Sapienza
LaSapienza (ebraico חכמה,Hohmàh;greco Σοφία,Sophìa;latinoSapientia) è un concetto centrale nella religione ebraica e cristiana. Può avere due distinti significati che non sono però mutualmente esclusivi:
- in ambito morale e sociale, indica l'insieme di norme che guidano il comportamento umano e le relazioni interpersonali. In questo caso si parla più propriamente di saggezza, ed è significativo il paragone con laMaat egizia e la frònesis (φρόνησις) greca. La tradizione ebraica l'ha fatta coincidere con laToràh, la Legge;
- in ambito trascendente, indica l'entità teologica che ha ordinato lacreazione di Dio e/o mantiene stabile e regolare il cosmo. In questo senso è affine al concetto greco dilogos, che la tradizione cristiana ha identificato conGesù, verbo-logos di Dioincarnato.
NellaBibbia è presente ilLibro della Sapienza ad essa dedicata, ma compare anche in altri libri dell'Antico Testamento, in particolare quelli che la tradizione cattolica ha indicato comeLibri sapienziali.
La Sapienza extrabiblica
Testi
A partire dal1800, la scoperta di testi dellaMesopotamia e dell'Egitto ha mostrato affinità tra la sapienza biblica e quella prodotta da queste culture.
Un primo modo di indagare sapientemente il cosmo è attraverso le liste, dove sono riportati nomi e categorie delle cose. Questa indagine tassonomica, propria di sumeri ed egiziani, è attribuita anche aSalomone: "Parlò delle piante, dal cedro del Libano all’issòpo che sbuca dal muro; parlò delle bestie, degli uccelli, dei rettili e dei pesci" (1Re5,13).
Più evoluto è l'insieme di sentenze redatto da un qualche scriba, composte in forma di proverbi circa la condotta da tenere nella vita e nel lavoro. Il testo più antico sono le sumericheIstruzioni di Shuruppak (metà III millennio a.C.). In Egitto cf. le varieIstruzioni: di Ptah-Hotep (metà III millennio a.C.); di Merikare (XXII secolo a.C.); di Ani (metàII millennio a.C.); diAmenemope (1000-600 a.C.); di Onkh-Sheshonq-qy (V secolo a.C.).
A un livello formale ancora più evoluto si trovano monologhi, dialoghi e drammi che hanno per oggetto temi sapienziali. In Egitto, laDisputa sul suicidio (fine III millennio a.C.); laNovella del contadino loquace (inizio II millennio); laSatira dei mestieri (inizio II millennio, dove viene elogiato il mestiere dello scriba, cf.Sir38,24-39,11). In Mesopotamia, tra gli scritti accadici cf. laFavola del tamerisco e della palma (1700-1600 a.C.); il monologoLudlul bel nemeki ("Voglio celebrare il signore della sapienza", che presenta un giusto sofferente tipo Gb, 1500-1200 a.C.); ilDialogo pessimistico tra un padrone e il suo servo (poco prima del 1000).
In epoca contemporanea alla formazione della Bibbia, cioè nelI millennio a.C. -I secolo d.C., si segnalano leOpere e i giorni di Esiodo (VIII secolo a.C., dove sono esaltati i valori del lavoro); la storia di Achikàr (VI-V secolo a.C., forse composta inaramaico); leSentenze del giudeo-ellenista Focilide (fineI secolo a.C. - inizioI secolo d.C.) e il coevo brano di3Esd 3,1–5,5;Pirqè 'avòt ("sentenze dei Padri",II secolo d.C.); leDue vie (raccolta ebraica ripresa nellaDidachè, 2,2–6,1, nellaLettera di Barnaba, 18-20, nellaDottrina dei dodici apostoli); leSentenze di Sesto (di origine pagana ma cristianamente interpretate nel II secolo d.C.); gliInsegnamenti di Silvano (II-III secolo d.C.); la raccolta delPapiro Insinger (Egitto,I secolo d.C.).
