LeValli occitane (Valadas Occitanas inoccitano,Valade ossitan-e inpiemontese) sono una serie di vallatepiemontesi, dove vi sono parlate autoctone divivaro-alpino, ascritte dunque allalingua occitana. Secondo i linguisti, esse si trovano nellacittà metropolitana di Torino e nelle provincedi Cuneo edi Imperia.
La descrizione di tali valli è duplice: quella risultante dallalegge 482 del 1999 è basata sulle auto-dichiarazioni deiconsigli comunali, mentre da alcune fonti scientifiche emerge un quadro ben diverso, frutto di ricerche linguistiche sul campo dall'Ottocento alNovecento.
Secondo lestatistiche dell'Ires Piemonte, l'occitanovivaro-alpino o provenzale alpino è oggi conosciuto dal 49,4% della popolazione delle valli, così come definite dalla legge 482/99. Tale numero è risultato da un sondaggio telefonico in lingua italiana, quindi non è stato misurato l'effettivo livello di competenza linguistica provenzale. Tutti i valligiani conoscono comunque l'italiano e, secondo lo stesso sondaggio, il 65,1% di essi parla anche ilpiemontese.[10]Molticanali radiofonici locali hanno programmi inoccitano . Tra le radio che trasmettono quasi interamente in occitano ci sonoRadio Lenga d'Òc,Radio Occitania e Radio Albiges, tutte in territorio francese, ma con trasmissione anche in podcast. Radio Occitania è una radio associativatolosana creata nel1981 per diffondere laculturaoccitana[11] a seguito della legalizzazione da parte diFrançois Mitterrand delleradio libere. Partecipa alla promozione della lingua e della culturaoccitana.
Le valli occitane descrivono, fin dal nome, un territorio dall'orografia complessa. Si trovano sul versante occidentale delleAlpi, formato da numerose vallate parallele, intervallate da catene montuose che si sviluppano con andamento E-O. Se la comunicazione diretta tra le singole valli è difficoltosa, le stesse sono facilmente accessibili dallaPianura Padana. Grazie alColle della Maddalena e alColle del Monginevro, che comunicano con il versante ovest delle Alpi, gli abitanti delle alte valli hanno a lungo mantenuto contatti ultramontani, in termini di relazioni sia economiche, che sociali e linguistiche.
I confini linguistici definiti dagli studi precedenti alla legge sopra citata erano di gran lunga meno generosi nell'assegnazione all'occitano delle vallate piemontesi, laddove riconoscevano tratti occitani solo nelle alte valli[12][13][14][15][16][17][18][19][20] e non ne riconoscevano affatto nei centri più popolosi adiacenti alla pianura, né tantomeno in Provincia di Imperia. Questi studi scientifici segnalavano, inoltre, come in alcune località il patois fosse estremamente debilitato, a causa del declino delle comunità di alta montagna che lo tenevano vivo.
La legge prevedeva che venissero incluse nel programma di tutela quelle circoscrizioni amministrative, in cui la minoranza fossestanziata storicamente (escludendo quindi le minoranze linguistiche originate da movimenti migratori recenti). L'individuazione del territorio era deliberata dai consigli provinciali, sentiti i comuni interessati, su richiesta di almeno il 15% degli iscritti alle liste elettorali del comune o di un terzo dei consiglieri comunali o, ancora, con un pronunciamento favorevole della popolazione residente nel comune, consultata mediante referendum. Si dovevano quindi unire due elementi nel riconoscimento: ilradicamento storico della lingua minoritaria nel territorio e la volontà da parte della popolazione locale o dei suoi rappresentanti.
