistentia).

Dal pensiero greco alla Scolastica

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InAristotele, assoluto è l'atto puro, cioèDio, in quanto pienamente realizzato; esso non è mosso da altro da sé, ma è piuttosto un motore che attrae verso di sé pur restando perfettamente immobile. PerPlotino esso è l'Uno, ossia una realtà suprema che non contiene al suo interno alcuna divisione: tutto è in Lui.[7] L'Assoluto può essere compreso dalpensiero solo elevandosi al di sopra deldualismo soggetto/oggetto, attraverso l'unione mistica dell'estasi. L'uomo riesce in tal modo a porsi, come l'Uno, al di sopra delprincipio di non-contraddizione aristotelico, identificandosi con la sualibertà assoluta,sciolta cioè da qualsiasi necessità razionale.[8]

Sulla scia dellafilosofia greca, lateologia cristiana identificherà l'Assoluto con il Dio dellaRivelazionebiblica. NellaScolastica appariva allora evidente come laconoscenza filosofica dell'Assoluto dovesse passare per un atto difede o attraverso l'immediatezza dell'intuizione: conoscere significa infatti collegare, relazionare qualcosa con altro da sé; ma poiché l'Assoluto ha già tutto dentro, non ha un termine di riferimento esterno con cui possa relazionarsi. Le cinque vie proposte daTommaso d'Aquino per elevarsi all'intelligenza delle verità rivelate dunque consentono solamente di arrivare ad una conoscenza intuitiva dell'esistenza di Dio, senza la pretesa di dimostrarle logicamente.[9] Esse saranno invece confuse, in epoca illuminista, con la capacità di «dimostrare» con laragione i fondamenti della fede.[10]

L'età moderna

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Nell'età moderna si va dalla concezionetrascendente diCusano, per il quale l'Assoluto è il punto supremo in cui gliopposti coincidono, e in cui non c'è più distinzione tra gli oggetti della molteplicità,[11] a quellaimmanente diSpinoza. Quest'ultimo, mirante a ricomporre il dualismocartesiano trares cogitans eres extensa, sostiene che tutto in natura è causato da un principio unico e assoluto, cioèDio, che non è da intendersi come il primo anello della catena di cause in essa presente, ma come la sostanza unitaria di questa stessa catena.

Da Kant all'idealismo tedesco

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Il tema filosofico dell'Assoluto trova quindi uno sviluppo limitato ma fulmineo e di eccezionale rilevanza nella storia del pensiero europeo a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Nel1781 esce la prima edizione dellaCritica della ragion pura, diImmanuel Kant. L'intenzione del filosofo è di inserirsi nel dibattito sulla scienza e sui fondamenti della conoscenza, spostando l'indagine dall'ambito dell'oggetto (la natura, l'essere dell'ente) a quello delsoggetto. Con la sua "rivoluzione copernicana" egli cerca di stabilire una differenza non più discutibile tra ciò che è conoscibile (fenomeno) e ciò che non lo è (noumeno), ma pone in tal modo un problema che diventerà la ragione determinante del successivo dibattito che si aprirà inGermania.

Kant

Separando la funzione teoretica della filosofia da quella pratica (o etica),[12] egli dava infatti l'impressione di affrontare la questione senza la dovuta profondità, un elemento, questo, che devia l'attenzione dei critici e dei lettori verso esiti completamente diversi da quelli che Kant aveva immaginato. Il problema diventa infatti quello della natura "ingiustificabile" dellacosa in sé, e di come superare ladicotomia kantiana tra intelletto ed esperienza, cioè in definitiva tra soggetto e oggetto.

Nel1787Friedrich H. Jacobi avanza le sue obiezioni sull'inconoscibilità del noumeno pubblicandoDavid Hume sulla fede. Contemporaneamente Kant fa uscire una seconda edizione, riveduta e corretta, dellaCritica, proprio allo scopo di chiarire le difficoltà di interpretazione sorte attorno al noumeno e all'ipotesi dell'intuizione pura. Sempre nell'87 esce anche laCritica della ragion pratica, nella quale Kant distingue nettamente lafilosofia pratica da quella teoretica: mentre la prima sa attingere all'Assoluto, perché obbedisce soltanto alle leggi che la ragione scopre dentro di sé, sul piano conoscitivo il soggetto è vincolato dai limiti fenomenici che, in quanto dotato di sensi, egli costruisce sull'oggetto.

