Inbiologia, perspecie alloctona, ospecie aliena, si intende una qualsiasispecie vivente (animale,vegetale ofungo) che, a causa dell'azione (intenzionale o accidentale) dell'uomo, si trova a popolare e colonizzare un territorio diverso dal suoareale storico, autosostenendosi dal punto di vista riproduttivo nel nuovohabitat.
A volte viene impiegato anche il termine dispecie naturalizzata ospecie spontaneizzata (soprattutto nel caso di vegetali). Quando la specie alloctona, per le sue elevate capacità competitive, compromette gliecosistemi originari, si parla dispecie aliena invasiva.
Una specie alloctona che si inserisce in un nuovohabitat può essere non adatta o non in grado di adattarsi e quindiestinguersi nel nuovo areale o mantenere livelli di popolazione molto bassi, magari solo per un breve periodo di tempo. Esistono molti casi in cui, però, una specie aliena riesce ad adattarsi e a sopravvivere in unhabitat nuovo e differente da quello in cui essa si è evoluta e in cui normalmente vive. In questi casi la specie può prosperare nel nuovo ambiente, riproducendosi anche in grandi numeri e per lunghi periodi di tempo.
In molti casi, una specie aliena che si adatta a un nuovo habitat ne altera l'equilibrio, ad esempio entrando incompetizione con una o più specieautoctone.
In alcuni casi, la specie alloctona prende il sopravvento su una o più specie originarie, portando le popolazioni autoctone persino all'estinzione.
Uno dei frequenti motivi del vantaggio delle specie aliene su quelle autoctone è l'assenza dipredatori eparassiti specifici che possano frenare la crescita di queste popolazioni.
Ad oggi sono migliaia, le specie aliene introdotte pressoché in tutti gli ambienti del mondo, spesso con risultati di considerevoleimpatto ambientale ed economico.
In Europa si stima che siano state introdotte oltre 13000 specie aliene, e che oltre 1300 di queste causino impatti negativi sull'ambiente.
Per monitorare come le specie autoctone rispondono all'invasione delle specie alloctone, possono essere effettuati studi conservazionistici, come fa lagenomica della conservazione.
La diffusione delle specie aliene è sempre legata afattori antropici.
Fra i vettori noti ci sono leacque di zavorra delle navi, ad esempio caricate in paesi tropicali e scaricate nei porti europei piene di larve (ad esempio molte specie dimeduse, dimolluschi); animali fuggiti da allevamenti (ad esempio lanutria); animali tenuti da compagnia e rilasciati in cattività (ad esempio alcune specie dipappagalli, ditartarughe e testuggini ma anche grandi mammiferi come nel caso delconiglio e del canedingo che, per diversi motivi, hanno storicamente creato enormi danni ambientali ed economici inAustralia); o le più antiche stive delle navi (ad esempio iratti).
Sempre in campo vegetale larobinia, una specie dileguminosa arborea originaria dell'America settentrionale e importata in Europa a scopo ornamentale nel 1601, ha ormai sostituito in molti boschi europei le specieautoctone come ipioppi o isalici.
Nel caso della robinia, l'effettiva invasività va comunque valutata caso per caso[4], anche perché a volte la sua presenza rimane limitata ai bordi delle strade e ai viali e ai giardini dove è stata appositamente piantata[5]. In questi casi la lotta alla robinia non avrebbe senso.
La fauna e la flora italiana sono ricche di animali e piante introdotti più o meno volontariamente a partire dall'antichità; se l'introduzione è molto antica è talora molto difficile capire se la specie è indigena o meno.
Piante
Alcune piante che da secoli fanno ormai parte del paesaggio italiano sono specie naturalizzate: ilpino domestico, l'olivo, ilcipresso. Gran parte delleerbe infestanti tipiche dei campi digrano sono state introdotte assieme al grano stesso, migliaia di anni fa dalle regioni delMedio Oriente di cui è originario ilcereale e prendono per questo il nome diarcheofite. Questo è il caso dei varipapaveri, delfiordaliso e di moltegraminacee. Inoltre sono naturalizzate alcune piante forestali che sono state introdotte negli ultimi tre secoli e poi si sono diffuse rapidamente, come larobinia, l'ailanto, ilprugnolo americano ed ilpino nero.
