sm. [sec. XIX; dal latinolavābo, prima pers. sing. del fut. dilavāre, lavare].
1) Lavanda delle mani, compiuta nella messa dopo la presentazione delle offerte. Nata dalla necessità pratica di lavarsi dopo aver ricevuto i doni, anche in natura, dei fedeli, è rimasta come simbolo e desiderio della purità interiore (“Lavami, Signore, da ogni colpa e purificami da ogni peccato”). Il termine indicò più tardi anche le fonti o bacinelle o vasche sistemate negli atri delle chiese, nelle sagrestie e anche nei monasteri per leabluzioni.
2) Recipiente per l'acqua fissato al muro, lo stesso chelavandino e lavamano. Anche lavamano con catino e brocca solitamente su treppiede.
3) Locale adibito agli impianti igienici, soprattutto nei locali pubblici.
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