Un'agiografia (letteralmente "scrittura di cose sante"), nellastoriografica, è tutto il complesso delle testimonianze che costituiscono la memoria della vita di unsanto e delculto a lui tributato: testi scritti, ma anche rappresentazioniiconografiche,epigrafi,monumenti e oggetti (quali vesti, oggetti sacri, ecc.) di vario genere comunque finalizzati alla perpetuazione del ricordo del soggetto in questione e alla promozione della venerazione nei suoi confronti.
Il fine ultimo resta l'ottenimento di unagrazia mediante la suaintercessione nella preghiera, quale presupposto della fede in Dio e dell'azione morale del credente. Alle stesse reliquie è tradizionalmente attribuito un potere taumaturgico (nei Vangeli sinottici menzionato nellaresurrezione della figlia di Giairo).
Più comunemente, il termine va a indicare soprattutto laproduzione letteraria (analizzata anche come componente importante della libertà dellaletteratura cristiana), all'interno della quale è possibile distinguere itesti narrativi (Passiones, vite, raccolte dimiracoli, relazioni su traslazioni direliquie), da quelli di carattereliturgico (martirologi e calendari) e dalla produzionepoetica einnologica. Pertanto, la letteratura agiografica è considerata e studiata a tutti gli effetti come genere letterario, e parte della letteratura e storia dei popoli europei e non.
Il termine agiografia, inoltre, va a indicare anche l'insieme degli studi critici di varia natura (da quelli più propriamentestorici a quelli di naturafilologica eletteraria) sviluppatisi in ambitocattolico a partire dall'età moderna, inizialmente nel tentativo di rispondere alle critiche nei confronti del culto dei santi scaturite dagliambienti riformati non solo sul piano della riflessioneteologica, ma anche su quello dell'analisi storico-erudita. In seguito allaRiforma cattolica l'agiografia ha assunto un nuovo significato, senza comunque perdere quelli precedenti: “disciplina avente per oggetto la santità e il culto dei santi”.
Il problema dell'attendibilità si pone negli stessi termini di ogni altra fonte, di qualsiasi epoca. La metodologia agiografica è in grado di sceverare tra le costruzioni ideali e la realtà, tra testiapologetici e narrazioni storiche.
Mentre la duplicità del significato della parola agiografia – cioè l'esposizione della vita dei santi e lo studio critico delle fonti agiografiche, dellastoria e del culto dei santi – è quasi sempre presente negli studiosi moderni, qualche autore interpreta il termine in un solo senso più specifico che normalmente corrisponde alla propria posizione agiografica riguardo all'argomento come, per esempio,Ghǖnter eGraus, che tendono il loro interesse solamente sulla produzione letteraria e per indicarne lo studio usano il termine agiografia.
Per quanto il termine italiano derivi evidentemente da un compostogreco (ἅγιος -santo eγράφειν -scrivere) il sostantivo astratto è creazione recente anche in greco: la letteraturapatristica riporta infatti il solo nome collettivoἁγιόγραφοι agiografi in sei ricorrenze (cinque in pseudo-Dionigi Areopagita e una inNiceforo).
Ma al di là di ognietimologia o definizione, la parola agiografia sottintende un'infinità di temi e di problemi che fanno affrontare l'argomento da angolature diverse: partendo dalle sue origini come forma peculiare delCristianesimo oppure inserito all'interno dellastoria delle religioni e quindi legato alle strutturepolitico-sociali del momento; dallaproduzione letteraria nei suoi legami con le strutture mentali della società, oppure nel suo rapporto con la culturafolkloristica o nelle suecomponenti inconsce; dal concetto di santità cristiana nelle sue diversificazioni storiche con particolare accento sul rapporto tra santità "popolare" e santità riconosciuta dalla Chiesa.
Tra le forme più diffuse troviamo lebiografie (vita, legenda, historia), le raccolte dimiracoli (mirabilia) e i racconti della traslazione dei resti mortali o dellereliquie.
