Laprostituzione sacra (oprostituzione del tempio oprostituzione religiosa) è unrituale sessuale che consiste principalmente in unrapporto sessuale o in un'altra attività di tipoerotico svolta nel contesto delculto religioso predominante, in prevalenza all'interno degli stessiluoghi di culto, forse come forma dirito di fertilità e del "matrimonio divino" oierogamia. Il termineprostituzione è in realtà improprio, in quanto il rito non implicava di solito remunerazione monetaria.
Gli studiosi hanno a lungo considerato tali pratiche come esser di uso comune nelmondo antico, soprattutto nelle civiltà orientali delVicino Oriente (all'interno dellaciviltà babilonese, tra ifenici e gli abitanti dell'Assiria), ma non mancano attestazioni inGrecia (aCorinto; cfr.Strabone,Geografia, VIII, 378) e altrove (aErice; cfr.Cicerone,Divinatio in Caecilium, 55): del resto, ilverbo greco-antico κορινθιάζομαι [pr.korinthiàzomai] significava "frequentare prostitute"[1]. Tuttavia alcune tra le ricerche più recenti hanno messo in discussione quest'immagine, dubitando in parte dell'effettiva affidabilità delle fonti antiche[2].
Alcuni preferiscono il termine "sessualità sacra" (in riferimento ad una qualche forma dimagia sessuale) per indicare laprostituzione sacra, nei casi in cui non fosse coinvolta una qualche forma di pagamento per i servizi offerti; ma spesso i riti di accoppiamento sacro venivano celebrati dietro versamento di una piccola somma di denaro: tutto quanto veniva offerto era accumulato con il tesoro del tempio, di cui entrava a far ufficialmente parte.
Il termine greco hierodoulos o "hierodule" è a volte stato preso ed interpretato per significare "prostituta sacra", ma è più probabile che invece esso si riferisca ad un ex-servitrice, liberata dalla sua condizione precedente dischiavitù per essere "dedicata" ad un dio[2]: laierodulia è difatti la "condizione di dipendenza da un'istituzione templare". Anche il termine ebraico "qedesha", infine, è spesso tradotto come "prostituta del tempio". La prostituzione sacra è menzionata anche nellaBibbia (Nel libro delDeuteronomio, il quinto testo sacro dellaTorah ebraica e dellaBibbia Cattolica., in 23, 18-19), dove viene stabilito il divieto per gli uomini e le donne (tra i figli di Israele) di prendere parte a tale pratica.
La motivazione principale che diede origine e impulso alla pratica di una forma sacrale di prostituzione era il tentativo di immagazzinare l'energia vitale: neltempio, ilsacerdote (a volte il fedele stesso) si univa carnalmente alla sacerdotessa, celebrando con la loro unione un rito inneggiante allaDea dell'amore (Ishtar,Afrodite e altre ancora similaridivinità dell'amore) in modo tale da propiziare la fertilità delle donne appartenenti alla comunità e, indirettamente insieme ad essa, anche la prosperità economica generale della società stessa.
La rievocazione simbolica di unaierogamia (o "matrimonio sacro") e dell'unione dell'umanità con la divinità era unrito di fertilità, che si praticava in connessione con un rituale del tempio preposto. Ne erano spesso protagoniste fanciulle vergini di buona famiglia, oppure anche schiave, o sacerdotesse del tempio, che nella maggior parte dei casi si univano carnalmente a dei perfetti estranei. Sulle origini dell'usanza e sulle caratteristiche che assumeva nelle diverse località in cui veniva praticata sussistono molti punti oscuri: alcune di queste località, tra le più celebri, erano la Fenicia, Corinto, Erice (inSicilia) eLocri inMagna Grecia.
Nelle società delVicino Oriente antico erano presenti molti santuari e templi (definiti anche "case del Cielo") dedicati a vari tipi di divinità femminili, soprattutto lungo il corso dei fiumiTigri edEufrate; secondo lo storico greco del V secolo a.C.Erodoto, che ne dà una descrizione dettagliata delle modalità (e che, fatti salvi i particolari, non dovevano differire molto da quelle di altre religioni), i riti compiuti in questi templi includevano anche i rapporti sessuali, quello cioè che gli studiosi più tardi hanno denominato propriamente prostituzione sacra[3].
