| Arte dei Tintori | |
|---|---|
| Attività | tintori di panni di lana |
| Luogo | Firenze |
| Istituzione | 1378 |
| Manuale | |
L'Arte di Tintori fu una delle numerosecorporazioni medievali attive inFirenze fin dalXIII secolo e raggiunse il suo massimo splendore durante i primi anni delXIV secolo. Era legata all'importante attività dellatintura nel processo di produzione deitessuti, soprattutto di lana e seta.
L'attivitàtessile fu, in quei due secoli, un'industria cittadina di importanza decisiva per l'economia della città, soprattutto grazie al contributo dei prestigiosi membri della più importanteArte della Lana e dell'Arte di Calimala.

All'interno di questa organizzazione di lavoro fin dall'inizio ebbe grande rilievo l'Arte dei Tintori alla cui abilità e competenza si doveva soprattutto la varietà, la stabilità e la brillantezza delle tinte suitessuti che venivano prodotti attraverso numerosi paesaggi, che impiegavano molti tipi di maestranze specializzate. La colorazione dei panni, grazie alla quale essi venivano poi esportati ad alto prezzo, necessitava diammoniaca per il fissaggio dei colori e questa era ottenuta esclusivamente dall'urina, rendendo le tintorie particolarmente maleodoranti e sgradevoli. Inoltre richiedeva molta acqua per le operazioni di lavaggio e risciacquo.
Se di "Arte" intesa come corporazione si poté parlare solo dopo le rivolte del 1378 (e solo fino alla "restaurazione" del 1382), i tintori fiorentini si riunivano in unaconfraternita almeno dal 1280, detta laCompagnia di Sant'Onofrio dei Tintori, che aveva sede nella primachiesa di Sant'Onofrio, nelborgo che da essi prese il nome. Qui essi costruirono una residenza per la Compagnia, l'oratorio di Sant'Onofrio e uno "spedale" in cui curare i colleghi affetti dalle malattie professionali che la loro attività comportava (qualidermatiti,congiuntiviti eartrosi) e coloro che erano ormai inabili al lavoro, per infortunio o anzianità. Tuttavia, per evitare la promiscuità tra uomini e donne, essi acquistarono un altro grande appezzamento di terreno invia dei Malcontenti (1339), dove edificarono il complesso dell'"Università dei Tintori", fatto di case, officine, una sede per le riunioni, un nuovo oratorio di Sant'Onofrio, un ospedale femminile e una scuola per i fanciulli, in cui imparare a leggere, scrivere e fare operazioni elementari di conto.
Dal 1331, ogni 12 giugno festa disant'Onofrio anacoreta, essi organizzarono inoltre un "palio bianco", in cui gareggiavano i cavalli, gli asini e i muli utilizzati quotidianamente dal tintori per trasportare le balle dei tessuti. Il palio di Sant'Onofrio, che andava dal Canto degli Alberti (angolovia de' Benci) allatorre della Zecca, non era importante come lacorsa dei barberi, ma era, fra quelli secondari, uno dei più seguiti. Per questo oggi esiste a Firenze la strada chiamata"corso" dei Tintori.
Nel frattempo la sede principale dei Tintori era divenuta il grande isolato tra le attualivia dei Malcontenti,via delle Casine,via Tripoli e lemura, di cui essi rimasero proprietari, pur con qualche interruzione, fino al 1720, quando venne affidato allemonache Cappuccine provenienti daPerugia.
Come indennizzo dell'esproprio subìto, ai Tintori vennero date sei case invia Gino Capponi, diciassette rendite al Monte del Sale (il fondo pubblico delle gabelle sulsale), e alcuni locali situati nella zona delCestello, dove c'era l'ex-tiratoio dell'Uccello. Qui rimisero in piedi l'Università dei Tintori e l'ospedale, ma con la riforma del 1751 la struttura assistenziale (che aveva all'epoca dodici letti) passò sotto la giurisdizione del Magistrato delBigallo. Sebbene inizialmente la struttura venisse mantenuta e anzi potenziata (arrivando a ventiquattro letti), durante la reggenza diFrancesco Stefano di Lorena venne qui impiantata la caserma dei Dragoni, dove vennero stanziate le truppe lorenesi.
Ai Tintori venne allora dato per qualche anno l'ospedale della Santissima Trinità degli Incurabili, invia San Gallo (1782), poila sede della soppressaCompagnia del Vangelista (1785), diventando esclusivamente un ospizio per anziani e infermi, l'Istituto di Sant'Agnese.

La categoria dei Tintori si divideva in tre gruppi, quelli dell'Arte Maggiore, forse la meglio organizzata, chetingeva i tessuti nei colori più vari, quelli dell'Arte Minore, specializzati nelle diffuse tinture di colorrosso utilizzando come colorante larobbia (rubia tinctorum), sostanza vegetale dalle cui radici si estraeva il principio attivo, e infine quelli dell'Arte del Guado (isathis tinctoria), altro vegetale usato per ottenere una vasta gamma di azzurri. Il colore più difficile era il "morato", ovvero il nero lucido, che era prodotto colgallato di ferro, un segreto gelosamente custodito a Firenze. A parte il rosso e il verde, praticamente ogni coloritura aveva un proprio segreto, dagli azzurri ravvivati con "bagni di campeggio", alle scalature, i toni intermedi più delicati. Prima della tintura i tessuti dovevano essere sgrassati completamente bollendo nel sapone, per questo era necessario disporre di abbondante acqua corrente: non a caso le tintorie erano collocate lungo l'Arno, nelcorso dei Tintori e dintorni: durante i lavori di creazione dellungarno delle Grazie vennero infatti trovate tracce di prese d'acqua, volte, cateratte, gore e canaletti, in cui l'acqua, macchiata delle più varie tinte e spesso maleodorante, veniva rimandata verso l'Arno nella totale assenza di fognature.
La straordinaria padronanza di questa complessa Arte, e dei tanti segreti che si tramandarono da una generazione all'altra, consentì di produrre enormi quantità di stoffe: manufatti che ancora oggi vediamo nelle numerose rappresentazioni pittoriche della Firenze rinascimentale e che si fanno apprezzare per la persistenza e la luminosità deicolori ma anche per la straordinaria varietà di tinte disponibili che doveva rispondere e adattarsi alle mutevoli esigenze di un mercato interno e internazionale molto evoluto.
Alla fine del ‘300, con la crisi della produzione dellalana, i tintori ebbero minor peso nell'economia cittadina e dovettero adattarsi ad una nuova realtà di mercato perché costretti a lavorare con tecniche e materiali più economici al fine di contenere i costi.
Lo stemma dei Tintori era ilpillo e ilmazzapicchio incrociati indecusse, insegna che rappresentava i tipici strumenti, detti anche "follatoi" e simili a clave, con cui i tintori spingevano i tessuti nelle conche con i mordenti, dette "vagelli". Lo si vede a fianco deltabernacolo di Sant'Onofrio e in una casa che essi dovettero possedere allapiazza d'Arno.
Altri progetti