A partire dalIV secolo, i testi agiografici vennero composti ingreco, inlatino e inslavo ecclesiastico su fontibizantine, per raccontare appunto le vite dei santi e celebrare le loro azioni miracolose. A partire dalXII secolo, essi furono scritti anche involgare.
I primi documenti agiografici in Occidente si possono far risalire al periodo dellepersecuzioni e sono compresi negliActa Martyrum, "Atti dei martiri" composti tra la seconda metà delII secolo e iltardo Medioevo. Se all'inizio gli Atti erano testi degni di fede anche se con qualche amplificazioneretorica, più tardi, quando si affermò il culto dei martiri, i testi divennero maggiormente elaborati con frequenti descrizioni di fatti miracolosi e di supplizi atroci dei martiri stessi. Non mancano le tradizioni attendibili riferite ai martiri più gloriosi, comesanta Agnese,san Lorenzo,san Sebastiano, ma la maggior parte di essi sono nel complesso delle rielaborazioni irriconoscibili.
In seguito alla pacecostantiniana del313 si sviluppò il culto dei martiri dando origine a una ricca produzione agiografica che aveva intenti edificanti, ma senza grande valore storico.
Durante il Medioevo l'agiografia assunse un carattere via via più fantastico dando origine a numerose leggende, come laLegenda aurea diGiacomo da Varagine nel mondo latino e ilSynaxdrion diSimeone Metafraste nel mondo greco.
A partire dalII secolo o dalIV, le più importantiChiese cristiane, come quella diCartagine, diRoma e diAntiochia, tenevano unmartirologio compilato in ogni sua parte e continuamente aggiornato: esso consisteva in uncalendario diviso per mesi e giorni che riportava in date precise il nome di uno o più santi e l'indicazione del luogo della loro morte. Queste liste, piuttosto scarne, vennero in seguito arricchite di tutte quelle notizie che spesso includevano, oltre al riassunto della vita delmartire o delconfessore, anche una descrizione di come era avvenuto il suo decesso.
Sono questi i cosiddetti "martirologi storici" tra cui il più famoso è quello "geronimiano", compilato nelVI secolo aRoma e falsamente attribuito asan Girolamo. Questo martirologio si rifaceva a testi redatti precedentemente inItalia, inAfrica e inGallia. In epoca più tarda ebbero poi larga diffusione altri martirologi, come quello diBeda il Venerabile, diFlorus di Lione, diAdone e quello più famoso diUsuardo la cui composizione si fa risalire all'875 aParigi.
Anche in Oriente si ritrovano, sempre in questo periodo, dei testi compilati seguendo lo stesso processo anche se la forma è quella deimenologi e deisinassari. Il più celebre tra questi è quello diSanta Sofia la "grande chiesa" diCostantino I.
Nello stesso periodo in cui si producevano i martirologi si assiste allo sviluppo di quella parte che riguarda la commemorazione del santo durante laliturgia.
Si afferma l'usanza tra ilclero di leggere, durante laMessa, una breve storia dellavita del santo di cui si celebrava ildies natalis, cioè l'anniversario della morte.
Nascono così lelegendae che erano deitesti divisi in brani narrativi incorporati nelMattutino e destinati alla lettura pubblica. All'inizio essi vennero compilati su rifacimento dei processi verbali stilati dalle autorità civili riguardanti gli atti dei martiri e in seguito, seguendo lo stesso modello, vennero redatti veri e propriracconti.
Il nomepassio («passione» inlatino;passiones al plurale) deriva dall'accezione di passione imposta dallaVulgata con la tradizione dellaPassione di Cristo, a cui si ispira la vita e l'opera delsanto di turno.Questi racconti non erano che amplificazioniromanzate dellelegendae, dove si dava più importanza all'immaginazione che alla storicità.
Gli autori delle Passiones non mancavano di dare dettagli sulla crudeltà dei boia e deimagistrati, sulla durezza deisupplizi e sulla serena resistenza che iservi di Dio opponevano ai loro persecutori. Spesso venivano esposti una serie di miracoli straordinari operati dal santo allo scopo di suscitare nei lettori e negli uditori spirito diemulazione e ammirazione.
