Rilievo rupestre raffigurante l'investitura di Ardashir I da parte del dioAhura Mazdā (pressoNaqsh-i-Rustam)
Alla fine del II secolo, quando Ardashīr nacque, l'impero arsacide era suddiviso in vari regni vassalli dello scià dotati di ampia autonomia. Uno di essi era il regno diIstakhr (pressoPersepoli, nelFars) governato daGochihr, di cui era vassalloPapak (Pāpağ, anchePāpak oBabak), padre adottivo di Ardashīr (infatti indicato come Ardashīr Pāpagān, in persianoاردشیر بابکان). Papak divenne re dopo avere ucciso Gochihr e nominò il figlio maggiore Sapore suo successore, nonostante l'opposizione dello scià. Ardashīr fu nominatoargabad, sovrintendente militare, di Darabgerd (oggiDarab, Iran) e presto iniziò una serie di guerre contro i regni vicini che sconfisse e sottomise.
Alla morte di Papak Ardashīr contese il potere al fratello Sapore che infine eliminò, assumendo il titolo di re nel 208. Dopo avere domato una rivolta a Darabgerd si lanciò alla conquista delle province diIsfahan eKerman e stabilì la sua capitale a Guz (oggiFiruzabad, inIran) chiamandolaArdashīr-Khurreh, lagloria di Ardashīr, una città a pianta perfettamente circolare del diametro di 1950 m i cui resti sono ancora visibili.
La sua attività espansionistica attirò l'attenzione diArtabano IV, Gran Re dell'impero partico, che marciò contro di lui nel settembre del 224[3] e si scontrò inbattaglia a Hormizdeghan.[4] Artabano fu ucciso[5] e la maggior parte dell'aristocrazia persiana passò allora a fianco di Ardashīr, che completò la conquista delle province occidentali dell'impero. Nel 226 entrò aCtesifonte e si fece incoronareShahanshah (re dei re) prendendo il nome di Dariardashīr (Dario Ardashīr), segnando l'inizio dell'impero sasanide. Nel 228 sconfisse e ucciseVologase VI, ponendo definitivamente fine all'impero dei Parti e, per rafforzare la sua successione, ne sposò la figlia superstite Murrod[6].
Moneta d'argento di Ardashīr I. Sul rovescio è raffigurato un altare del fuoco, simbolo zoroastriano.
Il richiamo aDario e alladinastia achemenide simboleggiava la volontà da parte di Ardashīr di stabilire una continuità tra quello che fu il primo impero centrato politicamente in Persia e il secondo, ovvero l'impero sasanide. Era anche l'annuncio di un preciso programma politico: restaurazione della cultura e della tradizione persiane precedentiAlessandro Magno; centralizzazione del potere contro il decentramento e l'autonomia di fatto delle province dell'epoca parta, sul modello di Dario; adozione delloZoroastrismo quale religione di Stato, che portò alla persecuzione degli altri culti, specialmente delCristianesimo dopo che divenne religione di Stato aRoma; abbandono dell'Ellenismo tipicamente seleucide e partico.
Nella tradizione zoroastriana Ardashīr è ricordato come saggio e celebrato in un libro scritto nel V secolo, ilKarnamag-i Ardashir (Libro degli atti di Ardashīr).
Richiamandosi alla storia achemenide, Ardashīr rivendicava anche la sovranità sui territori dell'antico impero persiano fino almare Egeo e allaPropontide,[7][8] che erano però sotto ildominio romano, sicché lo scontro con Roma (e in seguitoCostantinopoli) divenne inevitabile.
Nonostante una soluzione diplomatica offerta dall'imperatore romanoAlessandro Severo, iPersiani penetrarono inMesopotamia cercando senza riuscirvi di conquistare Nisibis, e forse compiendo anche brevi incursioni inSiria eCappadocia. IRomaniorganizzarono allora una spedizione, con il supporto delregno d'Armenia, e invasero laMedia (oggiregione di Hamadan, Iran) nel 232 puntando alla capitale Ctesifonte, già diverse volte catturata al tempo dei Parti. Ardashīr riuscì a respingere l'assalto a prezzo di numerose perdite, il che lo convinse a mettere da parte temporaneamente le sue mire sulla costa mediterranea e a concentrarsi nel consolidamento del suo potere a oriente.
La guerra riprese nel 238, quando Ardashīr, approfittando della guerra civile scoppiata a Roma, invase ancora la Mesopotamia con l'aiuto del figlioSapore I. Dopo la conquista diNisibis eCarre Ardashīr associò al trono Sapore, nominandolore dei re.
Nel 240 vinse e distrusse l'impero Kusana, recuperando tutti i territori corrispondenti alle antiche satrapie orientali achemenidi.
Morì nel 241, lasciando al figlio un impero ancora da consolidare e la prospettiva di un nuovo conflitto con i Romani.