Ariovisto (latinoAriovistus;fl.I secolo) è stato uncondottierosuebo.
Fu a capo di una coalizione di popoligermanici che invase laGallia nelI secolo a.C. e che fu sconfitta daGaio Giulio Cesare nel58 a.C. ai piedi deiVosgi. La guerra scoppiò non appena questi oltrepassò con il suo esercito ilReno accorrendo in aiuto dei popoligallici degliArverni e deiSequani che combattevano gliEdui. I quali, però, con il titolo difratelli e consanguinei delpopolo romano, erano a quest'ultimo alleati.
La fonte principale su questo leader e sugli eventi che lo videro protagonista è ilDe bello Gallico di Cesare[1], che è però un'opera che risente di necessità di propagandapolitica. In seguito, altristorici parlarono di lui, specialmenteCassio Dione, anche se le loro narrazioni si rifacevano a quella di Cesare.[2]
Ariovisto era unsuebo, ma parlava molto correttamente ilgallico.[3] Aveva due mogli,[4] una connazionale, mentre l'altra, sposata per ragioni politiche, era la sorella del reVocione delNorico. Cesare lo definiscere dei Germani,[5] anche se questa espressione, inlatino, non lo designa per forza un monarca, ma più generalmente un capo[6], tant'è che laGermania era allora suddivisa tra molte entità tribali, molte delle quali non avevano nemmeno un sovrano[7]. L'autorità di Ariovisto si estendeva quindi solo sui soldati germanici che erano venuti con lui in Gallia.
Nel59 a.C., ilSenato diRoma gli riconobbe il titolo dire e quello diamico del popolo romano su proposta dello stesso Cesare, dopo che Ariovisto aveva interrotto la sua guerra espansionistica in Gallia. Non era tuttavia chiaro che cosa il Senato intendesse con quel titolo.[8].
Alcuni anni prima cheCesare diventasseproconsole dellaGallia Narbonense, dell'Illirico e dellaGallia Cisalpina (58 a.C.), letribù galliche degliArverni e deiSequani avevano chiesto aiuto ad Ariovisto nella loroguerra contro il potentepopolo degliEdui, con conseguenze disastrose per tutta la Gallia:
(Cesare, Bell. gall..)
Di fronte a questo quadro descrittogli dall'eduoDiviziaco, nel58 a.C. Cesare decise di agire. Come prima cosa mandò ambasciatori ad Ariovisto e chiese con lui un incontro. La risposta del germano, secondo quanto racconta Cesare, fu sprezzante:
(Cesare, Bell. gall., I, 34,2-4.)
Di fronte a questa risposta, Cesare inviò un'altra ambasceria con la quale, redarguendolo per la sua arroganza, nonostante avesse ricevuto da Cesare e da Roma il riconoscimento del titolo dire e di quello diamico, gli pose un ultimatum: non portare altri Germani sulla sponda gallica delReno, restituire gli ostaggi e di non recare nessun'altra offesa agliEdui e ai loro alleati. Se non avesse fatto ciò, il proconsole avrebbe agito di conseguenza.
A questo diktat Ariovisto rispose con toni ancora più accesi:
(Cesare, Bell. gall..)
A questo punto Cesare seppe che gli arudi erano giunti in Gallia. Cesare non perse più tempo e si mosse con l'esercito contro le forze germaniche. Dopo diverse manovre, prima dello scontro finale i due si incontrarono a colloquio nei pressi diVesontio (odiernaBesançon), scortati ciascuno dalle rispettivecavallerie (per Cesare era laX legione montata a cavallo). Cesare esordì ricordando ad Ariovisto i benefici che aveva ottenuto dai romani per la loro liberalità e sottolineando l'antica e profonda amicizia che legava Roma agli Edui. Per questa ragione, Roma non poteva permettere che costoro subissero un qualche danno e fossero privati di quanto avevano. Rinnovò quindi ad Ariovisto le precedenti richieste. A questo punto il suebo rispose che lui si era recato in Gallia su richiesta dei galli, che erano stati i galli a dargli le terre che lui possedeva e che erano stati loro ad attaccarlo e non viceversa. Sottolineò anche che il tributo gli era dovuto e che se continuava a far giungere germani era per proteggersi. Ariovisto disse anche che se il titolo diamico del popolo romano doveva nuocergli, lui era pronto a ricusarlo. Il suebo chiese anche a Cesare perché Roma si intrometteva in un'area che non era di sua competenza, ma che invece era sua. Se dunque il proconsole non se ne fosse andato, Ariovisto l'avrebbe considerato un suo nemico. Cesare replicò sottolineando di nuovo il legame esistente tra Roma e gli Edui e che le vicende della Gallia erano quindi affare che lo riguardava. Mentre tra i due si svolgeva questo colloquio, la cavalleria germanica, secondo Cesare, attaccò quella romana. Cesare interruppe dunque l'incontro. Due giorni dopo, Ariovisto chiese un nuovo incontro a Cesare, che però inviò due suoi rappresentanti. Il suebo si adirò, li accusò di volerlo spiare e li fece gettare in catene[10]
Alla fine i due eserciti si scontarono ai piedi deiVosgi (Battaglia in Alsazia), dove l'armata di Ariovisto fu rovinosamente sconfitta: morirono a migliaia e lo stesso Ariovisto si salvò a stento, riuscendo poi a guadare ilReno.
Jérôme Carcopino ha scritto:
(Giulio Cesare, pagg. 277-278)
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