Citazioni nell'Antico Testamento
Questi i principali passi dell'Antico Testamento dov'è evidente la derivazione o citazione di sapienze extrabibliche:
- i saggiarabi eidumei erano rinomati (Ger49,7;Bar3,22-23;Abd8);
- Giobbe e i tre saggi suoi amici vivono inEdom ("terra di Us",Gb1,1);
- l'autore diTobia conosceva lasapienza di Achikàr (Tb1,21-22;Tb14,10);
- laSapienza di Amenemope ha affinità conPr22,17-23,14;
- sempre in Pr sono citate leParole di Agur (30,1-14) e leParole di Lamuel (31,1-9), entrambi originari diMassa, una tribù dell'Arabia settentrionale (Gn25,14);
- numerosisalmi sono attribuiti aEman e aEtan, saggi diCanaan, secondo1Re5,11;
- la persona delprofeta Daniele (דניאל) può essere la storicizzazione di un saggio ugaritico con nome affine דנאל (senza la "yod", reso Danel, Danil, Dnil, Dn-El), citato nelPoema di Aqhat (XIV secolo a.C.), e al quale possono essere riferitiEz14,14.20;28,3.
Concetti
Oltre a figure di saggi e raccolte di detti, sono diversi i concetti extrabiblici che mostrano affinità, o talvolta anche influenza, sulla sapienza biblica:
- nell'Egitto classico, la deaMa'at, figlia di Ra, assicura l'ordine cosmico e l'armonia nei rapporti umani, che devono essere improntati su giustizia e bontà. È possibile che abbia influenzato la descrizione della Sapienza diPr8, che però non arriva a farne una divinità;
- nell'Egitto ellenista le prerogative di Ma'at sono assunte dalla deaIside, ed è possibile che di questa mediazione ne risentaSir24 eSap7-9;
- nella Grecia classica, i sofisti ("sapienti") vedevano la sapienza in particolare come l'arte di vivere in equilibrio e con avvedutezza circa la vita quotidiana e la politica. Anche Platone la intese come un sapere razionale relativo all'azione virtuosa, coincidente di fatto con prudenza, giustizia e saggezza (φρόνησις,frònesis).[1] FuAristotele a distinguere saggezza e sapienza: mentre la saggezza è "l'abito pratico razionale che concerne ciò che è bene e ciò che è male per l'uomo",[2] relativo anche alle contingenze storiche, il sapiente "deve sapere non solo ciò che deriva dai principi ma essere nel vero anche attorno ai principi",[3] occupandosi dunque di un sapere assoluto e necessario.
- sempre nella Grecia classica, il concetto diLogos presenta alcuni tratti che saranno ripresi dalla tradizione cristiana. SecondoEraclito, "tutte le leggi umane si alimentano di una sola legge divina (il logos), perché questa domina tutto ciò che vuole e basta a tutto e prevale su tutto".[4] Significato affine è dato dallostoicismo, secondo il quale "il logos è il principio attivo che è nella materia, cioè Dio. Esso è eterno e attraversa la materia, è l'artefice di ogni cosa".[5]
Nell'Antico Testamento
Neltesto masoretico la radicehkm (חכמ) viene usata 318 volte, alle quali bisogna aggiungere un'altra cinquantina di casi nei frammenti ebraici diSir. Le ricorrenze sono concentrare nei libri sapienziali:Gb,Pr,Qo,Sir. Altri termini affini, e talvolta interscambiabili, sonoda'at,binàh,musàr, e altri ancora (cf.Pr1,2-4;Pr8,12.14;Gb12,13;Is11,2). Contrario del sapiente è lo stolto (kesìl e affini). Nella traduzione greca dell'Antico Testamento, laLXX, che comprende anche ilLibro della Sapienza, il termine adottato è prevalentemente sofìa (σοφία), affiancato dagli affinignòsis,sìnesis,paideìa.
Il significato della Sapienza nell'Antico Testamento può essere ricondotto atre diversi ambiti, idealmente considerabili come "gradini" successivi del cammino dellarivelazione:
- come sapienza-saggezza pratica, relativa alla vita e alle relazioni umane;
- come personificazione della Legge ebraica, che regola i rapporti umani e anche il legame con Dio;
- come personificazione cosmica, separata da Dio ma da lui creata o derivata, che regola l'universo nel suo divenire e anche l'azione degli uomini nel cammino della santità.