Nel1789Karl Leonhard Reinhold scrive ilSaggio su una nuova teoria della facoltà umana della rappresentazione; con quest'opera l'autore, che si considera un fedele seguace di Kant, cerca di unificare fenomeno e noumeno, vedendoli non più come i termini opposti di una contraddizione, ma originati dalla stessa attività unificatrice del soggetto. Secondo Reinhold cioè, la cosa in sé non è qualcosa di esterno al soggetto, ma un puro concetto (limite) appartenente alla sua stessa rappresentazione. Con quest'operazione Reinhold indirizza decisamente il dibattito verso il problema dell'assoluto che non verrà più abbandonato.

Nel1790, mentreSalomon Maimon, con le sueRicerche sulla filosofia trascendentale, compie il passo decisivo per inglobare il noumeno tra i fattori della coscienza, esce laCritica del giudizio, ultima delle tre opere massime di Kant, che nel dibattito in corso affianca al concetto di assoluto quello di libertà: questa infatti, secondo Kant, si ha perché il soggetto, formulando i propri giudizi estetici, non è più sottoposto alla necessità delle leggi conoscitive di causa-effetto, ma è libero nel formulare i propri legami associativi, e vive perciò la dimensione dell'assoluto che era preclusa invece alla pura ragione.

Fichte

Nel1792Gottlob Ernst Schulze, col suo pamphlet intitolatoEnesidemo, faceva virare le teorie kantiane su posizioniscettiche. Proprio per rispondere alle obiezioni di Schulze e difendere le ragioni delcriticismo,Fichte elabora, tra il '93 e il '97, i fondamenti della suaDottrina della scienza, opera con cui si gettano le basi definitive dell'idealismo. In questo percorso, che rappresenta solo la prima fase del dibattito, l'assoluto, che appariva in Kant come il limite invalicabile dalla conoscenza umana, viene a coincidere con lacoscienza stessa, trasformato nell'attotrascendentale di auto-formazione del soggetto: questi non è più limitato da un noumeno esterno, ma da un limite interno che egli si poneinconsciamente. La contrapposizione tra soggetto e oggetto viene così ricondotta a un principio unitario: l'Ioassoluto. È assoluto perché illimitato, ma ad esso tuttavia si accede sempre per viaetica, con un atto di libertà, perché sul piano conoscitivo permane la contrapposizione io/non-io.

Schelling

La comparsa diIdee per una filosofia della natura diSchelling - siamo ancora nel '97, a soli 14 anni daiProlegomeni ad ogni metafisica futura di Kant - sposta ulteriormente l'orizzonte tematico del criticismo, coinvolgendo nello scenario le figure maggiori della cultura romantica tedesca, tra le qualiSchiller,Goethe,Hölderlin. Oltre a ciò, molto, se non moltissimo, contarono nella stagione schellinghiana le ricerche naturalistiche di scienziati e medici gravitanti attorno alle nuove frontiere dellafisica e dellachimica (le scoperte legate almagnetismo e alla funzione dell'ossigeno), e, appunto, l'impegno intellettuale di uno scrittore comeGoethe attorno al nuovo filone della "Filosofia della natura". Schelling obietta che l'Io fichtiano, pur essendo assoluto e illimitato, aveva bisogno di restare vincolato al non-io, dal momento che unsoggetto può esistere solo in rapporto a unoggetto. Così egli pone a principio della sua filosofia un Assoluto nel quale il soggetto e l'oggetto siano duepoli con pari dignità; esso è l'unione immediata di Spirito e Natura. Con Schelling la ricerca kantiana di unprincipio unitario si espande così fino al limite estremo di un idealismospinoziano di impronta panteistica, di cui sono elementi centrali l'arte e lareligione.