Lo stile che caratterizza questi testi, con il comportamento dei santi presentato in modo stereotipato secondo i modelli di tantipanegirici antichi, caratterizzerà l'agiografia fino alla fine delMedioevo.
Se la Chiesa romana fino all'VIII secolo ebbe una certa reticenza di fronte alle Passiones, nell'epoca carolingia, con lo svilupparsi delculto dellereliquie, le fonti narrative dei santi entrarono di diritto nella liturgia rendendo così difficile, dopo l'anno900, la distinzione tra quei testi prodotti per la celebrazione dell'Ufficio liturgico e i "romanzi" agiografici. La vita disan Mauro, una delle più antiche agiografie esistenti in Francia, è stata scritta da un certo monaco, chiamato Fausto, discepolo del santo fondatore dell'ordine benedettino in Francia. Sarebbe stata riscritta secoli dopo dall'abate Odo di Glanfeuil dopo il ritrovamento del suo corpo, avvenuto nell'anno 843.
La maggior parte dei testi di questo periodo non hanno molto di originale e si ispirano ad alcuni testi di valore come laVita di San Martino diSulpicio Severo o laVita diSan Benedetto che si ritrova neiDialoghi dipapa Gregorio I. NellaVita di San Benedetto, scritta da papa Gregorio I, si trovano moltissimi episodi riguardanti la Vita disan Mauro, suo discepolo, sopra nominato, completati in maniera cronologica nellaVita Mauri di Fausto.
Non bisogna tuttavia disconoscerne completamente l'importanza soprattutto per l'influenza che ebbero alcuni testi di origine orientale, come leVitae Patrum (le Vite dei Padri del deserto d'Egitto) o laStoria lausiaca diPalladio di Galazia. Lo scopo comune di queste opere era quello di esaltare la pratica dell'ascetismo e di presentare ilVir Dei (l'uomo di Dio) comeprofeta etaumaturgo che compiva imiracoli per il potere che aveva acquisito con ildigiuno, lamortificazione e lapreghiera.
Risalgono all'anno Mille le più celebri raccolte di miracoli prodotte in numero sempre maggiore in precisisantuari. Esse servivano a vantare il potere del santo di cui si custodivano le reliquie e ad attrarre così più numerosi ipellegrini e quindi le loro offerte.
Si ricordaIl libro dei miracoli di santa Foy che sembra risalire al1035 eIl libro dei miracoli di san Giacomo di Campostela che risale all'inizio delXII secolo.In questo stesso periodo sono numerosi quei racconti nati intorno al ritrovamento e alla traslazione delle reliquie dovuta sia alle invasioninormanne esaracene delX secolo che provocarono spostamenti frequenti delle reliquie stesse, sia all'iniziativa presa da alcuni vescovi per rafforzare la loro potenza sulla città.
Tra il XII e il XIV secolo i testi agiografici subiscono inOccidente una notevole evoluzione.
A mutare il carattere di questi testi vi è l'insorgere di una concezione diversa della santità.
Il santo era sempre uneroe ma doveva essere soprattutto un modello da imitare da parte deimonaci, delclero e deilaici. Pertanto, mentre nell'Alto Medioevo i santi erano per lo più nobili o reputati tali, nelXII secolo emersero inItalia figure di santi che possedevano umili origini. Si ricorda ad esempiosant'Omobono (morto nel1197) che era un semplice sarto diCremona e che vennecanonizzato dapapa Innocenzo III nel1199.
Maria Maddalena, in una drammatica immagine popolare di penitenza dipinta da Ary Scheffer del XIX secolo
Con lo sviluppo, inoltre, dellaspiritualità penitenziale, il santo diventa un essere perfetto mediante una conversione, tanto più importante se costui era stato precedentemente un peccatore come nel caso diMaria Maddalena,Pelagio oAgostino.
Con l'influsso dei monacicistercensi e in particolare degliOrdini mendicanti, la dimensione pastorale dell'agiografia si andò accentuando e con le "Vite dei santi" si cerca di dare dei modelli di comportamento ai fedeli in un'epoca in cui le masse erano attratte daicatari e daipredicatori valdesi.
