Nato dal conte Ilario della Genga, appartenente alla famiglia dei feudatari (Conti della Genga) dell'omonimo borgo marchigiano (all'epoca inprovincia di Macerata, poi dal 1860 ricompreso nellaprovincia di Ancona), e di sua moglie la contessa Maria Luisa Periberti diFabriano, Annibale era il sesto di dieci figli. La notizia che tra i suoi antenati ci fosse il famoso artistaGerolamo Genga è destituita di ogni fondamento mancando di fonti documentarie.
Nei 12 anni trascorsi inGermania fu incaricato di svolgere delicate ed importanti missioni diplomatiche presso le corti diDresda,Vienna,Monaco eWürttemberg, nonché pressoNapoleone Bonaparte. In Germania, avrebbe avuto tre figli illegittimi.[3]
In questo periodo andò incontro a ristrettezze economiche. In seguito allo scioglimento delloStato della Chiesa (1798), egli fu considerato dai francesi alla stregua di un prigioniero di stato, e trascorse alcuni anni nell'abbazia di Monticelli, non lontano da Genga.
Nel 1814 della Genga viene scelto come latore delle congratulazioni dipapa Pio VII aLuigi XVIII di Francia dopo la sua restaurazione e, nello stesso anno, fu inviato alla Conferenza di pace diParigi quandoErcole Consalvi era ancora in esilio.
Nelconclave del 1823 l'appoggio dalla fazione degli zelanti gli consentì di essere eletto (28 settembre) nonostante la decisa opposizione dellaFrancia. Pare che la sua elezione sia stata facilitata dal fatto che si pensava avesse ormai poco da vivere; tuttavia, nonostante l'età e le precarie condizioni di salute, il suo pontificato durò 5 anni.
Leone XII delegò la condotta della politica estera alcardinale segretario di StatoGiulio Maria della Somaglia e successivamente al più accortoTommaso Bernetti, i quali riuscirono a stipulare diversi accordi e trattati particolarmente favorevoli allo Stato della Chiesa e al papato stesso. Leone era una persona fondamentalmente frugale e questa sua indole si rifletté nella sua amministrazione, che riuscì a fare economie nella gestione della giustizia, a ridurre leimposte ed anche a reperire le risorse per l'esecuzione di alcuni importanti lavori pubblici. Si impegnò alla riforma dell'amministrazione dello Stato pontificio, portando a termine la riforma tributaria. Stabilì che tutti iparroci dovessero percepire la stessa congrua. Nonostante l'importanza e l'originalità delle suddette iniziative, è indubbio che l'avvenimento più conosciuto e arduo del suo pontificato fu il grandeGiubileo del 1825.
Nonostante tutto ciò alla fine del suo pontificato la situazione delle finanze risultò essere peggiore rispetto a quella iniziale e il Giubileo stesso non contribuì a migliorare le cose.
Leone XII apre la porta santa della basilica di San Pietro in Vaticano in occasione del giubileo del 1825, stampa d'epoca
Evento centrale del pontificato di Leone XII fu la celebrazione delgiubileo nel 1825, l’unico regolarmente celebrato in tutto l’Ottocento[4]. Infatti, nel 1800 non fu possibile celebrarlo perché Roma fino a pochi mesi prima era occupata dalle truppe francesi. Anche successivamente non fu rispettata la ricorrenza: nel 1850 saltò a causa dellaRepubblica romana del 1849 e nel 1875Pio IX fu costretto a celebrare il giubileo all’interno del Vaticano a motivo dellapresa di Roma del 1870.
L’indizione del giubileo da parte di Leone XII rappresentò una coraggiosa presa di posizione personale del papa, una vera e propria sfida per vedere come avrebbe risposto il mondo cattolico all’invito della Chiesa, in un contesto culturale e spirituale in profonda trasformazione[5].