La sapienza pratica di Salomone
Figura saggia per eccellenza dell'Antico Testamento è il reSalomone (cf. ancheMt12,42). Contrapposto in particolare al padreDavide, capo carismatico e condottiero militare, Salomone fu prevalentemente un re pacifico (shalom), che chiese fin dall'inizio del suo regno "un cuore saggio e intelligente" (1,7-12) per governare il suo popolo con prudenza ed equità. Fu in particolare un giusto giudice (cf. il famoso "giudizio salomonico" di1Re3,16-28), amministratore (1Re4,1-5,8;1Re9,15-24), costruttore del tempio (1Re5,15-8,66).
È verosimile che, per realizzare l'apparato burocratico statale, sia stata realizzata una scuola superiore di amministrazione, dove i giovani quadri potevano conseguire un'adeguata formazione pratica e culturale per la vita statale e di corte. Nel contesto di tale fervore culturale devono essersi fatti sentire in Giudea gli influssi dell'Egitto (la prima moglie di Salomone fu una figlia del faraone,1Re3,1) e della Mesopotamia, che condussero il re all'idolatria.
L'affermazione biblica per cui Salomone "pronunciò tremila proverbi e le sue odi furono millecinque", oltre alle catalogazioni (1Re3,12-13), va verosimilmente collegata a quest'opera di formazione che non alla diretta e personale produzione artistica del re. La tradizione successiva gli ha comunque attribuitoCt,Qo,Sap, parte diPr (10,1-22,16; 25-29) e due Salmi (72; 127). Questa produzione e divulgazione sapienziale a livello colto e aristocratico non deve però far dimenticare che la maggior parte dei proverbi antichi, biblici o extrabiblici, non ha nulla a che fare con la vita di corte, ma va ricondotta a un'origine orale e popolare.
La Sapienza come personificazione della Legge
Per i secoli successivi la figura della sapienza e del sapiente appare relativamente anomala nel quadro religioso ebraico. Il sapiente, di per sé, non è né capo, né sacerdote, né profeta. Le sue massime e i suoi insegnamenti non sono direttamente religiosi, né direttamente relativi a o riconducibili a Dio, per quanto ilibri sapienziali fossero consideratiispirati.
Pochi secoli prima dell'era cristiana si tenta così di chiarire lo statuto ontologico-religioso della sapienza, personificandola e facendola coincidere con laToràh, la Legge, propria solo delpopolo d'Israele: cfr.Bar4,1-4 (II secolo a.C., in particolare: "Essa (la Sapienza) è illibro dei decreti di Dio e lalegge che sussiste in eterno") eSir24,8-12.23 (190-180 a.C., in particolare: "Allora ilcreatore dell'universo mi diede un ordine [...]: Fissa latenda inGiacobbe e prendieredità inIsraele").
La Sapienza come personificazione cosmica
Altri passi dell'Antico Testamento presentano una personificazione della Sapienza, che però non viene a coincidere con la Legge di esclusivo possesso del popolo ebraico, ma come un'entità cosmica che regola e regge l'intero universo.
Nell'elogio della Sapienza diGb28, che mal si accorda col piano del libro e lascia pensare a un'aggiunta successiva (forse delIV-III secolo a.C.), viene sottolineata la trascendenza e l'estraneità e della Sapienza dalla sfera dell'agire umano (cf.Gb28,13: "L'uomo non ne conosce la via, essa non si trova sulla terra dei viventi";Gb28,21: "È nascosta agli occhi di ogni vivente") e il suo stretto legame con Dio (cfr.Gb28,23: "Dio solo ne discerne la via, lui solo sa dove si trovi"). Sembra aver avuto però un ruolo nella creazione: "Quando (Dio) diede al vento un peso e delimitò le acque con la misura, quando stabilì una legge alla pioggia e una via al lampo tonante, allora la vide (la Sapienza) e la misurò, la fondò e la scrutò appieno" (Gb28,25-27). La Sapienza dunque appare distinta sia da Dio che dal cosmo, e appare come una sorta di astrazione dell'ordine cosmico, come il piano concepito da Dio nell'organizzazione dell'universo.
