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Amministratore apostolico

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L'amministratore apostolico è unprelato preposto al governo temporaneo o permanente di una circoscrizione ecclesiasticacattolica a nome delPapa.[1]

Tipologie e normativa

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Si distinguono le seguenti tipologie:

Queste tipologie, ad eccezione dell'ultima, sono configurate dalla prassi più che da normative espresse dalCodice di diritto canonico della Chiesa cattolica dirito latino. Infatti, mentre il precedente codice del1917 prevedeva espressamente gli amministratori apostolicisede plena esede vacante nominatiin perpetuum vel ad tempus ob graves et speciales causas[2], il codice promulgato nel1983 ha abolito questa duplice distinzione.[3] Invece, ilCodice dei canoni delle Chiese orientali cattoliche ha una sezione dedicata esplicitamente agli amministratori apostolici.[4]

Amministratore apostolicosede vacante

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Quando una sede vescovile diviene vacante, laSanta Sede può provvedere di propria iniziativa (ad nutum Sanctae Sedis) alla nomina di un amministratore apostolico.[5] Questi governa la diocesi con tutte le facoltà proprie di unvescovo diocesano, benché in forma vicaria, ossia a nome delPapa. Tuttavia la sede ède iure vacante, perciò hanno fine gli uffici propri delvicario generale e deivicari episcopali e cessano dalle loro funzioni iconsigli presbiterali e iconsigli pastorali. Se lo ritiene opportuno, l'amministratore apostolico può confermare, in forma delegata, il vicario generale e i vicari episcopali.[6]

Non necessariamente l'amministratore apostolico è insignito delcarattere episcopale.

In talune circostanze la diocesi o una circoscrizione ecclesiastica ad essa equiparata può restare vacante per anni; in questi casi la figura dell'amministratore apostolico può assumere un carattere semi-permanente.[7]

L'amministratore apostolico ha, infine, carattere permanente nel caso di diocesi affidate in amministrazione perpetua a vescovi di altre sedi; in questi casi la diocesi amministrata è ritenuta di fatto parte integrante della diocesi che la amministra, anche se formalmente rimane una giurisdizione distinta.[8]

Amministratore apostolicosede plena

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In alcuni casi particolari o straordinari, laSanta Sede procede alla nomina di un amministratore apostolicosede plena, ossia in diocesi (o circoscrizioni ecclesiastiche equivalenti) che hanno ancora un loro proprio e legittimo vescovo. In questi casi «ilvescovo diocesano collabora, per quanto gli compete, al pieno, libero e sereno espletamento del mandato dell'amministratore apostolico».[9]

Amministratore apostolicosede impedita

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IlCodice di diritto canonico prevede l'esistenza dellasede impedita, ossia quando «il vescovo diocesano è totalmente impedito nell'esercizio dell'ufficio pastorale nella diocesi, non essendo in grado di comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani a motivo di prigionia, confino, esilio o inabilità».[10]

In alcuni casi[11] la Santa Sede può nominare un amministratore apostolico, che governa la diocesi provvisoriamente soltanto per il tempo in cui la sede è impedita.[12]

Spetta invece di diritto alla Santa Sede provvedere, quando la sede è impedita a causa di una pena canonica inflitta al vescovo diocesano.[13]

Un recente caso è quello dellaeparchia di Stryj inUcraina, dove, a causa della grave malattia che colpì l'eparca in carica, la Santa Sede nominò nel2010 un amministratore apostolicosede impedita.[14]

Amministratore apostolico di una amministrazione apostolica

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Lo stesso argomento in dettaglio:Amministrazione apostolica.

IlCodice di diritto canonico del1983 prevede l'esistenza diAmministrazioni apostoliche erette stabilmente, che, a norma del diritto, sono equiparate allediocesi.[15]

Per queste particolari tipologie di circoscrizione ecclesiastica, viene nominato un amministratore apostolico, che governa la «porzione del popolo di Dio» che gli è affidata comeordinario diocesano, benché con potestà vicaria, ossia «in nome del Sommo Pontefice».[16]

Amministratori apostolici in principati vescovili

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Dall'epoca dellalotta per le investiture, nel XI e XII secolo nel Sacro Romano Impero, i vescovi erano solitamente eletti daicapitoli delle cattedrali. I principati ecclesiastici erano monarchie elettive immediatamente soggette all'imperatore, il cui principe era il vescovo eletto dal capitolo e confermato dalla Santa Sede, e solo eccezionalmente installato direttamente dalla Santa Sede. Dopo la conferma papale i vescovi erano quindi investiti con la regalia principesca, da cui il titolo divescovo principe. Tuttavia a volte succedeva che colui che occupava la sede non riceveva la conferma papale, ma era lo stesso investito dell'autorità principesca, oppure poteva succedere il contrario, cioè era confermato dal papa ma non dall'imperatore.

