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Stefano Jacini

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Stefano Jacini

Ministro dei lavori pubblici del Regno d'Italia
Durata mandato28 settembre1864 –
17 febbraio1867
Capo del governoAlfonso La Marmora
PredecessoreLuigi Federico Menabrea
SuccessoreGiuseppe Devincenzi

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato23 marzo 1870 –
25 marzo 1891
LegislaturadallaX (nomina 6 febbraio 1870) allaXVII
Tipo nominaCategoria:3
Incarichi parlamentari
  • Membro e presidente della Giunta d'inchiesta agraria (17 marzo 1877–1884)
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato18 febbraio 1861 –
6 febbraio 1870
LegislaturaVIII, IX, X
Gruppo
parlamentare
Destra
CollegioPizzighettone
Sito istituzionale

Ministro dei lavori pubblici del Regno di Sardegna
Durata mandato21 gennaio1860 –
14 febbraio1861
Capo del governoCamillo Benso, conte di Cavour
PredecessorePietro Monticelli
SuccessoreUbaldino Peruzzi

Deputato del Regno di Sardegna
Durata mandato2 aprile 1860 –
17 dicembre 1860
LegislaturaVII
Gruppo
parlamentare
Destra
CollegioPizzighettone
Sito istituzionale

Dati generali
Prefisso onorificoConte
Partito politicoDestra storica
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità di Pavia
ProfessioneIndustriale-agricoltore

IlconteStefano Francesco[1] Jacini (Casalbuttano ed Uniti,26 giugno1826Milano,25 marzo1891) è stato unpolitico edeconomistaitaliano.Di idealipatriottici unitari, partecipò alRisorgimento su posizioniconservatrici. Sovente non allineato al suo stesso schieramento, si oppose, da cattolico, alle modalità e ai tempi dellapresa di Roma e alla prassi deltrasformismo, inaugurata daAgostino Depretis col consenso del leader dello schieramento moderatoMarco Minghetti.

Biografia

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Nascita e giovinezza

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Stefano Jacini nacque il 26 giugno1826 aCasalbuttano, inprovincia di Cremona, da una delle famiglie più ricche e benestanti della Bassa lombarda: infatti suo padre, Giovanni Battista Jacini, era un agiato proprietario terriero che possedeva anche una fabbrica tessile per la filatura dilino e diseta, mentre anche la madre Maria Grazia Romani proveniva da una famiglia borghese.

Giovanni Battista, oltre a dedicarsi agli studi di agricoltura e di economia, si interessò anche alla vita politico-amministrativa lombarda, occupando importanti cariche: membro della deputazione provinciale (1823), consigliere comunale diPizzighettone e membro della congregazione provinciale diCremona (1843). Oltre a questo, era in contatto con i più illuminati rappresentanti della borghesia agraria dellaLombardia e aveva fatto investimenti mobiliari in società che si occupavano del commercio della seta e della produzione del lino. Per permettere ai figli di continuare a guidare l'impresa di famiglia, Jacini decise di iscrivere i figli Stefano, Paolo e Pietro al collegio dell'agronomosvizzero Philipp Emanuel von Fellenbeg, sito a Hofwyl, pressoBerna, inSvizzera, dove studiò lingue e tecnica agraria.

Nel1836, tuttavia, dopo appena tre anni di permanenza, Stefano dovette essere ritirato dal collegio a causa di un decretoasburgico di due anni prima che vietava ai sudditi dell'Impero di far studiare i figli all'estero. Continuò dunque i suoi studi al collegio San Paolo diMilano, poi al ginnasio di Brera e infine al liceo di Porta Nuova, dedicandosi agli studi umanistici, affiancati da nozioni di contabilità e all'uso delle lingue straniere. E mentre il fratello Pietro prendeva in gestione l'azienda di famiglia e l'altro fratello Paolo divenne architetto e membro della Società di incoraggiamento d'arti e mestieri di Milano, Stefano nel1846 si iscrisse alla facoltà diGiurisprudenza dell'Università degli Studi di Pavia, dove si laureò il 10 marzo1850.

