| Civiltà romana | |
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| Nomi alternativi | Antica Roma |
| Regione | Bacino del Mediterraneo-Arco atlantico-Vicino Oriente |
| Periodo | Storia antica |
| Date | 21 aprile753 a.C. (Fondazione di Roma) – 4 settembre476 (Caduta dell'Impero romano d'Occidente) - 29 maggio 1453 (Caduta dell'Impero romano d'Oriente) |
| Sito tipo | Roma |
| Altri siti | Costantinopoli |
| Questa voce è parte della serie Civiltà romana |
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Laciviltà romana è la civiltà fondata nell'antichità daiRomani, una popolazioneindoeuropea di ceppoitalico e appartenente nello specifico al gruppo deipopoli latino-falisci, stanziatisi inepoca protostorica nell'attualeLazio,[1] la quale riuscì a partire dalIII secolo a.C. ad estendere il proprio predominio sull'Italia e, successivamente, sull'interobacino del Mediterraneo e in gran parte dell'Europa centro-occidentale. La suddetta civiltà, passata da unamonarchia attraverso unarepubblica oligarchica fino a unimpero - la cui parte occidentale sopravvisse fino alV secolo e lasciò importanti tracce archeologiche e numerose testimonianze letterarie - plasmò l'immagine di quella che è oggi conosciuta comeciviltà occidentale.
La civiltà romana è spesso annoverata nell'antichità classica insieme all'antica Grecia, essendo quest'ultima una civiltà che ha ispirato parte della cultura romana. Oltre al suo modello di potere, che è stato emulato o ispirato da innumerevoli principi, la civiltà romana ha contribuito enormemente allo sviluppo deldiritto, delle istituzioni e dellalegislazione, nonché dellaguerra, dell'arte, dellaletteratura, dell'architettura, dellatecnologia e dellelingue del mondo occidentale.
Sull'origine del nome Roma sono state formulate diverse ipotesi[2]; il nome potrebbe derivare:
L'origine del nome della città, e quindi del popolo che la abitava, era incerta anche in età regia.Servio, grammatico a cavallo tra ilIV e ilV secolo d.C., riteneva che il nome potesse derivare da un'antica denominazione del fiume Tevere, Rumon, dalla radiceruo (a sua volta proveniente dal grecoῥέω),scorro, così da assumere il significato di Città del Fiume. Ma si tratta di un'ipotesi che non ha riscosso molto successo.
Gli autori di origine greca, primo fra tuttiPlutarco, tendevano naturalmente ad autocelebrarsi come i civilizzatori e i colonizzatori del bacino del Mediterraneo, e quindi insistevano sulla lontana origine ellenica della città. Una prima versione fornita da Plutarco vede la fondazione diRoma dovuta al popolo deiPelasgi, i quali una volta giunti sulle coste del Lazio, avrebbero fondato una città il cui nome ricordasse la loro prestanza nelle armi (rhome)[11]. Secondo una seconda ricostruzione dello stesso autore, i profughi troiani guidati da Enea arrivarono sulle coste del Lazio, dove fondarono una città presso il collePallantion a cui diedero il nome di una delle loro donne,Rhome[12]. Una terza versione sempre di Plutarco offre altre ipotesi alternative, secondo le quali Rome poteva essere un mitico personaggioeponimo, figlia di Italo, re degliEnotri o diTelefo, figlio diEracle, sposò Enea o il di lui figlio, Ascanio[13].
Una quarta versione vede Roma fondata da Romano, figlio diOdisseo e diCirce; una quinta da Romo, figlio di Emazione, giunto da Troia per volontà dell'eroe grecoDiomede; una sesta da Romide, tiranno deiLatini, che era riuscito a respingere gliEtruschi, giunti in Italia dallaLidia e in Lidia dallaTessaglia[13]. Un'altra versione fa della stessa Rome la figlia di Ascanio, e quindi nipote di Enea. Ancora una Rome profuga troiana giunge nel Lazio e sposa ilre Latino, sovrano del popolo lì stanziato e figlio diTelemaco, da cui ebbe un figlio di nome Romolo che fondò una città chiamata col nome della madre[14]. In tutte le versioni si ritrova la stessa eponima chiamata Rome, la cui etimologia proviene dalla parola grecarhome con il significato di "forza". Le fonti citano anche altri possibili eroi eponimi come Romo, figlio del troiano Emasione, o ancora Rhomis, signore dei Latini e vincitore degli Etruschi.
Secondo altre interpretazioni di un certo interesse, il nomeruma sarebbe di origine etrusca, in quanto non ne è stato trovato l'etimoindoeuropeo (e l'unica lingua non-indoeuropea della zona era appunto l'etrusco). Il termine sarebbe entrato come prestito nellatino arcaico e avrebbe dato origine altoponimoRuma (più tardiRoma) e a un prenomeRume (in latino divenutoRomus), dal quale sarebbe derivato il gentilizio etruscoRumel(e)na[15], divenuto in latinoRomilius. Il nome Romolo sarebbe quindi derivato da quello della città, e non viceversa.

In ogni caso, la tradizione linguistica assegna al termine "ruma", in etrusco e in latino arcaico, il significato di "mammella", come è confermato daPlutarco, il quale, nellaVita di Romolo racconta che:
(Plutarco,Vita di Romolo, 4, 1.)
Questa interpretazione del termineruma è quindi strettamente collegata con i motivi che hanno portato alla scelta, come simbolo della città di Roma, di una lupa con le mammelle gonfie che allatta i due mitici gemelli fondatori.

I primiRe di Roma appaiono soprattutto come figure mitiche. A ogni sovrano viene generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e nella crescita sociopolitica dell'urbe di Roma[16]. Contemporaneamente, venivano fondati i primi edifici di culto e si insediavano sui colli periferici gli abitanti delle vicine città che venivano man mano conquistate e distrutte. Una fase importante avvenne nelVII secolo a.C., al tempo attribuito adAnco Marzio, quando venne creato il primo ponte sul Tevere, ilSublicius e venne protetta la testa di ponte ovest con un insediamento sulGianicolo. Nello stesso periodo egli, secondo la tradizione, avrebbe fatto costruire il porto diOstia alla foce del fiume, e lo avrebbe collegato con una strada che eliminò tutti i centri abitati sulla riva sinistra: lo scavo diDecima ha dato fondamento a questa tradizione, poiché è stato notato come lo sviluppo della sua necropoli si arresti bruscamente alla fine del VII secolo.
Lo sfruttamento delle potenzialità della posizione privilegiata dell'insediamento e la sua urbanizzazione può spiegare l'intervento puntuale degli Etruschi, divenuti consapevoli della posizione chiave della città: nelVI secolo a.C. i re appartennero a una dinastia etrusca, che segnò la definitiva urbanizzazione della città. Lemura serviane (nel tracciato che coincide quasi perfettamente con il rifacimento delIV secolo a.C.) cinsero una superficie di 426 ettari, per una città, divisa in quattro tribù territoriali (Palatina,Collina,Esquilina eSuburbana oSuccusana)[17], che era la più ampia della penisola italica di allora[18]. Il periodo di grande prosperità per la città sotto l'influenza etrusca degli ultimi trere è testimoniato anche dalle prime importanti opere pubbliche: iltempio di Giove Ottimo Massimo sulCampidoglio (il più grande tempio etrusco a noi noto), il santuario arcaico dell'area di Sant'Omobono, e la costruzione dellaCloaca Maxima, che permise la bonifica dell'area delForo Romano e la sua prima pavimentazione, rendendolo il centro politico, religioso e amministrativo della città. Un altro canale drenòVallis Murcia e permise, sempre per opera deiTarquini, di costruire il primo edificio per spettacoli alCirco Massimo.
L'influenza etrusca lasciò a Roma testimonianze durevoli, riconoscibili sia nelle forme architettoniche dei templi, sia nell'introduzione del culto dellaTriade Capitolina (Giove,Giunone eMinerva) ripresa dagli dèi etruschiUni,Menrva eTinia. Roma non perse mai però la sua forte componente etnica e culturale latina: per questo, anche alla fine dell'età regia, non si può mai parlare di città etrusca a tutti gli effetti.

L'espansione territoriale nella zona circostante all'inizio dell'età repubblicana ci è tramandata dal testo delprimo trattato conCartagine, riportato daPolibio, dove si parla di un territorio dipendente da Roma che si estendeva fino alCirceo e aTerracina.
Espulso dalla città l'ultimo re etrusco e instaurata unarepubblica oligarchica nel509 a.C., per Roma ebbe inizio un periodo contraddistinto dalle lotte interne tra patrizi e plebei e da continue guerre contro lepopolazioni italiche:Etruschi,Latini,Volsci,Equi. Divenuta padrona del Lazio, Roma condusse diverse guerre (controGalli,Osco-Sanniti e la colonia greca diTaranto, alleatasi conPirro, re dell'Epiro) che le permisero la conquista dellapenisola italica, dalla zona centrale fino allaMagna Grecia.[19] Allo stesso tempo Roma fece dell'Italia, dalRubicone allostretto di Messina, il suo territorio metropolitano.[20]
IlIII e ilII secolo a.C. furono caratterizzati dalla conquista romana del Mediterraneo occidentale, dovuta alle treguerre puniche (264-146 a.C.) combattute contro la città diCartagine, alla sconfitta deiGalli sulPo e alla conquista diNumanzia nellapenisola iberica. Dal200 al133 a.C., Roma divenne anche una potenza nel Mediterraneo orientale, combattendo treguerre macedoniche (212-168 a.C.) contro laMacedonia, una controAntioco e il regno seleucide, conquistando e distruggendoCorinto (nel146 a.C.), nonché ereditando ilRegno di Pergamo (133 a.C.). L'ammissione dei Romani aigiochi istmici diCorinto del196 a.C., equivaleva all'entrata di Roma nella società delle nazioni di civiltà greca. Vennero, pertanto, istituite, via via, le primeprovince romane: laSicilia, laSardegna e Corsica, laSpagna, laMacedonia, laGrecia (Acaia)[21], l'Africa[22].
Fino allaseconda guerra punica Roma era sostanzialmente una città-stato a capo di una confederazione, a partire dal II secolo a.C. prese campo una crisi che si concluse con la creazione dell'impero. Tra le cause ci furono la crisi economica dovuta alla guerra, che rovinò la classe dei piccoli e medi proprietari terrieri. Illatifondo iniziò a dominare la scena agreste, sostituendo a poco a poco la piccola proprietà. La popolazione proletaria si riversò così in città, andando a ingrossare le file delclientelismo politico delle principali, poche, famiglie senatorie, detentrici anche del potere economico. L'andamento si rivelò inattaccabile e i tentativi di rovescio deiGracchi o diSaturnino fallirono miseramente. Assottigliatesi le leve militari tra i proprietari terrieri, si dovette creare un esercito di professionisti, che, slegato dalle sorti della Repubblica, finì poi per consegnare il potere nelle mani dei suoi capi.

Nella seconda metà del II secolo e nelI secolo a.C. si registrarono numerose rivolte, congiure,guerre civili e dittature: sono i secoli diTiberio eGaio Gracco, diGiugurta, diQuinto Lutazio Catulo, diGaio Mario, diLucio Cornelio Silla, diMarco Emilio Lepido, diSpartaco, diGneo Pompeo, diMarco Licinio Crasso, diLucio Sergio Catilina, diMarco Tullio Cicerone, diGaio Giulio Cesare e diOttaviano[23], che, dopo essere stato membro delsecondo triumvirato insieme conMarco Antonio eLepido, nel27 a.C. divenneprinceps civitatis e gli fu conferito il titolo diAugusto[24].

Istituitode facto l'Impero, che conobbe la sua massima espansione nelII secolo, sotto l'imperatoreTraiano, Roma si confermòcaput mundi, cioè capitale del mondo, espressione che le era stata attribuita già nel periodo repubblicano. Il territorio dell'impero, infatti, spaziava dall'Oceano Atlantico alGolfo Persico[25], dalla parte centro-settentrionale dellaBritannia all'Egitto.
I primi secoli dell'impero, in cui governarono, oltre a Ottaviano Augusto, gli imperatori delle dinastieGiulio-Claudia[26],Flavia (a cui si deve la costruzione dell'omonimo anfiteatro, noto comeColosseo)[27] e gliAntonini[28], furono caratterizzati anche dalla diffusione della religione cristiana, predicata inGiudea daGesù Cristo nella prima metà delI secolo (sottoTiberio) e divulgata dai suoiapostoli in gran parte dell'impero[29].
FuAdriano a scegliere come successore,adottandolo,Tito Antonino (dopo la morte prematura diElio Cesare), il quale era statoproconsole inAsia e che ricevette poi dal senato il titolo diPio. Quando Antonino scomparve nel161 la sua successione era già stata predisposta con l'adozione delgeneroMarco Aurelio Antonino, già indicato da Adriano stesso.
Marco Aurelio, che era stato educato a Roma secondo una cultura raffinata e bilingue (di sua mano è un trattato di meditazioni filosofiche ingreco), volle dividere il potere col genero, di nove anni minore,Lucio Vero, già adottato daAntonino Pio. Con lui instaurò unadiarchia, dividendo il potere e affidandogli il comando militare nelle campagne inPartia e inArmenia. Nel169 Lucio morì e Marco Aurelio rimase l'unico sovrano. Scomparve nel180 durante l'epidemia di peste scoppiata nel campo militare diCarnunto, vicino all'attualeVienna (Vindobona), durante ledure lotte contro iQuadi e iMarcomanni. Il principe-filosofo, che aveva cercato, ispirandosi a Adriano, di presentarsi come un imperatore saggio e amante della pace, aveva paradossalmente trascorso tutti gli ultimi anni di governo in dure campagne militari, nell'affannoso compito di riportare la sicurezza entro i confini dell'impero. Gli successe il figlioCommodo, che cercò di imporre un'autocrazia ellenizzante.Commodo, era stato associato al potere col padreMarco Aurelio nel177. Con lui si concluse il periodo degliimperatori adottivi, anche se non c'era mai stato un preciso schema istituzionale dietro le adozioni e forse erano solo divenute indispensabili per la mancanza di eredi naturali ai sovrani del II secolo.

Il governo diCommodo fu per molti versi irresponsabile e demagogico. Dopo avercondotto una pace frettolosa con le tribù germaniche, contro le quali stava lottando al momento della morte del padre, tornò velocemente a Roma. Qui cercò di aumentare il proprio prestigio personale e la propria popolarità con una serie di iniziative discutibili, come le frequenti elargizioni pubbliche di denaro e di altri beni, i costosi spettacoli gladiatori, ecc., che dissanguarono in breve tempo le casse dello Stato. Egli cercò inoltre di imporre un'autarchia sul modello ellenistico-orientale, ammantando la propria personalità di significati religiosi (facendosi identificare col dioErcole).
Sembrò ignorare i pericoli che si addensavano ai confini dell'impero e quando venne eliminato da una congiura di palazzo (nel192), lo Stato romano entrò in una profonda crisi per la successione, che viene spesso indicata come l'inizio della parabola discendente del dominio di Roma. Nonostante le prime avvisaglie della crisi, il periodo degli Antonini venne ricordato come un'epoca aurea, di benessere e giustizia rispetto alla grave crisi dei secoli successivi.
Settimio Severo fu il primo imperatore "militare" (e delladinastia dei Severi), poiché salito al potere grazie esclusivamente all'appoggio delle sue legioni, sconfiggendo gli altri pretendenti appoggiati da altre divisioni dell'esercito e imponendo la sua figura alsenato, che non poté fare altro che ratificare la sua carica. Il 9 giugno193 entrò dunque vittorioso in Roma. Con queste premesse le successioni si svolsero da allora in poi quasi sempre in un clima di sovvertimento e di anarchia, con lotte molto spesso armate fra i contendenti e l'arrivo al potere talvolta anche di avventurieri senza scrupoli. La tradizione amministrativa e burocratica statale, corrotta dai favoritismi personali, si andò progressivamente allentando, accentuando la situazione di crisi.
Le contraddizioni interne, aggravate dall'urgenza dei problemi alle frontiere, minacciarono l'autorità imperiale e la sopravvivenza della società e degli assetti tradizionali precedenti, che ne uscirono profondamente sconvolti. La gran parte degli imperatori di questo periodo non fu niente più che una meteora, bloccando di fatto la possibilità di legiferare in maniera continuativa, visto il ridimensionamento di peso del Senato e la tendenza degli imperatori a accentrare nelle proprie mani tutti i poteri considerandosi autocraticamente al di sopra di qualsiasi legge. L'esercito divenne il principale strumento della politica, fautore della fortuna di ciascun imperatore, che per questo ne diveniva "schiavo", dovendo cedere a tutte le richieste dei militari per non soccombere. La prodigalità verso le truppe aggravò ulteriormente le casse dello Stato, già impoverite dall'economia stagnante, regredita in alcune aree a livello di sussistenza (soprattutto nelle province occidentali dove particolarmente frequenti furono le incursioni nemiche). A ciò va aggiunta la penuria di schiavi, per mancanza di guerre di conquista, e la tassazione più forte, resa necessaria per far fronte alle richieste delle legioni e alle necessità per far funzionare l'apparato statale. La moneta si svalutò pesantemente, tanto che Settimio Severo dovette dare impulso alle distribuzioni in natura istituendo l'annona militare, quota fissa dei raccolti (indipendentemente dalla quantità dei raccolti) da destinare allo Stato.
Sotto Settimio Severo e poiCaracalla edEliogabalo avvenne una forte orientalizzazione della vita romana, con l'introduzione, tra l'altro, di culti misterici e orgiastici, che sfruttavano le esigenze di evasione mistica e irrazionale dal presente allora molto sentite e già coalizzate dallostoicismo e dalCristianesimo, seppure con un'attitudine meno elitaria.