L'Assoluto di Hegel

Hegel inaugura una nuova concezione dell'Assoluto, in grado di risolvere, a suo modo di vedere, le aporie delle metafisiche precedenti, incapaci secondo lui di spiegare perché Esso abbia bisogno di generare la molteplicità. Egli Lo concepisce come l'Uno diPlotino in senso rovesciato:[13] mentre quest'ultimo restava collocato su un pianomistico etrascendente, a partire dal quale generava ildivenire e si disperdeva nel molteplice senza una ragione apparente, l'Assoluto hegeliano entra nel divenire per rendere ragione di sé. Lamolteplicità serve, dunque, all'Uno per poter diventare alla fine consapevole di sé, per riconoscersi, attraverso vari passaggi, in se stesso.[14]

La prospettiva plotiniana, dove l'Uno era posto all'origine in uno stato diestasi che si affievoliva man mano che esso emanava il molteplice, risulta così capovolta: per Hegel l'Uno viene composto a partire dal molteplice e prenderà coscienza di sé solo alla fine, acquistando concretezza nel suo percorso mondano.[15]

Questa nuova concezione comporta il sovvertimento della logica dinon-contraddizione, dato che l'Uno viene ora a coincidere con il suo contrario, cioè con la molteplicità. L'Assoluto hegeliano non è più qualcosa di statico, che si trovi già «in sé e per sé», ma è un divenire, un essereper sé, la cui verità scaturisce da una dimostrazionedialettica, anziché essere posta con un'intuizione originaria.[16] In Hegel certezza e verità tornano a coincidere, così comepensiero edessere, ma in forma mediata (dallaragione).

Hegel

ConHegel la conversazione raggiunge il suo punto più alto ma anche storicamente definitivo: il compito che egli si assume è infatti quello di sanare le contraddizioni intrinseche all'atteggiamento stesso delcriticismo e dell'idealismo, dovute a suo dire alla loro incapacità di spiegare perché mai l'Assoluto dovessepolarizzarsi in una dualità, soggetto e oggetto, l'uno contrapposto all'altro. Ciò riesce ad Hegel facendo rientrare la filosofia nellaStoria, facendone l'esito della vita reale, e non l'antagonista, a prezzo però dell'abbandono dellalogica formale dinon-contraddizione che aveva guidato il pensiero filosofico sin dai tempi diParmenide eAristotele. Con la sua rappresentazione dell'assoluto che trova la conciliazione tra gli opposti nella lorolotta e reciproca contesa,[17] anziché in principi posti acriticamentea priori, Hegel pone fine definitivamente a quella separazione trasoggetto eoggetto che era stata la croce di tutta la filosofia post-kantiana.[18] In questo senso, l'itinerario testuale di Hegel è quasi il segno esteriore di quell'unità di cui il suo pensiero vuol essere la più alta rappresentazione: dal primo saggio sullaDifferenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling, passando per laFenomenologia dello spirito, laScienza della logica e l'Enciclopedia delle scienze filosofiche, l'opera hegeliana si pone come la completa e sistematica rappresentazione ideale della realtà - ovvero dell'assoluto.

Le critiche all'hegelismo

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La soluzione hegeliana darà tuttavia adito a numerose critiche da parte dei suoi contemporanei: secondoSchelling, ad esempio, ilpensiero può stabilire soltanto le condizioninegative o necessarie (ma non sufficienti) perché qualcosa esista; la realtà effettiva e assoluta, invece, non può essere creata, determinata dal pensiero logico, perché nasce da unavolontà libera e irriducibile alla mera necessità razionale. Le condizionipositive che rendono possibile l'esistenza scaturiscono infatti da un atto incondizionato e appunto assoluto che in quanto tale è al di sopra di ogni spiegazionedialettica, mentre Hegel intendeva fare dell'Assoluto proprio il risultato di una mediazione logica, che giungerebbe a consapevolezza di sé solo a conclusione del processo dialettico.

«Per quanto riguarda Hegel, questi si vantava proprio di avere Dio come Spirito Assoluto a conclusione della filosofia. Ora, si può pensare uno Spirito Assoluto che non sia al contempo assoluta personalità, un essere assolutamente consapevole di sé?»

(Schelling,Filosofia della rivelazione, Bompiani, 2002, trad. diAdriano Bausola, pag. 151)

Di diverso tenore le critiche diMarx, che pur contestando l'astrattezza dell'Assoluto di Hegel, apprezzava però l'idea dellalotta come conciliazione delle controversie sociali, preferendola a quella concordia tra gli opposti postulata acriticamente a suo dire dalle dottrine teologico-filosofiche prima di lui succedutesi. Marx quindi sostituì semplicemente l'Assoluto hegeliano con laStoria, facendo di quest'ultima l'esito dello scontro traclassi contrapposte.