In alcuni casi esse tendono a sostituire, in ambienti già degradati dall'uomo, la vegetazione naturale, comportandosi come specie invasive, rendendo a volte necessaria una lotta contro la loro diffusione. In ogni caso non è bene generalizzare, in quanto il concetto di "specie invasiva" va valutato caso per caso, in quanto non sempre tali specie danneggiano la vegetazione autoctona: in alcuni ambienti non degradati sia l'ailanto, sia la robinia sono presenti senza essere invasivi e possono essere considerati alla stregua di altre essenze introdotte e naturalizzate senza traumi[5]; d'altro canto esistono casi in cui anche ambienti integri sono danneggiati da specie naturalizzate; è il caso della robinia in alcuni boschi ripari. Eventuali lotte contro tali specie devono essere intraprese quindi solo dopo una attenta valutazione dei reali danni.
Tra gli animali un caso di introduzione massiccia di speciealiene è quello dei pesci d'acqua dolce, la cui fauna originaria è stata completamente snaturata in gran parte dei corsi e gli specchi d'acqua nazionali attraverso l'introduzione di pesci provenienti da quasi tutto il mondo. Questo è il caso, ad esempio, dellacarpa, presente su tutto il territorio nazionale ed introdotta probabilmente al tempo dell'Impero Romano.
Un altro caso di specie aliena che riguarda l'Italia in particolare è lanutria, originaria delSudamerica, si è diffusa, a partire dal bacino delPo, in tutta Italia. Allevati per la pelliccia dal secondo dopoguerra, molti esemplari fuggirono o furono rilasciati dagli allevamenti e si insediarono nei fiumi italiani, dove hanno trovato un ambiente ideale per la loro riproduzione.
Emblematico anche il caso delloscoiattolo grigio americano, introdotto in pochi individui nei boschi diStupinigi, nel comune diNichelino (To), conta oggi migliaia di esemplari che minacciano l'autoctonoscoiattolo rosso. NelleIsole Britanniche lo scoiattolo grigio ha quasi sostituito il congenere europeo. I fiumi italiani sono interessati da numerosi esempi di specie alloctone, introdotte a scopo di pesca sportiva, come ilpesce gatto, lasandra, ilsiluro e ilpersico sole, che hanno portato sulla soglia dell'estinzione diverse specieautoctone.
Latortora dal collare orientale, nella seconda metà delXX secolo, si è spostata dal suo anticoareale invadendo pacificamente laRussia e l'interaEuropa ed è diventata specie stanziale naturalizzata senza tuttavia occupare lanicchia di altre specie. Essa, comunque, non si è inserita negliecosistemi naturali, restando piuttosto legata alla presenza umana.
Ilcanale di Suez, mettendo a contatto due mari, ilMediterraneo e ilmar Rosso che in condizioni normali non comunicano, ha permesso lo scambio diflora efauna nell'una e nell'altra direzione, scambio che prende il nome dimigrazione lessepsiana, daFerdinando di Lesseps che progettò e realizzò il canale. In questi ultimi anni il numero di specie lessepsiane è in aumento anche a causa dell'innalzamento della temperatura delle acque dovuto alriscaldamento globale provocato dalle emissioni deigas serra ad opera dell'uomo. È controverso se in questo caso si possa parlare di vere specie aliene in quanto l'intervento umano si è limitato alla creazione del corridoio attraverso cui si sono spostate, autonomamente, le specie.
Tali migrazioni possono determinare cambiamenti molto rilevanti all'habitat originale: un esempio emblematico è quello dell'Australia. Rimasta isolata dal resto del mondo sia geograficamente che quindi anche dal punto di vista evolutivo, si trovò improvvisamente sommersa da nuove specie, introdotte dai colonizzatori occidentali e più competitive rispetto a quelle indigene: cani, gatti, conigli, volpi.
L'impatto con le specie autoctone fu devastante; i nuovi arrivati non trovarono predatori naturali competitivi e si svilupparono in maniera esponenziale. Ilconiglio, introdotto il 25 dicembre1859 in soli 13 esemplari, si riprodusse così velocemente che neglianni '50 del XX secolo si stima raggiunse la punta massima di un miliardo di capi.
Anche il rozzo tentativo di introdurre lavolpe, suo predatore naturale, non migliorò, anzi peggiorò la situazione in quanto essa si rivolgeva a prede più facili di quanto non fosse il coniglio. A causa di tutto questo molte specie indigene subirono gravi danni se non l'estinzione.
^abNuovo giornale botanico italiano, edito dalla Società botanica italiana, 1950 (pagina 379), da cui si cita: "È ormai così largamente naturalizzata a Roma e dintorni, da dover esser considerata come entità integrante della flora italiana"