NelIII secolo, al termine delladinastia dei Severi[30] (193-235), iniziò la crisi delprincipato, cui seguì un periodo dianarchia militare (235-284).
Quando salì al potereDiocleziano (284), la situazione di Roma era grave: ibarbari premevano dai confini già da decenni e le province erano governate da uomini corrotti. Per gestire meglio l'impero, Diocleziano lo divise in due parti (nel286): egli divenneAugusto della parte orientale (con residenza aNicomedia) e nominòValerio MassimianoAugusto della parte occidentale, spostando la residenza imperiale aMediolanum. Egli di fatto consolidava la normalizzazione interna dell'Impero, iniziata conAureliano. L'impero venne suddiviso ulteriormente in quattro parti (nel293): i dueAugusti, infatti, dovevano nominare dueCesari, a cui affidavano parte del territorio e che sarebbero diventati, successivamente, i nuovi imperatori.[31] Questi nuoviCesari elessero come loro residenza,Sirmium per l'area greco-balcanica eAugusta Treverorum per quella nord-occidentale. Era latetrarchia, ideata per disinnescare le lotte ereditarie. In questo sistema Roma era sempre la capitale sacra e ideale, ilCaput mundi, ma la sua posizione geografica, lontana dalle bellicose zone di confine, non rendeva possibile un suo uso per funzioni politiche o strategiche. Molti aspetti della vita politica, economica e sociale dell'impero vennero riformati da Diocleziano, dall'esercito al commercio, dalla religione all'organizzazione amministrativa del territorio.
Nella pratica il sistema della tetrarchia durò ben poco, per via degli eserciti tutt'altro che disposti a deporre il potere politico che avevano avuto fino ad allora e che aveva loro valso numerosi vantaggi e privilegi. Già al primo passaggio, con la morte diCostanzo Cloro (306) le truppe stanziate inBritannia acclamarono suo figlioCostantino I, che diede il via a unaguerra civile con gli altri tre pretendenti. Dopo aver battutoMassenzio eMassimino, restaronoLicinio e Costantino che stipularono una pace. Ma nove anni dopo, nel324, Costantino attaccò e sconfisse Licinio, che venne relegato inTessaglia dove morì in seguito, assassinato dopo essere stato accusato di complotto. Il sistema tetrarchico non venne più restaurato.

Una svolta decisiva si ebbe conCostantino, il quale, soprattutto dopo il324, centralizzò nuovamente il potere e, già prima con l'editto di Milano del313, dette libertà di culto ai cristiani, impegnandosi egli stesso per dare stabilità alla nuova religione. Fece costruire diverse basiliche e consegnò il potere civile su Roma apapa Silvestro I[32].
Costantino ebbe il merito di saper riconoscere le forze emergenti nella società e la capacità di assecondarle a suo favore, creando in prospettiva le premesse per una politica vittoriosa. Colse i sintomi delle richieste di spiritualità che da tempo agitavano la società, a differenza del rigetto delle novità della politica dioclezianea, e rivoluzionò la tradizionale posizione imperiale con l'editto di Milano, che stabiliva una tollerante neutralità religiosa dell'autorità. In particolare (ma non esclusivamente) favorì il cristianesimo, influenzato anche da sua madreElena, ponendosi come primo sovrano protettore e seguace del nuovo dio, la cui sacralità ammantava la stessa carica imperiale. In questo senso l'imperatore presenziò alconcilio di Nicea del325 e si intromise nelle questioni dottrinali legate alledottrine cristologiche per mantenere l'unità della Chiesa. Il cristianesimo così perse i suoi motivi rivoluzionari e, in parte,catartici per dedicarsi sempre più alla discussione ideologica, abbandonando al potere civile l'uomo sulla terra.
Costantino inoltre si accorse della vitalità economica e politica dell'Oriente, ormai superiore a quella dell'Occidente, e decise di costruire una seconda capitale in una zona strategica nel punto di passaggio tra Europa e Asia Minore:Costantinopoli. Tra le questioni irrisolte ci furono quella dell'arruolamento dell'esercito, sempre più composto da germani, e le differenze sociali tra città e campagna.
Il cristianesimo divenne cosìreligione ufficiale dell'impero grazie a uneditto emanato nel380 daTeodosio, che fu l'ultimo imperatore di un impero unificato: alla di lui morte, infatti, i suoi figli,Arcadio eOnorio, si divisero l'impero. La capitale dell'Impero romano d'Occidente divenneRavenna[33].
Roma, che non ricopriva più un ruolo centrale nell'amministrazione dell'impero, vennesaccheggiata daiVisigoti comandati daAlarico (410); impreziosita nuovamente dalla costruzione di edifici sacri da parte dei papi (con la collaborazione degli imperatori), la città subì unnuovo saccheggio nel455, da parte diGenserico, re deiVandali. La ricostruzione di Roma venne curata dai papiLeone I (detto tradizionalmentedefensor Urbis poiché avrebbe convintoAttila, nel452, a non attaccare Roma) e dal suo successoreIlario, ma nel472 la città fu saccheggiata per la terza volta in pochi decenni (per opera diRicimero eAnicio Olibrio).
La deposizione diRomolo Augusto del 22 agosto476 decretò la fine dell'impero romano d'occidente e, per gli storici, l'inizio dell'era medievale[34].

Ilrex era nellaRoma arcaica il supremomagistrato, eletto (con l'esclusione di Romolo, re in virtù di fondatore dellacittà) daipatres, i capifamiglia dellegentes originarie, per reggere e governare la città. Non esistono riferimenti riguardanti un principio ereditario nell'elezione dei primi quattro re latini, mentre per i successivi tre re etruschi fu stabilito un principio di discendenza matrilineare. Di conseguenza glistorici antichi ritennero che i re fossero scelti tenendo conto delle loro virtù. Per gli storici antichi è difficile definire con precisione i poteri dei re, a cui attribuiscono funzioni uguali a quelle dei successiviconsoli d'età repubblicani. Alcuni studiosi moderni hanno ipotizzato che il potere supremo fosse del popolo e che il re fosse solo il capo esecutivo, mentre per altri il sovrano aveva il potere assoluto, mentre alSenato e al popolo non rimaneva che un ruolo secondario di controllo. Le insegne del potere del re erano dodicilittori recantifasci dotati di asce, lasedia curule,toga rossa, le scarpe rosse e ildiadema bianco sul capo.
Presupponendo che il sovrano avesse avuto i poteri che tradizionalmente sono attribuiti a questa figura, egli sarebbe stato: capo con potere esecutivo, comandante in capo dell'esercito, capo diStato,pontefice massimo,legislatore egiudice supremo. Quando un sovrano moriva, Roma entrava in un periodo chiamatointerregnum. Il supremo potere dello Stato andava alSenato, che era responsabile di trovare un nuovo re e che si riuniva in assemblea, scegliendo uno dei suoi membri come interré per un periodo dicinquegiorni col compito di nominare il nuovo sovrano di Roma. Terminato questo periodo, l'interré doveva scegliere un altro senatore per un altro periodo di cinque giorni col placet del Senato. Questo processo continuava fino alla nomina di un nuovo sovrano. Una volta che l'interré aveva trovato un candidato adatto a salire sul trono, lo sottoponeva all'esame del Senato e se questo lo approvava, l'interré riuniva iComizi Curiati, presiedendoli come presidente durante l'elezione. I Comizi potevano accettare ma anche respingere il candidato, che se veniva eletto entrava subito in carica. Prima, però, egli doveva ottenere anche il placet deglidei attraverso gliauspici e poi doveva riunire di nuovo i Comizi per ricevere da loro lʾimperium (solo per i re etruschi, coincidente col comando militare; i re latini avevano invece la potestas). In teoria era dunque il popolo romano a eleggere i loro capi, ma in realtà il Senato aveva un ruolo molto importante nel controllare questo processo. Il re aveva inoltre funzioni sacrali, rappresentandoRoma e il suo popolo di fronte aglidei. Come tale egli aveva il controllo sulcalendario. Tali funzioni rimasero anche dopo la fine della monarchia nella figura delRex Sacrorum.

Il comando dell'esercito e ilpotere giudiziario, che inetà regia erano prerogativa delre, in epoca repubblicana, tranne che in poche occasioni, furono assegnati a dueconsoli, mentre per quanto riguarda l'ambito religioso, prerogative regie furono attribuite alpontifex maximus. Con la progressiva crescita di complessità dello Stato romano si rese necessaria l'istituzione di altre cariche (edili,censori,questori,tribuni della plebe) che andarono a costituire lemagistrature.
Per ognuna di queste cariche venivano osservati tre principi: l'annualità, ovvero l'osservanza di un mandato di un anno (faceva eccezione la carica di censore, che poteva durare fino a 18 mesi), lacollegialità, ovvero l'assegnazione dello stesso incarico ad almeno due uomini alla volta, ognuno dei quali esercitava un potere di mutuoveto sulle azioni dell'altro, e la gratuità. Ad esempio, se l'esercito romano scendeva in campo sotto il comando dei due consoli, questi alternavano i giorni di comando. Mentre i consoli erano sempre due, gran parte degli altri incarichi erano retti da più di due uomini - nella tarda Repubblica c'erano 8pretori all'anno e 20questori. Tra i magistrati un'importante distinzione era quella tra magistrati dotati diimperium (imperio; ne facevano parte solo consoli, pretori e dittatori) e quelli che ne erano sprovvisti (sine imperio, tutti gli altri); ai primi erano affiancate delle speciali guardie, ilittori. Nel tempo, per amministrare i nuovi territori di conquista senza dover moltiplicare il numero dei magistrati in carica, fu istituita la figura delpromagistrato (proconsole,propretore), dotato della stessa autorità del magistrato di riferimento ma formalmente non tale.

Il secondo pilastro della Repubblica romana erano leassemblee popolari, che avevano diverse funzioni, tra cui quella di eleggere i magistrati e di votare le leggi. La loro composizione sociale differiva da assemblea ad assemblea; tra queste l'organo più importante erano comunque icomizi centuriati, in cui il peso nelle votazioni era proporzionale alcenso, secondo un meccanismo (quello della divisione delle fasce censitarie incenturie) che rendeva preponderante il peso delle famigliepatrizie.
Ciononostante il peso della plebe veniva comunque a essere accentuato rispetto al periodo monarchico, in cui esisteva un solo organo assembleale (icomizi curiati) costituito da soli patrizi. L'accesso della plebe all'esercito sancito dalla riforma centuriata, varata all'inizio del periodo repubblicano, spinse il ceto popolare a pretendere maggiori riconoscimenti, che nell'arco di due secoli (vedi più avanti) vide tra l'altro la costituzione della magistratura ditribuno della plebe, eletto dalconcilio della plebe.
Il terzo fondamento politico della repubblica era ilSenato, già presente nell'età della monarchia. Costituito da 300 membri, capi delle famiglie patrizie (Patres) ed ex consoli (Consulares), aveva la funzione di fornire pareri e indicazioni ai magistrati, indicazioni che poi divennerode facto vincolanti. Approvava inoltre le decisioni prese dalle assemblee popolari.
Esisteva poi la carica didittatore, che costituiva un'eccezione all'annualità e alla collegialità. In periodi di emergenza (sempre militari) un singolo dittatore veniva eletto con un mandato di 6 mesi in cui aveva da solo la guida dello Stato. Eleggeva un suo collaboratore (che comunque gli rimaneva subordinato) dettomaestro della cavalleria (Magister equitum). Caduto in disuso dopo il periodo delle grandi conquiste, il ricorso a questo incarico tornerà a essere praticato nella fase della crisi della repubblica.
Bisogna aggiungere che cultura romana fu influenzata nel corso delV secolo a.C. dai frequenti contatti col mondo greco siciliano e conSiracusa in particolare, l'entrata in vigore del trattato tra Roma e Cartagine (attorno al 500 a.C.) sulla possibilità di inviare navi mercantili nel sud Italia favorì i commerci e l'acquisizione diverse parole relative ai pesi e alle misure, alla monetazione greca, alle contrattazioni private a carattere giuridico e persino ai giochi[35].

Con il termine diPrincipato si intende nell'ambito dellastoria romana la prima forma di governo dell'impero. Il principato instaurato nel27 a.C. daAugusto segnò il passaggio dallaforma repubblicana a quella autocratica dell'Impero: senza abolire formalmente le istituzioni repubblicane, ilprincipe assumeva la guida dello stato e ne costituiva il perno politico. Gradatamente rafforzatasi la forma assolutistica con i successivi imperatori delladinastia Giulio-Claudia e dei loro successori, il principato entrò in crisi con la fine delladinastia dei Severi nel235 d.C.. La successiva anarchia militare durante lacrisi del III secolo condusse alla forma imperiale piùdispotica delDominato.
Augusto, divenuto padrone indiscusso dello Stato romano, assunse progressivamente una serie di poteri che caratterizzarono poi costantemente la figura dell'imperatore:
A questi poteri l'imperatore poteva poi di volta in volta aggiungere le tradizionali potestà repubblicane facendosi regolarmente eleggere a seconda delle necessità nelle varie magistrature. La creazione del regime imperiale non cancellava infatti il precedente ordine repubblicano, ma vi si innestava anzi, sovrapponendovisi. La volontà di non contrapposizione con il precedente ordine veniva chiarita in particolare dalla concezione voluta da Augusto di un imperatoreprimus inter pares, cioè primo tra uguali.
IlDominato fu una nuova forma di governo dell'Impero successiva alPrincipato. Tale forma di governo era caratterizzata daldispotismo: l'imperatore, non più contrastato dai residui delle antiche istituzioni dellaRepubblica romana, poteva disporre dell'Impero come se fosse una proprietà privata, ovvero da padrone e signore, cioèdominus, da cui la definizione didominatus. La transizione dalle due forme di governo, avviata già a partire conSettimio Severo (poiché è con Severo che compare la dicituradominus in chiave ufficiale e propagandistica), e poi "amplificata" dal235 con l'ascesa diMassimino il Trace e perdurata per tutto il periodo dell'anarchia militare, può dirsi completata nel285 d.C. con l'inizio del regno diDiocleziano, e l'inizio dellaTetrarchia. Ildominato fu l'ultima forma assunta dal potere imperiale sino alla fine dell'Impero d'Occidente.