Tale impostazione di pensiero fu invece criticata, su altri versanti, da filosofi rivolti maggiormente a tematicheesistenziali, comeSchopenhauer, oKierkegaard, agli occhi dei quali la dottrina hegeliana appariva come la vana pretesa di comprendere razionalmente ciò che per natura può essere conosciuto solo ponendosi al di là dellaragione stessa: quel che Hegel aveva creduto di trovare era in realtà una sorta di «relativo» mascherato da assoluto, non un «intero» ma soltanto la prevaricazione di una sua parte sull'altra.

L'Assoluto nelle religioni orientali

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Il professorToshihiko Izutsu ha individuato nelbuddismo il termine equivalente a quello occidentale di «Assoluto» nelsanscritotathātā (letteralmente "il fatto di essere così"), nelcinesechēn ju ("veramente così"), nel giapponeseshin-nyo,[19] mentre nell'Islam èhaqq.

«[L'Assoluto] corrisponde al concetto vedantico diparabrahaman, il "Brahman Supremo", e alla nozione neoconfuciana diwu-chi (L'ultimo). Sia nel Vedanta che nell'Islam, l'Assoluto in questo stadio supremo non è neppure Dio, perché dopotutto Dio è soltanto una determinazione dell'Assoluto, nella misura in cui implica quantomeno una indifferenziazione tra Assoluto e mondo della creazione.
Nel secondo di questi due campi, l'Assoluto è l'Assoluto, ma lo è rispetto al mondo. È questo l'Assoluto considerato in qualità di fonte ultima del mondo fenomenale, come qualcosa che si rivela a se stesso sotto forma di molteplicità. Il nome di Dio, Allah nell'Islam, si applica all'Assoluto solo a questo livello. Questo è il livello diparamesvara, il Dio Supremo, nelVedānta e nelneoconfucianesimo, il grado dit'ai chi, l'Ultimo Supremo, che non è altro se non ilwu chi, il Niente ultimo, in quanto principio eterno di creatività.»

( Toshihiko Izutsu,Unicità dell'esistenza, Marietti, 1991, p. 31,ISBN 88-211-7455-7.)

Secondo lafilosofia islamica delWaḥdat al-Wujūd (Unità dell'Essenza), l'Assoluto si presenta sotto due aspetti opposti, ilbātin o interno e lozāhir o esterno. Il primo è inconoscibile, il secondo è quello manifesto.