Tra i testi più significativi di questo periodo vi è laVita della beghina Maria di Oignies (morta nel1213) che fu composta nel1215 daGiacomo di Vitry, il quale diventerà in seguitovescovo ecardinale.
A partire dal1230 circa si iniziò a considerare la perfezione dei santi non tanto dai miracoli fatti ma dallo stile di vita che doveva concludersi in un processo diimitazione di Cristo anche nelle caratteristiche fisiche, come nel caso diSan Francesco. Fu questo il primo santostimmatizzato del quale vennero scritti, tra il1229 e il1255, la vita e i miracoli.
Alcuni domenicani, comeGiacomo da Mailly eBartolomeo da Trento, compilarono dei compendi di leggende, chiamatiFlores Sanctorum, da mettere a disposizione delclero parrocchiale essendo difficile poter accedere ai "leggendari" posseduti dalleabbazie e decorati con magnificheminiature.
La legenda aurea del domenicanoGiacomo da Varagine, che venne composta verso il1260 in Italia fu senza dubbio il più importante di questi testi. L'opera ebbe molto successo fino alla metà delXVI secolo e, nel corso delXIV secolo fu tradotta in tutte le lingue del mondo cristiano (esistono ancora oggi oltre millemanoscritti latini di quest'opera). Essa veniva utilizzata sia dagliecclesiastici per i lorosermoni, sia dailaici come lettura edificante e divenne anche fonte di ispirazione per molti artisti per leiconografie dei santi negli ultimi secoli del Medioevo.
Durante il XIII e l'inizio del XIV secolo apparvero delle vere biografie mistiche che cercavano di ricostruire la vita interiore dei santi con tutte le più rilevanti manifestazioni della loro devozione. Esempi significativi di questo genere di testi furono, nelXIII secolo, le vite delle sante beghine deiPaesi Bassi e in Italia quella diSanta Margherita da Cortona e diSanta Caterina da Siena, nonché il Libro della beataAngela da Foligno.
Alla fine del Medioevo la letteratura agiografica era diffusa in ogni ambiente e comprendeva spesso anche dellefavole su personaggi misteriosi e dellebiografie spirituali.
Questi testi, così numerosi e non ancora completamente inventariati per quanto riguarda la produzione in lingua volgare, costituiscono uno strumento assai prezioso per comprendere e analizzare la spiritualità e la mentalità del Medioevo.
L'agiografiabizantina è composta da numerosi testi che appartengono a differenti generi letterari che hanno però la comune caratteristica di commemorare e glorificare i santi.
Prima dellacristianizzazione dell'Impero, nelperiodo protobizantino, la produzione di testi agiografici, man mano che si sviluppava il culto dei santi, fu enorme.
Si distinguono diversi generi letterari: glielogi, le vite dei santi, le raccolte dimiracoli, le descrizioni dei ritrovamenti e delle traslazioni direliquie; non manca lapoesia liturgica, di cui un importante esempio sono lekontakia delVI secolo, tipo di componimento inventato daRomano il Melode.
A seconda dei tipi di santità celebrata venivano dedicati scritti di forma differente.
Ai martiri venivano dedicati gli "Atti" (praxeis) o le "Passioni" (martyrion), come nel caso della Passio diSanta Febronia diNisibis. A volte questi scritti assumevano forme di testo diverse, come nel caso delmartirio di Policarpo o nelmartirio dei cristiani di Lione redatti sotto forma di lettere.
Sant'Antonio abate
Ai santi monaci o ai santi vescovi venivano invece dedicate le "Vite" (bios, bios kai politeia) che potevano subire un'ulteriore variante secondo il tipo di vita monastica seguita. Come esempio si può riportare la "Vita diSant'Antonio abate" scritta daAtanasio che già dal IV secolo ci forniva un classico esempio di vitaanacoretica, oppure opere, come la "Vita diPacomio" o la "Vita disan Dositeo", piùcenobitiche. Non mancano tra queste opere alcuni esempi distilicismo dove sono rappresentate alcune forme spettacolari dell'ascesi:Vita di Simeone lo Stilita il Vecchio del V secolo o quella diSimeone il Giovane del VI secolo.