Latetrarchia fu una forma di governo voluto daDiocleziano, imperatore romano dal284 al305. Ottenuto il potere, il nuovo imperatore nominò nel novembre del285 come suo vice in qualità dicesare, un valente ufficiale di nomeMarco Aurelio Valerio Massimiano, che pochi mesi più tardi elevò al rango diaugusto il 1º aprile del286, formando così una diarchia in cui i due imperatori si dividevano su base geografica il governo dell'impero e la responsabilità della difesa delle frontiere e della lotta contro gli usurpatori[36]. Diocleziano, che si considerava sotto la protezione diGiove (Iovio), mentre Massimiano era sotto la protezione "semplicemente" diErcole (Erculio, figlio di Giove), manteneva però la supremazia. Tale sistema, concepito da un soldato come Diocleziano, non poteva che essere estremamente gerarchizzato.[37]
Data la crescente difficoltà a contenere le numerose rivolte all'interno dell'impero, nel293 si procedette a un'ulteriore divisione funzionale e territoriale, al fine di facilitare le operazioni militari: Diocleziano nominò come suo Cesare per l'orienteGalerio e Massimiano fece lo stesso conCostanzo Cloro per l'occidente. Il sistema si rivelò efficace per la stabilità dell'impero e rese possibile agli augusti di celebrare ivicennalia, ossia i vent'anni di regno, come non era più successo dai tempi diAntonino Pio. Per facilitare l'amministrazione e il controllo fu potenziata la burocrazia centrale e si moltiplicarono le suddivisioni amministrative, abolendo peraltro le regioni augustee e la divisione in "imperiali" e "senatoriali". Ciascuna delle quattro parti dell'impero, governata da uno dei tetrarchi, faceva capo a una distintaprefettura del pretorio:Gallie,Italia,Illirico,Oriente. Da queste dipendevano poi leDiocesi, in tutto dodici, rette daiVicarii, nelle quali erano raccolte le 101 provincie, con a capo funzionari imperiali con il rango dicorrectores opraesides. In pratica il nuovo ordine imperiale disarticolava le vecchie strutture repubblicane accentrando ogni funzione attorno alla figura del sovrano.
In tale sistema l'imperatore assunse con ancor maggiore decisione connotati monarchici, riducendo le residue istituzioni repubblicane a semplici funzioni onorifiche. Il governo venne quindi progressivamente affidato a funzionari imperiali, scelti tra le file dellaclasse dei cavalieri e tra iliberti. Tuttavia la stessa figura imperiale venne moltiplicandosi, con due imperatori titolari, gliAugusti, uno per lapars Occidentalis e uno per lapars Orientalis, spesso affiancati da colleghi di rango inferiore aventi il titolo diCesare.
Il governo assolutistico di Diocleziano, tra le varie cose, non poteva tollerare in particolare atti dilesa maestà come il rifiuto deisacrifici dovuti all'Imperatore, per cui il suo regno fu caratterizzato dalla grande persecuzione, l'ultima e la più violenta, contro i seguaci delculto cristiano. Terminata nel305 la prima tetrarchia con l'abdicazione di Diocleziano e del collegaMassimiano, la seconda entrò presto in crisi nel306 con la morte diCostanzo Cloro, portando a una serie di scontri in Occidente, dai quali emersero vittoriosiCostantino eLicinio, che, facendo leva sul successo della nuova religione cristiana, la legalizzarono nel313 con l'editto di Milano. Nel316, poi, Costantino si rese unico imperatore, iniziando la costruzione di una nuovacapitale orientale per l'Impero,Nova Roma.
Sotto la nuovadinastia costantiniana il Cristianesimo e la nuova capitale orientale prosperarono a scapito di Roma e dell'antica religione, fino all'avvento diGiuliano, il quale tentò di ristabilire l'uguaglianza tra i culti. Dopo la morte di Giuliano, però, la successivadinastia valentiniana tornò a favorire il Cristianesimo sino a quando, nel380, gli imperatoriGraziano,Valentiniano II eTeodosio non promulgarono l'editto di Tessalonica, con cui venne resounica religione lecita. Nel392 Teodosio, principale ispiratore dell'editto, rimase poi unico imperatore, ultimo a regnare sull'Oriente e l'Occidente.
Con la sua morte nel395, infatti, tale suddivisione divenne definitiva e permanente, con la nascita di due separate linee imperiali: quella degliImperatori romani d'Occidente, poi interrottasi nel476, e quella degliImperatori romani d'Oriente, interrottasi nel1453.
Esserecittadino romano comportava una notevolissima serie di privilegi, variabili nel corso della storia, a creare diverse "gradazioni" di cittadinanza. Nella sua versione definitiva e più piena, comunque, la cittadinanza romana consentiva l'accesso alle cariche pubbliche e alle variemagistrature (nonché la possibilità di votarle nel giorno della loro elezione), la possibilità di partecipare alleassemblee politiche dellacittà di Roma, svariati vantaggi sul piano fiscale e, importante, la possibilità di essere soggetto di diritto privato, ossia di poter presentarsi in giudizio attraverso i meccanismi delloius civile, ildiritto romano per eccellenza.
Alla base della società romana c'erano legens ovvero gruppi di persone (clan), che condividevano lo stessonomengentilizio[38], erano per lo più composte da piùfamiliae, a capo delle quali vi era unPater familias. Legens formavano a loro volta letribù urbane e rustiche.
I cittadini romani (uomini liberi) si dividevano, inoltre, inpatrizi ePlebei. A loro volta i patrizi più facoltosi, avevano alle loro dipendenza una serie diClientes, vale a dire cittadini che, per la loro posizione svantaggiata all'interno della società romana, si trovavano costretti a ricorrere alla protezione di un "patronus" o di un'intera "gens" in cambio di svariati favori, talvolta al limite della sudditanza (applicatio) fisica o psicologica. Il penultimo gradino della società romana era formato dailiberti (ex-schiavi), e più sotto ancora vi erano glischiavi.
Fu Romolo per primo a dividere la popolazione dellaRoma quadrata nelle tre tribù sopracitate deiRamnes,Tities eLuceres. Fu in seguito il reServio Tullio nelVI secolo a.C. avrebbe diviso la popolazione incinque classi, secondo ilcenso, e incenturie. Con tale riforma furono istituite quattrotribù urbane, stabilite quindi su base territoriale e in cui si poteva entrare solo avendo possedimenti terrieri nella zona, quindi ciò escludeva a priori laplebe.
E così letribù originarie dellaRoma antica, erano raggruppamenti sociali in cui erano inquadrati i cittadini romani. Istituite in età regia, erano originariamente in numero di tre. Esse erano costituite da diecicurie (dallatinocoviria, riunione di uomini; cfr.comizi curiati) ed erano indicate coi nomi diRamnes,Luceres eTities. Ogni tribù aveva come capo untribunus[39], ed era formata da 10fratrie ocurie[40]. Le tre tribù insieme formavano un complesso di un centinaio digentes originarie.
In una società fortemente militarizzata come quellaromana,Servio Tullio a mise in atto una prima riformatimocratica deicittadini romani atti a prestare il servizio militare (obbligati ad armarsi a proprie spese e perciò chiamatiadsidui[41]), suddividendoli incinque classi (sei se si considerano anche quella deiproletarii[42]) sulla base delcenso[43][44], a loro volta ordinati in ulteriori quattro categorie: iseniores (maggiori di 46 anni:anziani) e gliiuniores (tra 17 e 46 anni:giovani), ovvero coloro che rientravano nelle liste degli abili a combattere; ipueri (di età inferiore ai 17 anni: ifanciulli) e gliinfantes (di età inferiore agli 8 anni: ibambini) non ancora in età per prestare il servizio militare[45].
Inquesto nuovo sistema la prima classe, la più facoltosa, poteva permettersi l'equipaggiamento completo dalegionario, mentre quelle inferiori avevano armamenti via via più leggeri, e dove le prime tre costituivano la fanteria pesante e le ultime due quella leggera[41]:
Chi era sotto la soglia degli 11 000 assi era organizzato in una sola centuria, dispensata dall'assolvere agli obblighi militari (i cui membri erano chiamatiproletarii ocapite censi)[48][50][51], tranne nel caso in cui non vi fossero particolari pericoli per la città di Roma. In quest'ultimo caso erano anch'essi armati a spese dello Stato, servendo in formazioni speciali estranee all'ordinamentolegionario[52].
Dopo aver così organizzato lafanteria, Servio Tullio passò allacavalleria, che reclutò in 12 centurie diequites dal fiore dell'aristocrazia cittadina, a cui ne aggiunse altre 6 centurie, che potrebbero coincidere con quelle formate daTarquinio Prisco e riconducibili aisex suffragia[53]: in totale 18 centurie[48]. Per l'acquisto dei cavalli l'erario stabilì uno stanziamento annuo di 10 000 assi acenturia, mentre sancì che fossero le donne non sposate a pagarne il mantenimento degli stessi con 2 000 assi annui a centuria. Tale costo fu più tardi trasferito alle classi più ricche[54].
All'interno di una singolatribus vi erano dellegentes originarie, ovvero una sorta di arcaiciclan familiariromani che sarebbero esistiti al momento della nascita diRoma. Secondo lo storicoTito Livio, al tempo dellafondazione di Roma sarebbe avvenuta la federazione di un gruppo di clan preesistenti sotto l'azione unificatrice diRomolo, a cui si aggiunsero (per le vicende conseguenti alratto delle sabine) molte famiglie venute al seguito diTito Tazio, realizzando la fusione del popolo romano con quello deiSabini. Secondo Tito Livio legentes originarie sarebbero state un centinaio, distribuite nelle tre anticheTribù deiRamnes[55], deiTities[55], e deiLuceres[55][56][57]. Secondo questa interpretazione Roma sarebbe sorta dall'integrazione di ben tre popoli:Latini,Sabini edEtruschi.
Più tardi (probabilmente inetà repubblicana) alletribù urbane furono aggiunte anche quellerustiche[58]. È, inoltre, verosimile che proprio la tribù sia stata culla della consapevolezza politica della plebe, i cui magistrati, dettitribuni, avevano come significato proprio "uomini della tribù". Non è un caso che proprio dal termine "tribus" derivino il nome sia itribuni della plebe, sia itribuni militari[59].
Una nuova organizzazione tribale, al di là di quella istituita prima daRomolo (le tre tribù) e ridisegnata daServio Tullio (con le quattro tribù urbane) risulta documentata solo a partire dal495 a.C.[58]. A questa data apparterrebbero ventuno tribù, le 4 urbane serviane (Collina, Esquilina, Palatina e Suburana[58]) e 17 rustiche (Camilla, ecc.)[60]. I nomi delle antichetribù rustiche corrispondevano a quelli delle antichegentes originarie esistenti o anche estinte, sulla base di distretti territoriali che in origine avevano rappresentato località dove si trovavano le maggiori tenute delle casate gentilizie romane[61].
NelIV secolo a.C. si stabilì che indipendentemente dalla loro collocazione territoriale, tutte le nuove conquiste fossero attribuite/iscritte a una tribù esistente. Ciò accadde ad esempio perTuscolo assegnata alla tribùPapiria o aAricia assegnata a quellaOrazia[61].
Nel241 a.C. le tribù rustiche furono aumentate fino a 31 (per un totale di 35[62], comprese quelle urbane), a causa dell'aumentare della popolazione, dell'estensione della cittadinanza e della fondazione dinuove colonie, e rimasero tali fino all'età imperiale.
Dopo laguerra sociale dell'88 a.C. l'iscrizione alle tribù fu estesa a tutti gliitalici. Ma la partecipazione di tutti gli italici alle tribù dette vita a una frammentazione e dispersione che rese complicato il lavoro deicenturiones, fu così che nelI secolo a.C. le loro funzioni furono trasferite al nuovo istituto delmunicipium, anche se la tribù non fu abolita, continuando ad avere un ruolo nelle elezioni ad esempio deiconcilia plebis tributa e deicomitia tributa.

ARoma la donna era considerata quasi pari all'uomo: entrambi i genitori avevano pari obblighi nei confronti dei figli e la donna poteva accompagnare il marito a una festa, a patto che mangiasse seduta e non sdraiata come era norma per gli uomini. In età regia era sottomessa al padre e al marito, mentre verso la fine della Repubblica e in età imperiale le donne di condizione elevata potevano svolgere una vita indipendente, ottenere il divorzio e risposarsi, mentre quelle delle classi basse erano rimaste sotto la soggezione maschile, con eccezioni delle prostitute, che pur essendo al gradino più basso (con l'eccezione delle donne schiave), avevano una discreta libertà. Una certa indipendenza avevano le donne sacerdotesse dei vari templi. Non mancarono tuttavia le limitazioni poste daldiritto romano alla capacità giuridica delle donne: esse non avevano loius suffragii e loius honorum, ciò che impediva loro di accedere alle magistrature pubbliche. Anche per esercitare i diritti civili (sposarsi, ereditare, fare testamento) aveva bisogno del consenso di un tutore, di un uomo che esercitasse su di lei la tutela. I giuristi latini spiegavano le limitazioni alla capacità giuridica attribuendo alla donna romana qualità negative come l'ignorantia iuris (ignoranza della legge),imbecillitas mentis (inferiorità naturale),infirmitas sexus (debolezza sessuale),levitatem animi (leggerezza d'animo). Basti pensare che le donne romane non avevano diritto al nome proprio. Alla nascita infatti al maschio venivano assegnati tre nomi: ilpraenomen (p.es. Marco; in tutto erano circa una ventina), ilnomen (p.es. Tullio) e ilcognomen (p.es. Cicerone); e uno solo alla femmina, quello della gens a cui apparteneva, usato al femminile. La donna veniva considerata non come individuo, ma come parte di un nucleo familiare. Tra la fine del I a.C. e i primi anni dell'impero nel diritto romano fu introdotto l'istituto del matrimoniosine manu, che determinava una maggiore indipendenza della donna, che, pur continuando a rimanere sotto la potestà del padre, non ricadeva sotto quella del marito o degli uomini della famiglia acquisita. Nel campo deldiritto privato era inoltre negata alle donne lapatria potestas, prerogativa esclusiva delpater, e conseguentemente la capacità di adottare. Il principio è espresso per il diritto classico dalgiurista romanoGaio nelle sueIstituzioni:Feminae vero nullo modo adoptare possunt, quia ne quidem naturales liberos in potestate habent ("Le donne non possono affatto adottare, perché non hanno potestà neanche sui figli naturali"). Sempre da Gaio si apprende che alle donne, con l'eccezione delleVestali, non era consentito in epoca arcaica di poter faretestamento. Tale ultima limitazione venne però abrogata già in epoca repubblicana.Eva Cantarella (Passato prossimo. Donne romane da Tacita a Sulpicia, pp. 133–146) afferma che, a differenza delle donne greche, la cui emancipazione rimase essenzialmente immutata fino all'ellenismo, la condizione delle donne romane subì nel corso dei secoli cambiamenti assai profondi. Infatti, partendo da una totale mancanza di autonomia, all'età di Augusto raggiunsero un buon grado di emancipazione.

Le relazioni trapatrizi eplebei arrivarono talvolta a punti di grande tensione nell'età dell'alta e media repubblica, tali da portare i plebei ad abbandonare la città, portandosi dietro famiglia e beni mobili, e accampandosi sulle colline fuori dalle mura. Questesecessioni ebbero luogo nel494 a.C. (secessio plebis), nel450 a.C., e attorno al287 a.C. Il loro rifiuto di continuare a cooperare con i patrizi portò a cambiamenti sociali in ogni occasione. Nel494 a.C., a soli quindici anni dalla fondazione della Repubblica, i plebei per la prima volta poterono eleggere due rappresentanti, ai quali diedero il titolo ditribuno. La "plebe" giurò di tenere i suoi capi 'sacrosanti', cioè inviolati, durante il mandato del loro incarico, e di uccidere chiunque avesse fatto loro del male. La seconda secessione condusse a un'ulteriore definizione legale dei loro diritti e doveri (la redazione delleDodici Tavole della legge) e portò il numero di tribuni a 10. Soltanto a metà delIV secolo a.C. lemagistrature furono aperte ai plebei. La terza secessione portò alleLex Hortensia, che diede al voto delConcilium Plebis (Concilio dei plebei) la forza della legge - chiamato oggi "plebiscito".
Il conflitto di classe interno, paradossalmente, favorì l'espansione esterna: la conquista di nuovi territori permetteva di distribuire nuove terre tra la plebe e di "incanalare" verso l'esterno le tensioni, stimolando la coesione sociale (non diversamente da quanto accadeva alle nazioni europee di inizio Novecento alle soglie dellaprima guerra mondiale). Questo contesto, unitamente alla spinta demografica, favorì la ripresa della Repubblica che avviò un processo di espansione ecolonizzazione che l'avrebbe trasformata, in due secoli, nella prima potenza della penisola.

La condizione di cittadinolatino stava a metà tra quella dicivis romanus e quella di straniero. La parolalatini inizialmente indicava semplicemente le popolazioni abitanti delLatium vetus (Latini prisci), popolazioni che erano vicine a Roma politicamente ed etnicamente. Una volta inglobate nell'entità romana, si ritrovarono presto in una situazione privilegiata rispetto alle altre popolazioni sottomesse: in particolare ilatini potevano:
Alle città i cui abitanti godevano delius Latii era riconosciuta l'indipendenza per quanto riguardava la politica interna, quindi eleggevano i loro magistrati e si autogovernavano; però erano vincolate alla politica estera romana ed erano tenute a fornire un contingente di soldati che combattevano a fianco dellelegioni, ma in reparti diversi.
Col passare del tempo, e con l'espansione del dominio romano ben oltre i confini delLazio, il "diritto latino" venne riconosciuto e applicato anche a città non laziali, e che non avevano abitanti di origine latina: ilius Latii passò allora a indicare una condizione giuridica e perse qualunque connotazione etnico-geografica; coloro che ne godevano (e che erano oramai divenuti troppo numerosi) persero però il diritto di votare aRoma[63].
Altri privilegi erano legati alle sopraddette facilitazioni nell'ottenimento per merito della cittadinanza romana. Inoltre i latini che per qualsiasi motivo si trovassero aRoma nel giorno in cui si fossero riuniti i comizi potevano esercitare il diritto di voto (ius suffragii).
Nel tempo lostatus di latino stava genericamente a individuare una condizione di cittadinanza privilegiata, ma non quanto quella romana (ancora era inibito l'accesso alle cariche pubbliche): erano quindi latini anche gli abitanti delle colonie create da Roma (latini coloniarii) e gli schiavi liberati in particolari circostanze.
Dopo laguerra latina e il conseguente assorbimento delLatium vetus nello Stato romano (338 a.C.) si vennero a configurare colonie didiritto romano accanto a quelle didiritto latino. Queste ultime erano assimilabili alle città federate con la perdita della cittadinanza originaria per tutti i colonizzatori (romani o latini che fossero), ma con diritto di commerciare liberamente e contrarre matrimonio con cittadini romani.
Oltre 200 anni più tardi fu la volta deipopoli italici, i quali già dal tempo deiGracchi, avanzarono le loro proposte d'estensione dei diritti dicittadinanza romana anche a tutti loro, fino ad allora soloSocii. L'insuccesso di questa proposta portò nel91 a.C. alla cosiddettaguerra sociale, che una volta terminata (88 a.C.), portò ipopoli italici, a sud degliAppennini, la tanto desiderata condizione di cittadini romani.
Perregno o popolo "cliente" si intendeva un regno o un antico popolo, che si trovasse nella condizione di "apparire" ancora indipendente, ma nella "sfera di influenza" e quindi di dipendenza del vicinoImpero egemonico. Si trattava di una forma di modernoprotettorato, dove il regno o il territorio in questione, era controllato (protetto) da uno più forte (protettore).
I Romani intuirono che il compito di governare e di civilizzare un gran numero di genti contemporaneamente era pressoché impossibile, e che sarebbe risultato più semplice un piano di annessione graduale, lasciando l'organizzazione provvisoria affidata a principi nati e cresciuti nel paese d'origine. Nacque quindi la figura dei re clienti, la cui funzione era quella di promuovere lo sviluppo politico ed economico dei loro regni, favorendone la civilizzazione e l'economia. Così, quando i regni raggiungevano un livello di sviluppo accettabile, essi potevano essere incorporati come nuove province o parti di esse. Le condizioni di stato vassallo-cliente erano, dunque, di natura transitoria.
Un "re cliente", riconosciuto dalSenato romano comeamicus populi Romani, di solito non era altro che uno strumento del controllo nelle mani dellaRepubblica, prima e dell'Impero romano, poi. Ciò non riguardava solo la politica estera e difensiva, dove al re cliente era affidato il compito di assumersi l'onere di garantire lungo i propri confini la sicurezza contro infiltrazioni e pericoli "a bassa intensità"[64], ma anche le questioni interne dinastiche, nell'ambito del sistema di sicurezza imperiale[65].
Ma i Regni o i popoliclienti, poco potevano fare contro i pericoli "ad alta intensità" (come sostieneEdward Luttwak), come le invasioni su scala provinciale. Potevano dare il loro contributo, rallentando l'avanzata nemica con le proprie e limitate forze, almeno fino al sopraggiungere dell'alleato romano: in altre parole potevano garantire una certa "profondità geografica", ma nulla di più[66].