I candidati eletti che mancavano dei prerequisiti canonici o della conferma papale detenevano ufficialmente il titolo di amministratore diocesano (ma nondimeno ci si riferiva comunemente come vescovo principe). Ciò avveniva nel caso di candidati cattolici che erano eletti in una sede episcopale solo per l'appannaggio, e egualmente con i candidati protestanti, che non avrebbero ricevuto in nessun caso la conferma papale.

Quando molti membri di capitoli di cattedrali si convertivano al luteranesimo o al calvinismo e ne diventavano la maggioranza, essi eleggevano come vescovo un protestante, al quale era rifiutata la conferma papale. Tuttavia, all'inizio dellaRiforma protestante, con lo scisma non ancora definito e in un periodo di incertezza, non era sempre chiaro chi era protestante, cosicché poteva accadere che alcuni candidati si dichiarassero protestanti solo dopo la conferma papale e l'investitura a principe.

In seguito ai protestanti venne negata la conferma papale, ma gli imperatori potevano lo stesso investire i candidati come principi - attraverso un cosiddetto liege indulto (tedesco: Lehnsindult) - a causa delle alleanze e dei conflitti politici nel Sacro Romano Impero, allo scopo di guadagnare degli alleati per la causa imperiale.

Molti candidati protestanti, eletti dai capitoli, non ottennero mai né la conferma papale né l'indulto, ma riuscirono a mantenere de facto l'autorità principesca. In tal caso l'imperatore avrebbe dovuto usare la forza per impedire al candidato di avere il governo della diocesi, ma spesso gli imperatori non avevano sufficiente autorità per farlo, oppure erano impegnati in altri scopi. Una situazione simile avvenne in numeroseabbazie immediatamente soggette all'impero, con i loro principi abati e badesse.

Note

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  1. ^Codice di diritto canonico,can. 371 §2.«Direttorio per il ministero pastorale dei vescoviApostolorum successores», nnº 73, 235 e 244.
  2. ^Codex iuris canonici, can. 312.
  3. ^Juan Ignacio Arrieta,L'amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney, in «Recte sapere. Studi in onore di Dalla Torre», I, Torino 2014, p. 6 e nota 21. L'attuale Codice di diritto canonico menziona esplicitamente l'espressione "amministratore apostolico" solo in due occasioni, nei cann. 409 §2 e 1018 §1.
  4. ^Can. 234.
  5. ^«Direttorio per il ministero pastorale dei vescoviApostolorum successores», nº 235.
  6. ^«Direttorio per il ministero pastorale dei vescoviApostolorum successores», nº 244.
  7. ^Per esempio, ladiocesi di Chio, vacante dal1939, o l'arcidiocesi di Rodi, vacante dal1970.
  8. ^È il caso, ad esempio, delladiocesi di Trebigne e Marcana, amministrata daivescovi di Mostar-Duvno; delladiocesi di Kilfenora, amministrata daivescovi di Galway e Kilmacduagh; e delladiocesi di Milo, amministrata daivescovi di Sira. Può essere assimilata ad un'amministrazione perpetua anche la situazione canonica particolare dellasede suburbicaria di Ostia, amministrata dalvicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma.
  9. ^«Direttorio per il ministero pastorale dei vescoviApostolorum successores», nº 73.
  10. ^Codice di diritto canonico, cann. 412-415.
  11. ^Codice di diritto canonico, can. 413:"se la Santa Sede non ha provveduto in altro modo".
  12. ^Codice di diritto canonico, can. 414.
  13. ^Codice di diritto canonico, can. 415.
  14. ^Bollettino della Santa Sede, del 20 gennaio 2010.
  15. ^Codice di diritto canonico, can. 368.
  16. ^Codice di diritto canonico, can. 371 §2.

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