La formazione politica

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Divenuto avvocato, Jacini ultimò i suoi studi aVienna, da dove poi completò la sua formazione con viaggi di studio in Germania (visitando Baden, Francoforte, la Sassonia e la Prussia), in Svezia, in Russia, in Ungheria, fino in Grecia e in Turchia. Successivamente, tra il1851 e il1852, Stefano Jacini visitò Paesi Bassi, Belgio e Inghilterra, dove incontrò il politico e pensatore ingleseRichard Cobden, per poi recarsi in Francia, paese nel quale, oltre a visitare le regioni agricole meridionali, assistette al colpo di Stato diNapoleone III, proclamatosi imperatore, meravigliandosi della scarsa resistenza incontrata. Infine, nel maggio del 1852, Jacini rientrò a Milano, dove si stabilì come rappresentante della ditta commerciale paterna.

Frattanto, fin dal1851 il borghese lombardo aveva iniziato a lavorare sulle condizioni economiche e sociali dell'agricoltura lombarda, un tema indetto dalla "Società d'incoraggiamento di scienze e lettere" del capoluogo lombardo. La sua opera sull'argomento, intitolataLa proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in Lombardia, venne premiata dal consesso il 19 maggio1853, edita a Milano l'anno dopo, (la seconda edizione uscì nel1856). Inoltre, grazie alla rapida diffusione dell'opera, più volte ristampata, tradotta intedesco e apprezzata da studiosi europei, Jacini nel1857, a soli 30 anni, divenne membro prima dell'Istituto Lombardo e, subito dopo, dell'Accademia dei Georgofili diFirenze.

Ben presto cominciò ad interessarsi alla politica, frequentando i circoli culturali milanesi e stringendo rapporti con importanti personaggi, comeCarlo Cattaneo, Cesare Giulini della Porta eLudovico Trotti. Pur prendendo le distanze dal dominio austriaco, Jacini nel1857 accettò l'incarico, ricevuto dal nuovo governatoreFerdinando Massimiliano d'Asburgo, fratello dell'imperatoreFrancesco Giuseppe d'Asburgo, di condurre un'inchiesta sulle condizioni economiche della regione dellaValtellina.

Il risultato di questo lavoro fu l'operaSulle condizioni economiche della provincia di Sondrio, pubblicato a Milano nel1858, nella quale l'imprenditore lombardo illustrava i disagi e l'arretratezza economica della provincia, dando anche suggerimenti sulle migliorie da apportare all'economia e alla viabilità. Oltre a questo, tra il1857 e il1858, Jacini pubblicò una serie di memorie, destinate a importanti personaggi politici stranieri, dove espose i mali del dominio austriaco nelRegno Lombardo-Veneto: una di queste era diretta aCamillo Cavour, presidente del Consiglio delRegno di Sardegna, e vi si descrivevano le condizioni generali della Lombardia e delVeneto.

La carriera politica

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Per via della sua esperienza economica e finanziaria, Jacini, dopo le vicende dellaseconda guerra d'indipendenza italiana, nell'agosto del1859 fece parte di una commissione governativa, istituita daGiovanni Battista Oytana, ministro delle Finanze nelGoverno La Marmora I, incaricata di preparare i disegni di legge finanziaria varati successivamente dall'esecutivo. Dopo il ritorno di Cavour al potere nel gennaio del1860, il politico lombardo prese parte alla commissione che doveva provvedere alla stesura della nuova legge elettorale, per poi essere nominato da Cavour stesso ministro dei lavori pubblici delRegno di Sardegna. In tale veste si impegnò per uniformare il genio civile, il servizio postale e telegrafico delle nuove province alPiemonte, fece approvare dalParlamento le convenzioni per laferrovia del Moncenisio e per laBologna-Ancona, progetti di legge per migliorare i portidi Genova edi Ancona, e l'istituzione di una commissione per la progettazione della ferrovia transalpina. Inoltre, controfirmò i decreti reali di annessione delle nuove province (Marche,Umbria,Sicilia eMezzogiorno) dopo i plebisciti del1860.