In ognuna delle fasistoriche di Roma si può riscontrare il fenomeno dellaschiavitù. L'entità numerica e l'importanza economica e sociale dellaschiavitù nell'antica Roma aumentò con l'espansione del dominio di Roma e la sconfitta di popolazioni che venivano sottomesse e molto spesso rese schiave. Soltanto a partire dal Tardo Impero con la conclusione delle guerre di conquista, l'ascesa al potere di imperatori non italici, la diffusione delCristianesimo e la concessione dellacittadinanza romana a molti popolibarbari (in seguito al loro arruolamento nellelegioni romane oppure al pagamento ditributi), il fenomeno della schiavitù cominciò a declinare e poi estinguersi progressivamente.
Inlingua latina schiavo si dicevaservus oppureancillus. Il titolare del diritto di proprietà sullo schiavo era dettodominus. Si ha notizia anche di schiavi posseduti da altri schiavi: in questo caso, formalmente, il primo schiavo (dettoordinarius) non era proprietà dell'altro (dettovicarius), ma faceva parte del suopeculium, l'insieme di beni che ildominus gli concedeva di tenere per sé.
Nell'epoca del grande espansionismo romano (II-I secolo a.C.) agli schiavi non era garantito nessun basilare diritto, tanto che un padrone poteva uccidere uno schiavo nel pieno rispetto della legge (ius vitae ac necis). NelI secolo a.C. vennero, però, istituite le prime leggi a favore degli schiavi: lalegge Cornelia, dell'82 a.C. proibì che il padrone potesse uccidere lo schiavo senza giustificato motivo e lalegge Petronia, del32, rimosse l'obbligo dello schiavo di combattere nelCirco se richiestogli dal proprietario. Comunque l'uccisione degli schiavi era un evento molto raro, dato che gli schiavi erano un bene molto costoso e capace di generare rendite[67]. Tuttavia, in caso di grandi rivolte, come leguerre servili che funestarono l'età repubblicana, i Romani non esitavano a punire gli schiavi ribelli concrocifissioni di massa lungo levie consolari, come monito per gli altri schiavi.
La situazione degli schiavi migliorò soprattutto in età imperiale.Claudio stabilì che se un padrone non dava cure a uno schiavo malato e questi veniva ricoverato da altri presso il tempio diEsculapio, in caso di guarigione diventava libero, se invece lo schiavo moriva il padrone poteva essere incriminato. Il filosofo ispano-romanoLucio Anneo Seneca (di epocaneroniana, contrario anche ai giochi gladiatorii)[68], esortava a non maltrattare e a non uccidere gli schiavi, anche se questo comportamento non comportava un'infrazione diretta dellalegge romana.Domiziano vietò la castrazione;Adriano la vendita delle schiave ai postriboli, inoltre punì i maltrattamenti inflitti dalle matrone alle loro schiave;Marco Aurelio garantì il diritto di asilo per i fuggitivi nei templi e presso le statue dell'imperatore.
La quantità di schiavi venduti cominciò a declinare progressivamente nel Tardo Impero soprattutto per la conclusione delle grandi guerre di conquista che avevano caratterizzato l'età repubblicana e i primi due secoli dell'Impero. Inoltre le persone cominciarono a servirsi di ogni risorsa legale o sociale per non essere fatte schiave.
Con l'avvento delCristianesimo, compreso il periodopaleocristiano, nonostante non sia mai stato proclamato un editto imperiale diabolizione della schiavitù, grazie alla decadenza dell'anticareligione romana, alla protezione giuridica dello schiavo da parte dellaChiesa e al movimento di emancipazione iniziato dagli imperatori pagani[69], le condizioni degli schiavi cominciarono a migliorare e la schiavitù si estinse progressivamente.

Numerose furono poi leguerre civiliromane, conflitti che insanguinarono dall'ultimo periodo dellaRepubblica fino altardo periodo imperiale:

Come aveva potuto una piccola potenza regionale ancora all'inizio del IV secolo a.C. diventarecaput mundi[70] nel giro di 500 anni? La spiegazione non sta solo nell'efficienza militare delle legioni o nella determinazione politica del Senato e del popolo romano. Fu soprattutto il consenso suscitato fra le genti non romane (italiche prima e provinciali poi) a rendere stabile il dominio di Roma per secoli e secoli. Isocii italici si convinsero ad aderire alla causa romana dapprima dalla spartizione del successo in guerra, poi (dopo laguerra sociale) dalla partecipazione effettiva alla vita politica dell'Urbe[71]. Per quanto riguarda, invece, il consenso nelle province (che a differenza dell'Italia erano sottoposte atributum), è interessante la definizione di Santo Mazzarino: «L'impero romano era un'unità supernazionale, di cultura romano-ellenistica, il cui ideale era lapax affidata a un esercito permanente»[72].
Roma non poteva pensare a un'occupazione permanente di tutti i territori conquistati: troppo grande era l'impero e troppo numeroso il personale necessario per un tale disegno. Fu perciò necessario, già in epoca repubblicana, fare ricorso all'elemento locale e in particolare alle classi elevate delle città: in cambio di una leale collaborazione (fiscale, innanzitutto), Roma rafforzò ovunque il potere delle aristocrazie urbane, affidando ai più ricchi il governo delle città e del territorio[73].

Unacolonia romana era unacomunità autonoma, situata in unterritorio conquistato daRoma in cui si erano stanziati deicittadini romani, legata da vincoli di eternaalleanza con lamadrepatria. La più antica fuAntium (oggiNettuno eAnzio[74]), fondata nel338 a.C. Inizialmente servivano da avamposto per controllare un territorio che sarebbe stato ulteriormente colonizzato: in questo senso, il ruolo diAquileia nell'espansione romana verso il nord est fu importantissimo. Verso la fine dellaRepubblica romana, le colonie servirono soprattutto da territorio abitabile dai proletari o daiveterani dell'esercito romano: in questo modo si riduceva la pressione demografica dell'Urbe.
Esistevano due diversi tipi di colonie: quelle formate dacittadini romani e quelle didiritto latino. Nel primo caso gli abitanti avevano lacittadinanza romana, e quindi il riconoscimento di tutti i diritti, e un'amministrazione cittadina direttamente sotto il controllo di Roma. Nel secondo caso venivano istituite nuove entità statali, conmagistrati locali, autonomia amministrativa e, in alcuni casi, con l'emissione dimonete, ma comunque con l'obbligo di fornire, in caso diguerra, l'aiuto richiesto da Roma secondo laformula togatorum. Gli abitanti delle colonie latine non eranoCives Romani Optimo Jure, ma possedevano loius connubii e loius commercii secondo i diritti delNomen Latinum. Le colonie venivano fondate secondo il diritto latino sia come forma di controllo della diffusione della cittadinanza romana (in quanto considerata superiore a tutte le altre), sia per motivi pragmatici: non essendo direttamente governate da Roma come le colonie di diritto romano ma avendo magistrati propri potevano meglio e più velocemente prendere decisioni per difendersi da pericoli imminenti.
Il processo diromanizzazione, cioè l'assimilazione culturale e politica dei dominati entro il sistema romano, fu rapido ed esteso, comunque, soprattutto nei primi secoli dell'Impero. Il sistema economico e burocratico imperiale forniva, infatti, grandi opportunità di carriera non solo alle élite aristocratiche, ma anche e soprattutto ai cittadini di rango equestre. Tale processo ebbe pieno successo come profondità e durata in Occidente (leprovince più romanizzate furono laGallia Narbonense, laSpagna e l'Africa[75]), dove si affermarono la lingua e la cultura latina, fu invece minore in Oriente, dove la lingua greca e la cultura ellenistica rappresentarono un ostacolo insormontabile alla penetrazione della romanità[76].
Lo strumento principale di diffusione attraverso il quale Roma esercitò quell'opera di integrazione e di assimilazione delleprovince che assicurò per alcuni secoli stabilità e compattezza all'Impero furono le città[77]. Era nelle popolose città dell'impero che risiedevano i ceti privilegiati, largamente integrati al sistema di potere imperiale. Erano le città il luogo dove veniva distribuita e consumata la ricchezza prodotta dalle campagne. Erano le città, infine, il centro di diffusione dei modelli di comportamento della società imperiale.
Il segreto di Roma fu, quindi, la capacità di assimilare le diverse culture su cui dominava e di integrarle in un sistema coerente, che, per quanto ricco di diversificazioni, seppe dare il senso di una comune appartenenza[78].

Il termineprovincia, dopo gli ampliamenti del territorio della Repubblica tra la fine delIII e ilII secolo a.C., passò gradualmente a significare non più la sfera di competenza di un magistrato, ma il territorio sul quale questi esercitava i propri poteri.
L'organizzazione dei nuovi territori annessi allares publica romana, veniva normalmente realizzata dal generale che li aveva conquistati, per mezzo di unalex provinciae ("legge della provincia" per la "redactio in formam provinciae" o "costituzione in forma di provincia"), emanata sulla base dei poteri che gli erano stati delegati con l'elezione alla carica. La legge doveva quindi essere ratificata dalSenato, che poteva inoltre inviare delle commissioni di legati con poteri consultivi.
La legge stabiliva la suddivisione in circoscrizioni amministrative (spesso denominateconventus) e il grado di autonomia delle città già esistenti. Non sempre tuttavia la legge seguiva immediatamente alla conquista, soprattutto per le province annesse in epoca più antica.
Le province erano governate da magistrati appositamente eletti (pretori) o da consoli o pretori di cui veniva prolungata la carica (prorogatio imperii o "prolungamento del comando":proconsoli epropretori), coadiuvati per l'amministrazione finanziaria da proquestori e da numerosi altri funzionari (cohors praetoria).
Molto noto l'epigramma di Marziale[79] che si lamenta di non poter dormire quanto vuole quando risiede a Roma. Invero i Romani avevano l'abitudine di svegliarsi molto presto, quasi prima dell'alba. Come accade in un villaggio di campagna, prima del sorgere del sole erano tutti in strada affaccendati in rumorose mansioni. I ricchi cercavano di isolarsi dal rumore rifugiandosi negli ambienti delladomus più lontani dalla strada, ma anche lì un nugolo di schiavi, svegliati all'alba dal suono di una campana, muniti di secchi d'acqua, di strofinacci (mappae), di scale e pertiche con in cima spugne imbevute per raggiungere i punti più in alto da pulire, di scope (scopae), sono affaccendati nelle rigorose e accurate pulizie della casa. Plinio il Giovane, memore di questi fracassi mattutini, si era fatta costruire la propria stanza da letto separata da un lungo corridoio dalle stanze dove trafficavano i servi[80].
Calzatisi e vestitisi con un praticoamictus, dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua[81], i Romani erano pronti a dedicarsi ai loro affari. Quanto all'igiene della persona non se ne preoccupavano al mattino poiché sapevano che a questa avrebbero dedicato molto tempo alla fine del pomeriggio recandosi albalneum pubblico o privato o alleterme pubbliche. La cura della persona era completata affidandosi altonsor, ilbarbiere, privato e costoso per i più ricchi, o pubblico che nella sua bottega o all'aperto in strada, tagliava capelli e sistemava barbe.
L'importanza di un potente era commisurata allaclientela che rumorosamente lo svegliava ogni mattina per lasalutatio matutina. Ildominus avrebbe perso in reputazione se non avesse ascoltato le lagnanze o le richieste di aiuto e non avesse risposto ai saluti[82] della folla che lo attendeva dall'alba.
Una rigida procedura regolava questo rito quotidiano della clientela. Ilcliens poteva anche andare alla casa delpatronus a piedi o in lettiga, ma obbligatoriamente doveva indossare latoga e non azzardarsi a chiamarlo confidenzialmente per nome, ma semplicementedominus, pena il ritorno a casa a mani vuote. Il turno per ricevere l'elargizione non veniva stabilito in base all'ordine di arrivo ma in base all'importanza sociale, per cui i pretori sopravanzavano i tribuni, i cavalieri i liberi e questi a loro volta i liberti[83].
Ledonne non partecipavano a questa assistenza quotidiana né come patrone né come clienti, salvo il caso di vedove che chiedevano per sé quanto ilpatronus aveva fatto per il cliente ormai defunto oppure quando il cliente si portava dietro a piedi o in lettiga le mogli malridotte e presumibilmente malate per indurre il signore a più generose donazioni[84].
I Romani dividevano normalmente la loroalimentazione in tre pasti quotidiani che agli inizi erano chiamatijentaculum,cena,vesperna e quando quest'ultima sparì, fu sostituita dalprandium. Raramente i Romani dedicavano molta attenzione ai primi due pasti che non erano mai molto nutrienti e il più delle volte ne abolivano uno.
I plebei di livello più basso (schiavi, liberti e stranieri), passavano il tempo nellapopina (plur. popinae).
Fin dall'epoca diRomolo si celebravano giochi in onore del dioConso (Consualia) e corse di cavalli (Equirria), celebrati due volte all'anno nelCampo Marzio.Tarquinio Prisco riorganizzò quelli che sarebbero stati iludi Romani omagni, facendoli diventare la festa più importante della città, che cadeva attorno alla metà di settembre. ILudi, più in generale, erano un insieme di giochigladiatorii,naumachie,spettacoli teatrali egare equestri, che si tenevano in particolari occasioni,religiose o politiche, e che potevano avere carattere privato o pubblico. Divennero essi stessi eventi religiosi, tanto da trovarli nelcalendario romano redatto nelIV secolo daFurio Dionisio Filocalo, calendario conosciuto con il nome diCronografo del 354.
Molto probabilmente iRomani mutuarono l'usanza di organizzarecorse dei carri dagliEtruschi, che a loro volta l'avevano mutuata dai Greci. Secondo una leggenda romana, il primo re diRoma,Romolo, si servì dello stratagemma di organizzare una corsa di carri poco dopo la fondazione della città per distrarre iSabini. Mentre i Sabini si stavano godendo lo spettacolo Romolo e i suoi catturarono erapirono le donne sabine.
Nell'antica Roma la principale struttura deputata a ospitare le corse dei carri era ilCirco Massimo, situato nella valle tra ilPalatino e l'Aventino, che poteva ospitare fino a 250 000 spettatori. La costruzione del Circo Massimo risale probabilmente all'epoca etrusca, ma venne ricostruito attorno al46 a.C. per ordine diGiulio Cesare, raggiungendo una lunghezza di circa 600 metri con un'ampiezza di circa 225 metri.
Lo svolgimento della corsa era molto simile e quello delle corse greche e la differenza principale era che in ogni giornata potevano tenersi dozzine di corse, e le manifestazioni si protraevano talvolta per decine di giorni consecutivamente. Una gara però si svolgeva sulla distanza di soli 7 giri (ridotti a 5 daDomiziano in poi). La più famosa e migliore ricostruzione di una corsa di carri romana, nonostante non sia in effetti storicamente accurata sotto vari aspetti, si può ammirare nel film del1959Ben-Hur.
I posti a sedere alcirco erano gratis per i poveri, che in epoca imperiale avevano davvero poco altro da fare, dato che non venivano più coinvolti in problemi politici o militari come avveniva invece inepoca repubblicana. I ricchi invece pagavano per disporre di posti a sedere all'ombra da cui si aveva una visuale migliore e, probabilmente, anche loro trascorrevano la maggior parte del tempo scommettendo sull'esito delle corse. Il palazzo dell'imperatore si trovava nei pressi del Circo Massimo e frequentemente andava egli stesso ad assistere alle gare.