Di fatto, per le valli occitane, così come sono risultate, sono stati i consigli comunali a deliberare la richiesta di riconoscimento e i consigli provinciali hanno accolto tutte le richieste. Si noti che la popolazione residente nei comuni denominati occitani, così come tutti quelli citati nella legge 482/99, non conosce necessariamente, né è tenuta ad apprendere, la lingua minoritaria. Con l'approvazione della legge è emersa subito, in particolar modo tra i linguisti, una grossa contraddizione: dagli anni 70 del secolo scorso era stata condotta una capillare ricerca linguistica per individuare le aree in cui erano note e utilizzate le diverse parlate locali del Piemonte; ma molti comuni che sono stati riconosciuti come appartenenti a una minoranza linguistica in seguito alla legge del 1999non risultavano tra quelli in cui tale lingua era utilizzata dalla popolazione alcuni decenniprima, quando, si presume, le parlate locali dovevano risultarepiù diffuse. Il problema non riguarda solo le amfizone o «zone grigie», ove anche storicamente si potevano trovare frazioni di uno stesso comune in cui si usavano parlate diverse, ma anche comuni palesemente ed unicamente piemontofoni. In una prospettiva politologica, molti comuni hanno chiesto il riconoscimento della minoranza, pur in assenza del radicamento storico della lingua minoritaria, perché, siccome la legge non impone di conoscere ed utilizzare la lingua a coloro che non lo desiderano, è prevalso negli amministratori locali il desiderio di vedersi riconosciuta una qualche specificità, lasciando intravedere l'appartenenza a una «nazione virtuale»[21], oltre che ovviamente per poter accedere ai finanziamenti promessi dalla legge di tutela[22].
L'opinione degli studi precedenti è stata dichiarata «superata» da occitanisti[23]. Un numero di linguisti, tra i qualiWerner Forner,Fiorenzo Toso eTullio Telmon, considerano del tutto arbitraria la denominazione di "varietà occitane" in riferimento alle parlate di alcune località montane prossime alMonte Saccarello (comune diBriga Alta eOrmea in provincia di Cuneo e comuni diTriora eOlivetta San Michele inprovincia di Imperia)[24]. Controparti del dibattito sono stati Franco Bronzat, e l'associazione culturale occitanista brigascaA Vastera, che sostengono con forza l'appartenenzaculturale alle comunità alpine occitane, anche a prescindere dalle isoglosse linguistiche.[24][25][26]
Si tratta dei comuni che fuori da ogni dubbio hanno ospitato o ospitano tuttora una minoranza autoctona di persone che parlano occitano accanto all'italiano e/o al piemontese.
In questi comuni, al netto dell'italiano, la lingua dominante oggi è ilpiemontese. Nei paesi della Val Chisone in passato erano maggioritarie le comunità valdesi. Chisone, Pellice e Germanasca erano chiamate le "Valli Valdesi" e la parlata locale di ceppo provenzale era un tempo chiamata "lingua valdese", contrapposta a quella dei cattolici, che parlavano piemontese. La Bassa Val Chisone ha vissuto un poderoso sviluppo industriale, in quanto luogo nativo dellafamiglia Agnelli, e nel corso del Novecento ilvaldese è regredito dai comuni più trafficati.
Val Cluson | Val Chisone |
---|---|
L'Envèrs de Pinascha | Inverso Pinasca |
Peirosa | Perosa Argentina |
Pinascha | Pinasca |
Prustin | Prarostino |
Sant Geman | San Germano Chisone |
Lhis Vialars | Villar Perosa |
Si tratta dei paesi citati come "occitani" nella legge 482/99, o dall'agenzia per la tutela Chambra d'Oc, senza tuttavia un corpus di studi precedenti alla legislazione, che supportassero tale denominazione. Sono quindi i paesi la cui parlata non è mai stata classificata in precedenza come occitana e nei quali non è mai stato riscontrato il radicamento della minoranza linguistica occitana.In questi casi la versione provenzale del toponimo talvolta non è presente, oppure si tratta di un esonimo utilizzato dai patoisants delle alte valli in riferimento ai centri di bassa valle, o ancora si tratta della traslitterazione occitana del toponimopiemontese/ligure.