Molti si opponevano all’indizione del giubileo. In particolare, i sovrani europei, anche cattolici, erano preoccupati che il prevedibile grande movimento di pellegrini potesse favorire la circolazione di idee e di agenti rivoluzionari, pericolosi per l’ordine pubblico[6]. Anche all’interno della curia romana si accese la “battaglia del giubileo”, tra la ferma intenzione del pontefice e le concrete preoccupazioni di molti alti prelati. Ai timori per la sicurezza, motivati anche dai recentimoti del 1820-1821 e dalbrigantaggio che infestava le campagne intorno a Roma, si aggiungevano preoccupazioni di ordine economico, per il grande impegno finanziario richiesto dall’accoglienza dei fedeli. Impegno che le casse dello Stato pontificio, esauste per le vicende napoleoniche, avrebbero faticato a sostenere. Alla fine, la determinazione del pontefice Leone XII superò ogni obiezione:
«Noi abbiamo pubblicato il Giubileo, e il Giubileo s’aprirà… Ora la sagra tromba ha squillato: le nazioni cristiane sono convocate: noi faremo il nostro dovere, né temeremo alcun pericolo… Si dirà quel che si dirà: si ha da fare il Giubileo»[7]
Leone XII con la BollaQuod hoc ineunte saeculo invitava i credenti a venire a Roma, definita una Santa Gerusalemme[8], per ottenere l’indulgenza plenaria, cioè il perdono totale dei propri peccati.
L’anno santo iniziò ufficialmente la Vigilia di Natale, il 24 dicembre 1824, con il rito di apertura da parte del papa della porta santa nella basilica di San Pietro, in Vaticano. Contemporaneamente, tre cardinali legati (Giulio Maria Della Somaglia,Benedetto Naro eBartolomeo Pacca) aprivano le porte sante delle altre basiliche patriarcali:San Giovanni in Laterano,Santa Maria Maggiore eSan Paolo fuori le mura, che inagibile per l’incendio del 1823 è sostituita daSanta Maria in Trastevere. Il perdono giubilare veniva ottenuto visitando le quattro basiliche, trenta volte i romani, quindici volte i forestieri.
Della solenne cerimonia d’apertura abbiamo una descrizione che, nel suo genere, è unica, provenendo dalla penna di una principessa reale,Maria Cristina, figlia di Vittorio Emanuele I re di Sardegna e futura regina delle Due Sicilie, che è onorata dalla Chiesa col titolo di beata. Essa assisté alla funzione con la madre Maria Teresa e la sorella, descrivendo la cerimonia con ricchezza di dettagli[9].
Mattone in terracotta per la chiusura della porta santa del giubileo del 1825
Il giubileo del 1825 fu attentamente preparato sul piano spirituale dal papa che volle curare personalmente l’organizzazione dell’evento[10]. L’anno santo vero e proprio fu preceduto da missioni, tenute da religiosi predicatori nell’agosto del 1824 nelle principali piazze di Roma con grande afflusso del popolo, e da provvedimenti che regolavano le cerimonie e l’impatto sociale dell’evento. Vennero proibiti gli spettacoli teatrali, i balli, e limitati gli orari delle osterie mentre si provvedeva a restaurare le chiese[11] e ad attrezzare gli ospizi per accogliere i pellegrini. Le confraternite romane, in particolare l’Arciconfraternita della Trinità dei Pellegrini, si adoperarono per assistere i forestieri che arrivavano a Roma, procurando vitto e alloggio ed elargendo elemosine ai bisognosi. Sull’esempio di Leone XII, che appena eletto aveva voluto ripristinare il pranzo offerto ai pellegrini poveri e servito dal pontefice in prima persona vestito con il grembiule[12], tutta la società romana fu coinvolta nell’accoglienza dei forestieri organizzata dalle confraternite, anche le dame dell’aristocrazia, in una gara di carità che rasentava l’ostentazione[13].
Nel suo diarioMassimo d’Azeglio, noto patriota, letterato e artista, piemontese di nascita, ma residente per lunghi periodi a Roma, ci testimonia del clima severo imposto alla città dalle celebrazioni giubilari:
«uno dei primi pensieri di Papa Leone era stato di pubblicare il gran giubileo universale per l'anno ‘25; la qualcosa significava Roma trasformata per dodici mesi in un grande stabilimento di esercizi spirituali. Non teatri, non feste, non balli, non ricevimenti, neppure in piazza i burattini; ed invece prediche, missioni, processioni, funzioni, ecc.»[14].
Alcune misure furono dirette a migliorare l’amministrazione della città e dello Stato. Esse riguardavano, tra l’altro, la riforma delle parrocchie, la lotta al brigantaggio, la semplificazione delle procedure giudiziarie. Ma anche il blocco dei canoni di affitto e degli sfratti, lo sviluppo edilizio, l’abbigliamento delle donne e il consumo di alcolici. Lo sforzo di buon governo prese l’avvio con la Visita Apostolica, una ricognizione dello stato delle chiese e degli ospedali per focalizzare le criticità, studiare le soluzioni, pianificare il recupero[15]. Il giubileo diventò così una occasione di conoscenza e intervento, rappresentativo delle aspirazioni di riforma dell’intero pontificato di Leone XII.