Note

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  1. ^Assoluto, sutreccani.it.
  2. ^Umberto Eco,Assoluto e Relativo, inla Repubblica, 10 luglio 2007, pp. 1-54.
  3. ^Zolli-Cortelazzo,Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli editore.
  4. ^Platone,La Repubblica, VII.
  5. ^Figura pubblicata dalneoplatonico britannicoRobert Fludd nell'Utriusque cosmi maioris scilicet et minoris Metaphysica, physica atque technica Historia (1617).
  6. ^Platone: il Sole, metafora del Bene (PDF), sucampus.hubscuola.it.
  7. ^Proprio perché esso è «primariamente Primo», l'Assoluto di Plotino andrebbe inteso come totalmentetrascendente (cfr.Werner Beierwaltes,Pensare l'Uno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi [1985], pp. 23-74, introduzione diG. Reale, traduzione di M. L. Gatti, Vita e Pensiero, Milano, 1992).
  8. ^Luigi Pelloux,L'assoluto nella dottrina di Plotino, Vita e Pensiero, Milano 1994.
  9. ^Ex motu,ex causa,ex contingentia,ex gradu perfectionis,ex fine sono le cinque "vie" proposte da Tommaso d'Aquino come"preambula fidei", cioè premesse in grado di avviare la ragione, che possono permetterle di aprirsi al dato rivelato (cfr.Summa theologiae, I, questione 2, articolo 3).
  10. ^Perone, Ferretti, Ciancio,Storia del pensiero filosofico, vol. III, pag. 563, SEI, Torino 1988ISBN 88-05-01687-X.
  11. ^Secondo Cusano, nell'Assoluto si trova la comune radice di tutto ciò che nella realtà fenomenica appare contraddittorio alla semplice ragione: esso è l'implicatio dell'essere, come un cerchio dilatato all'infinito nel quale si ritrovano a coincidere tutti i diametri e i raggi. L'espressione da lui usata per descriverlo ècoincidentia oppositorum («unione degli opposti»).
  12. ^Cfr. anche iProlegomeni ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza, una sintesi della primaCritica pubblicata da Kant nel 1783, che si può intendere come il vero inizio del dibattito sull'Assoluto.
  13. ^Werner Beierwaltes,Hegel und Plotin, in "Revue internationale de Philosophie", n. 94, secondo fascicolo, pp. 348-357, XXIV annata, 1970.
  14. ^«Il vero è l'intero. Ma l'intero è soltanto l'essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell'Assoluto si deve dire che esso è essenzialmente Risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura, nell'essere effettualità, soggetto, o svolgimento di se stesso» (Hegel, prefazione aFenomenologia dello Spirito, trad. it. inGrande Antologia Filosofica, vol. XVIII, pag. 498, Milano, Marzorati, 1971).
  15. ^Secondo il già citato Beierwaltes, Hegel opera una "razionalizzazione" dell'estasi di Plotino, snaturandone l'essenza: «Hegel dà forma all'Uno di Plotino seguendo rigorosamente il proprio modello di soggetto. Di conseguenza L'Uno pensa, benché Plotino, almeno nei suoi scritti più tardi, ce lo presenti rigorosamente come non-pensante» (W. Beierwaltes,Platonismus und Idealismus, Francoforte, Klostermann, 1972, trad. it. di E. Marmiroli, Il Mulino, Bologna, 1987, pp. 161-162).
  16. ^Secondo Hegel, «scissione, emanazione, effusione, venir fuori, uscir fuori, prorompere sono tutte parole molto diffuse anche nei tempi moderni, ma che non dicono niente. [...] Plotino non è dialettico, non sa uscire da se stesso, né ritornare in se stesso da se stesso come coscienza» (W. F. Hegel,Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie, in «Samtliche Werke», a cura di H. Glockner, Frommann, Stoccarda, 1959, pag. 67).
  17. ^Hegel sotto alcuni aspetti ripreseEraclito che già aveva sostenuto comepòlemos, cioè la guerra, fosse re e padre di ogni realtà (cfr.Sulla natura, frammento 53 della raccolta Diels-Kranz), e che «tutto nasce secondo contesa e necessità» (fr. 80).
  18. ^Soggetto eoggetto,pensiero edessere, vengono unificati secondo Hegel nel momento in cui la ragione prende coscienza che l'uno non può esistere senza l'altro, che un oggetto è tale solo in rapporto a un soggetto, e viceversa. A differenza di Schelling e delle filosofie precedenti, che pure ben conoscevano una taledialettica soggetto/oggetto, nel sistema hegeliano è laragione stessa che opera quest'unificazione, via via che ne prende coscienza, mentre nella metafisica tradizionale si trattava di un'unità già dataa priori, sin dall'inizio, che la ragione si limitava a riconoscere, non a costruire da sola. Ne consegue che quella di Hegel è un'identità composita, non più immediata, dei due termini contrapposti.
  19. ^ Toshihiko Izutsu,Unicità dell'esistenza, Marietti, 1991, p. 40,ISBN 88-211-7455-7.

Bibliografia

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  • Adriano Alessi,Sui sentieri dell'assoluto. Introduzione alla teologia filosofica, LAS editore, 2004ISBN 8821305597
  • Luigi Pelloux,L'assoluto nella dottrina di Plotino (1941), prefazione di A. Bausola, Vita e Pensiero, Milano 1994ISBN 88-343-0560-4
  • Salvatore Patriarca,Dall'assoluto alla realtà. Teodicea e ontogenesi nella Weltalterphilosophie schellinghiana, Mimesis, 2006ISBN 8884834090
  • Adriaan Peperzak,Autoconoscenza dell'assoluto. Lineamenti della filosofia dello spirito hegeliano, Bibliopolis, 1988ISBN 8870881687
  • Paolo Salandrini,Hegel. Biografia dell'assoluto, Spazio Tre, 2009ISBN 8878400432
  • Walter Kasper,L'assoluto nella storia. Nell'ultima filosofia di Schelling, Jaca Book, 1986ISBN 8816301333
  • Luciano Dottarelli,Maneggiare assoluti. Immanuel Kant, Primo Levi e altri maestri, Il Prato, Padova 2012ISBN 978-88-6336-171-1
  • Markus Gabriel,L'assoluto e il mondo nella "Freiheitsschrift" di Schelling, Rosenberg, Torino 2012ISBN 978-88-7885-164-1

Voci correlate

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