Spesso, il termine viene utilizzato per designare un ristretto sottogruppo di un sovraordinatogruppo o categoria sociale, al quale sottogruppo viene attribuita una specifica o generica superiorità rispetto alla restante parte delcorpo sociale di riferimento[1]; il consenso a tale attribuzione può essere più o meno generale e, al limite, circoscritto agli stessi membri dellaélite.
Benché il termine sia intrinsecamente elogiativo, quando è adoperato da coloro che non ne condividono l'attribuzione, esso assume un connotato dispregiativo (ad esempio: le "auto-nominateélite"); ma, nella sua fisiologia, la definizione è in rapporto con quella dilegittimità del potere e con l'autorevolezza del suo esercizio[2].
Adoperato genericamente in un contestoculturale opolitico, indica la ristretta cerchia di persone che vi ha un ruolo predominante rispetto al resto della popolazione[3].
In ambito militare o di polizia, icorpi d'élite sono quelli con funzionalità e addestramento specifici e di prestigio superiore.
Stante la rigidità nella circolazione delleélite registratasi in passato[4], ilfascismo ha offerto la possibilità di «predicare un "elitismo popolare". Ogni cittadino appartiene al popolo migliore del mondo, i membri del partito sono i cittadini migliori, ogni cittadino può (o dovrebbe) diventare un membro delpartito. Ma non possono esserci patrizi senza plebei. Illeader, che sa bene come il suo potere non sia stato ottenutoper delega, ma conquistato con laforza, sa anche che la sua forza si basa sulla debolezza delle masse, così deboli da aver bisogno e da meritare un "dominatore"[5].
Nel dopoguerra l'antipolitica teorizza la possibilità di fare a meno di un'élite politica, continuando "così a chiedere risposte allapolitica proprio mentre la priviamo degli strumenti per darcele. La presenza di un'élite è condizione necessaria – ancorché non sufficiente – di un'azionepolitica e amministrativa minimamente sensata. E che un'élite non è un insieme casuale di persone più o meno competenti (...) ma una creatura storica complessa e delicata, che per nascere e svilupparsi ha bisogno di tempo, risorse, regole, fiducia, valori e linguaggi condivisi. Un'élite assomiglia insomma parecchio a quella cosa detestabile che chiamiamo «casta»: non è facile distinguere l'una dall'altra, tanto gli aspetti positivi dell'élite e quelli negativi dellacasta sfumano gli uni negli altri"[6].
^Kaare Svalastoga,Elite and Social System, Acta Sociologica, Vol. 12, No. 1 (1969), pp. 13-19.
^Nell'anticaRoma, ad esempio, "il popolo accettava il sistema repubblicano come legittimo; senza questo consenso, esso non avrebbe potuto sopravvivere così a lungo. Pertanto, la politica romana non può essere intesa correttamente senza comprendere come si ottenesse questo consenso - evitando di ritenere che l'élite potesse ignorare il popolo o imporgli l'obbedienza. Il consenso popolare non era meramente passivo; esso si esprimeva nelle votazioni. Votare nelle assemblee popolari era una componente vitale del sistema - niente affatto una mera «facciata» o «sciarada». Le votazioni popolari consegnavano ai membri dell'élite gli altissimi premi per i quali essi competevano; ed è principalmente per questa ragione che gli aspetti elitisti e popolari della politica repubblicana erano inestricabilmente intrecciati": Alexander Yakobson, Adolfo La Rocca,Il popolo romano, il sistema e l'"Élite": Il dibattito continua, Studi Storici, Anno 47, No. 2, Ricostruzioni di una repubblica (Apr. - Jun., 2006), p. 381.
^Fabio Grassi Orsini,Classi dirigenti ed élite politiche nella storia d'Italia, Ventunesimo Secolo, Vol. 8, No. 19, Classi dirigenti ed élite politiche nella storia d'Italia (Giugno 2009), pp. 11-30.
^Luca Verzichelli,Mutamento e continuità nell'élite parlamentare repubblicana, Ventunesimo Secolo, Vol. 8, No. 19, Classi dirigenti ed élite politiche nella storia d'Italia (Giugno 2009), pp. 51-72.
^CosìGiovanni Orsina,PERCHE' LA POLITICA HA BISOGNO DI UNA ÉLITE, La Stampa, 22 dicembre 2016: vi si ricorda anche che, nel 1922,Ortega y Gasset scrisse che «È un errore madornale» saltare dal fallimento di un’élite alla conclusione che si possa fare del tutto a meno di qualsiasi élite, in virtù magari di «teorie politiche e storiche che presentano come ideale una società esente di aristocrazia». «Poiché questo è positivamente impossibile», concludeva il filosofo, «la nazione accelera la sua parabola di decadenza».
Giorgio Sola,Élites, teoria delle, inEnciclopedia delle scienze sociali, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1993.URL consultato il 3 febbraio 2016.
Giorgio Sola,Elites, inEnciclopedia del Novecento, III Supplemento, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2004.URL consultato il 3 febbraio 2016.