Il giubileo del 1825 avrebbe dovuto rappresentare nelle intenzioni di Leone XII una ideale riconciliazione collettiva dopo le vicende napoleoniche. In realtà all’appello del pontefice rispose un concorso limitato di adesioni, in linea con la tendenza di decrescita avviata già nel secolo precedente, segno di un declino nel lungo periodo. Inoltre, dalle analisi storiche emerge come l’afflusso preponderante dei pellegrini provenisse per lo più dalla penisola italiana, coinvolgendo in misura irrisoria il resto dell’Europa e del mondo[16]. Ciononostante, la celebrazione del giubileo nel 1825 segnò un importante momento di continuità nella millenaria tradizione della Chiesa, riconfermata poi nel giubileo del 1900, quandoLeone XIII nella bolla di indizione si richiamerà proprio a quello precedente, celebrato 75 anni prima da Leone XII[17].
Leone XII si distinse per la durezza con cui affrontò la società segreta dellaCarboneria. Durante il giubileo del 1825 furono ghigliottinati pubblicamente, inPiazza del Popolo a Roma, i due carbonariAngelo Targhini eLeonida Montanari. Il cardinale legatoAgostino Rivarola, investito di poteri straordinari, venne mandato aRavenna per reprimere i carbonari.
Proibì le società bibliche, di stampo protestante e finanziate spesso dallamassoneria e, fortemente influenzato daigesuiti, riorganizzò tutto il sistema scolastico.Pubblicò il codiceReformatio Tribunalium. Riordinò leUniversità del suo Stato con labollaQuod divina sapientia, dell'agosto 1824, suddividendole in due classi: alla prima assegnò quelle di Roma eBologna, con trentottocattedre; alla seconda quelle diFerrara,Perugia,Camerino,Macerata eFermo, con diciassette cattedre. Istituì, nello stesso tempo, la Congregazione degli Studi, allo scopo di controllare l'operato delle Università stesse. Venne dato maggiore spazio all'istruzione scientifica ad esempio con l'istituzione della laurea in farmacia.[18] Volle rivedere anche il cosiddetto "indice dei libri proibiti" e permise la libera circolazione delle opere diGalileo Galilei.[19] Definì anche un progetto di riforma delle parrocchie romane, sopprimendone 17 e creandone 9.
Ritratto di Leone XII dipinto di artista sconosciuto, 1825
Vari testi attribuiscono a Leone XII il divieto di vaccinazione contro ilvaiolo. In particolareBenedetto Croce scrisse che "il papa che similmente abolì codici e tribunali istituiti dai francesi volle tornare agli ordini del vecchio tempo, e rinchiuse daccapo i giudei nei ghetti e li astrinse ad assistere a pratiche di una religione che non era la loro, e perfino proibì l’innesto del vaiuolo che mischiava le linfe delle bestie con quelle degli uomini: vani sforzi che poi cedettero dal più al meno alle necessità dei tempi"[20].
Secondo Donald J. Keefe[21] nessun documento ufficiale riporta tali affermazioni.Da testi dell'epoca risulta che papa Leone si limitò a togliere nel 1824 l'obbligatorietà della vaccinazione (invisa a larghi strati della popolazione per la sua supposta pericolosità, sebbene fosse stata resa obbligatoria, dopo due anni dallo scoppio di un'epidemia di vaiolo, nello Stato Pontificio il 20 giugno 1822 dal conteMonaldo Leopardi, gonfaloniere e padre diGiacomo Leopardi), pur mantenendone l'obbligo della gratuità di somministrazione:[22][23]
«Rimane obbligo a Medici e Chirurgi condotti di eseguirla gratuitamente [la vaccinazione antivaiolosa], a quanti vogliano prevalersene, essendo questa la cura ed il preservativo di una malattia alla quale, come a tutte le altre, essi hanno l'obbligo di riparare.»