Un'usanza babilonese, narra lo storico antico, costringe tutte le donne, almeno una volta nella loro vita, ad avere un incontro intimo con uno sconosciuto all'interno del tempio dellaDea dell'amore; vi è una gran moltitudine di donne che vanno e vengono: gli uomini passano e gettando delle monete in grembo alla prescelta la invitano così in nome diMylitta (il termine assiro per indicareAfrodite). La donna non può mai in alcun caso rifiutare, perché ciò costituirebbe un peccato e una grave infrazione; alcune di queste donne possono rimanere in una tal condizione come servitrici del tempio anche per diversi anni. Vi è infine un costume del tutto simile in alcune parti diCipro:
Un certo numero di altri autori antichi hanno corroborato il racconto di Erodoto. Attraverso la testimonianza da loro data sembra che non solo aBabilonia e nell'isola di Cipro, ma in tutto il Vicino eMedio Oriente, le società antiche abbiano incoraggiato la pratica della prostituzione sacra. L'antropologo britannicoJames Frazer si è premurato di accumulare citazioni per dimostrare questo fatto inserendole poi in un capitolo della sua opera maggiore intitolataIl ramo d'oro (composta tra il 1890-1915)[4]; questo è servito come punto di partenza per diverse generazioni di studiosi. Tuttavia, Frazer ha ottenuto le sue fonti per lo più da autori dellatarda antichità (cioè risalenti al 150-500 d.C.), non da testimoni delmondo classico o delperiodo ellenistico[5]. Questo pertanto finisce col sollevare alcuni interrogativi sul fatto che il fenomeno della prostituzione templare possa venire generalizzata a tutto il mondo antico, così come gli studiosi precedenti hanno in genere tipicamente fatto.
La ricerca condotta da Daniel Arnaud, Vincienne Pirenne-Delforge, e Stephanie Budin[2] ha rigettato tutta la tradizione accademica che ha definito il concetto di prostituzione sacra, mettendone fortemente in dubbio l'effettiva presenza reale lungo il corso dei secoli. Budin reinterpreta a tal proposito il concetto di prostituzione sacra come unmito, sostenendo che le pratiche descritte nelle fonti semplicemente non sono mai esistite. Una visione più sfumata è invece quella accolta da Pirenne-Delforge, suggerente che il sesso rituale esisteva nel Vicino Oriente, ma non nel mondo greco-romano in epoca classica od ellenistica[2].
Tradizionalmente vengono distinte due forme principali di prostituzione sacra: la prostituzione temporanea di ragazze non sposate (con varianti come quella della prostituzione per poter procurarsi unadote o comedeflorazione pubblica di una sposa), e la prostituzione permanente[6].
Secondo il noto assiriologoSamuel Noah Kramer, i re diSumer stabilirono la loro legittimità prendendo parte ad un atto sessuale rituale nel tempio delladivinità della fertilità da loro venerata, la loroDeaIštar; questo si ripeteva periodicamente il decimo giorno di ogni nuovo anno durante le festività primaverili diAkītu[7].
L'imperatore romanoCostantino I (detto "il Grande") chiuse tutta una serie di templi dedicati aVenere o ad altre divinità simili nel IV secolo d.C., come lo storico della chiesa cristianaEusebio di Cesarea orgogliosamente fa notare[8].
La pratica della prostituzione sacra non è mai stata accuratamente motivata, nelle sue effettive intenzioni, in nessuna cultura delVicino Oriente antico, nonostante le molte descrizioni popolari di essa[9]. Gli studiosi in generale credono che una forma di "matrimonio sacro" rituale o "hieros gamos" si mettesse in scena tra il sovrano di una città-stato sumera e la Somma Sacerdotessa diInanna, la dea sumera dell'amore sessuale, della fertilità nonché della guerra, ma non vi è prova certa sopravvissuta per dimostrare che vi fosse incluso anche l'effettivo rapporto sessuale. In tutta laMesopotamia c'erano molti santuari e templi dedicati a Inanna; il tempio di Eanna, che significa "casa celeste"[10] aUruk - corrispondente all'odierna Warka e alla biblicaErech - era il più grande di questi.