Dimessosi dagli incarichi ministeriali il 14 febbraio1861, a causa della sconfitta al primo turno alle elezioni politiche del 27 gennaio 1861, Jacini indicò a Cavour il suo successore, il banchiere toscanoUbaldino Peruzzi; ritornò ad occupare il dicastero dei lavori pubblici nel neonatoRegno d'Italia nei GoverniLa Marmora II eRicasoli II (fino al 17 febbraio1867). Nel suo secondo periodo ministeriale, Jacini fornì preziose consulenze anche sull'organizzazione dellarete ferroviaria nazionale, fece riordinare il sistema postale e telegrafico italiano, uniformò la legislazione sulle opere pubbliche e regolamentò la costruzione delle strade.

Inoltre le sue capacità diplomatiche, unite alla conoscenza deltedesco, fruttarono il raggiungimento di un accordo anti-austriaco con laPrussia, che fu alleata dell'Italia nellaterza guerra di indipendenza.

Dimessosi il 17 febbraio1867, Stefano Jacini rifiutò, sebbene vincitore, l'elezione a deputato del 20 dicembre1868, accettando, invece, la nomina asenatore, avvenuta il 7 febbraio1870 e ricevuta dal reVittorio Emanuele II. Conservatore cattolico, si oppose al trasferimento della capitale italiana dopo lapresa di Roma del 20 settembre1870, chiedendo al contempo il riconoscimento della protezione internazionale per ilPapa.

Negli anni che seguirono, si segnalò per molte sue pubblicazioni di carattere economico e politico, nelle quali ad esempio si esprimeva per il miglioramento delle istituzioni statali tramite il decentramento amministrativo e l'allargamento del suffragio elettorale.

Tuttavia, il nome di Jacini rimane ancora oggi legato alla famosa inchiesta agraria, varata il 15 marzo1877 durante il governo presieduto daAgostino Depretis, esponente dellaSinistra storica, per verificare le condizioni economiche e sociali delle campagne italiane e lo stato dell'agricoltura nazionale.

Jacini dal1881 al1886 fu presidente della commissione istituita a tale scopo, pubblicando nel1884 un voluminoso rapporto, tuttora noto col nomeInchiesta Jacini. L'inchiesta fu promossa dalla Camera dei deputati il 15 marzo 1877.[2][3]Liberista, chiedeva la riduzione delle spese militari e sgravi fiscali per l'agricoltura. Per contro pur provenendo da una delle zone di maggiore diffusione dellapellagra, negava la natura sociale della malattia.[4]

Ultimi anni

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Negli ultimi anni Jacini, che aveva ricevuto il titolo di conte per sé e discendenti (solo al maschio primogenito) nel1880 da ReUmberto I di Savoia, dai banchi dell'opposizione moderata, osteggiò aspramente iltrasformismo di Depretis e le tendenze autoritarie ed imperialistiche diFrancesco Crispi, in particolare la stipula dellaTriplice Alleanza, ilcolonialismo inAfrica e la politica economica governativa.

Infine, Stefano Jacini morì aMilano il 25 marzo1891, a 64 anni; fu sepolto nella tomba di famiglia nelCimitero monumentale di Cremona.

Vita privata

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Stefano Jacini si sposò nel1858 con Teresa Prinetti, all'epoca diciassettenne, che morì nel1887 a causa dellatisi, contratta mentre curava una cameriera affetta dalla malattia. Afflitto dalla sua scomparsa e affaticato dalla mole di lavoro che il suo ruolo politico comportava, Jacini non si riprese più e morì quattro anni dopo.

Onorificenze

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Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
— 9 agosto 1859
Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
— 18 dicembre 1859
Commendatore dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
— 31 dicembre 1860
Grande Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
— 9 novembre 1861
Cavaliere di Gran Croce decorato con Gran Cordone dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Grand'Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
— aprile 1868

Note

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  1. ^Scheda senatore Stefano Jacini, sunotes9.senato.it.URL consultato il 13 novembre 2015.
  2. ^ AA.VV.,Storia d'Italia, Novara, DeAgostini, 1991, p. 180 e 204,ISBN 88-402-9440-6.
  3. ^Rivista I tempi della terra
  4. ^Antonio Saltini inStoria delle scienze agrarie vol. IV p.273 avanza l'ipotesi che questo giudizio di Jacini dipendesse dalla sua qualità di grande proprietario terriero.

Bibliografia

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Collegamenti esterni

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