L'anfiteatro è legato aigiochi gladiatori (combattimenti tragladiatori variamente armati) e allevenationes, ovvero spettacoli che comprendono animali, sia in forma di caccia più o meno ritualizzata, sia in forma di combattimento in cui uomini o animali vengono variamente penalizzati. L'origine di questi giochi risale forse a giochi che si tenevano in occasione dei funerali, ampiamente documentati nell'antichità. Nell'Italia meridionale (in particolare presso i Sanniti) sono descritti combattimenti anche cruenti in occasione delle cerimonie funebri. L'originario collegamento con funzioni religiose si attenuò col passare del tempo.
Questi giochi godevano di una grande popolarità, e affluivano spettatori sia dalle città vicine, sia dalla campagna. L'anfiteatro più grande, ilColosseo, poteva contenere fino a 40 000-50 000 spettatori.
Dopo la diffusione delCristianesimo i giochi furono osteggiati dalle autorità religiose per la loro disumanità. Già dal IV secolo alcuni anfiteatri iniziarono a essere demoliti (le pietre dellasumma cavea a Milano furono impiegati per le fondazioni dellabasilica di San Lorenzo nel IV-V secolo). La popolarità dei giochi durò nel tempo, eludendo sovente le proibizioni emanate dalle autorità.Costantino li vietò fin dal326; sembra che aCostantinopoli l'interdizione fosse osservata, mentre nel 397 aRoma sono ancora citate le scuole di gladiatori (iludi).Costanzo II li impose di nuovo,Valentiniano III decretò la fine dei giochi, anche se gli ultimi che si tennero al Colosseo furono celebrati da un regnante barbaricoTeodorico nel VI secolo.
La primanaumachia conosciuta è quella organizzata daGiulio Cesare a Roma nel46 a.C. per il suo quadruplicetrionfo. Dopo aver fatto scavare un ampio bacino vicino alTevere, nelCampo Marzio, capace di contenere verebiremi,triremi equadriremi, ingaggiò tra i prigionieri di guerra 2 000 combattenti e 4 000 rematori. Nel2 a.C., per l'inaugurazione deltempio di Marte Ultore,Augusto diede una naumachia che riproduceva fedelmente quella di Cesare: lanaumachia Augusti. Come ricorda egli stesso nelleRes gestae[85], fece scavare sulla riva destra delTevere, nel luogo denominato "bosco dei cesari" (nemus Caesarum), un bacino dove s'affrontarono 3 000 uomini, senza contare i rematori, su 30 vascelli con rostri, e molte unità più piccole.
Claudio nel52 diede una naumachia su un vasto specchio d'acqua naturale, illago del Fucino, per inaugurarne i lavori di prosciugamento. I combattenti erano dei condannati a morte. Si sa in particolare daSvetonio[86] che inaumachiarii (combattenti nella naumachia) prima della battaglia salutavano l'imperatore con una frase divenuta famosa:Morituri te salutant. Una tradizione erronea se n'è appropriata per farne una frase rituale deigladiatori all'imperatore, mentre in realtà viene attestata solo in questa occasione.
Tuttavia, in rapporto ai combattimenti fra truppe, le naumachie avevano la peculiarità di sviluppare dei temi storici o pseudo-storici: ogni flotta che s'affrontava incarnava un popolo celebre per la sua potenza marittima nella Grecia classica o l'Oriente ellenistico:Egizi eFenici per la naumachia di Cesare,Persiani eAteniesi per quella augustea,Siculi eRodii per quella di Claudio. Inoltre, abbisognava di mezzi considerevoli. Questo fattore rendeva la naumachia uno spettacolo riservato a occasioni eccezionali, strettamente legato a celebrazioni dell'imperatore,sue vittorie esuoi monumenti.

I primiteatri dell'antica Roma furono costruiti sull'esempio di quelli greci, nella direzione dell'intrattenimento. Più tardi, alle prime rappresentazioni tipicamente di stampo ellenistico, seguironoanche quelle latine, spesso incluse neigiochi, accanto a combattimenti digladiatori, ma soprattutto, sin dalle origini collegate allefestività religiose. Sappiamo, infatti, che nel364 a.C., durante iludi Romani fu introdotta per la prima volta nel programma della festa una forma di teatro originale, costituita da una successione di scenette farsesche, contrasti, parodie, canti e danze, chiamatifescennina licentia. Durante i fescennini si svolgevano canti travestimenti e danze buffonesche. Il genere, di derivazione etrusca, non ebbe mai una vera e propria evoluzione teatrale, ma contribuì alla nascita di una drammaturgia latina.
La provenienza di molti testi era di originegreca, in forma ditraduzioni letterali o rielaborazioni (vertere), mescolate ad alcuni elementi di tradizioneetrusca.[87] Era anche d'uso lacontaminatio, consistente nell'inserire in un testo principale scene di altre opere, adattandole al contesto. Non di rado i testi erano censurati, impedendo riferimenti diretti alla vita civile o politica, mentre era esaltato il gusto della gestualità e della mimica. Il teatro era rivolto alla popolazione intera, e l'ingresso era gratuito.
Nel mondo greco-italico si assiste alla fioritura dispettacoli teatrali fin dalVI secolo a.C. nei quali prevale l'aspetto buffonesco. InMagna Grecia eSicilia dalla fine delV alIII secolo a.C. si diffonde lafarsa fliacica, commedia popolare, in gran parte improvvisata in cui gli attori-mimi erano provvisti di costumi e maschere caricaturali. Fissata in forma letteraria daRintone diSiracusa, tutto quello che ne è rimasto sono le raffigurazioni su vasi, ritrovate nei pressi diTaranto, il cui studio ha permesso solo una parziale ricostruzione del genere.
L'atellana, farsa popolaresca di origineosca, proveniente dalla cittàcampana diAtella, fu importata a Roma nel391 a.C.: prevedeva maschere ed era caratterizzata dall'improvvisazione degli attori su uncanovaccio; quattro erano i personaggi fissi dell'atellana:Maccus, Pappus, Bucco eDossennus.
Lo spirito farsesco dei fescennini e delle rappresentazioni di musica e danza etrusche generò la prima forma drammaturgica latina di cui si abbia notizia: lasatura. Questo genere consisteva in una rappresentazione teatrale mista di danze, musica e recitazione.

ConLivio Andronico eGneo Nevio, il teatro latino comincia ad acquisire una fisionomia propria. Mentre Andronico rimane legato ai modelli dellaCommedia nuova greca, Nevio propone drammi di soggetto romano, più originali nel linguaggio e ricchi di invenzioni nello stile, arrivando a inserire in una suacommedia una satira rivolta a personaggi contemporanei comePublio Cornelio Scipione, che gli valse il carcere: la satira personale fu in seguito espressamente proibita dalla legge. Accanto alle commedie d'ambientazione greca, cominciano ad affermarsi le commedie di argomento romano. La commedia romana ha grande somiglianza con il genere greco, con alcune innovazioni: l'eliminazione delcoro (ripristinato in epoche successive nelle diverse trascrizioni) e l'introduzione dell'elemento musicale. La commedia 'greca' era chiamatafabula palliata (così chiamata dalpallium, mantello di foggia ellenica indossato dagli attori), mentre la commedia ambientata nell'attualità romana era dettafabula togata (dalla "toga", mantello romano) oppuretabernaria.
Negli ultimi decenni dellarepubblica, si assiste a una grande crescita di interesse verso il teatro, che ormai non coinvolge più solo gli strati popolari, ma anche le classi medie e alte, e l'élite intellettuale. Cicerone, appassionato frequentatore di teatri, documenta il sorgere di nuove e più fastose strutture, e l'evolvere del pubblico romano verso un più acuto senso critico, al punto di fischiare quegli attori che, nel recitare in versi, avessero sbagliato la metrica. Accanto alle commedie, lospettatore latino comincia ad appassionarsi anche alle tragedie.
All'allargarsi della popolazione diRoma, e con l'espandersi dell'Impero, la massa del popolo di Roma diventa sempre più eterogenea, e le esigenze dello spettacolo romano cambiano. Commedia e tragedia decadono di importanza, e la preferenza viene accordata a composizioni più accessibili e vicine al gusto di tutti. Ritorna in voga l'atellana, le farse, le oscenità e persino la satira politica.

Lareligione romana era l'insieme delle credenze e degli usi e costumireligiosi dellaCiviltà romana. Fu un fenomeno complesso, di non facilelettura sia per le variazioni che contraddistinsero la sua evoluzione nell'arco di dodicisecoli sia per il suo carattere composito, dovuto alla confluenza di diversi sistemi religiosi (vedisincretismo religioso) e alla varietà delle pratichecultuali.
Una delle peculiarità dellareligione dei romani è che essa è inscindibilmente legata alla sfera civile, familiare e sociopolitica. Il culto verso gli dei era un dovere morale e civico a un tempo, in quanto solamente lapietas, vale a dire il rispetto per il sacro e l'adempimento dei riti, poteva assicurare lapax deorum per il bene della città, della famiglia e dell'individuo.
Altre due caratteristiche salienti della religione romana possono essere individuate nelpoliteismo e nell'estrema tolleranza verso altre realtà religiose. La ricchezza del pantheon romano è dovuta non solo al grande numero di divinità, siano esse antropomorfe o concetti astratti, ma anche al fatto che alcune figure divine fossero moltiplicate in relazione alle funzioni loro attribuite, come nel caso diGiunone.
Una costante della religione romana fu anche la capacità di assimilazione nei confronti di altre religioni. Contestualmente all'espansione dell'Impero ilpantheon romano si andò arricchendo grazie all'importazione di divinità venerate dai popoli con i quali Roma entrava in contatto (vediseductio).
Secondo la tradizione, fuNuma Pompilio a istituire i vari sacerdozi e a stabilire i riti e le cerimonie annuali. Tipica espressione dell'assunzione del fenomeno religioso da parte della comunità è ilcalendario, risalente alla fine delVI secolo a.C. e organizzato in maniera da dividere l'anno in giorni fasti e nefasti con l'indicazione delle varie feste e cerimonie sacre.
La gestione dei riti religiosi era affidata ai varicollegi sacerdotali dell'antica Roma, i quali costituivano l'ossatura della complessa organizzazione religiosa romana. Al primo posto della gerarchia religiosa vi è ilrex sacrorum, sacerdote al quale erano affidate le funzioni religiose compiute un tempo.
Lamitologia romana, ovvero le narrazioni mitologiche dell'antica Roma, poteva essere suddivisa in tre periodi:
Ildiritto romano rappresentava l'insieme dellenorme che hanno costituito l'ordinamento giuridico romano per circa tredici secoli, dalla data dellaFondazione di Roma (753 a.C.) fino alla fine dell'Impero diGiustiniano (565 d.C.). Infatti, tre anni dopo la morte di Giustiniano l'Italia fu invasa daiLongobardi: l'impero d'Occidente si dissolse definitivamente eBisanzio – formalmente imperiale e romana – si allontanò sempre più dall'eredità dell'antica Roma e della sua civiltà (anchegiuridica).
Il diritto si divideva in:
La periodizzazione più diffusa del diritto romano è quella che distingue 4 differenti stadi evolutivi:

L'esercito romano fu l'insieme delleforze militari terrestri e di mare che servironoRoma antica, nellaserie di campagne militari che caratterizzarono la sua espansione, dall'epoca deisette re, allaRepubblica romana, all'epoca imperiale e fino al definitivo declino.
L'esercito era composto, a seconda dell'epoca storica analizzata, da varie componenti: lelegioni dicittadini romani; le truppedi alleati italici, quellefederate eausiliarie di provinciali; laflotta ravennate, di Miseno oltre a quelle fluviali; e le guarnigioni di Roma (guardia pretoriana, lecoorti urbane equelle di vigili).
Ci furono numerose importanti riforme militari nel corso degli undici secoli distoria militare romana. Le più importanti (in ordine cronologico) sono:quella augustea equella costantiniana.
Man mano poi che laRepubblica prima e l'Impero poi, ampliarono i confini, questi ultimi furono presidiati da unnumero crescente di soldati e dipostazioni militari. Tre furono iprincipali settori strategici a protezione dell'Impero romano:
All'inizio dell'età del ferro (IX secolo a.C.) l'economia dei popoli dell'Italia centrale era basata quasi esclusivamente sui prodotti della pastorizia e dell'agricoltura. Allevamento e agricoltura rappresentarono le attività economiche principali anche nel periodo arcaico omonarchico (dall'VIII al VI secolo a.C.) della storia di Roma antica. Si trattava di un'economia di sussistenza: la destinazione dei prodotti era, infatti, l'autoconsumo familiare o tribale. Roma, tuttavia, si sviluppò grazie alla sua posizione su un'area di frontiera, ovvero la via commerciale tra le cittàetrusche e lecolonie greche della Campania lungo la direttrice nord-sud, e la "via del sale" (via Salaria) tra la foce del Tevere e le comunitàsabine eumbro-sabelliche dell'Appennino centrale lungo la direttrice ovest-est.
IlTevere costituiva nell'antichità la linea di demarcazione tra due aree con caratteristiche diverse, quella etrusca a nord del fiume e quella delle popolazionilatine a sud. Il sito dove nell'VIII secolo a.C. sorse Roma era economicamente strategico in quanto punto di incontro di vie commerciali che andavano in più direzioni. In particolare, fu il controllo dei traffici legati a un prodotto importante come il sale, proveniente dalle saline alla foce del Tevere, a costituire il primo impulso per lo sviluppo economico di Roma: il sale passava, infatti, dalla città per essere trasportato verso l'interno, nel territorio sabino, lungo il percorso dellavia Salaria, cioè "via del sale".

Come in gran parte delle società del mondo classico, anche l'economia della Repubblica romana (dal V al I secolo a.C.) era essenzialmente, se non esclusivamente, basata sulla produzione e la distribuzione di prodotti agricoli (gran parte della produzione era, tuttavia, rivolta all'autoconsumo). La classe degli aristocratici (patrizi), che nell'epoca presa in esame corrispondeva anche al ceto sociale più ricco, era costituita prevalentemente dai grandi proprietari fondiari, che seguivano personalmente la conduzione delle aziende agricole (ville rustiche). Solo nella tarda età repubblicana cominciò ad affermarsi economicamente la classe sociale degliequites, che traeva le proprie ricchezze non dall'agricoltura, bensì dal commercio, dalle industrie e dalla finanza (riscossione delle imposte e prestiti a interesse).
Quando dal baratto si passò a un primo sistema monetario, il valore dell'unità monetaria, consistente in una certa quantità di rame o di bronzo (aes rude), fu stabilito pari a quello di una pecora o di un bue. In seguito l'aes rude fu sostituito dalla prima moneta di bronzo, l'aes grave oasse librale (perché inizialmente era del peso di una libbra circa). Con l'aprirsi di Roma al commercio estero (in particolare con laMagna Grecia), nel III secolo a.C. comparvero le prime monete d'argento, coniate inizialmente dall'alleataCuma (che disponeva di una zecca), fino a quando Roma stessa cominciò a battere moneta, producendo monete d'argento come ilDenario e ilVittoriato, e d'oro come l'Aureo, che andarono ad affiancarsi a quelle di bronzo (Asse). IlSesterzio durante la Repubblica era una piccola moneta d'argento del valore di 1/4 deldenario (dopo lariforma monetaria di Augusto designò invece una moneta di rame, o meglio in ottone, es. l'oricalco). Le monete più preziose venivano utilizzate per le transazioni internazionali, quelle di minor valore, invece, per l'economia domestica.
La coerenza dell'insieme era assicurata da cambi fissi: un Aureo = 25 Denari = 100 Sesterzi = 400 Assi. Lo Stato per tutta la durata della Repubblica agì con prudenza e saggezza nella regolazione delle coniazioni (quantità di monete emesse, loro peso e titolo).

