La politica papale diveniva intanto sempre più filo-francese, e Ascanio Colonna si univa ai familiari che dall'estate del1525 si strinsero nell'opposizione al pontefice intorno al cardinalePompeo Colonna. Quando questi capeggiò la spedizione che il 20 settembre 1526, in nome dell'autorità imperiale e in odio al papa, mise a sacco i palazzi vaticani, il duca Ascanio era con lui. Dopo che ilpapa trovò un accordo con l'ambasciatore imperiale,Ugo di Moncada, i Colonna e i loro sodali dovettero ritirarsi, ma il pontefice non mantenne la promessa di perdono. Così Ascanio fu compreso nella scomunica[5] che il papa lanciò ai primi di novembre contro i Colonna. Partecipò quindi alla guerra che si scatenò nella Campagna romana con il Vitelli, incaricato dal papa di distruggere i loro possedimenti. Dopo alterne vicende, perseGallicano eZagarolo, ma riuscì a mantenerePaliano[4].Nel frattempo le truppe imperiali del connestabileCarlo III di Borbone-Montpensier entravano a Roma; fra queste, iLanzichenecchi comandati dal principeFerrante I Gonzaga il 6 maggio 1527 misero a ferro e fuoco la città: è il famososacco di Roma. Durante il sacco Ascanio Colonna rientrò a Roma con 8.000 fanti ed ottenne a giugno la nomina agovernatore di Velletri: in questa veste imposeai cittadini una taglia di 24.000 scudi a titolo di risarcimento per i danni arrecati dagli abitanti a Marino l'anno precedente nel corso degli scontri fra i suoi partigiani e le truppe papaline. Ne ottenne 7.000 subito e due ipoteche su terreni della città per i restanti, ma dopo due mesi fu sostituito dal marcheseGiambattista Castaldo[1].
Nel1528 i francesi guidati dalconte di Lautrec posero l'assedio a Napoli, mentre la flottagenovese guidata da Filippino Doria la bloccava sul mare. Il Colonna partecipò alla difesa, a supporto delviceréUgo di Moncada. Durante gli scontri, fece parte del collegio giudicante diFabrizio Maramaldo, che venne assolto[1]. Poco dopo[6] prese parte alla battaglia navale di Capo d'Orso, in cui gli assedianti distrussero la flotta napoletana e uccisero il viceré. Ferito, si arrese aNiccolò Lomellini e fu fatto prigioniero, insieme con i capi della difesa sopravvissuti[7]. Durante la prigionia, il Colonna e il compagno di prIgioniadon Alfonso d'Avalos, marchese del Vasto intrapresero colloqui col comandante della flotta genovese e uomo forte della repubblica, l'ammiraglioAndrea Doria, in seguito ai quali questi - già insofferente della difficilealleanza con la Francia -si risolse a passare al servizio dell'imperatore[1][4], il che comportò per la Francia la disfatta dell'esercito che assediava Napoli senza l'appoggio della flotta e la perdita di Genova, che le si ribellò subito.
L'anno successivo divenne governatore degli Abruzzi, dove si limitò a conquistareL'Aquila che si era ribellata[4].
Questa mossa politica lo rese l'elemento di spicco dell'imperatore a Roma.
Politicamente assunse una posizione sempre più critica nei confronti nelnuovo papa, Paolo III Farnese, che arrivò addirittura allo scontro armato nel1541: Il Colonna ebbe la peggio e dovette rifugiarsi nei suoi feudi d'Abruzzo, da cui potrà tornare a Roma, recuperando le sue terre nelLazio, solo dopo l'elezione delpapa Giulio III[4][8].
I buoni rapporti proseguirono sotto il brevissimo pontificato diMarcello II, ma conPaolo IV ricominciò il conflitto. Deterioratisi i rapporti col figlio Marcantonio, dopo averlo diseredato si rifugiò nuovamente in Abruzzo, dove il viceré di Napoli lo fece arrestare e tradurre a Castelnuovo. Qui, ancora in guerra col papa, morì il 24 marzo 1557, dopo aver revocato il testamento[4][8].