Ilpatrizio Torlonia, copia del I secolo d.C. di un originale dell'80-70 a.C.
Ipatrizi (singolarepatrizio, inlatinopatricius) erano in origine la classe d'élite dell'antica societàromana. Il nomepatricius rimanda alla parola di origine indoeuropeapatres, i 'padri fondatori' o i capi delle tribù (gentes) che danno origine alla civiltà romana.
SecondoPlutarco i patrizi, creati al tempo diRomolo erano:
«I membri delSenato erano chiamati patrizi, secondo alcuni perché erano padri di figli legittimi, secondo altri perché erano in grado di indicare i rispettivi padri, cosa non facile per tutti coloro che si erano trasferiti nellanuova città. Altri ritengono che il nome derivi da "patronato", nel significato di ricevere "protezione", ritenendo che tale termine derivi da Patrone, uno dei compagni diEvandro, che era sempre pronto a prestare aiuto ai bisognosi.»
Erano anche sempre secondo lo stesso Plutarco, quei cittadini più illustri e potenti della nuova città, che dovevano prendersi cura dei più deboli e indifesi, con premura paterna.[1]
PerDionigi di Alicarnasso Romolo suddivise il popolo romano in patrizi eplebei, contando tra i primi quelli notevoli per nascita, virtù e danaro e tra i secondi gli altri.[2]
Inizialmente, Romolo riservò ai patrizi tutte lemagistrature romane, come l'ingresso alSenato e l'investitura alle cariche religiose e giudiziarie.[4] Romolo avrebbe anche creato il rapporto di patronato tra iclientes e ipatroni[5], ponendo i plebei in posizione giuridicamente dipendente dai patrizi.[6]
Il numero deipatres raddoppiò quando ai centoRomani furono affiancati centoSabini, al tempo diRomolo eTito Tazio.[7] L'appartenenza a questa classe era dunque fissata dalla nascita piuttosto che dall'agiatezza economica la quale, soprattutto a seguito dell'afflusso di ricchezze dalle colonie, caratterizzò anche altri strati sociali (come gliequites). Essi avevano tutti i diritti e i privilegi dell'epoca, fra i quali alcuni anche unici, come per esempio l'accesso alle cariche senatorie e molti sacerdozi. Facevano parte, dunque, della classe deglioptimates, i "migliori", cioè gli aristocratici. I patrizi erano ovviamente conservatori, anche se alcuni nobili (come nientemeno cheGaio Giulio Cesare) erano più aperti e arrivavano ad abbracciare la causa dei populares, la gente non-nobile.
All'inizio dellaRepubblica romana, i patrizi formavano su base ereditaria l'élite di potere all'interno dello stato e a essi era riservata la possibilità di rivestire le magistrature e di governare lo stato. La chiusura del gruppo era sottolineata dalla proibizione dei matrimoni con i non-patrizi, oplebei. Tale situazione comportò ben presto un conflitto e si andarono facendo sempre maggiori concessioni in direzione di un allargamento del potere anche ai plebei. In seguito al celebre episodio della secessione della plebe sul Montesacro, nel494 a.C. fu istituita una nuova magistratura, quella deitribuni della plebe, che poteva essere rivestita solo da plebei, con ampi poteri a tutela della classe. Neglianni 320 a.C. tutte le magistrature erano aperte anche ai plebei. Lo status dei due gruppi si andò parificando e nel frattempo il numero delle famiglie patrizie iniziò a diminuire. Il patriziato venne ampliato con l'immissione di nuove famiglie nel Senato, che più tardi provennero anche dalle élite provinciali dei popoli conquistati e più profondamente romanizzati.
NelI secolo a.C. la magistratura del tribunato era divenuta un importante strumento della lotta politica e nel59 a.C. il patrizioClodio si fece adottare da un plebeo (sebbene il padre adottivo fosse più giovane di un anno) per poter essere eletto tribuno della plebe.
Anche la massima carica religiosa romana, quella delPontefice massimo rimase per lungo tempo appannaggio esclusivo dei patrizi, fino a che nel254 a.C., questa magistratura fu assunta per la prima volta da un plebeo,Tiberio Coruncanio.
In epoca imperiale il patriziato cessò progressivamente di avere importanza pratica (lo stesso Senato con il passare del tempo vide i suoi poteri esautorati dal potere imperiale), ma conservava ugualmente grande prestigio. Sotto l'imperatoreCostantino I il termine divenne un titolo onorifico, attribuito ai collaboratori più fedeli, e riservato a pochissimi personaggi.
NelV secolo indicava prevalentemente il comandante dell'esercito (magister militum), spesso di origine barbarica, che reggeva in sostanza il governo dello Stato e a volte giunse a creare e deporre gliimperatori a suo piacimento. Uno dei primi fu il generaleStilicone, a cuiTeodosio I aveva affidato alla sua morte il figlioOnorio, a cui era stato lasciato l'Impero d'Occidente. Altri patrizi furonoEzio,Ricimero eOdoacre, il quale nel476 depose quello che viene tradizionalmente considerato l'ultimo imperatore romano d'occidente,Romolo Augusto.
A partire dall'VIII secolo iltitolo di patrizio venne utilizzato in Italia per indicare quella classe nobiliare che governava su di un comune, quindi unmunicipio, o su una repubblica aristocratica mentre nell'impero bizantino il titolo di "Patrikios", indicava una dignità di corte.