Nei primi due secoli dell'Impero romano losviluppo della sua economia si era basato essenzialmente sulle conquiste militari, che avevano procurato terre da distribuire ai legionari o ai ricchi senatori, merci da commerciare e schiavi da sfruttare in lavori a costo zero.[88] Per questo motivo l'economia appariva prospera ("secolo d'oro"). In realtà restava in una condizione di stagnazione, che divenne decadenza (declino della produzione agricola e contrazione dei grandi flussi commerciali) con la conclusione della fase delle grandi guerre di conquista (198 d.C., conquista diCtesifonte, capitale dell'impero partico). L'Impero romano, infatti, da un lato si dimostrò incapace di realizzare uno sviluppo economico endogeno (non dipendente dalle conquiste) e dall'altro di ovviare all'aumento dei costi della spesa pubblica (la vera radice della crisi fu l'incremento del costo dell'esercito e della burocrazia) con un sistema fiscale più efficiente che oppressivo. La grave crisi che ne conseguì ne provocò gradualmente la decadenza, fino ad arrivare nel V secolo d.C. alla caduta della parte occidentale per opera di popolazioni germaniche[89].
Nella prima età imperiale l'impulso fornito dalla forte urbanizzazione[90] e la sicurezza delle linee di traffico favorirono l'espansione del commercio terrestre e marittimo[91][92][93]: a Roma, per esempio, si moltiplicarono le botteghe, le aziende commerciali all'ingrosso e al dettaglio, i depositi, i magazzini, le corporazioni di artigiani e trasportatori. I traffici commerciali si spinsero fino alle coste delBaltico, inArabia,India eCina per importare prodotti di lusso e di prestigio a prezzi astronomici (al valore della merce andava infatti aggiunto il costo elevatissimo dei trasporti e una lunga serie di dazi e pedaggi). Per quanto non paragonabile con i concetti moderni, ci fu un costante legame di importazione tramite carovaniere e il commercio marittimo con le regioni orientali, in particolare l'India e la penisola Arabica, da dove arrivavano incenso, profumi, perle, gemme, spezie, sete, carni e pesci rari, frutta esotica, ebano, unguenti. L'emorragia di monete in metallo prezioso per l'acquisto dei prodotti di lusso finirà, però, per provocare nei secoli successivi gravi conseguenze a livello di bilancio commerciale[94][95].
Il gigantesco apparato imperiale comportava costi crescenti.Augusto aveva diviso l'Impero in province senatorie i cui tributi finivano nell'erario (l'antica cassa dello Stato), a sostenere le spese correnti di quell'istituzione, e in province imperiali, le cui entrare alimentavano ilfisco, la cassa privata dell'imperatore, cui toccavano gli oneri più gravosi, rappresentati dall'esercito, dalla burocrazia e dalle sovvenzioni alla plebe urbana (distribuzioni di frumento o denaro) per evitare rivolte. Sotto i successori di Augusto si ingenerò confusione tra erario e fisco, a tutto vantaggio di quest'ultimo. Inoltre, per l'esercito era prevista una cassa apposita, l'erario militare, in cui si accantonavano i fondi per il pagamento dell'indennità ai soldati congedati.[96] Il costo dell'esercito[97] fu aggravato inoltre dall'uso invalso daClaudio in poi di gratificare i soldati con un donativo per assicurarsene la fedeltà al momento dell'ascesa al trono e in situazioni delicate. Se si aggiungono alle spese necessarie e inevitabili gli sprechi nella gestione della corte, si capisce come lo stato delle finanze fosse in genere alquanto precario. La decisione di Augusto di consolidare l'Impero, assicurandogli confini naturalmente sicuri e compattezza interna, invece che di estendere le frontiere, dipese anche dal fatto che l'imperatore si era reso conto che le risorse erano limitate e non in grado di sostenere eccessivi sforzi espansionistici.[98]. I successori, infatti, non si discostarono molto dalla linea augustea, a parteTraiano che portò l'Impero alla sua massima estensione anche per assicurarsi le miniere d'oro della Dacia e il controllo delle vie carovaniere dell'Oriente: il beneficio fu comunque solo momentaneo. Alla lunga, la conclusione della politica espansionistica che fece mancare le usuali risorse del bottino di guerra, la diminuzione della moneta circolante (la produzione delle miniere era inferiore alla richiesta di metalli preziosi), la scarsità e quindi l'aumento del prezzo di mercato degli schiavi, resero le spese sempre più insostenibili, mentre la pressione fiscale si rivelava inefficace. Lo Stato conosceva un solo mezzo di intervento che non aumentava ulteriormente la pressione fiscale: la svalutazione della moneta, tramite la riduzione di peso delle monete (il primo a operare in tal senso fuNerone, al fine di poter meglio sostenere la sua personale politica di prestigio e di grandi spese). La conseguenza, evidente in tutta la sua drammaticità nel corso del Tardo Impero, sarà un'inflazione galoppante.

Illatino è unalingua indoeuropea appartenente al gruppo dellelingue latino-falische[99]. Veniva parlata aRoma e nelLazio almeno dagli inizi delI millennio a.C. Il latino acquistò grande importanza con l'espansione dello stato romano e in quantolingua ufficiale dell'impero si radicò in gran parte dell'Europa e dell'Africa settentrionale.
Dellatino arcaico (fino alIII secolo a.C.) rimangono tracce in alcune citazioni degli autori e soprattutto in iscrizioni, che insieme alla comparazione con altre lingue affini consentono una ricostruzione di esso assai parziale. Solo frammenti restano anche dei testi letterari più antichi, quelli diLivio Andronico,Nevio eEnnio, tutti risalenti alIII secolo a.C., databili quindi circa cinque secoli dopo la mitologica fondazione diRoma (secondoVarrone avvenuta nel 753 a.C.). L'unica eccezione sono le commedie diPlauto, che costituiscono dunque la principale fonte per lo studio della lingua arcaica. ColII secolo a.C. laletteratura latina si sviluppò, e soprattutto con l'opera diMarco Porcio Catone il Censore nacque una prosa letteraria latina. La lingua aveva però ancora una certa rudezza, e non era priva di influssi dialettali.
Fu nelI secolo a.C., con l'estensione dellacittadinanza romana agliItalici e i cambiamenti sociali che ne derivarono, che a Roma sorse la preoccupazione per lapurezza della lingua. Anche sotto la spinta della speculazione linguistica greca, si avviò un processo di regolarizzazione della lingua. In questi tempi fiorirono letterati comeCicerone, che fu oratore e filosofo, oltre che politico (fuconsole nel63 a.C., l'anno dellacongiura di Catilina); o comeCatullo e ipoetae novi, che rivoluzionarono la lingua poetica. La scrittura non era ignota neppure a 'rudi' condottieri comeCesare, che fu ammiratissimo per il suo stile terso, e di cui restano due opere ancora studiate e apprezzate:La guerra gallica (Commentarii de bello Gallico) eLa guerra civile (Commentarii de bello civili).
I tempi erano ormai maturi perché la letteratura latina sfidasse quella greca, che allora veniva considerata insuperabile. Nella generazione successiva, sotto il principato diAugusto, fiorirono i maggiori poeti di Roma:Orazio, che primeggiò nellasatira e nellalirica, emulava i lirici comePindaro eAlceo,Virgilio, che si distinse nel generebucolico, nellapoesia didascalica e nell'epica, rivaleggiava conTeocrito,Esiodo e addiritturaOmero; e poi ancoraOvidio, maestro del metro elegiaco, eTito Livio nellastoriografia.
Letteratura
La letteratura latina viene suddivisa diacronicamente nei seguenti periodi[100]:
La cultura latina viene convenzionalmente divisa in due fasi principali: una fase anteriore all'influenza greca, iniziata con laguerra tarantina (272 a.C.), e un'altra fase posteriore a questo evento.[101] La civiltà romana, tuttavia, anche se posta in una zona marginale rispetto allapenisola greca e alleisole dell'Egeo, fu influenzata culturalmente daiGreci fin dalla sua nascita[102]: la civiltà greca, infatti, manteneva il predominio culturale su gran parte dellapenisola italica e influenzò in vari aspetti glietruschi,popolazione italica che dominava politicamente il centro della penisola[103].
I primi cinque secoli dellastoria romana furono caratterizzati dalla conquista dell'Italia centrale emeridionale, dalla creazione di istituzioni politiche, religiose e giudiziarie[104] ma anche da una produzione letteraria anonima e tramandata oralmente, con scopi pratici e occasionali: per questo fu definitapreletteraria. Questa produzione consiste in forme poetiche abbozzate, senza alcun intento letterario, scritte in un latinorozzo e primitivo; la loro importanza è dovuta all'influenza che esercitarono sulla letteratura posteriore, specialmente in determinati ambiti quali ilteatro, l'oratoria e lastoriografia.
Di questo periodo si ricordano autori come:Livio Andronico,Gneo Nevio,Quinto Ennio,Marco Porcio Catone,Cecilio Stazio,Marco Pacuvio,Lucio Accio,Tito Maccio Plauto,Publio Terenzio Afro,Gaio Lucilio,Appio Claudio Cieco,Quinto Fabio Pittore eQuinto Claudio Quadrigario.
Il periodoaureo, chiamato ancheclassico odi transizione (dalla Repubblica all'Impero), dura dal78 a.C. al14 d.C. e viene suddiviso inperiodo ciceroniano (oetà cesariana) eperiodo augusteo. Fu un'epoca in cui si presentarono grandi novità, sia in ambito civile sia letterario: i grandi modelli della letteratura e dell'arte greca, infatti, vennero assimilati e rielaborati in modo tale da essere adeguati alla sensibilità e alla spiritualità del tempo: il contrasto travecchio enuovo spesso si notòanche nello spirito e nell'opera di uno stesso autore.
A questo periodo appartengono autori come:Lucrezio,Catullo,Cicerone,Sallustio, lo stessoCesare,Marco Terenzio Varrone,Dionigi di Alicarnasso,Fedro,Gaio Giulio Igino,Orazio,Ovidio,Properzio,Strabone,Tibullo,Tito Livio,Virgilio eMarco Vitruvio Pollione.
Laletteratura latina nei primi due secoli dell'Impero attraversò un periodo di grande splendore, grazie anche almecenatismo degli imperatori (Augusto in primis) che finanziavano i letterati. Gli imperatori (in particolare Augusto) volevano usare laletteratura comepropaganda, come mezzo per costruire il consenso. In cambio della protezione dei letterati, gli imperatori volevano in cambio essere esaltati nei componimenti encomiastici scritti da questi scrittori.
Il periodoargenteo va dal14 (anno della morte diAugusto) al550 (Corpus Iuris Civilis diGiustiniano). In questo periodo i rapporti tra letterati e imperatori non sempre furono ottimi. Basti pensare alla vita del filosofo stoicoSeneca che non ebbe mai buoni rapporti con gli Imperatori (Caligola lo voleva uccidere,Claudio lo esiliò (e Seneca si vendicò prendendosi gioco di lui nella satiraApokolokyntosis) eNerone (che era stato pure suo allievo) lo condannò a morte per aver congiurato contro di lui) oppure all'età diDomiziano. L'Imperatore Domiziano perseguitò infatti letterati e filosofi, che furono ben felici quando il tiranno morì e venne sostituito dai buoniprincepsNerva (96-98) e Traiano (98-117), che restaurarono l'antica libertas, ed esaltarono i due nuovi imperatori nei loro componimenti condannando invece la tirannia di Domiziano (per esempio Plinio il giovane nel Panegirico di Traiano e Tacito nella prefazione dell'Agricola).
Uno dei primi esempi di letteratura encomiastica fu per esempio il celebre poema epico diPublio Virgilio Marone l'Eneide. Esso, narrando la storia diEnea dalla distruzione diTroia all'arrivo nelLazio e all'uccisione diTurno, celebra non solo le antiche e gloriose origini diRoma (saranno infatti i discendenti di Enea a fondare l'urbe) ma anche la famiglia di Augusto, lagens Iulia (il cui fondatore e nientemeno che Iulo (oAscanio), il figlio di Enea e nipote della deaVenere). Ilpoema di Virgilio ebbe un successo incredibile, tanto che ancora oggi e uno dei poemi epici più noti dellastoria. Altri esempi di letteratura encomiastica sono i panegirici, cioè dei componimenti encomiastici che esaltavano degli Imperatori o altri personaggi illustri. Uno dei panegirici più noti della letteratura latina è ilpanegirico diTraiano scritto dal letteratoPlinio il giovane.

Tuttavia i rapporti tra letterati e imperatori non sempre furono ottimi. Basti pensare alla vita diSeneca che non ebbe mai buoni rapporti con gli Imperatori (Caligola lo voleva uccidere,Claudio lo esiliò (e Seneca si vendicò prendendosi gioco di lui nella satiraApokolokyntosis) eNerone (che era stato pure suo allievo) lo condannò a morte per aver congiurato contro di lui) oppure all'età diDomiziano. L'Imperatore Domiziano perseguitò infatti letterati e filosofi, che furono ben felici quando il tiranno morì e venne sostituito dai buoniprinceps Nerva (96-98) e Traiano (98-117) ed esaltarono i due nuovi imperatori nei loro componimenti (per esempio Plinio il giovane nel Panegirico e Tacito nella prefazione dell'Agricola).
Mentre ilteatro latino conobbe un periodo di decadenza (l'unico autore teatrale di rilievo fuSeneca con le sue tragedie), altri generi (come lasatira e lastoriografia latina) attraversavano un periodo di splendore. La satira, genere che si prendeva gioco con ilrisum delle persone che si comportavano male, attraversò un periodo di grande splendore con grandi autori comePersio eGiovenale. Essi però, piuttosto che fare attacchi personali (cosa alquanto rischiosa, in quanto le persone prese di mira, essendo potenti, potevano vendicarsi), condannavano per lo più i vizi e non le persone, con lo scopo pedagogico di far capire al lettore di non seguire l'esempio delle persone viziate presenti nella satira.

Anche la storiografia conobbe grande successo con autori comeSvetonio,Tacito eFloro. La storiografia rientra in un certo senso nel genere encomiastico nel senso che narrando le conquiste territoriali fatte dai Romani nei secoli e nei decenni precedenti in questo modo si esaltava la grandezza di Roma. Ciò non significa però che gli storiografi latini non critichino talvolta per il loro atteggiamento gli imperatori, soprattutto gli imperatori tiranni. Gli storiografi latini spesso si ispiravano alle opere diSallustio, soprattutto per la selettività degli avvenimenti da narrare.
Lafilosofia ebbe come suo maggiore esponente il filosofostoico Seneca, mentre l'oratoria attraversò un periodo di decadenza. Secondo l'oratoreQuintiliano (autore tra l'altro dell'Institutio oratoria, la formazione dell'oratore) ciò era dovuto al fatto che non c'erano più buoni insegnanti e che per riprendersi da questa decadenza bisognava ritornare aCicerone, da lui considerato il più grande oratore e in quanto tale il modello da prendere ad esempio. Per Tacito invece la decadenza dell'Oratoria era dovuta all'istituzione delprincipato. Infatti ciò che alimentava la "fiamma" dell'oratoria erano le lotte politiche; ora che il potere era di uno solo e non vi erano quindi più lotte politiche, l'oratoria necessariamente è decaduta.
Un altro genere importante della letteratura di quei tempi è l'epistolografia. Tra leepistole più celebri del periodo argenteo vi sono quelle di Seneca e Plinio il Giovane. Le epistole di Seneca vennero scritte negli anni conclusivi della sua vita, quando, abbandonata la vita politica, decise di dedicarsi alla vita contemplativa, ed erano indirizzate aLucilio, che, oltre a essere amico di Seneca, era anche governatore della Sicilia. Seneca in queste epistole tenta di insegnare a Lucilio come raggiungere la virtù, cosa che Seneca stesso, come afferma proprio nelle epistole, non è ancora riuscito a raggiungere.
In questo periodo si diffuse pure ilromanzo, che era un genere di origine greca. Il primo autore di romanzi di rilievo fuPetronio, che forse era l'arbitro dell'eleganza di Nerone. Egli scrisse ilSatyricon, un romanzo parodistico che narrava la storia d'amore pederasta tra Encolpio e Gitone parodiando in questo modo i romanzi greci che narravano spesso di storie d'amore. Altro autore di rilievo fuApuleio, autore delleMetamorfosi, un romanzo che narra la storia di un giovane che viene trasformato inasino e per tornare normale doveva mangiare un particolare tipo di rose.
Alla fine delIV secolo, e per molti secoli a venire, Roma era ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica, definitivamente sancita già in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo "sovranazionale" di Impero al tramonto. Alcuni grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il latino come lingua di comunicazione. È il caso dello storico greco-sirianoAmmiano Marcellino, che decise, dopo un lungo periodo di militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove morì attorno all'anno 400. Nella Città Eterna scrisse il suo capolavoroRerum gestarum libri XXXI, pervenutoci purtroppo in forma incompleta. Quest'opera, serena, imparziale, vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice, costituisce un documento di eccezionale interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal 354 al 378, anno della battaglia di Adrianopoli).

Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizioClaudiano (nato nel 375 circa), adottò il latino nella maggior parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico e inquieto, trasse ispirazione, nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini (Virgilio,Lucano,Ovidio, ecc.) e greci (Omero eCallimaco). Fra i letterati provenienti dalle province occidentali dell'Impero vi era il gallo-romanoClaudio Rutilio Namaziano, che nel suo breveDe reditu (417 circa) rese un vibrante e commosso omaggio alla città di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella sua terra di origine, la Gallia.
L'ultimo grande retore che visse e operò in questa parte dell'Impero fu il patrizio romanoSimmaco spentosi nel 402. Le sueEpistulae,Orationes eRelationes forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami, ancora esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana e un'ancor viva tradizione pagana. Quest'ultima, così ben rappresentata dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscitò la violenta reazione del cristianoPrudenzio che nel suoContra Symmachum stigmatizzò i culti pagani del tempo. Prudenzio è uno dei massimi poeti cristiani dell'antichità. Nato aCalagurris in Spagna, nel348, si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato pellegrinaggio fino a Roma. Oltre al già citatoContra Symmachum, è autore di una serie di componimenti poetici di natura apologetica o di carattere teologico fra cui unaPsychomachia (Combattimento dell'anima), unaHamartigenia (Genesi del Peccato) e unLiber Cathemerinon (Inni da recitarsi giornalmente).
NelIII,IV eV secolo la letteratura latina declinò, non così il pensiero giuridico, filosofico e teologico che diede i propri frutti più alti in quel periodo. Fra i giuristi si ricordanoUlpiano,Papiniano eGiulio Paolo (inizi del III secolo) e, per ciò che riguarda la teologia e la filosofia, i Padri della ChiesaSan Girolamo,Sant'Ambrogio eSant'Agostino, massima espressione del pensiero cristiano del primo millennio dell'era volgare. Agostino, avvicinatosi alla filosofia leggendo l'Ortensio di Cicerone e le opere diPlatone a deineoplatonici, cercò di conciliare la classicità pagana con il nuovo messaggio cristiano. Sviluppò negli anni maturi un poderosocorpus dottrinario la cui influenza si è fatta sentire in età medievale (Pietro Abelardo,Ruggero Bacone,Duns Scoto, ecc.), moderna (Martin Lutero,Giansenio, ecc.) e contemporanea (Søren Kierkegaard in particolare). Il IV secolo è anche il secolo diAmmiano Marcellino, un siro di madrelingua greca ma di espressione latina considerato il massimo storico romano di età tardo-imperiale.