Una distinzione deve essere poi fatta sulla base della storicità dei documenti. Mentre infatti alcuni "Atti" dei martiri hanno buone garanzie di essere autentiche, altri fanno parte della categoria delle Passionileggendarie.
Anche l'agiografia monastica produsse accanto a narrazioni di carattere storico anche quelle che avevano come unico scopo quello di evidenziare e "pubblicizzare" un certo tipo di santità da un capo all'altro dellacristianità. Si può ricordare come esempio laVita di San Pelagio nel VI secolo e laVita di Maria Egiziaca nel VII secolo.
La maggior parte delle opere prodotte sonoanonime opseudoepigrafiche ma alcuni agiografi meritano di essere ricordati, comeCirillo di Scitopoli vissuto nel VI secolo che scrisse setteVite di monaci di Palestina o nel VII secoloLeonzio di Neapolis con le sue due opere,Vita di Giovanni l'Elemosiniere, patriarcad'Alessandria e laVita di Simeone il Folle per Cristo.
Fino alla conquista degliArabi la produzione di queste opere fu intensa, creativa, geograficamente estesa e soprattutto ampialinguisticamente venendo infatti utilizzato sia ilgreco, come ilcopto e ilsiriaco. Le opere, a seconda della lingua utilizzata, potevano essere destinate a un pubblico colto o, molto spesso, a uno più umile.
Nel VII secolo, con la conquista araba, inizia ilperiodo mediobizantino e l'Impero perde le sue province orientali che continuano però a produrre agiografie e, come nel caso di alcuni testipalestinesi scritti in lingua greca, si vengono a conoscere i nuovi martiri vittime degli arabi.
La polemica iconoclastica (730-787,815-843) ebbe indubbiamente un ruolo importante nella diminuzione della produzione agiografica nell'VIII secolo e all'inizio del IX essendo gli iconoclastici ostili a certe forme di culto dei santi.
L'iconoclastia divenne l'occasione per gliiconofili di scrivere le "Vite" di coloro che confessavano lafede nelle immagini secondo il modello delle antiche "Passioni" come laVita di santo Stefano il giovane scritta tra le due crisi iconoclastiche.
In questo periodo abbondarono leVite monastiche e, soprattutto dopo l'843, esse furono di ottima qualità e permettono di seguire lastoria dei grandi centri monastici. Si ricorda laVita diTeodoro Studita per Costantinopoli, levite di santi monaci stabiliti inBitinia, comesan Giovannizio e nelX secolo ilLathros e l'Athos tra cui la vita disant'Anasio di Lavra scritta dopo l'anno mille e che è da considerarsi senza dubbio la migliore.
Nel secoloIX eX a Bisanzio vennero raccolte, in grandi collezioni, le opere agiografiche dei secoli passati. Nacquero, così, dei grandimanoscritti agiografici che secondo l'ordine del calendario raccolgono le Vite dei santi.
Inoltre, larinascita culturale che avvenne in questo periodo rese insopportabile il basso registro linguistico con cui erano state scritte queste opere che vennero riscritte in uno stile più elevato creando così il fenomeno dellametafrasi. Tra i più conosciuti rappresentanti di questo nuovo genere ci fuSimeone Metafraste dettoLogoteta il cui Menologio, che sostituiva i Menologi antichi, fu molto diffuso.
Nell'XI secolo il modello che dominava per scrivere la vita dei santi era ancora quello della vita monastica e tra le più famose celebrazioni si ricordano quelle diMichele Psello:Vita disant'Aussenzio e ilPanegirico di Nicola.
Nel frattempo comincia a evolversi un modello di santità differente che non condivide il cenobitismo studita, le forme ufficiali del culto dei santi o i rapporti tra vitamistica eteologia. Il principale esponente di questa "scuola" èSimeone il nuovo teologo conosciuto per i suoi scritti ma soprattutto per la sua "Vita" scritta da un suo discepolo,Niceta Stetato.