(Leone XII,Circolare legatizia 15 settembre 1824)
Secondo il medicoGiacomo Tommasini questo portò la popolazione, specie nelle campagne, a trascurare la vaccinazione nonostante che la Commissione Provinciale di Sanità mettesse a disposizione il vaccino a chi ne avesse fatto richiesta e nonostante l'impegno degli stessi medici. Così una successiva epidemia, avvenuta nel 1828, solamente nella città di Bologna, causò 553 morti, e una terza epidemia si abbatté nel 1835.[24]
È importante notare che l'antivaiolosa all'epoca non era obbligatoria in molti statieuropei, compreso ilRegno di Sardegna (poiRegno d'Italia), in cui divenne obbligatoria solo nel 1859[25]. A titolo comparativo l'Inghilterra offrì gratuitamente la vaccinazione nel 1840 e la rese obbligatoria nel 1853.[26]
Da notare che Leone XII nel 1824 insignì dell'ordine equestre dello Sperone d'oroLuigi Sacco come ringraziamento per l'invio di 108 copie del suo libro sulla vaccinazione che furono distribuiti negli uffici di sanità dello Stato Pontificio. Questo fatto fu scoperto da A.P. Gaeta in un carteggio inedito da lui rinvenuto nell'Archivio Segreto Vaticano.[27] Commentando questa scopertaMaria Luisa Righini Bonelli rileva che"non sembra quindi attendibile quanto alcuno volle affermare, e cioè che Leone XIIsi sarebbe mostrato contrario a ciò che aveva fatto Pio VII e specialmente il cardinal Consalvi, promotore dell'editto emanato nel 1822 a favore della vaccinazione" .[28]
La questione è stata definitivamente chiarita da Bercé e Otteni[29] che con un'ampia e documentata trattazione hanno dimostrato come non si sia trattato di un divieto bensì di rendere facoltativa la vaccinazione che aveva incontrato forti opposizioni nella popolazione. È pure attestata con certezza l'esistenza di voci presso i contemporanei circa questo supposto, ma falso, obbligo, riportata dalla stessa circolare del Tommasini e dalla poesia del BelliEr linnesto.[30]
Tomba di Leone XII, vicino a quella di sanLeone Magno, secondo le sue richieste.
Pare che Leone XII avesse ricevuto durante tutta la sua vita il sacramento dell'estrema unzione ben diciassette volte; una di queste capitò dopo gli strapazzi dell'incoronazione e siccome guarì dopo che l'avevano già dato per morente la vigilia diNatale, si gridò al miracolo.[31]
Leone, di carattere forte e determinato, continuò a lavorare fino all'ultimo, nonostante la malferma salute. Morì aRoma il 10 febbraio 1829. Resta traccia della diffusa impopolarità di questo papa nell'epitaffio sulla statua diPasquino: "Qui della Genga giace, per sua e nostra pace".[31]
Ilpapa è sovrano degli ordini pontifici della Santa Sede mentre il Gran magistero delle singole onorificenze può essere mantenuto direttamente dal pontefice o concesso a una persona di fiducia, solitamente uncardinale.
^I dati anagrafici riportano comunemente alcune inesattezze riguardanti il luogo di nascita, Genga e non Spoleto né Fabriano né Monticelli di Genga, la data di nascita, il 2 non il 20 né il 22 agosto, e il cognome, della Genga e non Sermattei della Genga. I dati esatti risultano dall'atto di battesimo registrato il 3 agosto 1760 nelLibro dei battesimi della parrocchia di San Clemente di Genga, conservato nell'archivio parrocchiale e pubblicato da Alberico Pagnani,Storia della Genga e di Leone XII, Genga, 1964. La correzione dei dati anagrafici si deve a Raffaele Colapietra,La formazione diplomatica di Leone XII, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1966. p. 7, dati recentemente confermati da Philippe Boutry,Souverain et Pontife. Recherche prosographiques sur la Curie romaine à l'age de la Restauration (1814-1846), Roma, Ecole francaise, 2002. pp. 359-361.
^Presso Palazzo Campana è conservato un busto del pontefice realizzato dallo scultore Fedele Bianchini.
^Sul Giubileo del 1825 si vedano: Ph. Boutry, Espace du pèlerinage, espace de la romanité. L’année sainte de la Restauration, in Luoghi sacri e spazi della santità, a cura di S. Boesch Gajano, L. Scaraffia, Rosenberg & Sellier, Torino 1990, pp. 419-444; Idem, La tradition selon Léon XII. 1825, l’année sainte de la Restauration, in Histoire religieuse. Histoire globale-histoire ouverte. Mélanges offerts à Jacques Gadille, a cura di J.D. Durand, R. Ladous, Beauchesne, Paris 1992, pp. 279-299; Idem, Une théologie de la visibilité. Le projet zelante de resacralisation de Rome et son échec (1823-1829), in Cérémonial et rituel à Rome (XVIe-XIXe siècle), École française, a cura di M.A. Visceglia, C. Brice, Rome 1997, pp. 317-367; D. Rocciolo, Aspetti e problemi della vita religiosa a Roma nell’anno 1825, in I giubilei nella storia della Chiesa, Atti del congresso internazionale, Roma 23-26 giugno 1999, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2001, pp. 591-603 e M. Spinelli, Un giubileo “fruttuoso”. L’anno santo del 1825-26 nell’epistolario di s. Gaspare del Bufalo, in I giubilei nella storia della Chiesa, pp. 604-621; G.M. Croce, Da Pio VII a Leone XIII. I giubilei del XIX secolo, in La storia dei giubilei. 1800-2000, F. Margiotta Broglio, G. Fossi (a cura), vol. IV, BNL-Edizioni Giunti, Firenze 2000, pp. 10-53; «Si dirà quel che si dirà: si ha da fare il giubileo». Leone XII, la città di Roma e il giubileo del 1825, a cura di R. Colapietra e I. Fiumi Sermattei, Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, n. 148, Ancona 2014..