InPr8, in particolarePr8,22-31 (V secolo a.C.), è presente la più dettagliata descrizione della Sapienza personificata, che non è solo un'astrazione teoretica. Essa è una creatura di Dio (Pr8,22: "Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all'origine"), dunque non propriamente divina, e ha avuto un ruolo attivo nella creazione (Pr8,30: "Io ero con lui come artefice").
Sono i successivi libri delSiracide e dellaSapienza (entrambi delII secolo a.C.) che riprenderanno e svilupperanno la personificazione della Sapienza diProverbi, seppure con due accezioni diverse:
- inSir la Sapienza viene fatta coincidere con la Legge (cfr. sopra);
- invece inSap ha in più una valenzacosmologica.
In particolare, l'elogio alla Sapienza diSap7,22-8,1 ne elenca 21 caratteristiche positive (vv.22-24), la descrive - pur senza parlare di creazione - come derivata da Dio (vv.Sap7,25-26) e attiva nel governo dell'universo (Sap8,1), e le attribuisce anche una valenza pratica e morale affermando che "passando nelle anime sante prepara amici di Dio e profeti" (Sap7,27).
Nel Nuovo Testamento
NelNuovo Testamentosofìa ricorre 50 volte, mentresofòs (sapiente) altri 20.
La predicazione sapienziale di Gesù
Nei vangeli e negli altri testi del Nuovo Testamento Gesù non viene mai identificato direttamente con la Sapienza dell'Antico Testamento. La sua predicazione ha un taglio sapienziale, come appare in particolare nelle sueparabole, neldiscorso della montagna (Mt5-7) e nel discorso del pane vivo (Gv 6). Pronuncia alcune massime di tipo sapienziale (Mt8,22; 16,25; 22,21; 26,52;At20,35;Mc9,40. Viene anche definito sapiente dai suoi compaesani (Mt13,54), ed è riferito un detto nel quale si definisce più grande del sapiente Salomone (12,42;Lc11,31). Più indiretto èMt11,19, dove Gesù sembra identificarsi con la Sapienza e con le sue opere.
Gesù come Sapienza
Paolo, parlando della "follia della croce", identifica Gesù crocifisso come sapienza di Dio (1Cor1,23-24), senza però identificarlo con la Sapienza personificata. È soprattutto nell'inno cristologico di Colossesi che Paolo attribuisce a Gesù alcune espressioni che l'Antico Testamento usa per la Sapienza personificata, anche se non lo identifica esplicitamente: Cristo è "immagine del Dio invisibile" (Col1,15;Sap7,26), "primogenito dellacreazione" (Col1,15.17; cfr.Pr8,22;Sir1,4; 24,9;Sap9,9) e tramite della creazione (Col1,16; cfr.Pr3,19; 8,30-31;Sap7,21; 8,4-5; 9,2).
Discorso equivalente vale per il tardivovangelo di Giovanni, che nel suoprologo non identifica Gesù con la Sapienza, ma attribuisce a Gesù-Logos le sue prerogative aggiungendo la natura divina (Gv1,1-4): ilLogos èDio, dal principio presso Dio, artefice della creazione.
Nella Tradizione cristiana
In epoca successiva alNuovo Testamento e riprendendo le identificazioni implicite o esplicite in esso contenute, la tradizione cristiana ha fatto coincidere la Sapienza personificata con Gesù-Logos. Tra i testimoni significativi più antichi, cfr.Origene.[6]
L'arianesimo, muovendosi sulla stessa linea ma non tenendo conto della gradualità dellarivelazione, sulla base in particolare diPr8,22 considerava ilFiglio di Dio come unacreatura delPadre, divino ma nonconsustanziale a Dio.
Note | |
Bibliografia | |
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Voci correlate | |