NelXII secolo vicino ai santi più tradizionali continuano a essere presenti santi originali comeNeofito il Recluso,Melezio il Giovane,Leonzio di Gerusalemme e, tra i più noti,Cirillo Fileota (Vita di Nicola Catascepeno) che era unesicasta laico, sposato e padre di famiglia che si fece monaco quando era avanti negli anni, fece dei miracoli e divenne consigliere dei grandi.
Il XIV e l'inizio del XV secolo vedono trionfare l'agiografia esicasta che esalta i protagonisti dellacontroversia esicasta. Accolta dall'agiografia esicasta si sviluppa in questo periodo il culto delpatriarcaAtanasio di Costantinopoli che cercò di riformare la Chiesa all'inizio del XIV secolo e le cui reliquie hanno compiuto delle guarigioni.
Il modello agiografico di quest'epoca è in prevalenza palamita.Niceforo Gregora, che fu uno tra i principali avversari del movimento, si dedicò alle opere agiografiche scrivendo la vita dello zioGiovanni di Eraclea che, da funzionario dell'Impero, era diventato monaco ed, in seguito, vescovo vivendo in umiltà e povertà.
Negli ultimi anni dell'impero, a metà del XV secolo, nascono delle forme di santità più eroiche. Annoverato tra i santi vi è infattiMarco Eugenico,metropolita di Efeso, per aver salvaguardato il suo gregge sotto l'Impero ottomano e per essersi opposto al decreto di unione delConcilio di Firenze, eMacario Makres che esortò al martirio i cristiani in terra d'Islam tentati dall'apostasia.
L'agiografia della fine dell'Impero bizantino, per la sua insistenza sull'ascesi, i miracoli, la preghiera interiore e il martirio, ritrova dopo secoli di conformismo sociale e politico l'entusiasmo dei primi secoli.
L'agiografia critica è un ramo dellascienza storica e i suoi metodi sono gli stessi che si applicano agli argomenti riguardanti la storia: parte essenziale del suo compito è lo studio deidocumenti e la ricerca dellefonti.
Qualunque discorso venga fatto sull'agiografia come scienza storica non può non partire dai Bollandisti (dal nome diJean Bolland (1596-1665)) membri di un collegio di dottigesuitibelgi, costituitosi nella metà delsecolo XVII per pubblicare gliActa Sanctorum, collezione di vite dei santi, ordinati per giorno secondo il martirologio, che si dedicano a trattare scientificamente i problemi storici fondamentali della complessa disciplina.
La concezione dell'opera, che è appunto incentrata sulla raccolta ed edizione degli Acta sanctorum, è importantissima nella storia della cultura soprattutto per la continuità che permette così di distinguere le diverse epoche dell'opera e i diversi livelli degli storici che vi hanno contribuito.
Ma, prima che al Bolland, la concezione dell'opera va attribuita al gesuitaHeribert Rosweyde o Roswey (1549-1629) che comprese per primo la necessità di compiere un lavoro storico sui santi, che avrebbe permesso di eliminare dallanarrazione delle loro vite tutti quegli elementiapocrifi e quelli che contrastavano con lafede.
Egli, neiFasti Sanctorum del1607, esponeva il piano dell'opera futura, che avrebbe dovuto essere composta in 18 volumi con lo scopo di redigere per ogni santo "vitam genuino suo penicillo depictam"[1].
Nella prefazione dei Fasti, Rosweyde dichiarava apertamente l'importanza di uno studio storico-critico sui santi e sulle espressioni del loro culto, Vite e Passioni, nei confronti di una culturaumanistica epaganeggiante ma soprattutto nei confronti di queiprotestanti, che l'autore chiama "eretici", che avevano disprezzato e schernito i santi, i martiri e i confessori.
Ma a frenare, al momento, il progetto del Rosweyde sarà proprio laChiesa che con ilcardinaleBellarmino opponeva le sue riserve rispondendo alla prefazione con alcune obiezioni e in particolare che tra le Vite di santi così come erano nella loro originaria integrità, ci fossero "multa...inepta, levia, improbabilia quae risum potius quam aedificationem pariant".