^R. Colapietra, Una riflessione sul giubileo di Leone XII, in «Si dirà quel che si dirà: si ha da fare il giubileo» cit., pp. 15-33; Idem, Leone XII e il giubileo del 1825, “Atti e Memorie della Deputazione di storia patria per le Marche, 112 (2014-2015), pp. 427-435..
^M. Calzolari, Malintenzionati e proclivi al delitto o veri devoti? Ordine pubblico e sicurezza nell’anno santo del 1825, in «Si dirà quel che si dirà: si ha da fare il giubileo» cit., pp. 45-59..
^A.F. Artaud de Montor, Storia del pontefice Leone XII, Milano 1843, vol. II, p. 91.
^P. Brezzi, Storia degli Anni Santi. Da Bonifacio VIII ai giorni nostri, Milano 1997, pp. 162-163.
^D. Rocciolo, La vita religiosa a Roma nell’Anno Santo 1825, in «Si dirà quel che si dirà: si ha da fare il giubileo» cit., pp. 35-43, in particolare p. 39.
^M. Caperna, La città e le sue chiese nel giubileo del 1825: politica d’intervento e restauri nella Roma di Leone XII, in «Si dirà quel che si dirà: si ha da fare il giubileo» cit., pp. 61-72.
^S. Raponi, Tra cerimonialità e consuetudini pontificie. Alcuni “ripristini” di Leone XII, in La religione dei nuovi tempi. Il riformismo spirituale nell’età di Leone XII, a cura di R. Regoli e I. Fiumi Sermattei, Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, n. 336, Ancona 2020, pp. 317-346, in particolare pp. 327 e ss.
^G.M. Croce, Da Pio VII a Leone XIII. I giubilei del XIX secolo, cit., p. 26.
^M. D’Azeglio, I miei ricordi, Milano 1956, cap. XXVII.
^F. Falsetti, La Visita Apostolica per il giubileo del 1825. Uno strumento per verificare lo stato di conservazione e pianificare gli interventi di restauro della Roma sacra, in «Si dirà quel che si dirà: si ha da fare il giubileo» cit., pp. 93-115.
^Ph. Boutry, Espace du pèlerinage, espace de la romanitè cit.
^Leone XIII, Properante ad exitum saeculo, 11 maggio 1899: «Già Noi stessi potemmo vedere coi nostri occhi con quanti frutti cooperasse a salute l'ultimo che venne solennemente celebrato, quand'eravamo ancora adolescenti, sotto il pontificato di Leone XII: nel qual tempo, veramente grandioso e fidato campo trovarono in Roma le manifestazioni religiose…». Per il testo completo:http://www.vatican.va/content/leo-xiii/it/letters/documents/hf_l-xiii_let_18990511_properante-ad-exitum.html.
^ A. P. Gaeta,Carteggio inedito di Luigi Sacco con le Segreterie di Stato di Pio VII e di Leone XII (1816-1824), inCastalia, vol. 2, 1946, p. 215.
^ M. L. Righini Bonelli,Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, vol. 35-37, 1946, p. 78.
^(FR) Y.M. Bercé e J.C. Otteni,Pratique de la vaccination antivariolique dans le Provinces de l'Etat pontifical au XIXe siecle. Remarques sur le supposé interdit vaccinal de Léon XII, inRevue d'histoire ecclésiastique, vol. 103, n. 2, 2008, pp. 448-466.
^ I. Fiumi Sermattei,«Come li sorci cuann’è mmorto er gatto, je fanno su la panza un minuetto». La memoria di Leone XII nei sonetti del Belli, inRivista del Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli", n. 2, 2015, pp. 125-136.
^abClaudio Rendina, I papi, Newton Compton, Roma, 1983