Il tempio ospitava sicuramente un gran numero di sacerdotesse della dea, ma non vi è alcuna prova che esse o qualsiasi altra donna abbia abitualmente eseguito alcun tipo di servizio sessuale all'interno di un qualsiasi culto[11][12][13][14].
La Bibbia ebraica (oTanakh) usa due parole diverse per indicare la prostituta, zonah (זנה)[15][16] e kedeshah (o qedesha) (קדשה)[17][18]. Il termine zonah semplicemente significava una prostituta ordinaria o "donna libera "; mentre la parola kedeshah letteralmente significa "consacrato" (in forma femminile), dalla radice semitica qd-sh (קדש) che significa "santo" o "messi a parte"[17].
Qualunque sia il significato cultuale di una kedeshah per un seguace dellareligione cananea, la Bibbia ebraica rende chiaro che la prostituzione cultuale non poteva avere posto nelgiudaismo. Così la versione ebraica delDeuteronomio 23: 17-18 dice esplicitamente, rivolta ai suoi seguaci:
L'antropologoStephen O. Murray scrive che i passi biblici riguardanti il divieto di qdeshim (sia femminile che maschile) si ricollegano alpaganesimo esistente tutt'attorno a loro, a tutte quelle forme cioè di "culto detestato dai seguaci ortodossi del Signore"Adonai[19]. Celia Brewer Sinclair ha scritto che "le esigenze etiche del patto mosaico vietano di adorare il Signore in licenziosi riti di tipo sessuale (ossia la prostituzione sacra)"[20].
I sacerdoti maschi che si impegnavano nella prostituzione sacra di tipoomosessuale sono stati chiamati Kadesh o Qadesh (letteralmente: un uomo "santo" o consacrato); la parola si è evoluta semanticamente in ebraico antico per assumere col tempo un significato simile ad un cultore dellasodomia[21]: mentre la parola ebraica kelev (cane) nella riga successiva può anch'essa significare un ballerino o un uomo dedito alla prostituzione. Alcuni studiosi vedono le ingiunzioni contro i culti stranieri, tra cui laprostituzione maschile sacralizzata, forse come la causa originale di quello che sarebbe poi diventata la condanna dell'intero giudaismo nei confronti dell'omosessualità[21].
Nellibro di Ezechiele, Oholah e Oholiba appaiono come le spose allegoriche di Dio che rappresentanoSamaria eGerusalemme: sono diventate prostitute in terra d'Egitto, impegnandosi nella prostituzione fin dalla loro più tenera giovinezza. Ilprofeta biblico quindi le condanna come colpevoli di alleanza sia politica sia religiosa con le nazioni pagane[22].
La controparte della sumera Inanna tra gliaccadi eraIštar, mentre tra icananei eraAstarte, che i Greci hanno accolto sotto il nome diAfrodite. L'equivalente nell'antica Roma eraVenere.
Secondo lo scrittore cristiano del IV secoloEusebio di Cesarea, ifenici delle città di Aphaca e Heliopolis (l'anticaBaalbek, daBaal-Signore) hanno continuato a praticare la prostituzione templare fino all'epoca dell'imperatoreCostantino I, quando ne fu impedita la venerazione proibendone qualsivoglia prosecuzione rituale[8].
Nell'antica Grecia, la prostituzione sacra era conosciuta con certezza nella città diCorinto, dove il tempio di Afrodite impiegava un numero significativo di dipendenti di sesso femminile, per lo piùetere, durante tutto il periodo dell'antichità classica.
Nei territori colonizzati e rimasti sotto l'influenza dell'ellenismo la "prostituzione sacra" era nota, oltre che a Cipro (i greci vi si stabilirono a partire dal 1100 a.C. circa), anche inSicilia (ellenizzata dal 750 a.C.), nelRegno del Ponto (VIII secolo a.C.) e inCappadocia (dal 330 a.C. circa).