Chiaramente preoccupato per quello che una nuova impostazione nello studio dei Santi poteva comportare per la Chiesa, il Bellarmino consigliava un tipo diverso di lavoro, cioè quello di pubblicare le storie trascurate dalle prime grandi raccolte della Vita dei santi, come quelle delLippomano o delSurio, e addirittura di pubblicare la redazione originaria di opere falsate dal Surio "modo id cum delectu et prudenter fieret".
Il Rosweyde rispose con fermezza a queste proposte e a chi obiettava "multa fabulosa et digressiones in vitis sanctorum originalibus occurrunt, quae non videntur ita edenda" rispondeva: "In hoc sequetur doctiorum judicium et censorum sententiae se conformabit. Nec enim statuit bene a Surio recisa rursus inserere, sed acta martyrum et vitas sanctorum ad germanum et genuinum stylum revocare, ut sua antiquitati et sinceritati stet fides".
Il merito del vero inizio della pubblicazione si deve aJean Bolland e aGodfried Henschen (1601-1681) che nel1643 esposero nella prefazione al I volume di gennaio degli Acta Sanctorum, in modo strutturato, l'originale progetto del Rosweyde dove si chiariva il metodo di critica agiografica da seguire: bisognava pubblicare le Vite dei santi precedute da uno studio sull'epoca degli autori e dei santi stessi, sul luogo e la data di morte, sulla loro stessa esistenza, e quindi sull'autenticità o meno delle opere a loro relative. Inoltre, si fissa per sempre il criterio di scelta dei santi e dei beati da inserire negli Acta e cioè quelli con culto approvato dallaSanta Sede o con culto molto antico, con un chiaro riferimento al decreto diPapa Urbano VIII del1634 con il quale venivano stabiliti in modo definitivo i criteri e le norme giuridiche dellacanonizzazione.
I Bollandisti ritorneranno a ribadire la validità delle loro impostazioni di metodo diversi anni dopo nelProemium de ratione totius operis che formava la premessa al volume VII di ottobre. In quel periodo, intanto, vi era stata una violenta reazione dovuta agli studi delPapebroch (1628-1714) del quale va ricordata soprattutto la polemica relativa alCarmelo di cui il Papebroch aveva messo in dubbio l'origine tradizionale delprofetaElia. La polemica ebbe grosse conseguenze ecclesiastiche che giunsero fino alla condanna dell'Inquisizione spagnola ma furono anche occasione per ribadire alcune posizioni di principio.NellaResponsio di Papebroch viene, tra le altre cose, ribadita la necessità di ristabilire la verità storica a proposito delle Vite, perché ciò non voleva dire un rifiuto del culto dei santi e di tutte le manifestazioni, ma era condizione necessaria perché esso diventasse, senza nessun equivoco, patrimonio della Chiesa garantendolo dallasuperstizione. Si chiarisce dunque meglio, in questa occasione, che la santità poteva essere tale solo se riconosciuta dalla Chiesa e purificata da superstizioni popolari.
Nelle opere agiografiche di solito vi è unafabula che è costituita da motivi abbastanza limitati e che vengono combinati in unintreccio poco complesso che segue degli schemi fissi e ricorrenti:
il corso storico e l'evoluzione della Chiesa che vi corrisponde, con la storia dei martiri nei primi secoli delCristianesimo, in seguito dimonaci evescovi;
il territorio e l'ambiente, che può essere o la società occidentale o quella orientale;
le finalità specifiche di ogni scritto, come la propaganda di un santuario oppure la proposta di una vita da imitare.
Di solito le opere agiografiche sono composte di due parti: una prima parte che serve a descrivere la fase di preparazione in cui il santo ottiene, con l'ascesi, il distacco (simile alla funzione di allontanamento individuata daPropp nellafiaba) dalla natura (con il superamento degli interessi mondani che avviene spesso con l'allontanamento dalla casa paterna) e le prove a cui il santo è sottoposto, come la fame, la sete, le tentazioni e una seconda parte che narra la sua attivitàmagico-miracolistica.