Secondo la leggenda, la città di Roma venne fondata il 21 aprile nell'anno753 a.C. Alle origini della città ebbe grande importanza il guado sulTevere, che costituì per molto tempo il confine traEtruschi eLatini, nei pressi dell'Isola Tiberina, e l'approdo fluviale dell'Emporium, traPalatino eAventino.
Nell'età protostorica eregia non si può ancora parlare di arte "romana" (cioè con caratteristiche proprie), ma solo di produzione artistica "a Roma", dalle caratteristicheitaliche, con notevoli influssi etruschi.
Presso l'emporio vicino all'attraversamento del fiume, ilForo Boario, è stato scavato un tempio arcaico, nell'area di Sant'Omobono, risalente alla fine delVII-metà delVI secolo a.C., con resti di età appenninica che documentano una continuità di insediamento per tutta l'epoca regia.
SottoTarquinio Prisco viene edificato sulCampidoglio iltempio dedicato alla triade capitolina,Giove,Giunone eMinerva, nella data tradizionale del509 a.C., la stessa in cui viene collocata la cacciata del re e l'inizio delle liste dei magistrati. La data di fondazione del tempio poteva anche essere stata verificata dagli storici romani successivi grazie aiclavi i chiodi annuali infissi nella parete interna del tempio. I resti delpodio del tempio sono ancora parzialmente visibili sotto ilPalazzo dei Conservatori e nei sotterranei deiMusei Capitolini.

Le sculture interracotta che lo adornavano, altra caratteristica dell'arte etrusca, sono andate perdute ma non dovevano essere molto diverse dalla scultura etrusca più famosa della stessa epoca, l'Apollo di Veio dello scultoreVulca, anch'essa parte di una decorazione templare (ilsantuario di Portonaccio aVeio). Anche la tipologia architettonica del tempio sul Campidoglio è di tipo etrusco: un altopodio con doppio colonnato sul davanti sul quale si aprono trecelle.
Tra le opere più imponenti della Roma arcaica ci furono laCloaca Maxima, che permise l'insediamento nella valle del Foro, e leMura serviane, delle quali restano vari tratti.
Bisogna attendere il periodo tra la fine del IV e l'inizio del III secolo a.C. per trovare un'opera d'arte figurativa prodotta sicuramente a Roma: è la notaCista Ficoroni, contenitore in bronzo finemente cesellato col mito degliArgonauti (dall'iscrizione "Novios Plautios med Romai fecid", "Novio Plautio mi fece a Roma"). Ma la tipologia del contenitore èprenestina, l'artefice di origina osco-campana (a giudicare dal nome), la decorazione abulino di matrice greca classica, con parti a rilievo inquadrabili pienamente nella produzione medio-italica.
L'arte romana repubblicana è la produzione artistica che si svolse nel territorio sotto il controllo diRoma durante il periodo dellaRepubblica (convenzionalmente dal509 a.C. al27 a.C.).
Lo sviluppo militare, politico ed economico della Repubblica romana non coincise con lo sviluppo di una civiltà artistica autonoma. Nel periodo repubblicano si possono distinguere almeno tre momenti artistici: un primo come continuazione della cultura arcaica, dove la produzione in città non manifesta alcuna caratteristica stilistica propria; un secondo legato alla conquista della Grecia e all'arrivo di ingenti bottini di opere d'arte, che mise in crisi la tradizionale tradizione artistica romana innescando un tumultuoso dibattito; una terza fase a partire dall'età sillana quando comparvero ineluttabilmente caratteri propri e specifici dell'arte romana.
L'arte augustea e delladinastia giulio-claudia (fino al69) si sviluppò verso un sereno "neoclassicismo", che rifletteva le mire politiche di Augusto e dellapax, finalizzato a costruire un'immagine solida e idealizzata dell'impero. L'arte dell'età di Augusto è infatti caratterizzata dalla raffinatezza, dall'eleganza, adeguata alla sobrietà e alla misura che Augusto aveva imposto a sé stesso e alla sua corte. Ciò significò, come hanno messo in luce gli studi della seconda metà del XX secolo, anche un'impronta accademica e un po' fredda, a causa della forte idealizzazione delle opere d'arte.
Durante il principato di Augusto ebbe inizio una radicale trasformazione urbanistica diRoma in senso monumentale. Anche nelle arti figurative si recuperò, in particolare, lascultura greca delV secolo a.C. (Fidia,Policleto, ecc.) della quale restano numerose opere, ma questo interesse per il passato influenzò anche l'architettura, l'artigianato prezioso e sicuramente (nonostante le esigue tracce), la pittura.
Opere emblematiche di quest'epoca sono l'Ara Pacis, l'Augusto di via Labicana (con il principe comepontefice massimo) e l'Augusto loricato, quest'ultimo rielaborato dalDoriforo diPolicleto. L'uso di creare opere nello stile greco classico va sotto il nome dineoatticismo.
In questo periodo, l'arte deiFlavi (arte flavia) si sviluppò superando la pesante tutela dell'arteneoattica, che aveva appiattito le esperienze più originalmente "romane" dellatarda Repubblica favorendo un'imitazione fredda e idealizzata dei modelli dell'arte greca classica.
Già all'epoca diClaudio eNerone la scultura iniziò a muoversi in maniera più indipendente dalla tutela della prestigiosa arte ateniese, liberandosene quasi definitivamente sotto i Flavi. Non è stato ancora completamente chiarito se l'arte flavia si mosse spinta da una nuova ispirazione autonoma o se invece cambiò semplicemente modello, guardando a esperienze di altre città ellenistiche, come quelle dell'Asia Minore, anche perché non è ancora sviluppato lo studio delle forme artistiche delle città greche in epoca romana.
In scultura si manifestarono due tendenze di maggiore evidenza: l'utilizzo di un chiaroscuro più sfumato nelbassorilievo e l'uso di collocare le figure in uno spazio infinitamente aperto (rendimento spaziale, circolazione dell'atmosfera attorno alle immagini, ecc.).

L'arte traianea (indicativamente dal98 al117), sviluppò ulteriormente le innovazioni dell'epoca flavia, arrivando a staccarsi definitivamente dal solcoellenistico, fino a una produzione autonoma. I rilievi della Colonna Traiana furono uno dei capolavori non solo della civiltà romana, ma dell'arte antica in generale.[105] ConTraiano l'impero romano raggiunse la sua massima espansione. Ciò significò una nuova condizione di benessere per la società romana, che, sia a Roma sia nelle province, permise l'affermarsi di una vasta classe media, capace di esprimere le proprie esigenze e un proprio gusto anche in campo architettonico-artistico.
L'arte adrianea (indicativamente dal117 al138), il classicismo greco, ripreso daAugusto e superato all'epoca diTraiano, tornò nell'arte ufficiale, ma con un nuovo spirito, più nostalgico, romantico, intellettualmente raffinato. I fenomeni artistici dell'epoca di Adriano furono per lo più circoscritti, nella loro peculiarità stilistica, ai monumenti ufficiali o a quelli sorti nell'immediata influenza della corte imperiale, a differenza dei periodi immediatamente precedenti (epoca flavia etraianea), i quali interessarono invece più strati sociali e un territorio più vasto, per via delle mutate condizioni di vita della popolazione romana e provinciale. In questo periodo l'arte romana sviluppò un recupero classicista, legato al gusto e agli interessi del solo sovrano, uomo estremamente colto e raffinato, artista dilettante (pittore e architetto), poeta, letterato, filelleno nel sentimento e nell'indirizzo politico.
Conarte dei primi Antonini earte nell'età di Commodo (cfr.dinastia degli Antonini, indicativamente dal138 al192), la scultura monumentale romana subì una svolta stilistica, che è stata definita "barocca": il marmo iniziò a essere lavorato sempre più col trapano corrente, creando solchi profondi e rilievi pronunciati e creando unchiaroscuro molto pronunciato: inizia a prevalere l'elemento coloristico su quelloplastico, in un processo che fu ulteriormente sviluppato nell'arte tardoantica. Inoltre conCommodo laplasticità del rilievo si va dissolvendo a favore d'effetti ottici e illusionistici, mentre si tende a una nuova disposizione delle masse e viene accentuata l'espressività soprattutto nelle teste e nei movimenti.

L'arte severiana delladinastia dei Severi (indicativamente dal193 al235), e quella successiva dell'anarchia militare (almeno fino aGallieno, mancando personalità in grado di dare un'impronta durevole all'arte ufficiale romana e accomunabile all'arte severiana), arrivarono a comprendere così tutta la prima metà delIII secolo. In questo periodo l'arte romana iniziò il processo che portò alla rottura dell'arte tardoantica, spartiacque tra arte antica e medievale. Alcune produzioni artistiche ufficiali videro la comparsa evidente di elementi tratti dall'arte plebea eprovinciale, mentre in altri settori venne mantenuta in vita più a lungo la forma tradizionale di derivazioneellenistica, come nelritratto, che proprio in questo periodo fiorì con capolavori di grande spessore psicologico.
L'arte dioclezianea e della tetrarchia rappresentò la produzione artistica all'epoca diDiocleziano e della suatetrarchia (indicativamente dal284 al primo decennio delIV secolo, quandoCostantino I prese il potere e sconfisse irivali ripristinando il sistema del sovrano unico). In questo periodo permasero alcune tendenze classicheggianti dell'età di Gallieno, come i rilievi attribuiti all'Arcus Novus del294 con figure di Vittorie e barbari (Firenze,giardino di Boboli). La vera novità fu la moltiplicazione dellecapitali imperiali,che furono, quindi, abbellite di importanti monumenti, anche in una sorta di gara tra i vari imperatori.Diocleziano aNicomedia, inBitinia, fece erigere senza dubbio edifici monumentali, ma malauguratamente i loro resti sono insignificanti e non sono mai stati studiati adeguatamente.
L'arte costantiniana, che si colloca nelIV secolo durante il dominio dell'imperatoreCostantino I (indicativamente dal312) al337), rappresentò l'affermazione dellostile plebeo nell'arte ufficiale anche prodotta da Senato, soprattutto a partire dal fregio dell'Arco di Costantino. Ma accanto allo stile "plebeo" sopravvive la corrente espressionistica del III secolo (uso del trapano, accentuato chiaroscuro) e prende il via una corrente classicismo aulico ispirata all'arte augustea, la cosiddetta "rinascenza costantiniana".
L'arte teodosiana (indicativamente dal379 al450), sviluppò una corrente classicheggiante, dai toni aulici e preordinati a una precisa etichetta che dettava forme e contenuti, ancora più che nel precedente periodo dell'arte costantiniana. Le reminiscenze ancora presenti durante il regno diAnastasio I (491-518) sono considerate, forse erroneamente, uno stiletardo-teodosiano.
L'arte paleocristiana designa, invece, la produzione artistica dei primi secoli dell'era cristiana, compresa entro limiti di spazio e di tempo convenzionali: le testimonianze più importanti risalgono in genere al III-IV secolo, poi si inizia a parlare anche di arte dei singoli centri artistici:arte bizantina,arte ravennate, ecc. L'arte paleocristiana comunque si situa nell'orbita diRoma imperiale e ha il suo momento di massimo splendore fra i primi decenni delIV secolo e gli inizi delVI secolo, fino al604, anno della morte dipapa Gregorio I, tanto che l'ideale cristiano assunse, ai suoi inizi, le forme offerte dall'arte della tarda antichità. Una specificaiconografia cristiana si sviluppò solo gradualmente e in accordo col progredire della riflessione teologica.
I Romani adottarono il linguaggio esteriore dell'architettura greca, adattandolo ai propri scopi. La loro visione dello spazio era tuttavia radicalmente diversa da quella propria deiGreci e le forme architettoniche riflettono appieno queste differenze. La differenza principale è di carattere politico-sociale: la struttura greca era formata da una moltitudine dicittà-stato, spesso in conflitto tra loro; i Romani, invece, conquistavano i territori e li soggiogavano con il loro potere, per questo necessitavano di una serie di strutture pubbliche e di controllo (come le efficientissimestrade romane o gliacquedotti).

Al tempo di Silla le strutture lignee con rivestimento in terracotta di matriceetrusca, o quelle intufo stuccato lasciarono definitivamente il passo agli edifici intravertino o in altre pietrecalcaree, secondo forme desunte dall'architettura ellenistica, ma adattate a un gusto più semplice con forme più modeste. Già durante l'ellenismo si era arrivati a sollevare gli elementi architettonici dalla mera funzione statica, permettendo un uso decorativo che dava grande libertà agliarchitetti. Anche a Roma venne ripresa questa libertà, applicando a forme che non esistevano nel mondo ellenistico per funzione, tipo etecnica muraria.
Al tempo diErmodoro e delleguerre macedoniche erano sorti i primi edifici inmarmo a Roma, che non si distinguevano certo per grandiosità.Lucio Licinio Crasso, parente del più famosoMarco Licinio Crasso, era stato poi il primo a usare il marmo anche nella decorazione della propria abitazione privata sulPalatino nel100 a.C.
Dopo l'incendio dell'83 a.C. venne ricostruito in pietra iltempio di Giove Capitolino, con colonne marmoree venute daAtene e con un nuovo simulacrocrisoelefantino diGiove, forse opera daApollonio di Nestore. Risale al78 a.C. la costruzione delTabularium, quinta scenografica delForo Romano che lo metteva in comunicazione colCampidoglio e fungeva daarchivio statale. Vi si usarono semicolonne addossate sui pilastri dai quali partono gli archi, schema usato anche nelsantuario di Ercole Vincitore aTivoli.
I templi romani sillani sopravvissuti sono piuttosto modesti (tempio diSan Nicola in Carcere,tempio B delLargo Argentina), mentre più importanti testimonianze si hanno in quelle città che subirono meno trasformazioni in seguito:Pompei,Terracina,Fondi,Cori,Tivoli ePalestrina. Particolarmente significativo è ilsantuario della Fortuna Primigenia a Palestrina, dove le strutture interne sono inopus incertum e le coperture a volta ricavate tramite gittate di pietrisco emalta pozzolana: queste tecniche campano-laziali definivano le strutture portanti della grande massa architettonica, mentre le facciate erano decorate da strutture architravate in stile ellenistico, che nascondevano il resto. Solo in un secondo momento anche le tecniche costruttive romane ebbero una forma stilistica che non richiedeva più la "maschera" esterna, permettendo uno sviluppo autonomo e grandioso dell'architettura romana.
Soprattutto in architettura si iniziò a manifestare quell'atteggiamento tipicamente utilitario dell'arte: le forme greche venivano interpretate secondo gli scopi specifici degli edifici, arrivando a diventare un semplice ornamento. Un'altra notevole differenza col mondo greco è nell'uso dellepareti: per i Greci la pareteisodoma era innanzitutto strutturale; per i Romani, l'uso di mattoni e piccole pietre tenute insieme dallamalta (secondo un espediente più rapido ed economico) rendeva la parete una mera struttura per separare gli spazi. In questo sta una sostanziale differenza tra architettura greca e romana: la prima era un'arte di ritmi scanditi (si pensi alla disposizione canonica deglielementi architettonici sul piano verticale deltempio greco), la seconda era arte degli spazi (spazi interni ma anche spazi tra edifici, si pensi ai complessi dei fori nelle colonie romane).
L'urbanistica greca, intesa come rapporti tra edifici, nacque solo in epoca ellenistica (anteriormente gli edifici erano considerati come elementi a sé, completamente indipendenti rispetto agli edifici circostanti). Ma per i greci le relazioni tra edifici arrivavano a interessare le parti di un complesso, come singole masse individuali, mentre per i Romani esisteva anche il problema della vera e propria collocazione organica degli edifici nello spazio, come dimostra ad esempio ilForo di Pompei (100 a.C. circa), tra i migliori esempi superstiti di piazza romana circondata da eleganti portici e centrata prospetticamente sul tempio nel lato breve.
Al tempo diCesare si ebbe la creazione del sontuosoForo etempio di Venere Genitrice, ma fu solo col restauro deltempio di Apollo Sosiano nel32 a.C. che Roma ebbe per la prima volta un edificio di culto all'altezza dell'eleganzaellenistica.