NelSecondo libro dei Maccabei 6: 1-4 i governanti greci di Gerusalemme (a partire dal reAntioco IV delladinastia seleucide e regnante inAnatolia ed altri territori delVicino Oriente) sono accusati di aver dissacrato ilTempio di Gerusalemme e d'averlo trasformato in un tempio dedicato aZeus Olimpio, di aver quindi portato prostitute (etere) al suo interno ed aver compiuto riti sessuali con loro:
In alcune parti dell'antica India, le donne entravano in competizione per vincere il titolo diNagarvadhu o "sposa della città"[23]. La donna più bella che in tal maniera era stato scelta veniva rispettata e onorata come unaDea, incarnazione diLakshmi. Ella serviva principalmente come unacortigiana[24] ed il prezzo che esigeva per la danza (comprendente anche canti e musica) di una sola notte era molto alto, a portata di tasca solo per il re, i principi ed i signori di più alto lignaggio.
Nel buddhismo tantricoVajrayana ilsimbolo delloYab-yum rappresenta la divinità maschile nell'atto dell'unione sessuale con la propria consorte femminile. La simbologia è associata alloAnuttarayoga Tantra ove la figura maschile viene solitamente correlata allacompassione o "Karuna" e ai mezzi abilitati al percorso di liberazione-Upāya, mentre la parte femminile raffigura laPrajñā (conoscenza e saggezza)[25]. In senso più ampio le due figure maschile e femminile in Yab-yum non si riferiscono esclusivamente alla natura organica dei sessi biologici, ma ai caratteri mascolino e femminino dell'energia universale indifferenziata che si manifesta attraverso l'immagine della divinità. Pertanto nella rappresentazione dell'unione sono inclusi potenzialmente tutti gli orientamenti sessuali e le identità di genere, in accordo con il precetto buddhista dell'inconsistenza e dell'intrinseca vacuità del sé.[26] Come scrive Rita M. Gross a proposito della non-dualità dello Yab-yum, gli elementi mascolino e femminino sono:
(Rita M. Gross, "Buddhism After Patriarchy: A Feminist History, Analysis, and Reconstruction of Buddhism", 1993, 198)
Maithuna è un termine dellalingua sanscrita usato nelTantra e più spesso tradotto come unione sessuale in un contesto rituale.
Quella delDeuki è un'antica usanza praticata nelle regioni occidentali del lontanoNepal, dove una giovane ragazza è offerta per il locale tempio col compito di adempiere ad una promessa fatta in precedenza per ottenere meriti religiosi. La ragazza serve il tempio come prostituta, similmente nelle modalità tradizionali attuate anche dall'indianadevadasi[28]. La pratica oggi è in declino[29], ma le ragazze vengono ancora in alcuni casi dedicate al tempio con questa funzione. Il bambino di una Deuki è conosciuto come un Devi.
IMaya hanno mantenuto nel corso della loro storia diversi culti religiosi asimbolismo fallico, con una prostituzione templare di tipo omosessuale[30][31].
I capi religiosiaztechi erano eterosessuali celibi che s'impegnavano in atti omosessuali tra di loro come pratica rituale religiosa; gliidoli del tempio erano spesso raffigurati impegnarsi in rapportiomoerotici, e il dioXochipilli (presente nelle culture deiToltechi e dei Maya) era sia il patrono degli omosessuali che degli uomini che si dedicavano allaprostituzione maschile[31][32][33][34].
GliIncas a volte dedicavano giovani adolescenti come prostituti del tempio; i ragazzi venivano vestiti in abiti femminili, cosicché i capi e gli altri uomini più importanti avrebbero potuto intrattenere rituali rapporti omosessuali con loro durante le cerimonie religiose e nei giorni festivi[35][36].
Xochiquetzal era adorata comeDea della potenza sessuale, patrona delle prostitute e degli artigiani coinvolti nella produzione di articoli di lusso[37].
Iconquistadores rimasero letteralmente inorriditi dalla diffusa accettazione dell'omosessualità, dell'efebofilia, dellapederastia e dellapedofilia tra i popoli dell'America centrale e dell'America meridionale; utilizzarono pertanto latortura, lamorte sul rogo, ladecapitazione di massa e altri mezzi per sradicare queste forme di pratica religiosa e sociale[31].
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