Le opere agiografiche, di quell'epoca, non intendono narrare vicende verosimili, pertanto, non hanno un carattere realistico ma fortemente simbolico e i gesti che il Santo compie esprimono, pertanto, un potere che va al di là della loro portata reale.
Questo carattere simbolico si lega al finalismo che sottende il testo agiografico. Il personaggio viene rappresentato non solo come positivo ma predestinato alla santità e, quindi, alla glorificazione e tutto quello che lo riguarda, dai sogni premonitori della madre, alle caratteristiche dell'ambiente in cui nasce, segue unoscript ben preciso.
Come nellafiaba, lo spazio è vissuto con straordinaria facilità e gli spostamenti che il personaggio protagonista compie, corrispondono alla "crescita" religiosa del personaggio.
Allo stesso tipo di esigenza corrisponde la collocazione dei fatti nel tempo che segue non tanto un ordine cronologico, quanto lo sviluppo della "sacralità" del personaggio.
Lo studio dei testi agiografici dell'epoca permette di considerare gli stessi come documenti importanti per poter ricavare sia lastoria della società, sia per poter procedere a una ricostruzione della medesima dal punto di vistaantropologico.
Nei testi agiografici si riscontrano particolari di quel vivere quotidiano che normalmente lastoriografia dell'epoca trascurava, come i segni del sovrannaturale che presentavano l'eccezionale e l'inspiegabile.
Bisogna però tenere presente che, essendo l'agiografiasimbolica, segue anch'essa ben precisi modelli culturali.
Un esempio può essere quello dell'alto numero di guarigioni operate dai santi nei confronti dei lebbrosi, dei ciechi e dei paralitici nei testi dell'agiografia bizantina che può essere interpretata come indice di frequenza di queste malattie nelMedio Oriente ma che può dipendere, anche, dal modelloevangelico al quale questeVite si rifanno e che attribuiscono ai santi i miracoli operati daGesù.
Il componimento agiografico è, peraltro, utile anche per la ricostruzione di una data società.
Infatti, dal quadro dei valori, cioè dei comportamenti e dei costumi che vengono proposti come modello dell'agire del personaggio, si risale facilmente allerappresentazioni collettive, come le idee e le immaginazioni, di una società piuttosto che un'altra.
Oggi gli studiosi dell'agiografia sono concordi nell'affermare che il culto dei santi, e in particolare i testi agiografici, sono un prodotto della culturaclericale, cioè dotta, destinato alla diffusione fra le masse popolari, come sostieneFrantišek Graus[2].
Lo studioso, infatti, afferma che non è vero, come spesso si è affermato, che il popolo abbia creato laleggenda agiografica e che il suo contributo al culto dei santi nel primo Medioevo è modesto dove non si è trattato di trasferire in modo meccanico usanze più antiche ai nuovi santi.
Il popolo comune, sempre sostiene il Graus, trasferì spesso a santi cristiani usanze e, a volte, anche racconti più antichi, ma il culto cristiano di questa epoca "non era assolutamente una creazione popolare... erano creazioni del clero, in particolare, di quello dei monasteri".
Sembra, pertanto, che gli autori di queste opere agiografiche avessero degli scopi intenzionali riguardo al pubblico, soprattutto di propaganda in rapporto a esigenze locali (il culto di un santo è, infatti, maggiormente legato a un luogo sacro specifico, come un monastero o un santuario).
Si può, quindi, concludere dicendo che la produzione di testi agiografici fu uno strumento tipico diacculturazione anche se, sempre come afferma il Graus, nel culto dei santi confluiscono credenze popolari più antiche che rivelano elementi di una cultura tradizionale e profonda, differente da quella ufficiale cristiana come dallacultura ufficiale precedente, cioè quella greco-romana.
^František Graus,Le funzioni del culto dei santi e delle leggende, in "Agiografia medievale", a cura di S. Boesch Gajano, Bologna, Il Mulino, 1976, pp.159-160
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