Con il principato diAugusto ebbe inizio una radicale trasformazione urbanistica di Roma in senso monumentale. Nel periodo da Augusto ai Flavi si nota un irrobustirsi di tutti quegli edifici privi dell'influenza deltempio greco: archi trionfali, terme, anfiteatri, ecc. Nell'arco partico delForo Romano (20 a.C. circa) nacque una forma ancora embrionale dell'arco a trefornici. Risalgono a questo periodo i più spettacolari edifici per spettacoli: ilteatro di Marcello (11 a.C.), l'arena di Pola, l'Arena di Verona, ilteatro di Orange e poco dopo ilColosseo (inaugurato da Tito nell'80 e poi completato daVespasiano). Quest'epoca fu fondamentale per lo sviluppo di tecniche nuove, che permisero ulteriori sviluppi delle articolazioni spaziali. Lo stesso arco di Tito è impostato secondo uno schema più pesante e compatto dei precedenti augustei, che si allontana sempre di più dall'eleganza di matrice ellenistica. Ma fu soprattutto con la diffusione dellecupole emisferiche (Domus Transitoria,Domus Aurea eninfeo di Domiziano aAlbano Laziale) e lavolta a crociera (Colosseo), aiutata dall'uso di archi trasversali in laterizio che creano le nervature e dall'uso di materiale leggero per le volte (anfore). Inoltre venne perfezionata la tecnica dellavolta a botte, arrivando a poter coprire aree di grandi dimensioni, come la vasta sala (33 metri di diametro) delvestibolo domizianeo delForo Romano.
Nella successiva epoca diTraiano, il suo principale architetto,Apollodoro di Damasco, completò la serie deiFori imperiali di Roma, con il vastissimoForo di Traiano, dalla pianta innovativa, priva di tempio all'estremità. Ancora più originale fu la sistemazione del fianco delcolle Quirinale con i cosiddettiMercati di Traiano, un complesso amministrativo e commerciale che si componeva di sei livelli articolati organicamente in uffici, botteghe e altro. La ricchezza ottenuta con le campagne militari vittoriose permise il rafforzarsi di una classe media, che diede origine a una nuova tipologia abitativa, con più abitazioni raggruppate in un unico edificio, sempre più simili alle ricche case patrizie.
Il successore, l'imperatoreAdriano, era appassionato di culturaellenistica. Fece edificare, prendendo parte alla progettazione,Villa Adriana aTivoli, grandioso complesso architettonico e paesaggistico le cui architetture riprendono ecletticamente modelli orientali ed ellenistici. Fece inoltre ricostruire ilPantheon di Roma, con la cupola perfettamente emisferica appoggiata a un cilindro di altezza pari al raggio e pronao corinzio, uno degli edifici romani meglio conservati e il suo mausoleo, oraCastel Sant'Angelo, alVaticano. In scultura tipici della sua epoca sono i ritratti diAntinoo, suo giovane amante morto in circostanze misteriose e da lui divinizzato con un culto ufficiale per tutto l'Impero.
A partire dallacrisi del III secolo, in architettura si affermarono costruzioni per scopi difensivi, come lemura aureliane o ilPalazzo di Diocleziano (293-305 circa) aSpalato, provvisto di solide fortificazioni.


Già nei periodi imperiali la scultura romana era in continuo progresso: i volti sono rappresentati con realismo al contrario dell'arte greca basata soprattutto sul corpo. Ancora a differenza dell'arte greca classica la scultura romana non rappresenta solo la bellezza ideale ma anche le virtù morali.
Le prime sculture arcaiche erano interracotta e adornavano secondo una caratteristica dell'arte etrusca gli antichi templi romani. Sono andate perdute, ma non dovevano essere molto diverse dalla scultura etrusca più famosa della stessa epoca, l'Apollo di Veio dello scultoreVulca, anch'essa parte di una decorazione templare (ilsantuario di Portonaccio aVeio). Anche la tipologia architettonica del tempio sul Campidoglio è di tipo etrusco: un altopodio con doppio colonnato sul davanti sul quale si aprono trecelle.
In epoca imperiale lascultura ebbe una grande produzione artistica, improntata a un classicismo finalizzato a costruire un'immagine solida e idealizzata dell'impero. Si recuperò, in particolare, la scultura greca del V secolo a.C.,Fidia ePolicleto, nella rappresentazione delle divinità e dei personaggi illustri romani, fra cui emblematici sono alcuni ritratti diAugusto come pontefice massimo e l'Augusto loricato, quest'ultimo rielaborato dalDoriforo diPolicleto. L'uso di creare opere nello stile greco classico va sotto il nome dineoatticismo, ed è improntato a un raffinato equilibrio, che però non è esente da una certa freddezza di stampo "accademico", legata cioè alla riproduzione dell'arte greca classica idealizzata e priva di slanci vitali. Solo durante ladinastia giulio-claudia si ebbe un graduale attenuarsi dell'influenza neoattica permettendo la ricomparsa di un certo colore e calore nella produzione scultorea.
In epoca Flavia, non è ancora chiaro quanto fu determinante l'ispirazione al mondo ellenistico per superare la parentesi neoattica. In ogni caso nei rilievi nell'Arco di Tito (81 o90 d.C.) si nota un maggiore addensamento di figure e, soprattutto, una consapevole disposizione coerente dei soggetti nello spazio, con la variazione dell'altezza dei rilievi (dalle teste dei cavalli a tutto tondo alle teste e le lance sagomate sullo sfondo), che crea l'illusione di uno spazio atmosferico reale.
SottoCommodo si assistette a una svolta artistica, legata allascultura. Nelle opere ufficiali, dal punto di vista formale si ottenne una dimensione spaziale pienamente compiuta, con figure ben collocate nello spazio tra le quali sembra "circolare l'atmosfera" (come negli otto rilievi riciclati poi nell'Arco di Costantino). Dal punto di vista del contenuto si assiste alla comparsa di sfumature simbolico-religiosi nella figura del sovrano e alla rappresentazione di fatti irrazionali. Questa tendenza è evidente nellaColonna di Marco Aurelio che, sebbene ispirata aquella Traiana, presenta molte novità: scene più affollate, figure più scavate, con un chiaroscuro più netto e, soprattutto, la comparsa di elementi irrazionali (Miracolo della pioggia,Miracolo del fulmine), prima avvisaglia di una società ormai in cerca di evasione da una realtà difficile, che di lì a poco, durante il successivo sfacelo economico e politico dell'impero, sarebbe sfociata nell'irrazionalismo anti-classico.
Le sculture ufficiali, per quanto valide esteticamente, avevano sempre intenti celebrativi, se non addiritturapropagandistici, che in un certo senso pesavano più dell'astratto interesse formale. Ciò non toglie che l'arte romana fosse comunque un'arte "bella" e attenta alla qualità: la celebrazione imponeva scelte estetiche curate, che si incanalavano nel solco dell'ellenismo di matrice greca.
Senza considerare l'architettura e soffermandosi soprattutto sullascultura, appare chiaro che in questo settore dell'arte romana, la creazioneex-novo, a parte alcune rare eccezioni (come laColonna Traiana), non esiste, o per lo meno si limita al livello più superficiale del mestierante. Manca quasi sempre una cosciente ricerca dell'ideale estetico, tipica della cultura greca. Anche il momento creativo che vide la nascita di una vera e propria arte "romana", tra la metà del II secolo a.C. e ilsecondo triumvirato, fu dovuto in massima parte alle ultime maestranze greche e italiote, nutrite di ellenismo. Non a caso il fenomeno delle copie è giunto fino a oggi in massima parte per la scultura.
Il rilievo storico fu la prima vera e propria forma d'arte romana. Si sviluppò nel tardo periodo repubblicano, nelI secolo a.C. e, come per il ritratto romano, si formò dalla congiunzione del naturalismoellenistico nella sua forma oggettiva, con i rilievi dell'arte plebea, una corrente legata sia alla mentalità civile sia al rito religioso dei Romani, e si ha così il suo lo sviluppo.
Di questo stile i primi esempi che lo descrivono sono ben riassumibili nel piccolo fregio trionfale deltempio di Apollo Sosiano, semplice e incisivo, riferito appunto al trionfo diGaio Sosio del34 a.C., ma forse di esecuzione più tarda del20-17 a.C., simile anche a quello successivo dell'altare al centro dell'Ara Pacis. Per questo stile è buon uso ricordare la formulaogni genere letterario per metro diverso, quindi ogni genere corrisponde a uno stile diverso, causa la sua equità strutturale nel tempo.
Interessante è anche il fregio che doveva adornare un altare molto simile a quello dell'Ara Pacis, trovato sotto al "Palazzo della Cancelleria" e oraMusei Vaticani, la cosiddettabase dei Vicomagistri (30-50 d.C.): vi si legge di una processione per un sacrificio, dove si vedono gli animali, gli assistenti sacerdoti e i musicanti. Qui con lo scorcio delle trombe e la posizione dei suonatori di dorso, si ha uno dei pochi esempi didilatazione spaziale: il fondo non esiste, è uno spazio libero, entro al quale le figure si muovono.


Lapittura romana è una delle scuole pittoriche che meglio si sono tramandate, nella generale rovina dellapittura antica. I Romani assimilarono in larga parte dall'altissima civiltà pittorica greca, imitandone i modelli e le tecniche e creando innumerevoli copie che, come è successo per la scultura, spesso permettono di conoscere con una certa approssimazione gli originali.
La straordinaria conoscenza della pittura romana è dovuta soprattutto alle uniche condizioni di preservazione delle città vesuviane diPompei,Ercolano eStabia, dove sono stati ritrovati enormi quantitativi di pitture, soprattutto affreschi parietali. Le pitture pompeiane sono databili tra il II secolo a.C. e la data dell'eruzione, il79 d.C.
Un altro grande serbatoio di pitture romane sono i ritratti su tavola dellemummie di Fayyum inEgitto, databili tra la fine delI secolo a.C. e la metà delIII secolo d.C. Ma la stessaRoma ha preservato alcuni notevoli esempi di pitture, spesso analoghe agli esemplari pompeiani ma più antiche, confermando come i modelli venissero innanzitutto elaborati nella capitale e da qui si diffondessero nelle province.

Mentre l'Impero d'Occidente declinò durante ilV secolo, il più ricco Impero d'Oriente continuò a esistere per oltre un millennio, con capitale Costantinopoli. In quanto incentrato sulla città di Costantinopoli, gli storici moderni lo chiamano «Impero bizantino», anche per distinguerlo dall'Impero romano classico, incentrato sulla città di Roma. Tuttavia gli Imperatori bizantini e i loro sudditi non si definirono mai tali ma continuarono a fregiarsi del nome «Romani»[106] fino alla caduta dell'Impero, quando ormai non avevano più nulla di romano, se non il nome, le aspirazioni irrealizzabili di grandezza e l'eredità diretta dell'impero romano. Il termine «bizantino» è molto più recente, e fu coniato daHyeronimus Wolff (1516-1580) per poi essere ripreso daDu Cange (1610-1688), quasi due secoli dopo la caduta dell'Impero (1453); il termine venne poi reso popolare dagli storici illuministi, che disprezzavano l'Impero.[107]
Come gli imperatori romani dell'Antichità, gli imperatori bizantini si consideravano sovrani universali. L'idea che in tutto mondo vi fosse un solo impero (quello romano) e una sola Chiesa sopravvisse al collasso della parte occidentale dell'Impero. Benché l'ultimo seriotentativo di riconquista dei territori occidentali fosse costituito dalle guerre diGiustiniano I nel VI secolo, che vide l'effimerariconquista imperiale di Italia e Africa, essa continuò a rimanere per secoli una delle aspirazioni degli imperatori bizantini.[108] A causa delle costanti minacce sui fronti orientale e settentrionale, che costrinsero i Bizantini a trascurare la difesa delle loro province occidentali, i territori riconquistati da Giustiniano furono gradualmente perduti. Nonostante ciò, la loro aspirazione all'impero universale era riconosciuta dalle autorità temporali e religiose nell'Occidente, benché la sua effettiva restaurazione apparisse irrealizzabile. I re visigoti e franchi nel V e VI secolo riconobbero la superiorità gerarchica e morale dell'Imperatore, ricevendo in cambio titoli e cariche onorifiche prestigiose che garantivano una posizione nell'ordine mondiale percepito all'epoca.[108] Fino alla metà dell'VIII secolo l'Impero bizantino era considerato il legittimo "Impero romano" anche dagli europei occidentali.[109] Fu solo in seguito all'alleanza del Papato con i Franchi, che sfociò nell'incoronazione di Carlo Magno a Imperatore dei Romani nel Natale 800, che coloro che fino a poco tempo prima nelle fonti occidentali erano definitiRomani diventaronoGraeci e il loro imperoImperium Graecorum.[110]
L'Impero bizantino cadde nel 1453,conquistato dagli Ottomani. Dando per vera la data tradizionale dellafondazione di Roma, lo stato romano durò dal753 a.C. al1461, anno in cui cadde l'Impero di Trebisonda (ultimo frammento dell'Impero bizantino che sfuggì alla conquista Ottomana nel 1453), per un totale di 2214 anni.

Oltre all'Impero bizantino, unico e legittimo successore dell'Impero romano dopo la caduta della suaparte occidentale, varie altre entità statuali ne rivendicarono l'eredità, in contrasto con l'idea che in tutto mondo vi fosse un solo impero (quello romano) e una sola Chiesa. La prima fu ilSacro Romano Impero, inizialmente un grande progetto di ricostituzione dell'impero in Occidente, che fu fondato il giorno di Natale dell'800 allorchépapa Leone III incoronò il re dei FranchiCarlo Magno imperatore dei Romani. La seconda fu l'Impero ottomano. Quando gli Ottomani conquistarono Costantinopoli nel 1453,Maometto II stabilì nella città la propria capitale e si autoproclamò "Qaysar-i-rum", ovvero Imperatore romano. Maometto II compì anche un tentativo di impossessarsi dell'Italia in modo da "riunificare l'impero", ma gli esercitipapali enapoletani fermarono l'avanzata ottomana verso Roma aOtranto nel1480. Il terzo a proclamarsi erede dell'Impero dei Cesari fu l'Impero russo che, nelXVI secolo, ribattezzòMosca, centro del potere zarista, la "Terza Roma" (essendo Costantinopoli considerata la seconda).
Instoriografia la disputa tra gli imperi rivali per il titolo di legittimo "impero romano" (o "universale") prende il nome di "problema dei due imperatori" (dal tedescoZweikaiserproblem). Esso ebbe origine nelnatale800 allorquando il re deiFranchiCarlo Magno venne incoronato Imperatore deiRomani da Papa Leone III che attuò così unatranslatio imperii dai Greci ai Germani. In seguitoOttone I, nel X secolo, trasformò una parte del vecchio impero carolingio nelSacro Romano Impero. I Sacri Romani Imperatori si consideravano, come ibizantini, i continuatori dell'Impero romano, grazie all'incoronazione papale, anche se da un punto di vista strettamente giuridico l'incoronazione non aveva basi nel diritto di allora; i bizantini però erano allora governati dall'Imperatrice Irene, illegittima agli occhi degli occidentali[111], tale da giustificare il "colpo di mano". Nel corso dei secoli, la disputa per il titolo imperiale avrebbe costituito uno dei principali punti di attrito nei rapporti diplomatici tra i due imperi, anche se raramente ebbe come conseguenza scontri militari, anche a causa della distanza geografica che separava i due stati.[112] Nell'812, con iltrattato di Aquisgrana, Bisanzio riconobbe all'Imperatore carolingio il titolo diImperatore ma non diImperatore dei Romani. Il Sacro Romano Imperatore era considerato dai Bizantini l'imperatore (o re) dei Franchi e successivamente re di Germania, mentre le fonti occidentali attribuivano all'Imperatore bizantino il titolo di imperatore (o re) dei Greci o imperatore di Costantinopoli. A complicare la situazione, il titolo imperiale fu occasionalmente rivendicato dai sovranibulgari eserbi, portando a conflitti militari con Bisanzio.[113] In seguito allacaduta di Costantinopoli del 1453, che pose fine alla millenaria storia dell'Impero bizantino, a contendere il titolo di imperatore universale agliImperatori del Sacro Romano Impero furono i sultani ottomani e gli zar di Russia.
IlSacro Romano Impero conobbe il suo periodo di massimo splendore nell'XI secolo quando, insieme alpapato, era una delle due grandi potenze della società medioevale nell'Europa occidentale. Già sottoFederico Barbarossa e le vittorie deiComuni, l'Impero prese la via del declino, perdendo il reale controllo del territorio, soprattutto in Italia, a favore delle varie autonomie locali. Comuni, signori e principati comunque continuarono a vedere l'Impero come un sacro ente sovranazionale dal quale trarre legittimità formale del proprio potere, come testimoniano i numerosi diplomi imperiali concessi a caro prezzo. Dal punto di vista sostanziale l'Imperatore non aveva alcun'autorità e la sua carica, se non ricoperta da individui di particolare forza e determinazione, era prettamente simbolica.
Nel1648, con laPace di Vestfalia, fu riconosciuta ai principi feudali la pienasovranità territoriale e il diritto di stringere alleanze, purché non fossero contro l'Imperatore. Il Sacro Romano Impero si era ormai ridotto a semplice confederazione di Statide facto indipendenti. Esso continuò comunque a esistere formalmente fino al1806, quando l'imperatore franceseNapoleone Bonaparte obbligò l'ImperatoreFrancesco II a sciogliere il Sacro Romano Impero e a diventareImperatore d'Austria.
Anche laChiesa cattolica preservò certi aspetti dell'Impero romano. Per esempio lalingua latina oppure le divisioni territoriali della chiesa (diocesi), che esistevano già nell'Impero romano.
La Chiesa, inoltre, conservò alcuni aspetti della civiltà spirituale romana e li diffuse[114].
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